DAL POZZO, Cassiano iunior
Nacque a Torino il 21 febbr. 1588 da Antonio e da Bianca Maria Cacherano.
Sul luogo e la data di nascita si è discusso a lungo, ma sembra definitiva l'indicazione del Manno, che fa riferimento alla chiesa dei SS. Martiri di Torino, ove pure figurano battezzati i fratelli Francesco e Carlo Antonio, nel 1593 e 1606. Il Carutti aveva indicato Vercelli, il Lumbroso Torino, ma nel 1589 o 1590.
Il padre Antonio, figlio del celebre Cassiano senior, giureconsulto e consigliere ducale, nonché presidente del Senato di Torino, per motivi non del tutto chiariti, lasciò il Piemonte per raggiungere in Toscana il cugino Carlo Antonio, arcivescovo di Pisa e consigliere del granduca di Toscana, Ferdinando.
All'età quindi di 8 anni il D. lasciò il Piemonte e studiò presso lo zio Carlo Antonio a Pisa, ove si addottorò sedicenne in diritto. Aveva preso, l'8 giugno 1599, l'abito dei cavalieri di S. Stefano, grazie anche alla ricca commenda istituita dallo zio, della quale fu il primo titolare. Nel 1606 fece ritorno in Piemonte e a Torino per alcuni mesi esercitò l'avvocatura nel Senato di Piemonte. Ma ritornò nello stesso anno in Toscana e, nel 1608, venne nominato dal granduca giudice ordinario a Siena, ove esercitò il suo ufficio fino all'agosto 1611, ottenendo anche l'iscrizione alla cittadinanza e alla nobiltà senese. Con le morti, quasi coeve, dello zio Carlo Antonio e del granduca Ferdinando, il D. lasciò la Toscana per recarsi a Roma.
Della giovinezza del D., trascorsa quasi tutta in Toscana, si conosce ben poco. Scarse le notizie su tale periodo, per altro probabilmente assai importante nella formazione del D., soprattutto dei suoi interessi artistici e della sua formazione culturale. In realtà il D. appare un esponente assolutamente atipico sia della realtà sociale del Piemonte dell'epoca sia della sua stessa famiglia, illustratasi nel secolo precedente al servizio dei Savoia. E del resto lo stesso fratello del D., Francesco, capitano delle corazze di Carlo Emanuele I, morì nel 1625 nell'assedio di Verrua. Appare quindi ancor più evidente che il periodo trascorso prima a Pisa, poi a Firenze e Siena, è determinante nella formazione del D., come pure i primi anni del suo soggiorno romano.A Roma il D., nonostante i vari solleciti del padre per questo e quell'ufficio, viveva delle rendite della commenda di S. Stefano e di alcuni benefici lasciatigli dallo zio Carlo Antonio. Ben presto entrò in contatto con i principali esponenti della corte romana, da Alessandro Orsini a Virginio Cesarini, al principe Federico Cesi, all'allora abate Francesco Barberini. E già il Tassoni, nella Secchia rapita lo ricorda tra questi (I. XI: "E al Cavalier dal Pozzo, e a i due Romani / Famosi ingegni il Cesi e 'l Cesarini"). Lo stesso D. del resto aveva portato ima copia dell'opera, nel 1620, a Firenze al granduca di Toscana. Nel 1619 era morto il padre Antonio e la madre era ritornata in Piemonte. Fu in tale occasione che il D. venne raggiunto a Roma dal fratello minore Carlo Antonio, con il quale poi visse sempre insieme, anche dopo il matrimonio di questo con Teresa Costa.
Nel 1622 il D. fu associato ai Lincei, nella classe di filosofia e storia naturale, e nell'agosto di quell'anno inviò, come primo tributo, una copia dell'Uccelliera..., opera di G. P. Oliva, illustrata da incisioni del Tempesta e del Villamena.
L'anno seguente, con l'assunzione al soglio pontificio di Urbano VIII Barberini, entrò nel palazzo pontificio come gentiluomo, poi come primo maestro di Camera. Grazie alla sua intimità con il cardinale Francesco Barberini ebbe poi in conimenda nel 1627 l'abbazia di S. Angelo di Tropea e nel 1641 quella di S. Maria di Cavour. Nel 1625 e nel 1626 accompagnò il cardinale Francesco Barberini nella legazione di Francia, poi anche in Spagna. Fu in tali occasioni che conobbe a Aixen-Provence il Peiresc, che visitò anche nel viaggio di ritorno. Della legazione di Francia resta ancor oggi il Diario del D., conservato nella Bibl. Apost. Vaticana, interessante soprattutto per le note e le osservazioni sui musei e le gallerie visitate, le raccolte naturali, le antichità, ecc.
Della fama già raggiunta dal D. in tali anni reca preziosa testimonianza la lettera di P. P. Rubens al Valavez, fratello del Peiresc, del 18 ott. 1625 da Bruxelles, con la quale Rubens lo ringrazia per avergli fatto da tramite con il D., allora a Parigi "perché io desiderava qualche corrispondenza con quel personaggio né vedeva il mezzo d'attaccarla" (Correspondance de Rubens ..., a cura di M. Rooses-Ch. Ruelens, Anvers 1887-1909, III, n. 384, p. 392).Al ritorno in Italia, di passaggio a Firenze, il 19 sett. 1626 venne eletto accademico della Crusca. Nel trentennio seguente la vita del D., ormai celebre e conosciuto in tutta Europa come "verus vetustatis sospitator conservator unicus" (N. Heinsius), mecenate de' suoi tempi, trascorse in un'attività sempre feconda. Formò un suo ricco museo, raccolse una preziosa libreria e una scelta pinacoteca, entrò in corrispondenza con i più scelti eruditi, letterati, scienziati dell'epoca: Galilei, Campanella, Ughelli, Torricelli, Peiresc, Dati, Tassoni, Chiabrera, Heinsius, Wesseling. Protesse e favori i giovani artisti e soprattutto N. Poussin.
Nel 1644, con la morte di Urbano VIII il D. lasciò il palazzo apostolico e le sue cariche, che tuttavia in parte riebbe col ritorno del cardinale Francesco Barberini. Nel 1655 l'elezione di Fabio Chigi, suo amico di antica data, col nome di Alessandro VII, gli restituì il favore papale, ma ormai solo per poco tempo. Già malato da tempo, morì a Roma il 22 ott. 1657 e venne sepolto nella chiesa di S. Maria sopra Minerva.
La personalità e la figura dei D. restano tuttora in parte poco note. Celebrato ancora vivente dagli eruditi, dai letterati, dagli artisti di tutta Europa, dopo la sua morte le celebrazioni e gli studi a lui dedicati hanno contribuito sì a delinearne la biografia, del resto già nota, ma non certamente la cultura, la formazione, i gusti, la religiosità dell'uomo, dell'erudito, del fine mecenate che, solo di recente, l'Haskell ha in parte delineato.
Difficile quindi sintetizzare l'importanza della figura del D., la cui azione si spiegò dall'archeologia alla numismatica, dalla storia naturale alla pittura, alla storia, alla letteratura.
È probabile che la formazione artistica e culturale del D. sia avvenuta nell'ambiente dei Medici e nei primi anni del suo soggiorno romano. Evidente l'ingusso degli anni pisani sul suoi interessi scientifici, che lo portarono a conoscere Galilei e che coltivò nell'ambito stesso dell'Accademia dei Lincei, alla quale dedicò molte delle sue energie. Nel 1630, alla morte del fondatore, il principe Federico Cesi, altro amico intimo del D., egli rilevò la sua biblioteca e gran parte degli strumenti scientifici. Costituì inoltre egli stesso una vasta raccolta di oggetti relativi alla storia naturale e favorì la pubblicazione di opere e trattati di medicina, botanica, ornitologia.
Nel suo palazzo in Roma, in via de' Chiavari, costituì un Museo ricco di scheletri e disegni anatomici, uccelli vivi, piante rare, medaglie, stampe, pietre preziose, strumenti meccanici. Come osserva giustamente l'Haskell (1966), "era piuttosto un embrione di laboratorio universitario; come strumento di studio e di ricerca uno dei primi del genere in Europa" (p. 167).
La sua passione per l'archeologia, intesa non tanto come interesse per l'arte antica ma come mezzo per ricostruire e conoscere un mondo scomparso, lo portò a formare una preziosa raccolta di disegni e stampe, riuniti in 23 volumi, di tutte le antichità sparse nella città. E a tale Museum Chartaceum parteciparono giovani disegnatori e artisti del tempo, tra i quali anche Poussin, il Testa o altri di maggior nome, anche se i loro disegni sono oggi dispersi. Inoltre il D. iniziò a commissionare agli artisti presenti a Roma dipinti originali; il primo artista di cui fu il più risoluto sostenitore fu S. Vouet, del quale arrivò a possedere circa quattordici quadri. Ma più tardi le sue preferenze si orientarono verso un tipo di artista decisamente diverso. Quasi tutti i pittori che egli accolse sotto la sua protezione condividevano quella sua passione per l'antico e per il razionale, che derivava dalla sua educazione archeologica e scientifica. Fu quindi dei grandi artisti che si erano venuti formando a Roma fra il 1620 e il 1630 e che riunivano in sé tali interessi, che egli si occupò con grande passione (Pietro da Cortona, Bernini, Andrea Sacchi, Vouet, Poussin). Già prima del 1625 possedeva "alcune cose" di Pietro da Cortona; il Bemini eseguì per lui un busto postumo dello zio Carlo Antonio, arcivescovo di Pisa. Tuttavia occorre rilevare che come committente il D. non poté certo competere non solo con i Barberini, ma neanche con un Ludovisi o un Giustiniani, godendo solo di modeste rendite. Lo scultore da lui preferito fu il fiammingo F. Duquesnoy, del quale collezionò i modelli in cera e in terracotta. Ma l'artista che più di ogni altro godette della protezione del D. fu N. Poussin.
Conosciuto a Roma prima del viaggio -in Francia e Spagna del 1625, fu utilizzato dal D. solo dopo il suo ritorno a Roma, alla fine del 1626. Il Poussin lavorò quindi sia ai disegni delle antichità romane (non raccolti nel Museum Chartaceum) sia a grandi dipinti raffiguranti uccelli, per il fratello del D., Carlo Antonio. Indubbiamente per la formazione stessa del Poussin fu di estrema importanza la scoperta del mondo classico, fatta attraverso la mediazione del D., ritenuto il più grande conoscitore europeo dell'epoca. Ma il D. fu anche in grado, con la sua passione per la pittura veneta, di ispirare al Poussin quella combinazione di colore veneto e di erudizione classica che fu particolare dell'artista. Secondo i contemporanei egli giunse a possedere una cinquantina di opere dell'artista, tra cui una scena della Gerusalemme liberata, Marte e Venere, Amore e Cefalo, il sacrificio di Noè, l'Assunzione della Vergine, molti paesaggi e, opera più importante, il ciclo dedicato ai Sette sacramenti.
Un'altra iniziativa del D. che richiese la collaborazione del Poussin fu l'edizione del Trattato della pittura di Leonardo, ricopiato di sua mano da una copia posseduta dai Barberini e collazionato su un'altra copia posseduta dal Mazenta a Milano e dall'Arconato, entrambi suoi corrispondenti. I disegni originali di Poussin per il Trattato furono tenuti dal D., mentre le copie, inviate a Parigi insieme al manoscritto, furono poi pubblicate nel 1651 dall'amico di Poussin, Paul Fréart de Chantelou. Meno noto fu un altro tentativo dei D., questa volta fallito a causa di un incidente diplomatico fra le corti di Francia e di Savoia. Il D. era molto interessato ai celebri manoscritti di Pirro Ligorio, acquistati da Carlo Emanuele I e conservati gelosamente a Torino. Nel 1640 il D. propose al Richelieu, tramite il Poussin, di curarne l'edizione a Parigi, celebrandone tanto il valore e l'importanza che il cardinale, invaghitosi del progetto (e dei manoscritti), scrisse più volte alla duchessa reggente di Savoia, Cristina di Francia, sorella di Luigi XIII, certo del suo appoggio, e affidando l'impresa al Mazzarino allora a Torino. Ma la duchessa di Savoia, forse nel timore di non vedere tornare più a Torino i preziosi manoscritti, rispose al cardinale offrendogliene una copia perfetta, più che sufficiente per un'edizione a stampa. La reazione del Richelieu fu tale che l'ambasciatore sabaudo a Parigi, conte di Moretta, si ritirò per qualche mese dalla corte, scrivendo a Torino: "ed ho già a quest'ora maledetto il Ligorio e chi ha trovato l'inventione" (A.D. Perrero, p. 18).
Ma, oltre allo strettissimo rapporto con il Poussin, il D. fu in contatto con molti altri artisti del tempo, ora in veste di mecenate, ora di consigliere, ora di committente, per sé o per altri personaggi della sua cerchia romana. Tra i suoi corrispondenti, oltre a quelli già ricordati, figurano Artemisia Gentileschi, Giovanna Gazzoni, Pietro Testa, Jacopo Ligozzi, Giuseppe Rossi, Domenico Zampieri, Matteo Nigetti, Comeille Bloemaert, e molti altri. Giustamente ha sottolineato l'Haskell (1966) che il D. "fu probabilmente il primo privato cittadino ad esercitare un'effettiva influenza sulle arti del suo tempo" (p. 186).
Tuttavia, dopo la sua morte, le raccolte, la libreria, il museo e la pinacoteca non restarono a lungo presso la famiglia. Nel 1703 il nipote Cosimo Antonio alienò il museo, i quadri, la libreria e i manoscritti del D. agli Albani. E dopo alteme vicende le raccolte finirono disperse, parte in mare, in seguito ad un naufragio. Nel 1856 il principe E. Dal Pozzo della Cisterna riuscì a recuperare i volumi di corrispondenza e altri manoscritti del D., oggi conservati presso l'Accademia dei Lincei a Roma. La raccolta dei disegni delle antichità romane finì in Gran Bretagna, con alcuni quadri del Poussin, fra i quali i Sette sacramenti.
Fonti e Bibl.: Per la natura e il carattere del personaggio, già celebrato in molti autori e opere dell'epoca e oggetto di numerosi studi anche dalla più recente storiografia, nonché per i limiti stessi di tale biografia, si forniscono in questa sede solo i riferimenti alle fonti e agli archivi che tuttora possono essere utilizzati. Per la bibliografia si ricorderanno in generale gli autori che hanno scritto sul D. e in particolare quelli ritenuti, ancor oggi, effettivamente utili per lo studio del personaggio. Ciò vale anche per la corrispondenza del D., sparsa in numerosi archivi pubblici e privati e nelle biblioteche di tutta Europa (l'archivio della famiglia Dal Pozzo è oggi depositato presso l'Archivio di Stato di Vercelli). Il fondo più importante è senz'altro il Carteggio. Di esso. 38 volumi sono stati di recente acquistati dall'Accademia nazionale dei Lincei. Tale fondo è stato già descritto in particolare dal Lumbroso, che ne ha riportato anche i nomi dei corrispondenti. Si divide in: Lettere di vari letterati, voll. 1-10 (A. Tassoni, A. Cavalcanti, C. Dati, E. Tesauro, F. Ughelli, G. Chiabrera, G. Galilei, T. Campanella, G. B. Doni, G. F. Marucelli, A. Aprosio Ventimiglia, A. Kircher, ecc.); Lettere di prelati, voll. 11-13; Lettere di cavalieri e titolati, voll. 14-15; Lettere di vari personaggi, vol. 16; Lettere del D. a N. Heinsio e a F. Chigi, voll. 17-18; Lettere familiari, voll. 19-22; Lettere di vari personaggi, voll. 23-38 (G. B. Manzini, F. Liceti, N. Heinsius, P. B. Borghi, F. Chigi, P. Gaudenzio, ecc.). Manca il Recueil des lettres originales à D. ... Par plusieurs artistes, perduto, ma le cui lettere furono pubblicate nella raccolta del Bottari fin dal 1754. Manca altresì il vol. XVI (vecchia segnatura), come fece rilevare l'Accademia dei Lincei al principe Amedeo di Savoia-Aosta all'atto dell'acquisto (1975 o 1976). In realtà tale volume non ha mai fatto parte dell'archivio Dal Pozzo; esso è da identificare, a mio avviso, nel ms. 160 del fondo Carpegna della Biblioteca Apostolica Vaticana, segnalato a suo tempo da E. Carusi. Ha lo stesso titolo, dimensioni, segnatura degli altri (Lettere di titolati e cavalieri ... ) e finì ai Carpegna per il matrimonio di una nipote del Dal Pozzo. Altri volumi del carteggio sono conservati nella Biblioteca dell'Università di Montpellier (codd. 268, 270, 271), con molte lettere del Peiresc al D., tra il 1627 C il 1637, da Aix e Marsiglia; nella Biblioteca universitaria di Genova (cod. E.VI.2); nella Marticelliana di Firenze (cod. A.257); nella Biblioteca nazionale di Napoli (cod. V.E.10); nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Cfr., inoltre, Arch. di Stato di Torino, Arch. di Corte, Lettere particolari, P.,m. 60 (lettere del D. alla duchessa Cristina di Francia); Bibl. Apost. Vat., Urb. lat. 1629, f. 13; 1624, f. 31; 1625, ff. 126 s., 134, Passim; 1626, f. 14; 1628, ff. 18-89; Barb. lat. 5635; Fondo Barberini, 5688 (già 2870): il ms. del D. La legazione del Sig. Card. Barberino in Francia descritta dal Commendatore C. Dal Pozzo; Arch. di Stato di Firenze, Mediceo dei Principato, ff. 949, n- 432; 957, n. 383; 961, n. 774; Arch. di Stato di Siena, Consiglio della Campana, deliberaz. 1594-1628, c. 183r; Balia, deliberaz. 1610-17, c. 29r; Famiglie nobili, 1610-59, c. 11r; Arch. di Stato di Pisa, Caval. di S. Stefano, Prese d'abito, 1561-1624, f. 135, n. 1127; e Commenda Pureana; Torino. Bibl. naz., A. Manno, Ilpapato subalpino, III (datt.), s. v., p. 709 (il Manno è l'unico che indica la data e il luogo di nascita dei D. facendo riferimento al luogo di battesimo, la chiesa dei SS. Martiri di Torino). Tra gli autori che hanno scritto del D. si ricordano Félibien, Mabillon, Passeri, Bellori, Baldinucci, G. F. Galeani Napione, Tiraboschi, De Gregory, tutti ricordati già dal Lumbroso, o viaggiatori dell'epoca come l'Evelyn, lo Skippon, il Naudé, e altri. Importanti testimonianze dell'attività dei D. sono inoltre alcune edizioni volute da lui: Uccelliera, ovvero discorso della natura e proprietà di diversi uccelli... con incisioni dei Tempesta e dei Villamena. Opera di Gio. Pietro Oliva... dedicata al sig. caval. D., Roma 1622 e 16842; Nova Plantarum animalium et mineralium Mexicanorum Historia a Francisco Hernandiz…, Romae 1651 (ed. a cura dell'Accademia dei Lincei sui disegni originali fatti fare dal D. delle relazioni conservate all'Escurial). Della collezione, invece, dei 23 volumi Synopsis ataue Ordo Antiquitatunt Romanorum, restano solo alcuni di essi presso la Biblioteca reale di Windsor e alcuni privati in Gran Bretagna. Nella Biblioteca dell'Accademia naz. dei Lincei a Roma si trova un esemplare degli elogi composti da G. Naudé per la collezione dei ritratti dei letterati illustri dei D., Epigrammata in virorum literatorum imagines, quas... C. a Puteo sua in Bibliotheca dedicavit..., Romae 1651. Per i rapporti con N. Heinsius si veda l'edizione del I libro delle elegie, dedicato appunto al D., e l'elegia XI, Ad Cassianum Puteanum, in N. Heinsio, Italica sive elegiarum liber alter, Patavii 1648;due lettere di N. Hensius al D. sono in Arch. veneto, XIII (1882), pp. 316-25. E vedi anche: C. Dati, Delle lodi del commendatore C. D., Firenze 1664,restata a lungo la biografia più importante e completa; Naudaeana et Patiniana... de Mess. Naudd et Patin, Amsterdam 1703, pp. 29 s.,99; Giornale dei letterati di Roma per l'anno 1751, Roma 1753, pp. 285 ss.;G. F. Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura e architettura.... Roma 1754-58, pp. 348, 351, 30 e passim; F. Z. Collombet, Lettres inédites de Leibniz à... et de G. Galilei à... et à C. D., Lyon 1850; M. J. Dumesnil, Histoire des plus célèbres amateurs italiens…, Paris 1856, pp. 403-39; F. d'Azeglio, Studi stor. e archeol. sulle arti del disegno, Torino 1861, II, pp. 182-218;J. Bernardi, C. D., in Rivista universale, XXIII (1874),marzo-aprile, estratto; G. Lumbroso, Notizie sulla vita di C. D.…, in Miscellanea di storia italiana, XV (1874), pp. 131-388,tuttora il profilo più completo del D., con cento lettere della sua corrispondenza; D. Carutti, Di un nostro maggiore, ossia di C. D. il Giovine, in Atti d. R. Accad. naz. d. Lincei, cl. di sc. mor., IV (1875-76), pp. 2-27;A. D. Perrero, Aggiunte e correzioni agli storici piemontesi. Pirro Ligorio. Cav. C. D. …, in Curiosità e ricerche di storia subalpina, III, Torino 1879, pp. 1-39;N. C. De Peiresc, Lettres publiées par P. Tamizey de Lanoque…, Paris 1888-98, III, p. 252; IV, p. 107 e passim; Correspondance de N. Poussin, a cura di C. Jouanny, Paris 1911, p. 34 e passim; O. Grautoff, N. Poussin, München-Leipzig 1914. pp. 64. 74, 80, 88, 93, 95 e passim; E. Carusi, Lettere di Galeazzo Arconato a C. D. per lavori sui manoscritti di Leonardo da Vinci, in Accad. e Bibl. d'Italia, III (1929-30), pp. 503-18; Sui rapporti dei D. con il Poussin e sulle sue raccolte e collezioni cfr. C. C. Vermeule, The Dal Pozzo-Albani drawings of classical antiquities, in The Art Bulletin, XXXVIII (1956), pp. 32-46; Id., The Dal Pozzo-Albani drawings of classical antiquities in the British Museum, Philadelphia 1960; F. Haskell-S. Rinchart, The Dal Pozzo collection, some new evidence, in The Burlingron Magazine. CII (1960), pp. 318-26; S. Rinchart, Poussin et la famille Dal Pozzo, in Actes du Colloque Poussin, 1960, I, pp. 19-30; Id., C. D. (1588-1657), Some unpublished letters, in Italian Studies, XVI (1961), pp. 35-59; W. Vitzthum, Roman drawws ai Windsor Castle, in The Burlington Magazine, CIII (1961), pp. 513-18; F. Haskell, Mecenati e Pittori. Studio mi rapporti tra arte e società italiana nell'età barocca, Firenze 1966, pp. 83-87, 164-94 passim (vi si trova il più recente, ricco e approfondito profilo del D.); S. A. Zurawski, P. P. Rubens and the BarbMni, 1625-1640, Ph. D., Brown University 1979, pp-20, 27, 38 ss. e passim; A. Nicolò-F. Solinas, Sulla schedatura elettronica dei carteggio di C. D., in Boll. d'informazioni del Centro di elaborazione automatica di dati e docc. storico-artistici della Scuola normale superiore di Pisa, III (1982), 1, pp. 43-95