Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La grande ricchezza culturale e religiosa che caratterizza l’area islamica si rispecchia nella letteratura medica araba: eredita la sistematizzazione di Galeno ma ben presto assume caratteristiche e peculiarità proprie, con autori come Hunain ibn Ishaq, al-Razi, Haly Abbas, Avicenna, Avenzoar e Averroè.
In assenza di un’anatomia sviluppata, la fisiologia araba rimane in gran parte quella ereditata dalla sistematizzazione del galenismo, incentrata su umori e spiriti e su una terapeutica volta al ristabilimento dell’equilibrio dell’organismo malato attraverso interventi sul regime di vita, ma anche – una novità questa per il razionalismo medico di stampo galenico – attraverso un’attenzione nuova dedicata alle pratiche magiche e soprattutto alla relazione tra medicina e astrologia. Elementi di medicina popolare a carattere magico riescono così a penetrare la compagine della medicina colta, sia sul piano della terapeutica che della diagnosi.
La letteratura medica araba ci è stata trasmessa attraverso una grande varietà di testi, che riflette e rappresenta la ricchezza culturale, religiosa e geografica delle culture di area islamica.
Tra i primi autori di medicina figura Hunain ibn Ishaq, conosciuto anche per la sua attività di traduzione; l’opera trasmessa all’Occidente con il titolo di Isagoge in artem parvam Galeni non è che l’inizio della sua opera enciclopedica. Egli è autore anche di lavori pratici di oftalmologia, di dentistica, di dietetica. Hunain era un cristiano nestoriano; un cristiano melchita era invece Qusta ibn Luqa. La sua opera precede quella di Rhazes nel forte interesse per i casi pratici e in particolare per i rapporti tra costituzione individuale, passioni e patologie. Tra i grandi medici dell’età d’oro della medicina araba classica spicca infatti la figura del persiano al-Razi (latinizzato spesso in Rhazes), formatosi alla filosofia, all’alchimia e alla musica. Attivo a Baghdad, dove dirige vari ospedali, è noto specialmente per il Kitab al-Mansuri, una delle grandi opere sistematiche della medicina araba. Ma forse anche più interesssante è il Kitab al-Hawi (latinizzato in Continens), in 23 libri, una collezione di frammenti di patologia e terapia, di storie di casi e di diagnosi, pubblicata a partire dagli appunti dei suoi allievi, la quale ha avuto un’enorme influenza sulla medicina araba successiva e sullo sviluppo della medicina pratica in Occidente. Rhazes si rifà all’autorità di Ippocrate, critica il “galenismo a ogni costo” e afferma esplicitamente che bisogna andare oltre Galeno, rivendicando per la medicina la necessità di un progresso, anche se basato sul rispetto della tradizione.
Ali ibn al-Abbas al-Majusi, latinizzato in Haly Abbas, è invece un iraniano zoroastriano, autore di un solo libro, ma importante sul piano della sistematizzazione e della compilazione enciclopedica di impronta alessandrina come il successivo Canone di Avicenna. Suo contemporaneo, ma attivo in un territorio all’estremo opposto dell’area islamica, a Cordoba in Spagna, e in un’area della medicina del tutto diversa, è Abu al-Qasim al-Zahrawi, latinizzato in Albucasis. Il libro 30 della sua opera Kitab al Tasrif è divenuto celebre per la trattazione della chirurgia, sulla scorta del VI libro di Paolo di Egina; egli avrà grande influenza sullo sviluppo della chirurgia occidentale e in particolare su Guy de Chauliac.
Il più noto dei medici arabi è però ibn Sina (latinizzato in Avicenna), la cui lettura “fedele e deformante” (Jacquart) di Galeno costituisce il veicolo per la conoscenza del galenismo e della medicina antica fino all’avvento della filologia umanistica: fedele perché passi interi sono citati e commentati; deformante perché i brani dell’autore antico sono piegati al sistema dell’arabo. Nato presso Bukhara, in Asia Centrale, Avicenna, come Rhazes, ha un’educazione varia e ampia, non limitata alla sola medicina ma ricca di apporti filosofici.
Avicenna è un autore estremamente prolifico, ma la sua fama è rimasta legata a un solo libro, il Canone, un’opera gigantesca redatta nell’arco di molti anni, che merita la definizione di “ultima delle enciclopedie”. Il suo carattere sistematico ne decreta infatti la fortuna a spese del compendio di Haly Abbas.
Avicenna non cita esplicitamente le sue fonti e questo, insieme all’assenza di divisione fra teoria e pratica medica, può aver contribuito a rendere la sua opera, appunto, “canonica”. Il termine Canon si riferisce infatti alla legge; come è stato osservato, nonostante Avicenna non manchi di inserire nel suo lavoro osservazioni personali e tratte da casi da lui studiati, “l’effetto della struttura stessa [dell’opera] è di favorire l’elemento logico a scapito di quello clinico” (M. Mc Vaugh). I cinque libri che compongono il testo offrono comunque un panorama completo delle conoscenze anatomiche e fisiologiche, delle droghe e dei rimedi, delle patologie a capite ad calcem (quelle dell’intero organismo) come le febbri, e dei farmaci composti. Il testo, caratterizzato da una brillante fusione del galenismo e dell’aristotelismo con i successivi apporti della medicina araba e siriaca, genererà a sua volta commentari e interpretazioni; è in un commentario al Canone che ibn al-Nafis descrive la circolazione polmonare. Il testo sarà trasmesso in Occidente nella traduzione effettuata nel XII secolo da Gerardo da Cremona e poi corretta da Andrea Alpago, che lavora a Damasco presso la legazione veneziana; la sua preminenza come testo di riferimento per la medicina accademica non verrà meno fino alla fine del XVI secolo.
Ad Avicenna non mancano i critici, soprattutto in area andalusa, lontano da Hamadan (l’antica Ecbatana) dove Avicenna aveva lavorato. Tra loro il padre di ibn Zuhr, latinizzato in Avenzoar, medico e appartenente a una dinastia familiare di medici a Siviglia, il cui Taysir, sulla patologia, tradotto in ebraico e in latino, mostra una grande attenzione per i particularia in campo medico. L’opera di Avenzoar è spesso considerata complementare a quella di un altro arabo di Spagna, più noto come filosofo, Averroè, il cui Colliget contiene diverse considerazioni di ordine generale sulla medicina, come accade nell’opera dell’ebreo di Cordova, poi attivo in Egitto, ibn Maymun, latinizzato in Maimonide, che tuttavia critica esplicitamente sia Galeno che altri autori.
La ricchezza della tradizione medica araba declinerà lentamente: già nel XIII secolo, ma forse anche prima, il medico-filosofo erede (molto innovativo) della cultura greca verrà soppiantato dal medico-giurista, e la tradizionale associazione di stampo aristotelico fra medicina e filosofia sarà sostituita da un nuovo e forte rapporto fra medicina e diritto.