DALLA ROSA, Pier Luigi
Nacque a Parma dal marchese Papiniano il 1° ott. 1641. Mandato a studiare a Roma, dove rimase dieci anni, per la vivacità della sua intelligenza seppe procurarsi la stima di molte personalità, ma soprattutto si conquistò il favore di Cristina di Svezia.
Tornato a Parma, il D. completò gli studi nelle leggi civili e canoniche addottorandosi in legge il 22 giugno 1665. Fu quindi accolto nel Collegio dei giudici di Parma, assieme ai fratelli Scipione e Giulio. Fattosi apprezzare dal duca di Parma Ranuccio II Farnese, venne dapprima nominato, il 31 dic. 1678, avvocato fiscale, quindi, il 19 marzo 1685, capo della Congregazione dei comuni e consigliere ducale con facoltà di intervenire alla Dettatura e alla Segnatura (specie di tribunale supremo), infine, il 21 giugno 1695, capo giudice e presidente della Camera ducale.
Ranuccio II lo impiegò spesso in numerose legazioni che riguardavano soprattutto antiche vertenze di confine con il Modenese e la Toscana.
Riguardo al confine tra Parma e Reggio per il tratto che divideva i territori di Poviglio e Storno, da una parte, e Valbona e Vallisnera, dall'altra, Ranuccio II e Francesco II d'Este si erano già accordati nel 1673. Tuttavia i sudditi parmensi erano continuamente molestati nelle loro attività da quelli reggiani. Così il duca Farnese decise di inviare sul posto, nel luglio del 1683, il D., il quale stese una relazione in cui sosteneva che il torto stava dalla parte reggiana. La questione venne poi risolta definitivamente nel 1687 quando Ranuccio II e Francesco II sottoscrissero, il 10 luglio, un trattato che stabiliva minutamente i confini tra i due Stati.
Ben più importante era la vertenza nata per i confini tra il ducato di Parma ed il granducato di Toscana. Già nel 1681 il D. era stato incaricato da Ranuccio II di intervenire nella contesa per il confine tra Rigoso, in territorio parmense, e Miscoso, in quello toscano. Tuttavia la vertenza più complicata tra i due Stati, sorta da un privilegio di Federico II, rimaneva la definizione del confine tra Borgotaro e Pontremoli. Nel 1682 Si convenne di ricorrere ad un arbitrato, ma solo nel 1686 Ranuccio II e Cosimo III si accordarono nello scegliere come arbitro la Repubblica di Venezia. Il Farnese inviò a Venezia per seguire l'andamento dei lavori Maffeo Bontii, e spedì il D. a Firenze "coll'apparente incarico di concordare il compromesso, ma collo scopo principale di trattare un matrimonio fra Margherita figlia di Ranuccio ed il principe Ferdinando e di risolvere... alcune questioni sulle fiere di Piacenza e sul corso delle monete" (Micheli, p. 19). Concluse alcune questioni concernenti l'affare dei confini e costretto ad interrompere le trattative sul matrimonio, il D. tornò a Parma alla fine dell'anno. Nel frattempo il Senato veneto aveva deliberato di inviare un proprio rappresentante, nella persona di Alessandro Zeno, a visitare i confini oggetto della discordia. Giunto a Parma ai primi di settembre del 1687, lo Zeno venne accompagnato dal Dalla Rosa. Quest'ultimo si recò poi, su incarico del duca, a Venezia per seguire l'evolversi della causa e rientrò a Parma soltanto nel settembre del 1689, quando il Senato veneto aveva già deliberato a favore del duca di Parma.
Ancora il duca Ranuccio impiegò il D. per risolvere la vertenza sorta nel 1691 tra Ferdinando e Francesco Gonzaga di Castiglione delle Stiviere. Nello stesso anno era nata una discordia tra Ferdinando Carlo, duca di Mantova, e don Vincenzo Gonzaga per il possesso dei feudi di Guastalla e Luzzara. L'imperatore Leopoldo I scelse come suo delegato il duca di Parma, il quale decise di affidare ancora una volta l'incombenza al Dalla Rosa. Questi lasciò di tale missione diplomatica una Relazione..., data alle stampe nel 1696 (s. l.). In essa il D. sostenne la causa di don Vincenzo, al quale poi vennero affidati i due feudi.
Altra delicata legazione decise, nel 1694, il duca Ranuccio di affidare al D., inviandolo quale suo primo ministro e ambasciatore a Vienna collo scopo di far richiamare le truppe imperiali stanziate nel ducato di Parma fin dal 1692.
L'adesione, nel 1690, del duca Vittorio Amedeo II di Savoia alla lega di Augusta, sottoscritta da vari Stati europei nel 1686 per contrastare la politica espansionistica della Francia di Luigi XIV, fece estendere la guerra anche al Piemonte. Si stanziò così in Italia parte dell'esercito imperiale, il cui sostentamento l'imperatore Leopoldo I pensò bene di delegarlo ai feudi imperiali italiani. Affidò al conte Antonio Caraffa l'incarico di provvedere a tutto. Questi non solo impose enormi contribuzioni per il mantenimento delle truppe alla Toscana, a Lucca, a Genova, a Modena e a Mantova, ma decise anche di far svernare queste truppe negli Stati vicini, tra cui quello di Parma. Anche per i due inverni seguenti continuarono le imposizioni di alloggiamento di truppe imperiali, nonostante che il duca Ranuccio avesse fatto presente le misere condizioni dello Stàto sia per la scarsità dei raccolti sia per gli ingenti debiti contratti. Cercò invano aiuto nel papa, in quanto il ducato di Parma era feudo della Chiesa e soltanto Bardi e Compiano erano feudi imperiali. Si rivolse anche a Venezia, alla quale aveva mandato vari aiuti nella guerra di Candia. Tuttavia la Repubblica veneta preferì seguire la sua politica di neutralità nel conflitto. Poiché altre truppe erano tornate a svernare nello Stato parmense all'inizio del 1694, Ranuccio II decise di rivolgersi direttamente all'imperatore inviandogli un suo rappresentante, il marchese Dalla Rosa. Questi, giunto a Vienna nell'agosto dello stesso anno, doveva rivolgersi non solo all'imperatore, ma anche all'imperatrice Leonora e al suo confessore padre Menegat e ad Eugenio di Savoia. Per quanto zelo ponesse nella sua missione, egli non ebbe che buone parole. Nessuna speranza poteva riporre nell'ambasciatore di Spagna, in quello veneto e nel nunzio pontificio. Così, mentre il D. era impastoiato nella burocrazia imperiale, il nuovo commissario imperiale Brünner decise di stanziare nuove truppe nel ducato di Parma, nonostante l'opposizione del duca, il quale, già infermo di salute, venne a morte l'11 dic. 1694. Il duca Francesco I volle continuare la politica paterna, sebbene il D. a Vienna non conseguisse risultati favorevoli. Si giunse così al trattato di Vigevano (7 ott. 1696) che, se stabiliva il ritiro delle truppe imperiali, spagnole e francesi, chiamava a contribuire alle spese di alloggio e ritiro degli eserciti tutti gli Stati interessati alla pace. Il duca Farnese fu così costretto ad escogitare nuove tasse, tra cui una assai forte sulle parrucche. Il D. venne allora richiamato da Vienna, vista l'inutilità della sua presenza presso la corte imperiale.
Tra le altre incombenze che doveva svolgere a Vienna, il D. ebbe anche quella di concludere il matrimonio del principe Francesco con Dorotea Sofia di Neuburg, già vedova dei principe Odoardo, matrimonio che venne celebrato nel 1695.
Il duca Francesco I aveva ereditato dal padre il problema dei feudi laziali di Castro e Ronciglione, occupati e devastati nel 1649 dalle milizie di papa Innocenzo X. Col trattato di Pisa del 1664 il papa Alessandro VII veniva obbligato a restituire i due feudi, previo pagamento di un forte riscatto, ai Farnese. Sebbene Ranuccio riuscisse in pochi anni a versare metà della somma occorrente, non ottenne mai Castro e Ronciglione. Così Francesco, essendo prossime le trattative di Ryswick che avrebbero sancito la fine della guerra seguita alla lega di Augusta, volle che un suo rappresentante partecipasse al congresso per sostenervi le sue ragioni sui due feudi. Decise ancora una volta di affidarsi all'abilità diplomatica dei Dalla Rosa. Questi, partito da Parma il 10 maggio del 1697, non ebbe miglior fortuna di quanta ne ebbe nella questione del ritiro delle truppe imperiali. Sia la Francia sia l'Impero sia la Spagna non vollero ingerirsi nell'affare di Castro e registrarlo negli atti del congresso. Così il D., che soggiornava ad Amsterdam, non venne neppure ammesso all'udienza dei lavori, ma dovette limitarsi ad avere notizie solamente per vie indirette. Quando giunse all'Aja il 19 settembre, la pace era già stata firmata. Tra le clausole il trattato finale contemplava la restituzione, mai avvenuta, dell'isola di Ponza ai Farnese. Tuttavia Francesco non si arrese e ordinò al D. di trasferirsi a Parigi, dove giunse il 3 marzo del 1698, per sostenere le sue ragioni presso il re Luigi XIV. Il 21 maggio ebbe udienza dal re a cui seguì, il 3 giugno, quella di congedo, senza nulla ottenere se non promesse assai generiche. Il D. rientrò a Parma il 24 luglio dello stesso anno.
Coll'aprirsi della successione al trono di Spagna per la morte di Carlo II, il ducato di Parma tornò ad essere invaso dalle truppe imperiali, poiché il duca Farnese si era opposto ad un loro stanziamento, affermando che come vassallo della Chiesa non poteva disporre del suo Stato senza il consenso papale. La presenza delle insegne pontificie non fermò Eugenio di Savoia, capo delle truppe imperiali, il quale occupò nel 1702 lo Stato parmense. Il duca allora si ritirò a Piacenza, affidando al D., nominato governatore primario di Parma (Pezzana, p. 2), il pieno governo di Parma. Ancora una volta il marchese seppe dimostrare la sua abilità diplomatica nel destreggiarsi tra i due belligeranti. Il 1° febbr. 1703, il duca Francesco nominò il D. consigliere a latere.
Ma i servigi del D. nei confronti del duca non erano ancora finiti. Nominato cavaliere gran croce di Giustizia e tesoriere dell'Ordine Costantiniano di S. Giorgio il 17 ott. 1718, il D. fu impiegato dal duca nella difesa legale di questo Ordine. Non si era infatti ancora sopita la polemica seguita alla pubblicazione della Fabula equestris Ordinis Costantiniani (1712) di Scipione Maffei, in cui si denunciava la falsità dei documenti su cui il duca Farnese basava i suoi diritti, che Francesco si trovò ad affrontarne un'altra, mossagli da un oscuro calzolaio valdostano, un certo Giannantonio Lazier. Nel 1721 era stato stampato in Germania un albero genealogico, risalente al 1403, che, partendo da Emanuele II Paleologo, terminava col Lazier, "che si qualificava ultimo discendente legittimo dei Flavii, Angeli, Comneni, Lascaris, Paleologi, già imperatori di Costantinopoli, e quindi solo erede del Gran Magistero dell'Ordine Costantiniano" (Ruffini, p. 149). Il duca ordinò allora a Pier Paolo Guezzia di compiere minute indagini soprattutto in Val d'Aosta. Di tutto il materiale raccolto Francesco si servì per una pubblicazione della cui stesura incaricò il Dalla Rosa. In essa, dal titolo Lafalsità svelata contro a certo Giannantonio (Parma 1724), il D. contestava, nella prima parte, passo passo l'albero genealogico e i documenti allegati a sostegno di esso. Nella seconda parte venne ricostruita l'intera vicenda di Giannantonio Lazier, basata sull'accurata indagine giudiziaria dei Guezzia.Fu probabilmente questo l'ultimo incarico che il D. ebbe dal duca. Morì l'anno dopo la pubblicazione delVopera, a Parma, il 12 febbr. 1725. L'orazione funebre fu detta durante le esequie nella chiesa magistrale della Steccata da Giuseppe Maria Bolzoni, che la fece poi stampare a Padova nel 1728.
Opere: Relazione sulle pretensioni di Ferdinando Carlo duca di Mantova nefeudi di Guastalla e di Luzzara contro del principe Don Vincenzo Gonzaga, s. l. 1696; La falsità svelata contro a certo Giannantonio, che vantasi de' Flavi Angeli Comneni Lascaris Paleologo, nell'esame della pretesa sua discendenza di maschio in maschio da Emanuele II Paleologo imperatore di Costantinopoli, Parma 1724; Soranae feudi civitati, dominatoribus, ac ducibus Parmae subiectio lapsis retro saeculis indubia, a novissimi feudatarii impugnationibus vindicata, s. n. t. Il Pezzana (p. 4) attribuisce al D. le seguenti opere: Apostillae seu Notationes in dissertationem de ducatu Castri, s. n. t.; Apostillae seu Notat.s in dissert.m cui titulus: Castrensis, s. n. t.
Bibl.: G. M. Bolzoni, Oraz. in morte del marchese P. L. D...., Padova 1728; A. Pezzana, Mem. degli scrittori e letterati parmigiani..., Parma 1825-1833, VII, pp. 1-4; E. Bicchieri, Dei quartieri alemanni in Italia sul finire del secolo XVII, in Atti e mem. delle RR. Deput. di storia patria per le prov. modenesi e Parmensi, IV (1868), pp. 39-51; G. B. Jannelli, Diz. biogr. dei parmigiani illustri…, Genova 1877, pp. 142 s.; G. Micheli, I confini tra Borgotaro e Pontremoli, Parma 1899, passim; U. Benassi, Per la storia della politica ital. di Luigi XIV. Una missione farnesiana pel ducato di Castro, Parma 1915, passim; F. Ruffini, L'Ordine Costantiniano e Scipione Maffei, in Nuova Antologia, 16 luglio 1924, pp. 130-156, ma soprattutto pp. 148-153; S. Dalla Rosa Prati, Un preteso discendente dell'imperatore d'Oriente e l'Ordine Costantiniano, in Arch. stor. per le prov. Parmensi, XX (1968), pp. 255-260; M. Turchi, Origine, problemi e storia dell'Ordine Costantiniano di S. Giorgio di Parma, Parma 1983, p. 46.