Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La Sonata di viole di Alessandro Stradella, pur chiamandosi “sonata”, è il primo esempio conosciuto di concerto grosso, cioè il primo brano di musica strumentale in cui la divisione dell’orchestra d’archi in due gruppi distinti e separati, detti “concertino” e “concerto grosso”, influenza la struttura musicale del brano stesso. L’analisi dettagliata dei rapporti e degli scambi fra concertino e concerto grosso evidenzia tale influenza e mostra le possibili combinazioni e soluzioni musicali suggerite da una formazione strumentale così composta.
La Sonata di viole nella storia del concerto grosso
La Sonata di viole in Re maggiore di Alessandro Stradella, scritta fra il 1676 e il 1680, è il primo esempio conosciuto di musica strumentale per un’orchestra d’archi suddivisa in due gruppi detti concertino e concerto grosso.
Il concertino è composto da due violini e basso continuo; il concerto grosso da primi violini, prime e seconde viole e basso continuo. Le composizioni dedicate a quest’organico prenderanno nel Settecento il nome di concerto grosso.
Questo brano invece, nelle due versioni a noi pervenute, si intitola rispettivamente Sinfonia a violini e bassi a concertino e concerto grosso distinti e Sonata di viole cioè concerto grosso di viole concertino de due violini e leuto.
Nel Seicento i termini “sinfonia” e “sonata” non indicavano una precisa forma musicale, come avverrà in seguito, ma semplicemente la destinazione del brano a strumenti, piuttosto che a voci.
Il brano di Stradella pur essendone un antecedente, non presenta tutti i caratteri formali del concerto grosso, quali si verranno a delineare nelle opere di Arcangelo Corelli e di altri compositori dal principio del XVIII secolo; ha piuttosto la forma di una canzone strumentale.
Già Claudio Monteverdi, Cristoforo Malvezzi, Lodovico da Viadana, Giovanni e Andrea Gabrieli a Venezia, la cappella musicale di San Petronio a Bologna, avevano esplorato le possibilità date dalla contrapposizione di blocchi sonori distinti: fra questi il contrasto dinamico e timbrico, la stilizzazione musicale di un dialogo, l’effetto stereofonico dato dalla distribuzione degli strumenti nello spazio. Finora però questa pratica era legata alla musica vocale.
Lo stesso Stradella aveva inserito accompagnamenti che prevedevano la divisione degli strumenti in concertino e concerto grosso in alcune arie di serenate e oratori scritti negli anni immediatamente precedenti al 1676: tra queste, si possono menzionare le serenate Vola, vola in altri petti (1674) e Qual prodigio è ch’ io miro? (1675), per l’esecuzione della quale i cantori sono divisi in tre gruppi e montati su vari cocchi per spostarsi sotto le finestre dei vari destinatari della serenata; alcune arie dell’oratorio S. Giovanni Battista (1676) e diverse arie di cantate sacre (Ah è troppo ver!) e profane (L’Accademia d’amore e Il Damone).
Altre composizioni strumentali in cui Stradella fa uso di formule simili a quella del concerto grosso sono invece la Sonata in Re maggiore a due cori (il primo costituito da due violini e basso continuo e il secondo da due cornetti e basso continuo) e la Sonata a otto viole con una tromba (per tromba e due cori di archi con basso continuo).
Il primo movimento
La Sonata di viole è articolata in quattro movimenti, a loro volta articolati in sezioni con caratteri differenti, come nella canzone strumentale.
Il primo movimento è un allegro incorniciato da due episodi adagio. L’introduzione è solenne, come a richiamare l’attenzione degli ascoltatori, di quattro battute, omoritmica, in cui concertino e concerto grosso si alternano battuta per battuta (1 e 3 il concertino, 2 e 4 il concerto grosso) nel ribadire l’accordo di tonica.
Quindi ha inizio l’allegro con un breve motivo di fanfara sull’arpeggio dello stesso accordo esposto dal primo violino del concertino. Questo motivo viene ripreso dal secondo violino a distanza di un intervallo di quarta inferiore: e ancora dal basso due ottave sotto.
L’ingresso dei tre strumenti avviene in forma fugata, cioè in successione. Non si può parlare in questo caso di una vera fuga. Spesso nei concerti e nelle sonatebarocche questo tipo di entrata in successione viene usato per mettere in risalto l’ingresso dei vari strumenti, ma il motivo principale, che in una fuga rimane come filo conduttore di tutta la composizione, qui non compare più dopo il primo episodio. È interessante notare che il basso, sia nel concertino che nel concerto grosso, è quasi sempre integrato nella struttura imitativa e non ha solo funzione ritmica e di sostegno armonico come avviene spesso nelle composizioni con basso continuo.
Il concerto grosso riprende, il motivo fugato esposto dal concertino, ma questa volta a quattro parti invece che a tre.
Il concertino propone un nuovo motivo basato su una stretta imitazione fra primo e secondo violino, che porta a cadenzare sul La maggiore cioè sulla dominante della tonalità d’impianto (Re maggiore).
Questo nuovo motivo deriva dal primo: è costruito sulla stessa sequenza armonica, cioè sulla stessa sequenza di accordi, con una piccola variante: l’accordo di Mi minore è presentato nella sua versione maggiore e questo piccolo accorgimento permette di cadenzare in La maggiore, dominante della tonalità iniziale; Mi maggiore è infatti a sua volta dominante della tonalità di La maggiore. Stradella utilizza così il sistema più semplice e più usato all’epoca per passare da una tonalità all’altra attraverso le dominanti secondarie: in questo caso Mi maggiore, come dominante della dominante (La maggiore) della tonalità di partenza (Re maggiore).
Il concerto grosso riprende il nuovo motivo in forma abbreviata e con cadenza su Si minore, relativa minore della tonalità d’impianto, Re maggiore.
Il concertino raccoglie la proposta del Si minore e ripete il gioco imitativo precedente.
Quindi un veloce scambio fra concerto grosso e concertino porta a cadenzare sull’accordo di La maggiore, dominante della tonalità d’impianto.
A questo punto finisce l’allegro e inizia la coda del primo movimento adagio.
Il motivo iniziale viene suddiviso in stretto dialogo fra concertino e concerto grosso con cadenza finale alla tonica. Segue una parte con carattere di fanfara (arpeggi, note ribattute, ritmo scandito con note veloci), con cui si conclude il primo movimento.
Il secondo movimento
Il secondo movimento forse più degli altri si fonda sui dialoghi e sugli effetti d’eco tra i due gruppi strumentali del concerto grosso e del concertino. L’estrema semplicità del materiale musicale rende ancora più evidente il gioco di scambi nella composizione. In tempo ternario consta di due parti ritornellate.
La prima, più breve, inizia con un motivo esposto da tutti i violini (i due del concertino e il primo del concerto grosso) all’unisono, senza basso e senza alcun tipo di accompagnamento.
Nella partitura Stradella non designa quasi mai i vari movimenti con indicazioni di andamento. In alcuni casi è possibile ravvisare, nel carattere o nel ritmo, andamenti di danze comunemente stilizzate nella musica strumentale dell’epoca.
Questo motivo, con frequenti emiole, può ricordare un andamento di corrente e al tempo stesso contiene elementi assimilabili a quelli caratteristici della favola pastorale.
Il concerto grosso interviene nelle ultime due battute con lo stesso motivo armonizzato a quattro parti e modificato verso la fine con cadenza sulla dominante.
Quindi i violini del concertino riprendono il motivo iniziale in forma fugata, questa volta con l’accompagnamento del basso e chiudono la prima parte cadenzando alla dominante con la stessa formula melodica precedentemente suonata dal concerto grosso. Questa cadenza, come le altre cadenze importanti di questo brano, è una cadenza perfetta con una voce che ritarda la terza dell’accordo di dominante, procedimento tipico dell’epoca.
La seconda parte è suddivisa in due sezioni differenziate dal materiale tematico utilizzato. Il primo motivo deriva da quello iniziale. Il dialogo fra concertino e concerto grosso si fa più serrato: il concertino risponde al concerto grosso dopo quattro battute ripetendo lo stesso motivo a distanza di un intervallo di quarta superiore. Quindi la cadenza alla sottodominante (Sol) viene suonata dal concerto grosso e ripetuta in eco dal concertino. La seconda sezione presenta nuovo materiale tematico. Il tema principale viene distribuito fra concertino e concerto grosso in un dialogo ancora più serrato.
Il terzo movimento
Il terzo movimento consta di una introduzione lenta in stile omoritmico in cui concerto grosso e concertino si alternano quasi battuta per battuta fino all’inizio dell’allegro.
Stradella non segna alcuna indicazione di tempo, né all’inizio del movimento né in questo punto, ma il cambio repentino di carattere e di materiale tematico nonché la prassi, usuale all’epoca, di introdurre un allegro con un adagio (come nel primo movimento della Sonata di viole), non lasciano dubbi sul cambio di andamento.
L’allegro inizia con una cellula melodica che caratterizza tutto il movimento e viene ripresa da concerto grosso e concertino in alternanza anche strettissima. Ad esempio nelle battute 13-14 i due piccoli elementi della cellula (una successione di note veloci discendenti e un intervallo ascendente ampio) vengono suonati con un incastro strettissimo fra concerto grosso e concertino.
In questo allegro la sovrapposizione dei due gruppi strumentali è decisamente maggiore che negli altri movimenti del brano: concertino e concerto grosso suonano insieme e in stretta collaborazione 14 battute e mezzo su 21 battute totali. Spesso il concerto grosso accompagna il concertino con un semplice accompagnamento derivato sempre dalla cellula iniziale.
L’inizio in levare conferisce al tutto un carattere di leggerezza soprattutto nell’accompagnare una serie di note veloci del concertino, unico esempio in questo brano di differenziazione virtuosistica fra i due gruppi.
Il movimento si conclude con una pagina ancora densa di scambi e con la cadenza finale in Re maggiore, fiorita con scale discendenti e suonata da tutti con tutti i violini e i bassi all’unisono.
Il quarto movimento
Le caratteristiche ritmiche di questo movimento sono chiaramente associabili a quelle di una giga. L’inizio presenta delle similitudini con il secondo movimento nel comportamento delle parti: anche qui il motivo principale viene esposto senza basso, ma con una voce di accompagnamento affidata alla prima viola del concerto grosso che entra alla seconda battuta.
Nel manoscritto la parte dei violini del concertino è scritta all’unisono con quella del primo del concerto grosso per una battuta e mezzo: verosimilmente i violini del concertino devono continuare a suonare fino alla fine del motivo, anche qui in analogia con il secondo movimento.
Alla fine dell’esposizione del motivo principale il basso del concerto grosso interviene proponendo lo stesso motivo alle altre voci del concerto grosso: le entrate si susseguono a partire dalle note Re, La, Re, La in ordine dal basso verso l’alto: basso, seconda viola, prima viola, violino.
La prima parte di questo movimento si conclude con una cadenza in La maggiore, dominante della tonalità di partenza, eseguita dal concerto grosso. Quindi il concertino ripete il fugato appena eseguito dal concerto grosso, in forma ridotta (naturalmente a tre parti) ripetendo anche la cadenza alla dominante.
Il motivo della seconda parte è ricavato da un gioco di inversioni (ascendente prima e discendente poi) del motivo della prima. La versione ascendente del motivo viene integrata nella seconda parte al basso e poi al violino.
La seconda parte inizia con lo stesso schema della prima: unisono dei violini, fugato del concerto grosso poi ripetuto dal concertino in forma abbreviata, quasi come un’eco e a tre parti. Questa volta le cadenze sono sulla tonica (Re) fino ad arrivare alla cadenza finale eseguita da entrambi i gruppi strumentali.