DALLA TORRE (Della Torre, Turriamis), Marco Antonio
Nacque a Verona nel 1481 da Gerolamo, professore di medicina a Padova, e da Beatrice di Giovanni Benintendi, in una delle più note famiglie nobili di Verona, discendente da Pagano della Torre, podestà di Brescia, che risiedeva in una bella villa a Fumane, descritta dal Panvinio.
Il padre, personalità di spicco nel mondo accademico padovano (nel 1470 fu vicerettore dell'ateneo), ebbe altri sei figli: Paolina, Comelia, Giulio, che fu giureconsulto, Laura, Gianbattista, citato dal Fracastoro come astronomo di valore, dato che a lui, detto precursore di Copernico, doveva la conoscenza dei primi rudimenti dell'astronomia, e Raimondo, ambasciatore di Venezia. Il giovane D. crebbe all'ombra della fama medica del padre, che ebbe in cura personaggi illustri, fra cui la regina di Cipro e scrisse diversi trattati medici e botanici, rimasti inediti per la sua morte prematura (1506).
Gerolamo fece comunque a tempo ad avviare il figlio ai suoi stessi studi a Padova, sotto Simone Aquilano, Lorgnzo Noale e lo Zerbi, col quale il D. si laureò nel 1501. Poté così iniziare l'insegnamento di medicina teorica straordinaria contemporaneamente al padre, che insegnava pratica ordinaria. Una rapida carriera gli permise di raggiungere una sicura posizione e un ruolo di primo piano all'ateneo padovano, anche per la sua collocazione antiaraba che l'opponeva alla maggioranza dei lettori di medicina del tempo e che egli integrava con le nuove conoscenze anatomiche e botaniche, non accontentandosi di un pigro ossequio ai greci, pur molto ammirati, e allontanandosi dal suo maestro Zerbi. Tra i suoi allievi ebbe il Buonafede, fondatore dell'orto botanico padovano, il più antico d'Europa. In concorrenza col Pomponazzi, nel 1506 successe a Gerolamo Fracanzano come lettore di filosofia, poi nel 1508 all'Aquilano. Non è ben chiaro per qual motivo tra il 1509 e il 1510 si trasferisse a Pavia, dove tuttavia fu accolto con molti onori ed ebbe come allievo Paolo Giovio, che lo ricorda affettuosamente in uno dei suoi Elogia. Ma l'incontro più importante di questo periodo fu certamente quello con Leonardo, che, a detta del Vasari, ricevette da lui un decisivo aiuto nella ricerca anatomica.
In realtà più che un rapporto da maestro ad allievo (fosse il maestro il più anziano pittore o, com'è stato notato, il giovane anatomista), si può parlare di una collaborazione e di uno scambio reciproci, poiché, anche se il D. era al culmine della sua carriera universitaria e del suo iter di studioso, dovette trovare nel sessantenne Leonardo uno straordinario stimolo per i suoi studi anatomici. Resta controverso se l'incontro avvenne nel 1511, dato che Leonardo si fermò quell'anno assai poco a Pavia, ma è certo che già in precedenza egli aveva praticato la dissezione, da lui ritenuta necessaria per un pittore. Probabilmente durante tali incontri (avvenuti a Vaprio d'Adda, in una tenuta dei Melzi), mentre il D. compiva dissezioni, Leonardo eseguiva disegni a penna rossa, particolarmente sull'effetto dei movimenti degli arti sui muscoli: tali disegni, riuniti in un codice con note manoscritte appartenuto a Francesco Melzi, passarono poi alla Biblioteca Reale di Windsor.
Compagno di ricerche anatomiche anche del Vasari e di A. M. Canani, il D. contava fra le sue amicizie i migliori ingegni del tempo, dal Fracastoro al Trissino, che aveva conosciuto a Verona, da Nicolò d'Arco al Bandello al già citato Giovio, e fu ritratto dal Riccio in un pregevole bronzo nell'atto di insegnare (attualmente si trova al Louvre). A causa della salute cagionevole, fin dal 1590 amava ritirarsi in una sua villa a Riva del Garda, anche per riposarsi dai frequenti viaggi a cui ora costretto dalla sua fama di medico, che faceva sì che venisse chiamato a consulto anche da località molto lontane; tuttavia egli curava volentieri anche gente di umile condizione, anzi si adoperò con disinteresse e coraggio ad alleviare le condizioni sanitarie delle popolazioni gardesane, travolte e decimate dalla peste. Contrasse così il contagio e morì ad appena trent'anni nel 1511 o 1512 a Riva del Garda, da dové il corpo fu traslato nella tomba paterna, nella chiesa di S. Fermo a Verona: il monumento funebre a entrambi è considerato il capolavoro della maturità di Andrea Briosco che lo scolpì tra il 1516 e il 1521.
Il D. non poté così dare l'ultima mano a diverse opere che rimasero manoscritte e che, appartenute alla raccolta Saibante, si sono in parte disperse, come le Observationes anatomicae che pur gli vengono attribuite. Alla Biblioteca capitolare di Verona (BibCapVr CCCVII, 282 – Ottavio Alecchi, Catalogus Codd. Mss. Bibliothecae Saibantis) c'è una Collectanea medica, novanta brevi capitoli che il suo allievo Gerolamo Mantua trascrisse nel 1510 a Pavia dalla viva voce del maestro. Dello stesso anno è un breve opuscolo, inserito nelle Lectiones in Aphorismos Hippocratis di A. M. Canani (Biblioteca civica di Ferrara, ms. 481) e intitolato In p. canonis Avicennae fragmenta quaedam. Una Expositio super IV librum Metheororum Aristotelis è alle cc. 129-179v del cod. 45 della Biblioteca del Collegio Campana di Osimo, mentre sue rime si trovano a Venezia (Biblioteca nazionale Marciana, Mss. Ital., classe IX, 364 [= 7167], f. 165v): non sono che una piccola parte dei lavori da lui scritti o lasciati interrotti, ma che testimoniano il suo distacco dall'ossequio galenico, la sua curiosità sperimentale, il suo gusto letterario e il suo impegno educativo, in una parola una precoce vastità di interessi. Il Fracastoro ricorda la sua difesa delle virtù curative del vino, sulle cui doti secondo Galeno e Ippocrate aveva sostenuto a Pavia una dotta disputazione; altri lo considerarono anticipatore del Cesalpino per le sue osservazioni sulla circolazione del sangue, di cui purtroppo non è rimasto nulla, o ricordarono le sue intuizioni nelle prescrizioni a base di piante medicinali; tutti rimpiansero la sua prematura scomparsa.
Certo il suo nome resta oggi soprattutto legato al suo breve ma fertile sodalizio con Leonardo, che avviò una tradizione di collaborazione tra arte e scienza anatomica continuata, ad esempio, da Michelangelo e Realdo Colombo. Non è possibile sapere con esattezza quanto l'uno abbia dato all'altro, ma le ipotesi miranti a dimostrare che addirittura il D. avrebbe dettato a Leonardo i testi che accompagnano i disegni non sembrano reggere, anche solo alla considerazione della differenza di età e di esperienza (Leonardo si era occupato di ciò fin dal tempo del suo secondo soggiorno a Firenze, o forse ancor prima a Milano). A qualcuno poi è piaciuto pensare che su tali risultati si sia formato anche il Vesalio. Certo il contatto con Leonardo contribuì non poco, presso i contemporanei, alla fama di "gentilissimo e di ogni sorta di scienze adornato" ricordata dal Bandello, il quale lo introduce in un incontro a casa di Clara Visconti Pusterla' a parlare di una mischia avvenuta all'università di Pavia tra scolari e gendarmi e ad ascoltare di poi la piacevole novella di "uno scolare" che "in uno medesimo tempo in uno istesso letto gode due sue innamorate, e l'una non si accorge de l'altra" (V, 15). Talvolta il D. fu confuso con omonimi contemporanei, come un medico friulano, M. A. Turriano, o un altro medico bergamasco.
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