Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Con il XIII secolo si chiude il periodo aureo dell’alchimia metallurgica che aveva visto in autori come Alberto Magno e il Geber latino (Paolo di Taranto) i tentativi più compiuti per dare all’alchimia uno statuto epistemologico e inquadrarla all’interno della filosofia della natura aristotelica. A partire dal secolo successivo il problema della trasmutazione viene visto sempre meno in relazione alla trasformazione metallica ma, sviluppando una prospettiva che era stata posta da Ruggero Bacone, lo scopo degli alchimisti diventa la ricerca della perfezione, non più legata soltanto ai metalli ma anche all’essere vivente.
Pseudo Jabir ibn Hayyan (Geber)
L’argento vivo, che secondo l’uso degli antichi è detto mercurio, è un’acqua viscosa, che sta nelle viscere della terra, di sostanza sottile, terrosa, bianca, compatta, per l’unione delle particelle minime ad opera di un calore dolcissimo, che fa sì che l’umido sia temperato dal secco e il secco dall’umido uniformemente. A motivo della sua umidità e della consistenza acquea scorre facilmente su una superficie piana; non fa presa, per quanto contenga umidità viscosa, perché la siccità lo tempera rendendolo non appiccicoso.
[…] Niente affonda nell’argento vivo, tranne il sole; mentre giove, saturno, luna e venere vengono dissolti da esso e vi si mescolano. Senza il mercurio non si può dorare nessun metallo. Si fissa ed è tintura al rosso di grande finezza e splendore. Non si stacca dal corpo cui è stato mescolato. Comunque, allo stato naturale non è la nostra medicina, ma può talora servire, se occorre.
in M. Pereira, Alchimia, Milano, Mondadori, 2006
Nelle opere che compongono il corpus pseudo -epigrafico di Arnaldo da Villanova e Raimondo Lullo aumenta notevolmente lo spazio riservato alla teoria, mentre la pratica viene sistematizzata nelle quattro operazioni di solutio, ablutio, congelatio, fixatio (dissoluzione, purificazione, solidificazione, indurimento). Sulla base di questa tradizione si apre la possibilità di un utilizzo dell’alchimia in ambito farmacologico che culmina nel De consideratione quintae essentiae del francescano di origine catalana Giovanni di Rupescissa, dove l’alchimia metallurgica viene inquadrata nel processo di ricerca dell’elisir: la produzione dell’oro artificiale diventa strumentale alla produzione dei farmaci.
L’elisir, o quintessenza, è per Rupescissa una sostanza incorruttibile che previene i corpi dal decadimento fisico e che quindi ha il potere di regolare i processi di corruzione e generazione che caratterizzano il mondo sublunare. Tale sostanza è per Rupescissa la controparte terrestre dell’etere celeste; in questo modo egli individua un agente materiale che regola i rapporti di scambio tra macrocosmo e microcosmo, mettendo in crisi la cosmologia aristotelica che separava in modo netto sfera del divino e sfera dell’umano.
Le origini del concetto di quintessenza risalgono allo pneumastoico veicolato attraverso la letteratura medica di tradizione galenica. Come la quintessenza anche lo una sostanza caratterizzata dagli elementi dell’aria e del fuoco, che negli organismi biologici svolge una funzione generatrice e di mantenimento della vita, mentre nei corpi inanimati come le pietre e i metalli determina la coesione dei costituenti elementari. L’identificazione materiale di una sostanza del genere, che viene individuata nell’alcol, costituisce il presupposto per un nuovo inquadramento della tecnologia alchemica, che giunge così a trovare nella quintessenza la giustificazione fisica e metafisica delle sue operazioni. Il carattere supernaturale della quintessenza modifica il tradizionale rapporto arte-natura, perché il fine della ricerca alchemica non si inscrive più soltanto nella sfera tecnologica ma si proietta in quella teologica.
Gli sforzi di Alberto Magno e Paolo di Taranto, i quali hanno cercato di collocare l’alchimia entro il dominio della filosofia naturale, escludendo la possibilità di interventi che valicassero i confini tra sfera umana e divina, vengono ora vanificati dal concetto di quintessenza, che coinvolge la ricerca alchemica in un confronto diretto con la natura e con Dio. Con il concetto di quintessenza si introduce nel mondo sublunare una sostanza incorruttibile ed eterna che mette in crisi la tradizionale visione del cosmo aristotelico e quindi anche la visione del mondo cristiana che su tale metafisica era costruita. All’interno di una prospettiva cristiana del mondo un concetto come quello di quintessenza deve essere attenuato, poiché la possibilità di controllo di una sostanza supernaturale finisce per conferire alla tecnologia alchemica un potere sulla natura che poteva spettare soltanto a Dio, scoprendo in questo modo il fianco alle accuse di eresia.
Di fronte ai contrasti che il concetto di quintessenza suscita sul piano della metafisica aristotelica, Rupescissa tenta di risolvere le incongruenze, ribadendo la potenza assoluta di Dio e sancendo la differenza e la subordinazione della quintessenza all’etere celeste, che mantiene i suoi caratteri di sostanza incorruttibile soltanto nei confronti dei quattro elementi del mondo sublunare.
Il De consideratione quintae essentiae di Rupescissa, compilato verso la metà del XIV secolo, chiude il periodo di maggiore produzione dell’alchimia medievale consolidatasi, fino a questo momento, attorno a tre correnti principali: quella metallurgica, basata sul progetto della trasmutazione sviluppato nella Summa perfectionis magisterii del Geber latino; quella dell’elisir, che ha origine con Ruggero Bacone ed è elaborata successivamente nei testi attribuiti a Raimondo Lullo e Arnaldo da Villanova; infine, la pratica della distillazione di sostanze organiche e inorganiche per sintetizzare nuovi farmaci a scopi terapeutici, che prende il via con Rupescissa e viene esplicata in tutte le sue potenzialità nel XVI secolo con la riforma paracelsiana della medicina. Durante il Quattrocento si assiste ad una notevole produzione di testi alchemici; essi si presentano come rielaborazioni e integrazioni delle dottrine dei secoli precedenti ma ad un livello teorico concettuale più basso che conduce ad un impoverimento della ricerca fino a scadere nella frode.