DALLARI
Famiglia di ceramisti o meglio di imprenditori di una fabbrica di maioliche di Sassuolo, in provincia di Modena, attiva nel sec. XVIII.
Giovanni Maria nacque a Pescarola frazione di Prignano sulla Secchia, nell'Appennino modenese, nel 1711 c. (infatti nell'atto di morte, del 1791, è detto di anni 80). Mancano notizie sulla sua formazione di ceramista; intorno alla metà del secolo egli era a Sassuolo "sergente maggiore"; passò poi nella società di Gio. Andrea Ferrari e soci, sorta nel 1741 in quel centro, per fabbricare maiolica (Liverani, 1977, pp. 13, 16), divenendo così attivo imprenditore. Allo scadere dei privilegi decennali rilevò l'azienda; non privo d'inventiva, fornì la fabbrica di un macchinario di sua invenzione che, usufruendo di una sola forza idrica, riusciva ad un tempo a macinare diversi colori, vemici ed altri ingredienti (ibid., 1977, p. 19).
La produzione si orientò fin da principio alle esigenze poste dal mercato sfornando oggetti d'uso comune, vasellame e stoviglie in maiolica a prezzo contenuto, per meglio rispondere alla domanda delle nuove classi borghesi. Certamente qualche modellatore della fabbrica fu portato a tentare anche la produzione di statuine in maiolica. Una scattante figura orientale policroma (cm 21,5) nel Museo civico di Modena. piena di spontaneità, grazia e movimento, fa rimpiangere che la produzione plastica non sia stata più intensa: i tempi nuovi, infatti, avevano imposto agli artisti la produzione di pezzi che rispondessero non tanto a ben precise esigenze artistiche quanto a quelle di un particolare mercato.
Giovanni Maria, pur utilizzando anche manodopera locale (Pietro Lei e Ignazio Cavazzuti, poi emigrati), organizzò la sua fabbrica facendo arrivare lavoranti da Faenza, Imola, Lodi, Bologna e Pavia. Proveniente da questa città sarebbe un Brizzi Africa, deceduto a Sassuolo nel 1756, che rivelò a Giovanni Maria il "segreto" per ritrovare la terra più adatta. Non solo riuscì ad ottenere, nel 1756, la privativa ducale in Sassuolo per la "maiolica fina", privativa estesa poi a tre generazioni, ma nel 1757 riuscì anche ad ottenere un provvedimento che limitava l'importazione delle maioliche forestiere nello Stato soltanto al periodo della fiera di Reggio; e nel 1761, con un successivo provvedimento, l'introduzione delle maioliche venne vietata in assoluto. Sgombro il campo da ogni possibile concorrenza interna ed estera, la fabbrica ebbe un notevole impulso e sappiamo dalla Descrizione generale del 1763 (Sassuolo, Arch. comun., Affari statistici) che a quel tempo i maiolicari sassolesi erano circa una ventina. A questo punto tale era la sete di maestranze locali che il 22 marzo 1765 la Comunità di Sassuolo si impegnò a retribuire il modellista della fabbrica perché insegnasse l'arte ai giovani. La fabbrica prosperò così in regime di monopolio assoluto e totale; lo prova infatti la notizia che nel 1765 un tentativo del marchese A. Taccoli di aprire una fabbrica di ceramiche nel proprio fondo di San Possidonio non poté aver seguito (1766) per le proteste del D. (G. Vanzolini, Istorie delle fabbriche di majoliche metaurensi..., Pesaro 1879, pp. 98 ss.).
Giovanni Maria morì a Sassuolo il 23 genn. 1791 (Sassuolo, Arch. parrocchiale) lasciando la fiorente e prosperosa fabbrica in mano del figlio Giovanni.
Giovanni, figlio di Giov. Maria, nacque a Sassuolo nel 1738 c. (Sassuolo, Archivio parrocchiale). Lavorante come "pittore di maiolica" (Ibid., Stati d'anime) nella fabbrica paterna, aveva anche conseguito un titolo di studio poiché fu ammesso nel Collegio dei notai di Sassuolo il 5 ag. 1762.
Allontanato da Sassuolo per un fallo amoroso di gioventù, poté rientrarvi indisturbato per protezioni nell'ambiente ducale e nel 1767 ebbe l'incarico di giudice a Montebranzone.
Nel 1785 Giovanni, ancora vivente il padre, prese la guida della fabbrica di maioliche, che avrebbe poi ereditato, incrementandone la produzione e sfornando pezzi che, pur mantenendo le caratteristiche dei manufatti paterni, superavano i precedenti sia nella qualità sia nella quantità.
Ma il 1° febbr. 1791 venne seccamente revocato il divieto d'importare ceramiche, divieto che aveva costituito l'ossigeno per la fabbrica. Inoltre i privilegi dei D. non erano mai stati estesi alla mezzamaiolica e si stava assistendo ad un vero e proprio fiorire di nuove industrie locali. Giovanni, per cercare di arginare i guai econonùci derivanti dalla nuova situazione, si decise ad affittare la fabbrica per un decennio dal 10apr. 1794, pur mantenendone la conduzione, ma le alterne vicende politico-militari che seguirono ne fecero un fuggiasco, perseguitato per le sue idee politiche repubblicane.
Morì il 17 ag. 1805 lasciando eredi della fabbrica i figli Onorio, Costanzo, Odoardo. La manifattura finì in mano dei Rubbiani (10 luglio 1847: Sassuolo, Rogito Notaio G. Gazzadi;7 dic. 1854: ibid., Rogito Notaio L. A. Dallari).
La produzione di Giovanni Maria si confonde, se non marcata (sul verso con la scritta per intero D. Sassuolo o con le iniziali D. S. impresse a crudo), con quella degli altri centri ceramici dai quali l'abile imprenditore aveva fatto arrivare le maestranze. Vi si ritrovano motivi decorativi lodigiani, o romagnoli, o veneti, a volte isolati. a volte mescolati in un unico pezzo. Tuttavia non mancano le caratteristiche particolari, quali certe forme abborchiate dei piatti e il grosso spessore perlaceo dello smalto che riveste i pezzi. Si predilessero motivi di paesaggi, fiori e ornati anche plastici e venne molto usata la decorazione azzurra su fondo bianco.
Nel Museo di Modena è attribuibile alla fabbrica D. una plastica maiolicata: essa e costituita da una figura di vecchio con barba, appoggiato su un orcio dal quale scorre acqua e adagiato su una base rettangolare (lunghezza di base cm 19). Non ha colori, ma è soltanto ricoperta da uno spesso strato di bianco smalto stannifero. La tecnica appare essere quella dei "bianchi di Faenza" che un po' ovunque aveva avuto tanto successo nei due secoli precedenti. Il palazzo ducale di Sassuolo, fronte meridionale, veniva sistemato nel 1765 dall'architetto Pietro Bezzi, e c'è da pensare che le statue del giardino, delle quali oggi resta soltanto qualche traccia, siano state le. ispiratrici di questa figura poiché si possono ritrovare delle analogie tra la stessa e le statue che appaiono in un antico disegno preparatorio.
Una bella zuppiera con coperchio e piatti modellati in maiolica bianca, nello stesso stile, appartenenti anche a collezioni private, furono esposte a Modena alla Mostra del Museo civico del 1980.
Fonti e Bibl.: G. Campori, Notizie stor. e artist. d. maiolica e d. Porcellana, Pesaro 1879, pp. 108, 121, 124, 127 (110 per Giovanni); C. Malagola, Mem. stor. d. ceramiche di Faenza, Faenza 1880, p. 265; A. Genolini, Maioliche italiane..., Milano 1881, p. 60; G. Corona, La ceramica, Milano 1885, p. 112; F. Argnani, Il rinascimento d. ceramiche maiolicate in Faenza, Faenza 1898, p. 109; F. Liverani, Ceramiche di Sassuolo, Modena 1977, pp. 13, 16, 19 s., 22-26, 29 s., 32 (26, 38 per Giovanni) e tavv. IV, VI, VIII; Id., Ceramiche settecentesche del duomo modenese: Sassuolo e centri minori, Modena 1980, pp. 15, 17 s., 21-24 (25, 30-37 passim per Giovanni); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, pp. 298 s.