daltonismo
Cecità congenita per i colori, descritta nel 1794 dal chimico e fisico inglese J. Dalton, che ne era affetto. La mancanza della percezione cromatica può essere totale o parziale. La prima, meglio detta acromatopsia, è assai rara e interessa tutti i colori, l’altra riguarda soltanto uno o pochi colori: per lo più il rosso e il verde. Se è più accentuata per il rosso si parla di protanopia; se per il verde, deuteranopia. Il fisiologo tedesco Hermann Ludvig Ferdinand von Helmholtz (1821-1894) ne spiegò la patogenesi ammettendo che la percezione dei colori sia regolata da tre distinti apparati neuro-epiteliali fotosensibili della retina, uno dei quali sarebbe impressionato dal rosso, uno dal verde, il terzo dal violetto: dalla loro azione combinata gli occhi normali potrebbero distinguere tutti i colori e vengono pertanto detti tricromatici; sono chiamati invece dicromatici quelli che presentano una cecità parziale per i colori a causa dell’alterazione di uno dei tre suddetti apparati. Turbe più lievi della percezione dei colori, dette anomalie cromatiche, sono assai frequenti e si presentano per lo più solo in particolari condizioni, quali la scarsa visibilità e la stanchezza.
Il d. si trasmette secondo lo schema della eredità legata al sesso: la protanopia e la deuteranopia sono determinate da due coppie di geni, che risiedono nel cromosoma X, a poca distanza l’una dall’altra. Poiché la coppia dei cromosomi sessuali è rappresentata da XY nell’uomo e XX nella donna, e poiché il cromosoma Y non porta gli alleli dei geni contenuti in X, i geni del d. recessivi rispetto a ‘vista normale’ possono manifestarsi nell’uomo, anche se sono presenti nel solo cromosoma X, mentre nella donna devono essere in condizione omozigote, cioè presenti in ambedue gli X. Perciò il d. è più raro nelle donne che negli uomini: le donne eterozigoti per tali geni hanno vista normale; le omozigoti, daltoniche, sono figlie di un daltonico e di una madre eterozigote che a sua volta è figlia di un daltonico.