Daltonismo
Il daltonismo è un'anomalia visiva congenita che impedisce di distinguere i colori. Deriva il suo nome dal chimico e fisico inglese J. Dalton, che ne era affetto e che la descrisse nel 1794. La cecità ai colori può essere totale o parziale: la prima, più correttamente chiamata acromatopsia, è molto rara e interessa tutti i colori; la seconda, detta discromatopsia, riguarda soltanto uno o pochi colori, per lo più il rosso (protanopia) e il verde (deuteranopia). Nell'uomo la capacità di distinguere i colori dipende dalla presenza nella retina di tre pigmenti visivi, costituiti dalla proteina opsina legata a un carotenoide e normalmente localizzati nei coni. Ciascun pigmento è fotosensibile in una diversa regione dello spettro della luce visibile: il primo ha la massima sensibilità per il rosso, il secondo per il verde, il terzo per l'azzurro, o blu (v. colore); la variazione negli spettri di assorbimento deriva da differenze nella struttura primaria della proteina. La combinazione dei tre pigmenti consente all'occhio di distinguere tutti i colori, mentre una loro alterazione congenita causa anomalie nella percezione cromatica. Deficienze per il rosso e il verde sono piuttosto comuni. Nella protanopia lo spettro è accorciato alla sua estremità rossa e i rossi appaiono grigio-scuro, l'aranciato e il giallo grigiastri; nella deuteranopia il verde appare grigio-chiaro, i verdi-gialli e gli azzurri-verdi appaiono grigiastri. È stato accertato che, in entrambi i casi, manca uno dei pigmenti visivi. Nella popolazione europea circa l'8% dei maschi e l'1% delle donne sono affetti da cecità parziale ai colori. La differenza che si riscontra nella frequenza tra uomini e donne è dovuta al fatto che la protanopia e la deuteranopia sono determinate da geni posti sul cromosoma sessuale X che è presente in duplice copia solo nelle donne. Così, gli alleli per il daltonismo, recessivi rispetto a quelli per la visione 'normale', devono essere presenti su entrambi i cromosomi X, perché si possano manifestare nella donna; nell'uomo, invece, è sufficiente che siano presenti in singola dose. Nel caso di acromatopsia si parla anche di cecità diurna, perché i coni sono difettivi e i pazienti vedono meglio di notte o in presenza di debole illuminazione. Da bambini, i pazienti manifestano instabilità del bulbo oculare, che successivamente decresce; molto spesso si riscontra strabismo, anche in presenza di luce di normale intensità, mentre l'esame del fondo oculare è normale. La frequenza con cui viene riscontrata questa affezione è la stessa per uomini e donne, dato che il gene che la determina è localizzato su un cromosoma autosomico, non sessuale, presente in duplice copia in entrambi i sessi. Un'altra anomalia, precedentemente interpretata come cecità totale ai colori, e ora definita acromatopsia incompleta, permette di vedere solo piccoli oggetti blu in un largo campo giallo e viceversa. È questa un'affezione progressiva, causata da un gene legato al cromosoma X. Vi sono inoltre forme leggere di cecità ai colori, che si indicano come 'anomalie cromatiche', nelle quali il disturbo si rivela soltanto in alcune particolari circostanze, come, per es., scarsa luce oppure stanchezza. Per stabilire il tipo di cecità ai colori vengono utilizzati due strumenti, l'anomaloscopio di Nagel e il disco pseudoisocromatico di Hardy-Rand-Rittler. Il primo è formato da un tubo con un campo circolare bipartito: una metà è illuminata con il giallo, l'altra metà vira continuamente tra rosso e verde. La sensibilità cromatica di una persona è analizzata fornendo nel campo variabile diversi colori mescolati, finché si ottiene un riscontro soggettivo nel campo giallo; certe combinazioni di colore sono considerate normali, altre, invece, indicano il tipo e il grado dell'anomalia. Tra gli animali l'incapacità di riconoscere i colori deve essere piuttosto rara, perché sembra poco compatibile con la sopravvivenza. Distinguere una differente colorazione può significare identificare una specie amica o nemica, individuare il cibo, riconoscere le livree nuziali, ricche di colori, che servono all'attrazione del partner e alla riproduzione. Si deve quindi presupporre che nel caso della percezione dei colori la selezione sia molto vigile in natura. Diversa è la situazione nella specie umana, per la quale il confronto tra popolazioni primitive e civilizzate ha mostrato in queste ultime un aumento nella frequenza del daltonismo, dovuto probabilmente a un rilassamento della selezione. Nelle società civilizzate si può osservare, a volte, un incremento nell'incidenza di alcune malattie genetiche, perché l'uomo ha imparato sempre più ad adattare l'ambiente alle proprie necessità, rendendo meno drastica l'azione della selezione naturale e creando una sorta di selezione artificiale. Se la corretta percezione dei colori doveva essere indispensabile per la sopravvivenza delle popolazioni primitive, costituite essenzialmente da cacciatori e raccoglitori, l'introduzione dell'agricoltura e il continuo miglioramento della vita ne hanno gradualmente ridotto la rilevanza. Considerando tuttavia il tempo relativamente breve trascorso dall'introduzione dell'agricoltura, l'aumento della cecità ai colori risulta piuttosto alto (dal 2% a circa l'8%); ciò suggerisce, accanto a una sottostima della frequenza nelle popolazioni primitive, un considerevole tasso di mutazione o un momentaneo vantaggio selettivo dei soggetti daltonici. Il vantaggio selettivo potrebbe, per es., essere individuato nell'esclusione dei maschi colpiti da tale disturbo dagli arruolamenti negli eserciti e quindi dalla partecipazione ad azioni di guerra. Il vantaggio evidente sarebbe una maggiore sopravvivenza e perciò una più alta possibilità riproduttiva dei maschi affetti rispetto ai sani, con conseguente ulteriore diffusione dell'allele per il daltonismo.
bibl.: j.m. connor, m.a. ferguson-smith, Essential medical genetics, Oxford-Boston, Blackwell, 1993; f. vogel, a.g. motulsky, Human genetics. Problems and approaches, Berlin, Springer, 1997.