DAMAYANTĪ
. Era la bellissima figlia di Bhīma, re dei Vidarbha, che, secondo quanto ci è narrato dal Mahābhārata (v.), andò sposa a Nala, re dei Nisada, che se ne era innamorato per aver udito esaltarne le lodi. Avuto messaggio d'amore da parte del re Nala per mezzo di un cigno, Damayantī lo elesse suo sposo nello svayaṃvara (la cerimonia della libera scelta del marito), preferendolo ad ognuno dei moltissimi re che erano alla cerimonia stessa convenuti e agli stessi dei, Indra, Agni, Yama e Varuṇa. Ella ebbe da lui due figli, Indrasena e Indrasenā. Dopo alcun tempo di vita felice, Kali, il genio del male, penetrato in Nala, lo indusse a giocare ai dadi, nei quali era entrato il demone del giuoco, Dvāpara, col fratello Puskara. Al vincitore fu fissato per posta il trono dei Nisada. Preso dalla folle passione, Nala, sordo ai consigli dei sudditi e della sposa, non si ritrasse dal giuoco, se non quando ebbe perduto ogni suo avere e il regno. Costretto ad abbandonare la sua terra, fu seguito da Damayantī, che ogni più acerba pena sopportò pur di non allontanarsi da lui. Ma un giorno Nala, pazzo di dolore, nella speranza che la moglie potesse, rimasta sola, riprendere presso i suoi l'antica vita felice, decise, mentre ella dormiva, di abbandonarla. Risvegliatasi, D. nella più tormentosa disperazione e attraverso le più varie e acerbe vicende, riuscì a raggiungere la casa paterna, in cui poi s'incontrò con lo sposo e si riunì a lui.