MAZZA, Damiano
– Sono rarissime le notizie documentarie su questo pittore, nato probabilmente a Padova (Ridolfi, p. 223) intorno al 1550. L’unico elemento biografico praticamente certo, da cui si ricava pure l’anno di nascita, è rappresentato dal necrologio dei provveditori alla Sanità datato 25 ag. 1576, in cui si menziona un «Damiano pittore de anni 26», morto nella parrocchia dei Ss. Apostoli a Venezia (von Hadeln, p. 250; Scarpa, 1989, p. 174).
Tuttavia, qualche novità è emersa di recente. In un sonetto indirizzato a Celio Magno, il poeta Orsatto Giustinian si consola della lontananza dell’amico grazie all’immagine sua «dipinta in carte», opera straordinaria di un pittore di nome Damiano (Scarpa, 1985-86, pp. 7 s.; Mercatanti, in Giustinian, Rime, p. 191). Per la familiarità con cui Giustinian si riferisce all’autore del ritratto («il mio buon Damian») e per il fatto che sua madre si chiamava Elena Mazza, si è ipotizzato che il pittore potesse essere figlio di un fratello di costei, e quindi cugino di Orsatto (Scarpa, 1985-86, p. 8). Eppure Giustinian, che dedicò alla scomparsa della madre Elena, morta di peste nel giorno di s. Martino del 1576, ben quattro sonetti della sua raccolta di Rime (pp. 123-126), in quella circostanza non fece alcuna allusione al M., scomparso probabilmente per la stessa ragione solo tre mesi prima.
Fu forse lo stesso Giustinian, visto l’affetto e la stima con cui lo ricordava, a introdurlo a Venezia, offrendogli l’opportunità di frequentare lo studio di Tiziano se, come vuole Ridolfi, il M. fu effettivamente allievo e collaboratore del grande maestro cadorino negli anni estremi della sua attività (Roy Fischer, pp. 138 s.; Scarpa, 1985-86, p. 10). Una conferma in tal senso è offerta dalla forte dipendenza dal linguaggio tizianesco delle rare opere certe del M., come l’Ascensione di Cristo con i ss. Felice e Fortunato per l’altare maggiore della chiesa parrocchiale di Noale, che valse al pittore un compenso di 44 lire nel 1573 (Federici; Scarpa, 1985-86, pp. 41-44, 100-105).
L’iconografia della pala si spiega perfettamente tenendo conto della titolazione della chiesa: già dedicata all’Ascensione di Cristo, essa aggiunse proprio negli anni che interessano l’opera del M. l’ulteriore titolazione ai due santi soldati (Scarpa, 1985-86, pp. 42 s.). Del modelletto del dipinto, custodito ancora nell’Ottocento nella collezione dei signori de’ Rossi di Noale, non si ha più alcuna traccia (Federici; Scarpa, 1985-86, p. 42).
Prima di approdare a Noale, il M. aveva già ottenuto qualche commissione autonoma a Venezia. Per il soffitto della sala terrena della sede dell’arte dei sartori ai Crociferi, dipinse un ottagono raffigurante il Padre Eterno in gloria (perduto) e otto comparti quadrati con gli Evangelisti e i Padri della Chiesa, di cui sono sopravvissute solo le tele con S. Giovanni, S. Marco, S. Matteo e S. Gerolamo (Venezia, Gallerie dell’Accademia, deposito: Scarpa, 1989, pp. 174-177).
Nel maggio 1573, il capitolo della chiesa di S. Silvestro di Venezia concesse all’arte de’ mercadanti da vin un altare con una nuova dedicazione alla Croce, per il quale il M., avvalendosi forse di qualche collaboratore, eseguì la pala raffigurante i Ss. Elena, Silvestro, Andrea, Nicolò e l’imperatore Costantino (Bologna, Pinacoteca nazionale; Scarpa, 1985-86, pp. 54-56). Il dipinto era quasi certamente in situ il 19 giugno 1575, quando la mariegola della Confraternita ricorda tra i doveri del «nonzolo» l’obbligo di «sponzar la sepoltura» tutte le domeniche e il giorno della Croce, segno che i lavori intorno all’altare erano ormai ultimati (ibid., p. 55).
L’8 ott. 1575 il governatore dell’ospedaletto di S. Maria della Pietà, Giovan Battista Contarini, stipulò un contratto con i tagliapietra Pasqualin e Marchio per l’edificazione dell’altar maggiore della chiesa, su disegno di A. Palladio. Per questo altare, modificato a più riprese nel secolo successivo, il M. eseguì la bellissima Incoronazione della Vergine che deve identificarsi come l’ultima sua opera certa. Nel dettare le consegne ai due tagliapietra, infatti, Contarini teneva conto della pala d’altare che ancora «non vi [è]», ma che evidentemente sarebbe stata ultimata di lì a breve, vista la data di morte del pittore (Pilo, pp. 11 s., 93, 95, 145; Aikema - Meijers, pp. 153, 156, 170). Per il soffitto di questa chiesa il M. eseguì pure l’Assunzione della Vergine, «levata nel rinovarsi della Chiesa» a causa dell’imperizia degli imbianchini che la sostituirono con «un’asse imbiancata» (Ridolfi, p. 223; Pilo, pp. 18, 93, 95; Aikema - Meijers, pp. 157, 159, 170).
Quanto al resto del catalogo del M. vale la pena menzionare almeno il «Ganimede rapito dall’Aquila» per il palazzo Sonica di Padova (Ridolfi, p. 224), identificato con il Ratto di Ganimede già in collezione privata a Venezia (Dal Pozzolo, p. 80), del quale la versione della National Gallery di Londra costituirebbe una copia di ottima qualità (von Hadeln, p. 252; Gould; Potterton, p. 53; Dal Pozzolo, pp. 79 s., 96); e i «due quadri contententi Deità, Amori e Satiri con panieri di frutta» che Ridolfi (p. 223) vide in casa dei «Signori Donati a Santa Maria Formosa», per cui la proposta di identificazione più convincente pare il dipinto con Marte, Venere e Cupido, già in collezione Linger (von Hadeln, p. 252; Scarpa, 1985-86, pp. 95-97).
Non si conosce la data esatta di morte del M., avvenuta a Venezia entro il 25 ag. 1576.
Fonti e Bibl.: O. Giustinian, Rime (XVI secolo), a cura di R. Mercatanti, Firenze 1998, pp. 123-126, 191; O. Giustinian - C. Magno, Rime, II, Venezia 1610, pp. 92 s.; C. Ridolfi, Le maraviglie dell’arte (1648), a cura di D.F. von Hadeln, I, Berlin 1914, pp. 223 s.; F. Sansovino Venetia città nobilissima…, a cura di G. Martinioni, Venezia 1663, p. 246; M. Boschini, Le minere della pittura…, Venezia 1664, pp. 213 (Castello), 254, 259 (S. Polo), 341 (Dorsoduro), 443 (Cannaregio); Id., Le ricche minere della pittura veneziana, Venezia 1674, pp. 8, 12 (S. Polo), 19 (Dorsoduro), 29 (Cannaregio), 51 (Castello); D.M. Federici, Memorie trevigiane sulle opere del disegno…, Venezia 1803, p. 54; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia (1808), a cura di M. Capucci, II, Firenze 1970, p. 78; G. Moschini, Guida per la città di Venezia…, Venezia 1815, I, p. 185; II, pp.149 s., 164, 602; Id., Nuova guida per la città di Venezia…, Venezia 1828, p. 68; N. Pietrucci, Biografia degli artisti padovani, Padova 1859, pp. 183 s.; D.F. von Hadeln, D. M., in Zeitschrift für bildende Kunst, XXIV (1913), pp. 249-254; G. Lorenzetti, Venezia e il suo estuario, Milano 1926, pp. 371, 537 s., 543; G. Fiocco, La pittura veneziana del Seicento e Settecento, Verona-Firenze 1929, pp. 10-12, 75 s.; A. Venturi, Storia dell’arte italiana, IX, 4, Milano 1929, pp. 1080-1083; E. Tietze-Conrat, The Wemyss Allegory in the Art Institute of Chicago, in The Art Bulletin, XXVII (1945), pp. 269-271; G. De Logu, Pittura veneziana dal XIV al XVIII secolo, Bergamo 1958, pp. 139 s., 316; C. Donzelli - G.M. Pilo, I pittori del Seicento veneto, Firenze 1967, pp. 278 s.; R. Pallucchini, Tiziano, Firenze 1969, pp. 221 s., 224, 310, 347; H.E. Wethey, The paintings of Titian, I, London 1969, pp. 157, 165, figg. 198 s.; III, ibid. 1975, pp. 86, 128, 207 s., 212, 216; C. Gould, National Gallery Catalogues. The sixteenth century Italian schools, London 1975, pp. 139 s.; M. Roy Fisher, Titian’s assistants during the later years, New York-London 1977, pp. 8, 138 s., figg. 129-132; Venetian seventeenth century painting. A loan exhibition from collections in Britain and Ireland (catal.), a cura di H. Potterton, London 1979, pp. 39, 52 s.; F. Heinemann, La bottega di Tiziano, in Tiziano e Venezia. Atti del Convegno internazionale… Venezia 1976, Vicenza 1980, pp. 439 s.; R. Pallucchini, La pittura veneziana del Seicento, Milano 1981, I, p. 21; II, p. 437; G.M. Pilo, La chiesa dello «Spedaletto» in Venezia, Venezia s.d. [forse 1985], ad ind.; S. Scarpa, D. M., tesi di laurea, Università Ca’ Foscari di Venezia, a.a. 1985-86; B. Aikema - D. Meijers, Nel regno dei poveri. Arte e storia dei grandi ospedali veneziani in Età moderna 1474-1797, Venezia 1989, ad ind.; S. Scarpa, Alcune note su D. M.: cronologia, il ciclo dei Sartori, la pala dell’Ospedaletto, in Arte. Documento, 1989, n. 3, pp. 174-179; P.L. Fantelli, in La pittura nel Veneto. Il Cinquecento, a cura di M. Lucco, Milano 1999, p. 1307; E.M. Dal Pozzolo, La «Bottega» di Tiziano: sistema solare e buco nero, in Studi tizianeschi, 2006, n. 4, pp. 78-81, 87, 96; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, pp. 303 s.