ROMANO, Damiano
– Nacque a Napoli «verso il 1708», data secondo Lorenzo Giustiniani (1787) ricavabile da quella della sua morte, avvenuta a 68 anni. Nulla sappiamo della sua famiglia. Un suo amico leccese, Francesco Maria Tresca, presentando al lettore le Poesie italiane e latine, che Romano stampò appunto a Lecce nel 1739, lo dice nato da «nobili genitori» e fa intravedere un impegno nei regi offici della famiglia. Non risulta sposato, o non ancora al tempo della presentazione. Sempre per Giustiniani la sua laurea, in entrambi i diritti, è del luglio 1731.
Sono tutte desunte dai titoli delle sue opere le notizie della sua breve carriera in magistratura («per poco men di otto anni» dice egli stesso), preceduta, e poi seguita, da un impegno costante nella professione forense. Fu autore di una serie notevole di allegazioni a stampa, certamente non tutte censite, e di una sola opera, giovanile, edita nel 1739, legata ai modelli della letteratura forense, le Additiones ai commentari di Andrea Molfese alle consuetudini napoletane, dove inserisce spesso sue allegazioni, e tra queste un notevole ‘discorso’ in tema di cittadinanza, scritto per incarico del togato Vincenzo de Ippolito, che egli dichiara suo precettore, e al quale, nelle Poesie, dedica due componimenti, unitamente a uno in morte di Gaetano Argento.
Nella sua prima opera, dedicata a Bernardo Tanucci, e pubblicata a Napoli nel 1736 quando è già in magistratura e si definisce «regio auditore nella provincia dell’Aquila», la Difesa istorica delle leggi greche venute in Roma contro alla moderna opinione del signor d. Gio. Battista Vico, egli tenta di restaurare la tradizione, impugnata da Vico, di una derivazione della legislazione decemvirale romana da quella greca (Lomonaco, 2005, pp. 26 s.). Nella prefazione al largo ripensamento della Difesa, sempre dedicato a Tanucci ed edito nel 1744 con il titolo L’origine della giurisprudenza romana contro alla moderna opinione del signor d. Gio. Battista Vico opera istorica, critica, legale, narra la reazione di Vico (che lo avrebbe accusato di giovanile temerarietà) e dei suoi allievi, e ribadisce le sue idee, che aveva del resto già sviluppato nell’Opera critica, istorica, legale che dà una nuova maniera di poter bene interpretare le consuetudini napoletane, edita nel 1740 a Lecce, dove aveva (almeno dai primi mesi del 1739) la carica di avvocato fiscale della Regia Udienza.
In quest’opera afferma l’origine delle consuetudini napoletane «dagli antichi greci», con centralità per il problema dello ius congrui e della const. Sancimus, classico nel diritto meridionale, e con richiami alla polemica con Vico. La concezione rigida, che fa di Romano il primo dei critici cattolici di Vico, convive con l’orgoglio per il suo ruolo di magistrato regio in specie nella intensa stagione leccese. Qui è ferreo custode della regia prerogativa, per esempio contro il chierico Luigi Montefuscoli (1740), in un intreccio di allegazioni con il difensore di quello, l’avvocato Giuseppe Grassi, e in pagine che ravvivano, nei toni e nei fatti narrati, gli umori del clamoroso interdetto della città e del distretto diocesano (Vallone, 1998).
Romano pubblica nel 1741, sempre a Lecce, con dedica a Tanucci, una Apologia sopra l’autore dell’istoria del Concilio Tridentino ispirata ai moderni principi della critica documentale e storica, spinta fino a negare a Paolo Sarpi la paternità di quell’opera (con smentita di vari: nel 1760 di Francesco Griselini e poi di Ireneo Affò, pur amico di Romano), che propone l’impegno per «i Letterati a difendere con più vigore le Regalie ed a far conoscere che la religione non si sostiene con dare ad intendere alla gente ignorante e sciocca che si debba ciecamente adorare quanto indifferentemente si comanda da’ Vescovi e si stabilisce da Roma» (p. [6]). La stampa fu messa all’Indice il 10 gennaio 1742. Romano replicherà a Griselini con una Risposta apologetica di Filiberto Antonino Spinarosa (s.l. né d., ma forse nello stesso 1760). La tensione, in città, divenne drammatica (Trifone, 1909; Cronache di Lecce, 1991). Secondo un avvocato di curia, Romano, per rancori personali (forse legati alla censura del libro) con il vescovo Giuseppe Maria Ruffo, avrebbe riacceso, nella sua posizione di avvocato fiscale, il conflitto degli anni dell’Interdetto.
Abbandonata di sua iniziativa la magistratura (già al 31 agosto 1743) per riprendere in Napoli la professione forense, sostenne, come avvocato di parte nella Camera della Sommaria, le ragioni del regio governatore e della città di Lecce (F. Villani, Per la Rev. Mensa Vescovile..., [1750]), che – ci dice egli stesso – lo aveva aggregato al suo patriziato.
Restano almeno due allegazioni importanti: la Difesa giurisdizionale a pro della fedelissima città di Lecce, rivista da Niccolò Fraggianni, e databile alla fine del 1745 e la Risposta apologetica ad una scrittura stampata a pro della Mensa vescovile di Lecce datata al 14 marzo 1747 (Vallone, 1998). Qui Romano mostra già un largo dominio della critica documentaria, con citazioni anche delle opere di Jean Mabillon e di Scipione Maffei. La sua vocazione anticuriale convive con la sua profonda e franca ispirazione religiosa. Del 1748 sono le Lettere apologetiche nelle quali si risolvono vari dubbi filosofici, filologici e legali dedicate al magistrato Matteo de Ferrante. La Apologia sopra il terzo Principio della Scienza Nuova del sig. G.B. Vico fu edita nel 1749 con dedica a Carlo Danza, successore del de Ippolito (morto nel 1748) nella presidenza del S. Regio Consiglio, e il cui senso specifico, all’interno di una critica più larga della filosofia vichiana, è che «il principio delle lingue articolate del Vico [è] alla Sacra Scrittura totalmente opposto» (p. 128). Nel 1755 compare il Dello stato naturale doppo la prevaricazione di Adamo, insufficiente per la sicurezza dell’uomo con una idea centrale: corrotto l’originario stato di natura dal peccato di Adamo, la sicurezza è possibile soltanto in una società civile retta con ‘sommo impero’ dall’istituzione monarchica, di diritto divino. Il che gli consente di affermare la sostanziale insufficienza della legge «interna della ragione» alla costituzione del regime politico, ma anche di respingere quell’idea di uno stato di natura migliore dello ‘stato civile’ che egli addossa ai «novatori», cioè falange di autori eterodossi e protestanti che sprezzano «i Venerandi Padri della antica chiesa greca e latina» nonché i teologi della Chiesa cattolica romana. L’opera successiva, del 1756, Della morale de’ Santi Padri utilissima per la Scienza del Gius della Natura e delle Genti, non è che un approfondimento teso a riscattare l’«etica de’ Padri» dalle opere «degli Scrittori eterodossi del diritto pubblico ripiene tutte di massime eterogenee e contrarie alle verità naturali e rivelate». Nel 1756, Romano pubblica Della esistenza del diritto della natura e delle genti vendicata dall’incertezza, ed erroneità delle pruove, che n’an’ date Ugone Grozio, Samuele Pufendorffio e Giovanni Eineccio, tutti, anche qui, partitamente esaminati sullo sfondo di una larga massa di letture alla luce di un’idea fondamentale: «la Sagra Scrittura è quel fonte purissimo donde sgorgano non meno i misteri altissimi della nostra Santa Fede, che le pruove più sode ed incontrastabili dell’Etica naturale o sia del diritto della Natura e delle Genti» (p. 212). Un lavoro di circa 1500 pagine è La Scienza del diritto pubblico ovvero la Scienza del diritto della natura e delle genti coerente coll’Etica da Dio rivelata nel Vecchio e nel nuovo Testamento, edito a Napoli dal 1760 al 1763 in due tomi (di due volumi il primo e di tre il secondo). Anni dopo, nel 1768, pubblica la sua ultima e maggiore opera teorica La origine della società civile, destinata alla confutazione del Contratto sociale appena edito (1762) di Jean-Jacques Rousseau e a riproporre tutte le sue obiezioni a ogni teoria contraria alla monarchia assoluta di diritto divino. Sempre del 1768 è il Ragionamento teologico storico giurisdizionale, scritto di parte, ma di intenti teorici, per un contenzioso sulle rendite delle parrocchie dei casali di Aversa stornate dal papa a prelati romani, con detrimento dei «poveri distrettuali» e del re. Tra il giugno 1758 e il maggio 1759 produce almeno cinque allegazioni, in duro contrasto con Orazio Guidotti, difensore dei monaci cassinesi accusati di vessare con decime gli abitanti di Cervaro. Già nella prima allegazione, le Riflessioni istoriche critiche sopra il diploma […] di Gisulfo II, e soprattutto nella terza, le Dissertazioni storiche, critiche, legali intorno alla spureità della Cronaca Cassinese, che gira sotto il finto nome di Lion Marsicano, Romano sostiene (erroneamente) la falsità di questo diploma e dell’intera Cronaca cassinese che lo contiene; resta esemplare il suo metodo: un esame del documento che fonda la pretesa, e che viene esposto a vaglio critico secondo le regole teoriche di Mabillon, o di Daniel Papebroch, e le grandi applicazioni erudite di Ludovico Antonio Muratori e, più in tema, di Camillo Pellegrino, per indicarne la falsità; quindi, l’infondatezza giuridica della pretesa se anche il documento non fosse falso. Ancora nella Difesa storica […] a pro dell’odierno vescovo di Aversa, del 1766, egli torna, contrastando le pretese delle monache benedettine di Aversa, a impugnare di falsità alcuni diplomi, per esempio di Costanza d’Altavilla, e mostra il suo spessore di giurista in una convincente e sottile interpretazione della const. II 29 Cum concessiones di Federico II che oppone al celebre Francesco Vargas Macciucca. Gli ultimi grandi scontri forensi sono Per l’insigne Collegiata di San Giovanni Maggiore, con un breve intervento nel 1772, l’altro nel 1774 (ma 31 marzo 1775) di dura Confutazione contro le Memorie di difesa (in realtà non del 1772 ma del 1774) dell’avversario Francesco Peccheneda.
Secondo una notizia senza fonte di Giustiniani, che potrebbe averlo conosciuto, Romano morì a Napoli, il 30 gennaio 1776, «di sua età 68 in circa».
Fonti e Bibl.: F. Villani, Per la Rev. Mensa Vescovile di Lecce con quella fedelissima Città, s.l. né d. [Napoli 1750]; F. Griselini, Memorie anedote spettanti alla vita ed agli studj del sommo filosofo […] f. Paolo Servita, Losana [Venezia] 1760, pp. 12, 285; F. Vargas Macciucca, Esame delle vantate carte […] della Certosa di S. Stefano del Bosco, Napoli 1765, p. 544.
F. Soria, Memorie storico-critiche degli storici napoletani, I, Napoli 1781, p. 397; D. Civitella, Delle consuetudini di Napoli […] commentario, Napoli 1785, pp. 1-9, 103 s.; L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, III, Napoli 1787, pp. 119-122; I. Affò, Dissertazione preliminare, in S. Pallavicino, Istoria del Concilio di Trento, a cura di F. Zaccaria, I, Faenza 1792, p. LV; C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. 301; E. Cenni, Studi di diritto pubblico, Napoli 1870, pp. 260-262; B. Labanca, G. Vico e i suoi critici cattolici, Napoli 1898, pp. 116-149; R. Trifone, Le Giunte di Stato a Napoli nel secolo XVIII, Napoli 1909, p. 110; Id., Il diritto consuetudinario di Napoli e la sua genesi, Milano 1910, p. 111; M. Schipa, Il Regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone, II, Napoli 1923, pp. 261, 276 s.; B. Croce - F. Nicolini, Bibliografia vichiana, I, Napoli 1947, pp. 233-235 e ad ind.; S. Rota Ghibaudi, La fortuna di Rousseau in Italia (1750-1815), Torino 1961, p. 133; F. Venturi, Settecento riformatore. Da Muratori a Beccaria, Torino 1969, p. 136; S. Mazzarino, Vico l’annalistica e il diritto, Napoli 1971, p. 63; Cronache di Lecce, a cura di A. Laporta, Lecce 1991, ad ind.; E. Garin, Dal Rinascimento all’Illuminismo. Studi e ricerche, Firenze 1993, pp. 144 s.; F. Di Donato, Esperienza e ideologia ministeriale […] N. Fragian-ni…, II, Napoli 1996, pp. 707 s.; G. Vallone, Conflitti giurisdizionali nel Salento, in San Pietro in Lama. Storia società territorio e religiosità di un ‘feudo del vescovo’, Galatina 1998, pp. 302-306, 326-328; F. Lomonaco, Tracce di Vico nella polemica sulle origini delle Pandette e delle XII Tavole nel Settecento napoletano, Napoli 2005, pp. 11 s., 26-30; V. Lucherini, Ebdomadari versus Canonici. Gli istituti clericali, il potere ecclesiale e la topografia medievale del complesso episcopale di Napoli, in Anuario de estudios medievales, 2006, vol. 36, pp. 613-649; M. Sabato, Poteri censori. Discipline e circolazione libraria nel Regno di Napoli tra ’700 e ’800, Galatina 2007, pp. 93-100 e ad ind.; G. Vallone, Pratica forense e ‘regula veri’ al tempo del Vico, in Serta iuridica. Scritti dedicati dalla Facoltà di Giurisprudenza a F. Grelle, II, Napoli 2011, pp. 819-852.