Vedi DAMOPHON dell'anno: 1959 - 1994
DAMOPHON (v. vol. II, p. 999)
Al gruppo finora noto delle statue di culto del Tempio di Despoina a Lykosoura, opera di D. di Messene, si sono aggiunte negli ultimi anni nuove sculture, provenienti proprio dalla città natale dell'artista, grazie all'identificazione (Despinis, 1966) di alcuni frammenti delle statue che Pausania (iv, 31, 10) enumera come opere di questo scultore nell’Asklepièion di Messene. Oltre che su alcuni indizi segnalati per la prima volta dal Kirsten, il riconoscimento è stato effettuato anche sulla base della proposta di identificare con il Santuario di Asclepio il complesso architettonico scavato da A. K. Orlandos (1957-1972), formulata prima ancora che si scoprissero il tempio e l'altare posti al centro del suo cortile a peristilio. Il più significativo dei nuovi frammenti è la testa di una statua maschile di grandezza maggiore del naturale, rinvenuta nel punto Η dell'ala N. Le particolarità iconografiche e la parentela stilistica con le teste delle statue del gruppo di Lykosoura hanno condotto alla sua identificazione come testa della statua di Apollo, che Pausania elenca per prima, subito dopo i simulacri di Asclepio e dei suoi figli, sicuramente posti all'interno del tempio.
Il frammento di una gamba destra, rinvenuto nello stesso punto e pertinente alla stessa statua, permette di ricostruire la figura di Apollo in posizione stante, con le gambe incrociate e appoggiata a un sostegno che si trovava alla sua sinistra. Le statue in marmo successivamente enumerate da Pausania come opere di D., ossia quelle delle Muse, di Eracle, della personificazione della città di Tebe, della Tyche e di Artemide Phosphòros, erano allineate, come si deduce dagli elementi della pianta dell'edificio e dai rinvenimenti dello scavo, nei punti Χ, Ν, M e Κ dell'ala occidentale del santuario. A una di queste, e precisamente alla statua di Tyche, appartiene la parte inferiore della gamba destra di una statua femminile di grandezza superiore al naturale rinvenuta nel punto M. I dettagli conservati mostrano che la figura era stante, vestita di chitone e himàtion. Non è stata ancora effettuata una ricerca sistematica di altri frammenti minori di sculture provenienti dall’Asklepièion di Messene, verosimilmente in rapporto con altre opere dell'artista e della sua officina.
La cronologia dell'attività di D. non è definita con assoluta precisione da elementi esterni; tuttavia la datazione al secondo quarto del II sec. a.C. proposta già da tempo, principalmente in base a indizi di natura stilistica, continua a essere la più attendibile. L'ipotesi, sostenuta da E. Lévy nel 1967, che l'attività dello scultore andasse spostata al II sec. d.C., non ha avuto un vasto seguito ed è stata smentita dopo breve tempo, quando si è appurato che le tre monete di Adriano, rinvenute in sondaggi effettuati intorno al basamento del gruppo delle statue di culto di Lykosoura e ritenute un indizio decisivo, provenivano da strati sconvolti. Tra i materiali recuperati in questi stessi saggi era anche il dito di un piede, poi ricongiunto dal Marcadé al piede destro della statua di Despoina. Più semplicemente, dunque, le monete documentano successivi lavori di restauro, per i quali esistono indizi sia nelle parti conservate delle statue sia nel trono. Il pezzo che meglio caratterizza questo intervento di restauro è una tritonessa (Atene, Museo Nazionale, inv. 2175), che può datarsi, come sembra, al II sec. d.C.
Le ricerche svolte nel museo di Lykosoura da E. Lévy e da J. Marcadé (1969-1972) hanno conseguito significativi risultati. Da molti frammenti è stata ricomposta, quasi per intero, la zona delle gambe della statua di Demetra; con questa stessa figura sono stati messi in relazione frammenti precedentemente attribuiti ad altre statue del gruppo ed è stata definita la posizione delle braccia, che risulta diversa da quella offerta nella ricostruzione grafica del Dickins. Attraverso attacchi e nuove attribuzioni di frammenti sono stati inoltre integrati o chiariti diversi dettagli delle statue di Despoina, di Anytos, di Artemide, del trono e del piedistallo. È stato, infine, possibile effettuare interessanti osservazioni su particolari tecnici, utili ad accrescere l'attendibilità di successivi interventi e restauri. È già prevista una nuova ricostruzione della maggior parte delle figure superstiti del gruppo, con l'unificazione di tutto il materiale, attualmente conservato nel Museo Nazionale di Atene e nel piccolo museo di Lykosoura.
Le statue di Lykosoura e di Messene sono finora i soli complessi di sculture che si possano con sicurezza attribuire a D. e alla sua officina. Per altre attribuzioni, proposte in varie occasioni (stele di Polibio da Kleitor, testa di dea del Museo Capitolino, ecc.), sono state nel frattempo giustamente formulate molte riserve.
Con la ripresa degli scavi di Messene, condotti da P. Themelis a partire dal 1986, si attende che emergano nuovi elementi relativi all'opera di D. utili a precisare la cronologia della sua attività. Recentemente (1989) è stata data comunicazione di una nuova lettura delle iscrizioni incise su una colonna dorica, dove sono riportati i decreti di tre città che rendono onore a D., figlio di Filippo, e ai suoi figli per la realizzazione di statue di culto, in particolare quelle di Despoina a Lykosoura e di Afrodite a Leucade. In mancanza di una pubblicazione analitica non è tuttavia possibile un adeguato commento degli elementi offerti da queste iscrizioni.
Bibl.: Per gli scavi di A. K. Orlandos a Messene: E. Meyer, in RE, Suppl. XV, 1978, cc. 136-155, s.v. Messene, con bibl. prec.; C. Habicht, Pausanias und seine «Beschreibung Griechenlands», Monaco 1985, pp. 51-63. - Per il riconoscimento di frammenti delle statue di D. nell’Asklepièion di Messene: G. Despinis, Ein neues Werk des Damophon, in AA, 1966, pp. 371-385. - Per i saggi nel tempio di Lykosoura e la proposta di una cronologia di D. in età adrianea: E. Lévy, Sondages à Lykosoure et date de Damophon, in BCH, XCI, 1967, pp. 518-545; G. Donnay, Damophon de Messene et les ΦΑΙΔΥΝΤΑΙ d'Olimpie, ibid., pp. 546-551. - Per le ricomposizioni di frammenti delle statue di culto di Lykosoura: E. Lévy, J. Marcadé, Au Musée de Lycosoura, ibid., XCVI, 1972, pp. 967-1004. - Per la tritonessa al Museo Nazionale di Atene, inv. 2175: J. Frei, Réparations antiques, in AAA, V, 1972, p. 73 e nota 1. - Per la stele di Polibio: P. C. Bol, F. Eckstein, Die Polibios-Stele in Kleitor/Arkadien, in AntPl, XV, 1975, pp. 83-93, tavv. XL-XLI. - Per la testa di dea del Museo Capitolino: F. Coarelli, Polycles, in Omaggio a Ranuccio Bianchi Bandinelli (StMisc, XV, 1969-70), Roma 1970, pp. 75-89, in part. p. 84 ss.; H. G. Martin, Römische Tempelkultbilder (Studi e Materiali del Museo della Civiltà Romana, 12), Roma 1987, p. 88 s., 209 s., n. 3. - Per i nuovi scavi a Messene: Ergon, 1987, p. 100 ss.; 1988, p. 88 ss.; 1989, p. 27 ss. - Per la colonna dorica con iscrizioni da Messene: Prakt, 1972, p. 137 ss., fig. 9, tavv. CXV-CXVI; Ergon, 1989, p. 46 (comunicazione della lettura delle iscrizioni che si riferiscono a D. figlio di Filippo e ai suoi figli).