SEITER, Daniel
– Nacque a Vienna da Martin Seutter e da Veronika Schanternell e il 6 agosto 1647 venne battezzato nella parrocchia luterana di S. Michele (Wagner, 1997). La famiglia era originaria di Augusta, dove i genitori, entrambi provenienti da ricche dinastie di mercanti, si sposarono nel 1635; alla fine degli anni Trenta del Seicento la coppia si trasferì a Vienna. La ricostruzione delle vicende biografiche giovanili dell’artista, fino al suo arrivo a Roma intorno al 1680, è ancora oggi affidata soprattutto al profilo che Lione Pascoli incluse nel secondo volume delle sue Vite; l’attendibilità della fonte dipende in parte dal contributo del figlio dell’artista, Pietro, che fornì informazioni e documenti sul padre (Pascoli, 1730-1736, 1992).
Seiter venne destinato alla carriera militare e studiò disegno e teoria delle fortificazioni; in seguito divenne paggio di valigia del conte Raimondo Montecuccoli, rimanendo al suo servizio fino a circa venti anni, quando uccise in duello un ufficiale e fu costretto a fuggire a Venezia. In esilio, con l’aiuto dei genitori condusse una vita agiata e frequentò le nobili famiglie della città, come gli esponenti del casato Pasqualigo. In quell’ambiente si convertì al cattolicesimo, una scelta che causò la rottura con i parenti e lo costrinse a trovare una nuova fonte di sostentamento.
Grazie alle prime nozioni di disegno venne accolto nella bottega di Johann Carl Loth, dove iniziò l’apprendistato e imparò dal maestro «ad imitar […] la vaga, forte ed armoniosa sua maniera, ed il superbo suo colorito» (Pascoli, 1730-1736, p. 758). La declinazione del tenebrismo elaborata da Loth partiva dagli esempi di Luca Giordano e Giambattista Langetti, ma era giunta nella seconda metà degli anni Settanta a un naturalismo più attento a nuove esigenze di ariosa teatralità, in parte sull’esempio di Pietro da Cortona e di Carlo Maratti (Ewald, 1965, p. 26).
Daniel seguì Loth in questa evoluzione anche se a oggi non rimangono molte sue opere a testimoniarlo. Si possono citare una sovrapporta con La Notte che desta il Giorno – proveniente da palazzo Giovanelli, dove faceva serie con altre cinque (Magani, 2009) – e un disegno con L’offerta al dio Pan del 1670 (Brema, Kunsthalle), in cui si esercitò nell’adattare composizioni del maestro a nuovi temi (Kunze, 1997, pp. 94 s., n. 13).
Il silenzio dei documenti sugli anni giovanili dell’artista è interrotto dalla testimonianza della sua ammissione tra i Bentvueghels a Roma il 3 gennaio 1674, con un battesimo goliardico in cui il pittore assunse lo pseudonimo di «Avontstar» (Arnold Houbraken, 1718-1721, 1880; Kunze, 2000, pp. 11, 41 s., nota 20). L’ingresso nella Schildersbent confermò la sua vicinanza agli artisti nordici giunti in Italia, che proseguì anche durante il soggiorno capitolino degli anni Ottanta, quando Seiter accolse nel suo studio Christian Reder, detto Monsù Leandro, e un «Martino di nazione tedesco [che] agguagliato certamente l’avrebbe, se non fosse morto prima di lui» (Pascoli, 1730-1736, 1992, p. 763). Si ricordano inoltre i rapporti intrattenuti nell’Urbe con Gerard Wigmana e Jacob Christoph Le Blon, artisti che contribuirono all’elaborazione della biografia del viennese inclusa da Arnold Houbraken in De groote Schouburgh der Nederlantsche Konstschilders en Schilderessen (1718-1721).
Il distacco definitivo di Seiter da Venezia si compì alla fine degli anni Settanta, quando iniziò un viaggio verso Roma. L’elenco dei luoghi visitati è fornito da Pascoli, che ricorda che l’artista sostò a Verona – dove gli inventari segnalano in casa Turco un dipinto con Iride con il Sogno con due donne che lo svegliano (Guzzo, 1998, p. 162) – e a Milano, poi «per la via di Piacenza […] a Parma, a Modena, a Bologna», fino a Firenze (Pascoli, 1730-1736, 1992, p. 759).
Nella città toscana Seiter approfondì lo studio del ciclo decorativo di Pietro da Cortona in palazzo Pitti; i primi esiti si manifestarono nella tela con Antioco e Stratonice (Toronto, The Art Gallery), ispirata a una lunetta della sala di Venere e firmata «Daniel Seüter Da Viena A.o 1680» (Kunze, 2000, pp. 21 s., 106 n. G61). Pascoli riferisce che l’artista a Firenze compì due quadri per il granduca Cosimo III, di cui non restano tracce inventariali. Marco Chiarini ha invece individuato nella collezione del gran-principe Ferdinando il riferimento a un S. Giovanni Battista attribuito a «Monsù Daniello», identificato con una tela ora nei depositi di Palazzo Pitti (Chiarini, 1992).
Seiter giunse a Roma tra il 1680 e il 1681 circa. Il suo primo domicilio venne registrato dagli stati d’anime soltanto a partire dal 1682, quando risultò tra i residenti di via Bocca di Leone (Noack, 1907). Tra il 1681 e il 1682 partecipò alla creazione del teatro del principe Lorenzo Onofrio Colonna nel palazzo di piazza Ss. Apostoli. La costruzione venne affidata all’architetto Carlo Fontana e il viennese collaborò con la squadra di artisti responsabile delle decorazioni. La sua presenza è attestata dall’elenco dei lavori svolti, tra l’ottobre 1681 e il febbraio 1682, da autori come Niccolò Stanchi, Giacomo del Po e il nostro «Danillo tedesco», che dipinse una «storia fatta con vari putti» (Tamburini, 1997, pp. 316 s., 376). La prima commissione pubblica di Seiter riguardò la decorazione della tribuna della basilica dei padri certosini di S. Maria degli Angeli, in un contesto di collaborazione artistica analogo a quello del teatro Colonna. Nella basilica affrescò un’Assunzione della Vergine circondata da cori angelici, in cui si dimostrò attento ai precedenti di Giovanni Lanfranco in S. Andrea della Valle e di Giacinto Brandi in S. Silvestro in Capite. L’impresa è già attestata come compiuta dalle Effemeridi Cartari-Febei nell’agosto del 1681 e nel 1683 dal Viaggio sagro e curioso di Pietro de Sebastiani, dove è definita «il primo saggio del pennello di Danielle Soter alemanno» (Roma, Archivio di Stato, Archivi gentilizi, Cartari-Febei, vol. 88, c. 55v; De Sebastiani, 1683, p. 113). Il successo riscosso ebbe conseguenze durature e portò intorno al 1700 alla commissione di quattro dipinti per la Chartreuse di Marsiglia da parte di Jean-Baptiste Berger, già priore della certosa romana e procuratore generale dell’ordine: S. Ugo di Lincoln celebra il santo sacrificio della Messa, S. Antelmo di Belley guarisce un uomo malato, S. Bruno in preghiera e S. Roselina di Villeneuve, ora al Musée des Beaux-Arts della città (Peintures, 1984).
Seiter nel 1682 sposò Angela, figlia del mercante di libri Carlo Giannini (Kunze, 2000, pp. 11, 42 nota 26); cambiò domicilio e si stabilì dal 1683 al 1685 in via del Babuino e dal 1687 al 1688 in strada Paolina, in un alloggio dove, secondo l’ambasciatore sabaudo Girolamo Marcello de Gubernatis, «il medesimo signor Daniele si è sempre mantenuto […] con splendore» (Noack, 1927, II, p. 507; Kunze, 2000, p. 42 nota 25; Baudi di Vesme, III, 1968, p. 978). Dalla coppia nacquero Agostino, battezzato in S. Maria del Popolo il 27 agosto 1683, e Pietro Ambrogio, battezzato in S. Lorenzo in Lucina il 6 luglio 1687 (Cifani - Monetti, 1999, pp. 368, 371 nota 6; Kunze, 2000, pp. 11 s.).
La rapida affermazione di Seiter venne favorita dall’azione di alcuni appassionati ‘dilettanti’, che misero in collegamento l’artista con i grandi committenti. I primi a stabilire una relazione con il viennese furono il notaio Filippo Paquarucci [sic] e Domenico Ciappetti (Pascoli, 1730-1736, 1992, p. 759). Il pittore venne inoltre accolto nell’Accademia dei Virtuosi al Pantheon il 7 marzo 1683 (Tiberia, 2005) e in quella di S. Luca come accademico di merito il 31 marzo 1686 (Roma, Archivio Storico dell’Accademia di S. Luca, Libro delle risoluzioni e decreti, vol. 45, c. 127r). Nella pinacoteca di quest’ultima rimangono due tele con La Carità Romana e Lot con le figlie, probabile dono dell’artista per la sua accettazione (Varriano, 1988, p. 40; Kunze, 2000, pp. 61 s., n. G9, 124, n. G85).
Quando nel 1686 uscì la nuova edizione dell’Ammaestramento di Filippo Titi, Seiter aveva già compiuto gran parte delle sue opere romane più significative (Titi, 1686). I suoi dipinti adornavano in S. Maria in Aracoeli le pareti della cappella Buzi-Ceva (S. Pasquale Baylon guarisce l’arciduca Leopoldo e S. Pasquale Baylon guarisce un bambino), in S. Maria del Suffragio la cappella Oliva (la Madonna con Bambino, s. Caterina e s. Giacinto) e in S. Maria in Traspontina la cappella di S. Canuto di Danimarca (il Martirio di s. Canuto). Aveva inoltre collaborato con Carlo Maratti e Luigi Garzi nell’allestimento della cappella di Francesco Montioni in S. Maria in Montesanto (la Predicazione di s. Giacomo ai poveri e agli ammalati) e della cappella del cardinal Alderano Cybo in S. Maria del Popolo (il Martirio di s. Lorenzo e il Martirio di s. Caterina). La citazione delle due opere Cybo si riferisce alla loro prima redazione dipinta su muro, come la pala principale di Maratti con la Disputa sull’Immacolata Concezione; l’artista compì la seconda versione su tela intorno al 1697 per sostituire quella precedente che risultava danneggiata (Federici, 2002, p. 60; Mattiello, 2016, p. 36 nota 9).
La rapida successione delle opere permette di seguire l’evoluzione stilistica di Seiter che, pur trovando ampi consensi tra gli estimatori di artisti già affermati come Giacinto Brandi – capofila di una corrente pittorica non troppo distante dalle esperienze tenebriste veneziane – guardò con attenzione al versante accademico e classicista guidato da Carlo Maratti, forse compiendo anche un tirocinio alla sua scuola. Quell’apprendistato può essere confermato dalla presenza di una «Venere colca con un amorino in un paese, copiato da Titiano, […] fatta da Monsù Daniele, e ritoccata dal signore cavaliere Maratti» nell’inventario della collezione di quest’ultimo nel 1712 (Bershad, 1985, p. 83). Questo posizionamento trasversale di Seiter venne notato da padre Sebastiano Resta, che in una lettera del 6 marzo 1701 diretta al vescovo di Arezzo Giovan Matteo Marchetti osservò che il viennese si contendeva «tra Maratti, Cortona e Lanfranco, non in Maratti solo come gl’altri scolari maratteschi» (Sacchetti Lelli, 2005, p. 194).
Seiter a Roma lavorò per committenti stranieri come il duca di Exeter, John Cecil, che nel grand tour del 1683-84 acquistò per Burghley House anche due sue tele: una Venere dormiente firmata «Daniel Seutter fecit 1684» e una Venere con Cupido, Cerere e Bacco (Kunze, 2000, pp. 25, 116 s. n. G74, 118 s. n. G78). Tra il 1687 e il 1688 circa Lord Burlington comperò invece un Apollo e Dafne e un Giudizio di Paride per la residenza londinese di Chiswick House (ibid., pp. 106 n. G62, 113 s. n. G70).
La vera svolta nella carriera dell’artista si concretizzò nel 1687, quando il commendatore mauriziano Pietro Paolo Saluzzi lo segnalò a Girolamo Marcello de Gubernatis, ambasciatore del duca Vittorio Amedeo II di Savoia (Mattiello, 2016, pp. 29 s.). Il residente sabaudo stava cercando, su richiesta del sovrano, un pittore disposto a trasferirsi a Torino per decorare i nuovi ambienti del palazzo reale subalpino, edificati tra il 1684 e il 1685 circa su progetto di Carlo Emanuele Lanfranchi (Dardanello, 1988, pp. 245-252). L’iniziale riluttanza del viennese all’ipotesi di un trasferimento in Piemonte persuase il duca a far realizzare a Roma le prime tele necessarie alla volta di un gabinetto, oggi noto come sala delle Cameriste (Griseri, 1958-1959; Mossetti, 1989, pp. 252-260). Le opere vennero suddivise tra artisti stilisticamente omogenei: Brandi, che realizzò il dipinto centrale con il Trionfo della Fede sull’Eresia, Seiter e Agostino Scilla, che si occuparono degli ovali di contorno, rispettivamente quelli con la Carità e la Speranza e la Giustizia e la Fortezza. Il nome di Daniel venne abbinato a quello di Brandi anche in occasione della commissione del 1686-88 per la collegiata austriaca di Kremsmünster, per cui compì il Martirio di s. Agapito (Schleier, 2016, p. 202).
Seiter si convinse a lasciare Roma con la famiglia soltanto nel giugno del 1688. Giunto a Torino, si occupò degli allestimenti della dimora sabauda, a iniziare dalla volta della sala oggi detta del Caffè, in cui raffigurò nel centrovolta Ercole elevato alla gloria eterna da Minerva e dalla Sapienza e nei quattro tondi a coronamento la Temperanza, la Prudenza, la Chiara Fama e la Gloria e in due sovrapporte la Carità e la Giustizia.
Il pittore intorno al 1690 iniziò a occuparsi della nuova galleria della reggia con la squadra di stuccatori guidata da Pietro Somasso (Dardanello, 1995). In questo ambiente apportò una decisiva riforma degli impianti dei plafonds della dimora, seguendo in particolare l’esempio della Galleria Pamphilj di Pietro da Cortona. Nella volta subalpina si avvalse inoltre di molti riferimenti figurativi a maestri come Reni, Veronese, Canuti e Maratti, fino ai liguri conosciuti a Torino come Gregorio De Ferrari e Bartolomeo Guidobono. Il viennese riuscì a fondere senza stonature le diverse componenti grazie alla versatilità delle sue doti da coloritore veneziano (Cappelletti, 2002, pp. 160-170; Mattiello, 2016, pp. 32-35).
Seiter tra il 1693 e il 1695 circa si occupò della decorazione della camera da dormire di Vittorio Amedeo II (ora camera da letto della Regina) e della camera della duchessa Anna d’Orléans (ora camera da letto di Carlo Alberto). A conclusione di questa prima parte dei lavori il duca lo ricompensò con i titoli di cavaliere dell’ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro e, il 2 gennaio 1696, di primo pittore di gabinetto e di aiutante di camera di Sua Maestà; ottenne inoltre il permesso di lavorare per sei mesi all’anno per altri committenti. L’artista ebbe così la possibilità di tornare nuovamente a Roma e di trovare nuovi incarichi (Pascoli, 1730-1736, 1992, pp. 760 s.; Baudi di Vesme, III, 1968, p. 979).
Era già rientrato nella capitale pontificia nel 1691, durante i lavori della galleria, forse per ricondurre la moglie alla dimora paterna (Claretta, 1893). La coppia in quegli anni aveva perso due figli, uno appena nato, il 5 novembre 1688, e un’altra di pochi mesi, Anna Maria Vittoria, il 7 agosto 1690; a Roma nacquero in seguito Onofria Maddalena Elena, battezzata in S. Pietro il 29 marzo 1692, e Giuseppe intorno al 1700 (Cifani - Monetti, 1999, pp. 368, 371 nota 6, 373 docc. 1-3). Seiter aveva fatto poi ritorno nell’Urbe, tra il febbraio e il marzo del 1696, per acquistare per Vittorio Amedeo II due quadri di Maratti, e tra il giugno e l’ottobre dello stesso anno per scampare ai bombardamenti francesi (Baudi di Vesme, III, 1968, p. 980; Mossetti, 1993, p. 332).
I frequenti rientri a Roma trovano rispondenza negli stati d’anime del Vicariato della città; in quest’arco di tempo l’artista è presente nei registri della parrocchia di S. Andrea delle Fratte, del 1695-96 in strada Gregoriana e del 1697 alla discesa di porta Pinciana; nei registri di S. Nicola in Arcione del 1698 alla salita di S. Giuseppe; nei registri di S. Marco del 1699-1700 (Noack, 1927; Bartoni, 2012, p. 339).
Seiter mantenne così un rapporto regolare con importanti committenti capitolini come il marchese Pietro Gabrielli, che cercò la sua collaborazione per ultimare la decorazione pittorica del camerone del palazzo di Montegiordano, che era rimasta incompiuta nel 1691 alla morte di Giacinto Brandi (Cappelletti, 2002, p. 145-159; Frascarelli - Testa, 2004; Pampalone, 2016). Le opere del viennese arricchirono inoltre le dimore di molti collezionisti di primo piano come Niccolò Maria Pallavicini, Filippo Colonna, Ranuccio Pallavicino di Polesine, dei cardinali Fabrizio Spada Veralli, Domenico Maria Corsi e Giuseppe Renato Imperiali e del violinista Arcangelo Corelli.
Dal 1696 Seiter partecipò infine alla sua ultima impresa pubblica capitolina, la decorazione della navata della chiesa oratoriana di S. Maria in Vallicella, avviata in vista del Giubileo del 1700. Daniel compì quattro quadri per la navata maggiore – la Comunione degli Apostoli, la Caduta della manna, l’Immacolata Concezione e Giuditta con la testa di Oloferne – e il grande dipinto di controfacciata con l’Ecce Agnus Dei (Dunn, 1982).
Grazie ai suoi stretti legami con l’ordine oratoriano Seiter riuscì a ottenere commissioni anche per la pala dell’Immacolata Concezione e s. Michele Arcangelo per la chiesa di S. Filippo di Chieri tra il 1702 e il 1704, e per la Congregazione di Savigliano, cui inviò la pala di S. Filippo (Savigliano, già chiesa di S. Filippo, ora chiesa di S. Andrea) nel 1705, poco prima di morire (Barelli, 1989; Bertolotto, 2011).
Nel 1700 Seiter lasciò definitivamente Roma e fissò la sua residenza a Torino, forse motivato dall’avviamento dei cantieri per l’allestimento dell’appartamento al piano terreno del palazzo reale destinato all’erede al trono sabaudo, Vittorio Amedeo Filippo (ora appartamento di Madama Felicita). Decorò le volte della prima anticamera con l’Allegoria dei Quattro Elementi, della camera seconda con il Trionfo dell’Eroe e della camera terza con il Fidanzamento divino di Marte e Venere (Tardivo, 2016, pp. 38-47).
Gli impegni subalpini di Seiter si estesero alle altre residenze ducali, come villa della Regina, dove l’artista raffigurò il mito di Diana ed Endimione e l’allegoria del Tempo e la Storia (Griseri, 1988). La famiglia regnante gli affidò inoltre l’esecuzione delle tele con la Vergine Assunta, la Fede e la Carità e con l’Elemosina del beato Amedeo e la Beata Margherita di Savoia per la volta della navata della perduta chiesa dell’ospedale di Carità di Torino (1700-03 circa; ora Torino, Museo civico d’arte antica e palazzo Madama); la pala con l’Educazione della Vergine per la cappella del castello di Moncalieri; Il beato Amedeo che distribuisce ai poveri i frammenti del collare della SS. Annunziata (1698) per la cappella del beato nella cattedrale di Vercelli; l’Immacolata Concezione col Bambino e s. Giuseppe (1699) per la chiesa di S. Cristina; la Madonna, s. Giuseppe col Bambino e s. Teresa (1703 circa) per la chiesa di S. Giuseppe a Moncalieri. La duchessa Anna d’Orléans richiese infine due pale da offrire come ex voto per la nascita dell’erede al trono: la perduta Madonna col Bambino e s. Genoveffa (1700 circa; già Torino, Compendio di villa della Regina, palazzo Chiablese, cappella) e la S. Genoveffa (1700 circa) posta sull’omonimo altare nella chiesa di S. Francesco da Paola.
Seiter esercitò il suo magistero all’Accademia di Torino, di cui fu priore nel 1695 e nel 1696. L’artista morì nella capitale sabauda il 2 novembre 1705 e venne sepolto nella chiesa della SS. Trinità.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio di Stato, Archivi gentilizi, Cartari-Febei, vol. 88, c. 55v; Roma, Archivio Storico dell’Accademia di S. Luca, Libro delle risoluzioni e decreti, vol. 45, c. 127r.
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