FLORIO, Daniele
Nacque a Udine il 10 marzo 1710, quartogenito del conte Sebastiano e di Lavinia Antonini dei conti di Saciletto.
Entrambe le famiglie erano state comprese nella "serrata" del Maggior Consiglio di Udine del 1518: i Florio, discendenti di un tintore di Spalato trasferitosi a Udine verso la metà del sec. XV, si erano resi illustri con le magistrature; mentre gli Antonini, che eressero i più sontuosi palazzi della città, dovettero la loro ascesa piuttosto alle cariche militari, ma anche alle lettere, con un Alfonso (1584-1657) che fondò a Udine l'Accademia degli Sventati, divenuta poi la colonia Giulia dell'Arcadia.
Il padre del F., Sebastiano (3 dic. 1674-23 genn. 1759), "educatore dei figli con mite autorità", esercitò pubblici uffici nella sua città, specialmente nel campo dell'assistenza ai poveri e agli ammalati: fu infatti conservatore del Monte di pietà, priore dell'ospedale di S. Maria della Misericordia, provveditore alla Sanità, protettore del monastero di S. Nicolò e presidente della Fabbrica del duomo. Inoltre, grazie ad un'accorta amministrazione, consolidò il patrimonio familiare, concludendo controversie ereditarie che si trascinavano dalla metà del Seicento, costruì la bella villa di Persereano, che tanta importanza avrà nella vita dei suoi discendenti, e si dedicò con passione e competenza ai problemi tecnici dello sviluppo agricolo, specialmente dell'enologia, con risultati che molto contribuiranno, anni dopo, alla costituzione dell'importante Società udinese di agricoltura. Di lui F. Madrisio, erudito oratoriano suo contemporaneo, parlava come di un santo, particolarmente per le sue grandi doti di tolleranza, di umana comprensione e di liberalità. Sebastiano ottenne dalla Repubblica la giurisdizione feudale delle ville di Cavalicco e Santo Stefano col titolo comitale nel 1721, mediante l'esborso all'Erario di 500 ducati.Il F., come i suoi due fratelli Francesco Luigi (col quale conservò sempre comunione di vita) e Filippo, compì i primi studi nelle scuole dei barriabiti di Udine, legandosi particolarmente al padre B. Asquini, erudito noto per i suoi lavori biografici. Completati con anticipo quei corsi, per un po' si applicò da solo alla filosofia sulla Burgundica di G.B. Duhamel, seguì poi per un anno il corso di retorica di G.B. Folini nel seminario di Udine, e infine passò a Padova, affidato al fratello maggiore Francesco Luigi, che ivi si stava laureando. In questo ateneo seguì un corso sulle Istituzioni di Giustiniano e approfondì le sue conoscenze di storia veneta con G. Graziani, docente di filosofia, pur essendo contemporaneamente molto attratto dalle scienze fisiche, onde per due anni frequentò con assiduità i corsi di medicina e chirurgia di G.B. Morgagni, col quale ebbe anche rapporti di amicizia; tuttavia la poesia stava già rivelandosi il suo interesse precipuo, e per Petrarca - del quale conosceva a memoria l'intero Canzoniere - il F. nutriva ormai una vera e propria passione. Una molteplicità di interessi impegnativi affrontati con grande serietà dunque, fra i quali l'unica nota frivola pare fosse un grande amore per il ballo, di cui nei due anni trascorsi a Padova frequentò assiduamente una scuola.
Rientrato a Udine, nel 1731 recitò all'Accademia degli Sventati una Dissertazione sul recente terribile terremoto del Cile, che lo fece conoscere negli ambienti letterari cittadini, ed un'altra nell'Accademia istituita dal patriarca di Aquileia D. Dolfin, su un passo di Erodiano relativo a Beleno, antica divinità aquileiese. Nello stesso 1731 pubblicò a Udine il suo primo lavoro, Le prediche quaresimali del m. r. padre Agostino da Lugano ... ristrette in sonetti... Una certa fama locale gli venne anche da un'orazione recitata in duomo per la morte del conte A. Manin, che suo padre Sebastiano fece pubblicare: Orazione funebre in morte di ... Antonio Manini... (Udine 1732). Nell'inverno del 1734 egli accompagnò a Vienna il fratello Francesco, e negli oltre due mesi in cui soggiornò in quella capitale ebbe occasione di prodursi in alcune "assemblee poetiche".
Introdotto negli ambienti letterari, frequentò assiduamente i veneti di Vienna, come il matematico G.G. Marinoni, l'archeologo G.D. Bartoli e il conte R. Collalto, che gli fecero conoscere P. Metastasio, col quale ebbe inizio un rapporto di amicizia - molto stimolante per il F. - che resistette al tempo e fu all'origine di un carteggio.Al rientro a Udine, la morte del patriarca Dionigi Dolfin ed il solenne ingresso del suo successore e nipote Daniele Dolfin in settembre, gli offrirono l'occasione per farsi ulteriormente conoscere ed apprezzare: egli compose, oltre un'orazione funebre rimasta inedita, un poemetto in due canti, Udine afflitta e consolata (Udine 1734) che, diffuso a Vienna e in Italia, gli procurò gran lodi negli ambienti letterari.
Nel 1736 il F. si recò a Roma, sempre al seguito del fratello, inviatovi dal nuovo patriarca. Ricevuto da Clemente XII, che stava allora facendo erigere la nuova facciata di S. Giovanni in Laterano, gli recitò alcune sue stanze su quell'avvenimento, che il papa compensò con ampie lodi, una medaglia d'oro e un rosario di diaspro antico. A Roma frequentò il cardinale A.S. Gentili, per il quale recitò all'Accademia degli Infecondi una composizione poetica sulla traslazione delle ossa dei ss. Primo e Feliciano, da quello effettuata nella sua chiesa di S. Stefano Rotondo; il successo lo invogliò a dedicarsi a un dramma sacro, Il Pastor buono, che pubblicherà a Udine solo nel 1750, dandogli un taglio erudito, attraverso un ricco apparato di riferimenti ai profeti e ai santi padri. Da quel filone drammaturgico, spronato dalle lodi del Metastasio, decise di passare alla composizione di un poema epico di largo respiro, Tito, o sia Gerusalemme distrutta, ispirato alla narrazione di Flavio Giuseppe, di cui però completò solo i primi tre canti (due saranno pubblicati postumi da Q. Viviani, Venezia 1819) e parte del quarto.
Ma fino da allora la devozione per la casa d'Austria aveva assorbito la maggior parte della sua attività letteraria, al punto da far di lui una specie di cantore ufficiale di tutti gli avvenimenti di qualche rilievo per quella dinastia o per quelle ad esse legate, con uno sterminato numero di composizioni poetiche anche impegnative, delle quali solo una parte pubblicate, ad Udine, Vienna e Napoli, fra il 1738 ed il 1782. Di simile genere è un'altra serie di composizioni, destinata alla celebrazione dei fasti dei rappresentanti veneti in terraferma (anche di queste la maggior parte inedita); vi sono inoltre le declamazioni all'Accademia di Udine poi stampate, come Lo studio dell'antichità… Udine 1766, o Sopra l'orribile terremoto di Messina, e delle Calabrie. Canzone, Bassano 1782, e un immenso numero di pubblicazioni d'occasione per nozze, monacazioni, lauree e brindisi. Ma tutto questo impegno, specialmente per la sua parte aulica ed encomiastica, non rappresentò per il F. che una sorta di impiego ufficiale, un "lavoro" che, se gli ottenne a Vienna notorietà e vantaggi, come la carica di ciambellano conferitagli da Maria Teresa e lodi esagerate, fu però anche causa del pessimo trattamento che gli riserverà la critica del secolo successivo, confinando quasi nell'oblio anche la parte valida della sua produzione, specie dopo la morte nel 1835 di Q. Viviani, che aveva cercato con tutte le sue forze di diffonderla.
Nel 1777 a Udine il F. aveva pubblicato, oltre ad un volume di Rime sacre, e morali alla santità di n. s. Pio VI (un trattato di apologetica cristiana in versi), due tomi di Poesie varie ... che contengono tutta la parte più apprezzabile della sua opera poetica, anche se numerose composizioni erano già state edite a parte in opuscoli. Ne emerge una produzione lirica privata che presenta caratteri molto diversi da quella ufficiale, di una qualità che talvolta sfiora o raggiunge la misura della poesia. Si tratta, nel primo tomo, di composizioni di varia natura e metro dedicate agli affetti familiari, al piccolo mondo agreste del Friuli, all'amor di patria, al progresso civile, alle scienze.
Si può affermare che nella letteratura italiana del sec.XVIII egli fu uno dei pochissimi cantori della famiglia nel suo raccoglimento e nella sua intimità: fra le migliori sono le poesie dedicate al padre; quelle, molto toccanti, dedicate alla moglie amatissirna, Vittoria dei conti di Valvason - Maniago (sposata nel 1737), madre dei suoi sei figli (tre maschi: Sebastiano cavaliere di Malta, Francesco e Filippo; e tre femmine: Argentina, moglie di T. Gabrieli, Lavinia, sposa di A. Dragoni, nota per il suo salotto letterario, e Anna Giulia, maritata con B. di Belgrado), sia in occasione di un attacco di vaiolo che ella subì, rimanendone sfigurata, sia della sua prematura morte, avvenuta nel 1763; o quelle piene di tenerezza rivolte ai figli; e altre di vario soggetto.
Un posto a parte merita poi il poemetto Le Grazie (Venezia 1766), pubblicato per le nozze di G. Manin con S. Dolfin, sia per il tema prefoscoliano sia per la qualità; esso è composto di un unico canto di 106 ottave stampate due per pagina, seguito da un impianto di 17 note esplicative.
L'azione è ambientata per la maggior parte nella famosa villa Manin di Passariano: con invenzione non nuova il F. immagina che il filosofo Fontenelle gli appaia per guidarlo in cielo, dove le Grazie si sono rifugiate presso Urania, dopo che il soggiorno a Cipro era stato reso loro impossibile dalla tirannia della Moda; segue l'arrivo di Imene che, nonostante la loro ritrosia, riesce a persuaderle, mediante l'esaltazione degli sposi e la descrizione delle delizie e delle magnificenze di Passariano, a scendere sulla terra e a presiedere le feste nuziali, di cui segue la favolosa narrazione. Sembrerebbe dunque trattarsi ancora della solita poesia d'occasione, se non vi fossero inseriti con felice naturalezza anche numerosi elementi di poesia didascalica e di poesia scientifica: infatti, oltre alla filosofia del Fontenelle, il F. vi tratta (e non da dilettante, ma con rara precisione e chiarezza) delle invenzioni meccaniche di F. Lama, delle scoperte astronomiche di F. Bianchini, di quelle di naturalisti come F. Redi, A. Vallisneri, K. Linneo, G.L. de Buffon, inserendole con garbo e senza forzature nel contesto classicheggiante. Le pagine dedicate alla Moda (cui aveva già dedicato un altro poemetto in ottave, che appunto La Moda s'intitola e che sarà pubblicato postumo a San Vito al Tagliamento solo nel 1838) presentano una satira della società contemporanea che, pur mordace, ha toni di umana simpatia per l'universo femminile. Le due canzoni L'occhio e L'orecchio sono pregevoli esempi di poesia scientifica: da seguace dell'Algarotti, il F. si rivela serio conoscitore dell'ottica e dell'acustica; la canzone L'amor di Patria illustra le scoperte galileiane e le leggi di Newton.
Il F., che aveva fatto diversi viaggi a Vienna per prestarvi servizio di ciambellano, dal 1759 - anno della morte del padre - iniziò a passare gran parte del tempo nella villa di Persereano, dove nel 1735 la famiglia aveva ospitato C. Goldoni e dove affluiva la più colta società friulana; qui si occupava delle proprietà agricole con competenza e passione, privilegiando la viticultura (a tale proposito, nell'Archivio di Stato di Udine e in quello dei Florio a Persereano, esiste un epistolario, ora parzialmente pubblicato, indirizzato a lui e ad altri membri della famiglia da A. Zanon, il noto economista e agronomo veneto). Nel 1770 e nel 1775 il F. aveva sofferto gravi "flussioni" agli occhi, di cui tratta in alcuni sonetti; nella caldissima estate del 1784 fu colto da una grave crisi di depressione dalla quale non si riprese mai completamente.
Il F. morì a Udine il 25 apr. 1789.
Nei suoi armadi furono rinvenuti numerosi manoscritti, poi riordinati dal figlio minore Filippo; fra questi si ricordano alcuni canti del poema Tito... sopramenzionato, altri canti di un poema sulla Fantasia, un tomo di poesie morali e filosofiche, un Canzoniere austriaco, che contiene moltissime composizioni inedite, un tomo di Dissertazioni recitate all'Accademia di Udine, due tomi di prediche quaresimali ridotte a sonetti, brani di vari drammi incompiuti, un tomo di brindisi, un volume di minute di lettere.
La bibliografia delle opere edite ed inedite del F. si trova in Fabroni (pp. 111-117), ma è lungi dall'essere completa perché compilata al momento della morte dell'autore, mentre numerosi lavori del F. furono pubblicati postumi, specialmente in pubblicazioni per nozze (Valentinelli); molto più ricca quella fornita dallo Huber (pp. 810-815), anch'essa però non completa; migliore quella del Prampero. Il ricchissimo archivio Florio, che contiene epistolari importanti, come quelli del Metastasio, di M. Cesarotti, di G. Sibiliato, di G. Garampi e di molti altri, originariamente nel palazzo Florio di Udine, passò in parte nel 1934 alla Biblioteca comunale V. Joppi di Udine, e da lì nel 1959 all'Archivio di Stato di quella città, mentre l'altra parte alla vendita del palazzo fu trasferita nella villa di Persereano, presso gli eredi Florio, dove si trova tuttora. Le carte del F. sono divise fra tali due archivi.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Udine, Arch. Florio, busta 291 (lettere, minute, ecc.); Persereano di Pavia di Udine, Arch. Florio (numerosissime carte del F.: si segnalano spec. le buste 144, 192.2 e 193, con lettere di vari. fra cui C. Goldoni e P. Metastasio). Si veda ancora: Per le felicissime nozze de' nobili sposi co. D. F. e c.ssa Vittoria Valvasona di Maniago, canti quattro, Udine 1737; F. Florio, Elogio del conte D. F., Udine 1970; A. Fabroni, Fitae Italorum..., XVI, Pisis 1795, pp. 98-106, 111-117 (bibl. delle opere); Q. Viviani, Elogio di D. F., discorso recitato nell'aula del R. Liceo di Udine. …, Udine 1812; B. Gamba, Galleria dei letterati ed artisti più illustri delle provincie austrovenete che fiorirono nel sec. XVIII, Venezia 1822, p. 155 (con ritratto); C. Lombardi, Storia della lett. ital. nel sec. XVIII, Venezia 1832, ad Indicem; Lettere inedite di D. F., a cura di T. Michiele, Padova 1838; G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia e i suoi ultimi cinquant'anni, App., Venezia 1857, pp. 56 s.; C. von Wurzbach, Biographisches Lexicon..., IV, Wien 1858, p. 268; G. Valentinelli, Bibliografia del Friuli, Venezia 1861, pp. 62-66, 92, 167, 204 s., 279, 316, 325, 346 s., 354, 356 s., 359, 363, 381, 384, 387 s., 409 s., 413, 416, 425, 444; F. di Manzano, Cenni biografici dei letterati ed artisti friulani dal sec. IV al XIX, Udine 1885, p. 89; P. Verrua, Grazie prefoscoliane, in Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, LXXXV (1925-26), pt. 2, pp. 504-510; Lettere inedite di Pietro Metastasio al conte D. F. di Udine, Udine 1886 (44 autografi dal cod. 144 dell'Arch. Florio, con breve biografia del F. in prefazione, e diligente bibl. delle sue opere poetiche); P.N. Poiani, Un grande poeta del Friuli nel secolo passato, in Il Cittadino italiano (Udine), App., 4 dic. 1893; V. Joppi, Carlo Goldoni a Udine, in Pagine friulane, II(1899), n. 2, pp. 17 ss.; G. Bragato, Un poeta friulano del Settecento, D. F., in La Patria del Friuli, 19 maggio 1906; B. Chiurio, Poesia religiosa del Settecento, in Rass. bibl. della lett. ital., XVI (1908), nn. 1-3; Id., Gli affetti famigliari di un poeta friulano, in La Patria del Friuli, 28 dic. 1908; M. Huber, Gedichte des Grafen D. F. aus Udine, in Romanische Forschungen, XXV (1908), 3, pp. 801-815 (alle pp. 810-815 bibl. delle opere); F. Fattorello, Storia della letteratura e della cultura nel Friuli, Udine 1929, pp. 185 ss.; G. Pereale, D. F. poeta udinese del '700, Udine 1931; G. Natali, Il Settecento, II, Milano 1947, pp. 657, 755, 1108; L. Cargnelutti, Antonio Zanon e la famiglia Florio. in Metodi e ricerche, n.s., XI (1992), I, pp. 79-114; Encicl. Ital., XV, pp. 563 s.