RANZONI, Daniele
Pittore, nato a Intra il 3 dicembre 1843, morto ivi il z0 ottobre 1889. S'iniziò allo studio del disegno prima presso l'Accademia di Brera in Milano, nel 1856, quindi nell'Accademia Albertina in Torino; ma nel 1877 era nuovamente a Brera, alla scuola del Bertini. Il suo saggio finale ce lo mostra già definitivamente staccato dall'Accademia; il tema d'obbligo - Beatrice Cenci che si scioglie i capelli al sole - non lo interessa; manca del tutto la descrizione della scena e nel quadro vive la sola protagonista. Trascurati il substrato psicologico e romanzesco l'ampiezza oratoria, lo studio del costume, la magniloquenza del gesto, l'esercitazione si svolge soltanto come ricerca del tono pittorico. Con questo bagaglio spirituale, mentre il Cremona, il Grandi, il Conconi e gli altri "scapigliati" vivevano giocondamente a Milano gloriandosi della cosiddetta persecuzione dei filistei, il R. si recò a Londra e vi rimase nel 1877-78 a dipingere ritratti rifiutati all'esposizione della Royal Academy. Sfiduciato, tornò a Intra, dove dal 1879 al 1886 visse in una continua crisi fisica e morale, tormentato dall'insonnia e da strane manie, tra sconforti insanabili e silenzî accorati. Lo accolse alla fine il manicomio di Novara, donde uscì dopo alcuni mesi, ma non dipinse più che raramente: ritratto della signora Torelli (1887), ritratti delle signore Tonazzi (1889). La sua pittura, nei primi saggi scolastici placida e raccolta, dovette in seguito molto al Piccio (v. carnevali, giovanni) nello studio dell'aria ambiente, nell'unità delle luci e nell'amore dello sfumato. Mancante di largo respiro e di energia per creare opere definitive, il R. affaticò la sua breve vena per risolvere problemi spesso contraddittorî. Perciò i suoi dipinti più vasti sono i più deboli.
Gli stessi suoi ritratti nella maggior parte non sono che tentativi, studî, esperienze di pittura, analisi di valori, fervide elevazioni di uno stato lirico che non lo abbandona mai, ma lo segue fra quadro e quadro. I migliori di essi, ricchi di sensualismo coloristico, sono condotti con una pittura larga, lieve, trasparente, tutta carezze e velature, illuminata di splendente chiarezza. La sua arte, che non può essere ricondotta a un prototipo romantico o classico, è il riflesso di un mondo perpetuamente mobile.
Bibl.: D. R., Ottanta riproduzioni delle sue migliori opere, Milano 1911; U. Ojetti, Ritratti d'artisti italiani, II, ivi 1923, p. 53 segg.; id., La pittura italiana dell'Ottocento, ivi 1929, p. 75; R. Giolli, D. R., ivi 1926; C. Carrà, D. R., Roma 1924; E. Somaré, Storia dei pittori ital. dell'Ottocento, Milano 1928, I, p. 196 segg.; F. Furlani, Disegni di D. R., ivi 1934; Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXVIII, Lipsia 1934; M. Sarfatti, D. R., Roma 1935.