Darrieux, Danielle
Attrice cinematografica e teatrale francese, nata a Bordeaux il 1° maggio 1917. Iniziò a frequentare il teatro di posa all'età di quattordici anni e, da allora, non ha mai smesso di recitare, interpretando nel corso di un settantennio un centinaio di film di genere e argomento assai vari, lavorando per registi appartenenti a ben cinque diverse generazioni. Debuttante agli albori del sonoro, allorché i produttori preferivano rivolgersi alle nuove leve del teatro, la D. fu l'eccezione alla regola, la prima attrice francese di formazione puramente cinematografica. La ragione della sua straordinaria longevità artistica sta nell'assoluta di-sponibilità a interpretare qualsiasi ruolo, evitando così d'identificarsi in un unico, preciso personaggio. Altro suo merito è stato quello di non intestardirsi a voler fermare il tempo, a voler apparire in ruoli non più corrispondenti alla sua reale età. Trepida adolescente al suo debutto; giovane romantica, piena d'illusioni, alla fine degli anni Trenta e nei primi anni Quaranta; donna già matura e provata dalla vita nel decennio successivo, passata poi alla ricerca del tempo perduto e alle amarezze della terza età, la D. è approdata infine all'autorevole figura di matriarca del cinema francese. Scegliendo con una certa oculatezza fra i tanti film da lei interpretati, si può leggere in filigrana la storia e il clima culturale della società francese del Novecento, il progressivo evolversi dei suoi usi e costumi.
L'ingresso nel mondo del cinema fu per la D. del tutto casuale. Orfana di padre sin dall'età di sette anni, costretta a seguire la madre, insegnante di canto, nei suoi settimanali spostamenti tra Bordeaux e Parigi, fu esortata da un allievo del corso materno a presentarsi in uno studio parigino dove cercavano l'adolescente adatta al ruolo di quattordicenne per Le bal, versione francese del film austriaco Der Ball (1931; Alle porte del gran mondo) di Wilhelm Thiele. Visto il buon esito della prova, la D. firmò un contratto valido cinque anni, al termine dei quali già vantava una discreta popolarità. Il successo internazionale le arrise nel 1936, grazie al ruolo di Maria Vetsera in Mayerling di Anatole Litvak, con Charles Boyer nella parte dell'arciduca Rodolfo d'Asburgo. Due anni dopo fu la volta di un altro film in costume, Katia di Maurice Tourneur, imperniato anch'esso su un amore destinato a tragica sorte. La D., invitata a Hollywood, firmò un contratto di sette anni con la Universal Pictures; ma, come era accaduto ad altre attrici europee, venne poco utilizzata, e se ne tornò in Francia dopo appena un film, The rage of Paris (1938; Allora la sposo io) di Henry Koster. D'altra parte l'attrice, sposata sin dal 1935 con il regista e commediografo Henri Decoin, aveva stretto con il marito un fruttuoso sodalizio artistico, culminato nella realizzazione del notevole Retour à l'aube (1938; Ritorno all'alba) e proseguito anche dopo il divorzio (1940) con Premier rendez-vous (1941; Primo appuntamento), girato durante l'occupazione, e, più tardi, con La vérité sur Bébé Donge (1952; La follia di Roberta Donge), Bonnes à tuer (1954; Quattro donne nel-la notte) e L'affaire des poisons (1955; Il processo dei veleni).Negli anni Cinquanta la D. aveva ormai raggiunto la piena maturità, superando la breve eclisse dell'immediato dopoguerra, dovuta all'epurazione in cui era incorsa a causa di un viaggio a Berlino compiuto insieme ad altre attrici e attori accusati poi di collaborazionismo. In realtà aveva accettato di compiere il viaggio solo per andare a trovare il suo secondo marito, Porfirio Rubirosa, detenuto in un carcere della capitale tedesca; l'attrice fu scagionata dallo stesso Decoin, membro del comitato istituito per avviare l'epurazione nel mondo del cinema. Fu in quel periodo che incontrò i registi destinati ad avere maggiore influenza sulla sua parabola artistica, dal Claude Autant-Lara di Occupe-toi d'Amélie (1949; Occupati d'Amelia!), Le bon Dieu sans confession (1953; Una signora per bene) e Le rouge et le noir (1954; L'uomo e il diavolo), al Max Ophuls di La ronde (1950; La ronde ‒ Il piacere e l'amore), Le plaisir (1952; Il piacere) e Madame de… (1953; I gioielli di Madame de…). In seguito la D. ebbe ottimi rapporti con un regista della vecchia guardia come Julien Duvivier, per cui interpretò Pot-Bouille (1957; Le donne degli altri), dal romanzo omonimo di É. Zola, Marie-Octobre (1958) e un episodio (L'inceste) di Le diable et les dix commandements (1962; Le tentazioni quotidiane). Quanto ai registi della Nouvelle vague, se breve fu la sua collaborazione con Claude Chabrol, relativa a un solo film, Landru (1962), molto più incisiva risultò quella con Jacques Demy, per il quale interpretò due film fondamentali: Les demoiselles de Rochefort (1967; Josephine), e soprattutto Une chambre en ville (1982). Più durevole, invece, il sodalizio con i registi emersi dopo la prima ondata della Nouvelle vague: il Paul Vecchiali di Les petits drames (1961) e En haut des marches (1983); l'André Téchiné di Le lieu du crime (1986; Il luogo del crimine). Da ultimo François Ozon, regista affermatosi alle soglie del Duemila, che l'ha impiegata in Huit femmes (2002; 8 donne e un mistero): otto donne, ciascuna delle quali impersonata da un'attrice appartenente all'olimpo divistico del cinema francese. Da ricordare, inoltre, che la D., durante un secondo soggiorno negli Stati Uniti, era stata protagonista femminile di tre film di marca hollywoodiana, il più importante dei quali resta Five fingers (1952; Operazione Cicero) di Joseph L. Mankiewicz, acuta spy story in cui l'attrice disegna la complessa figura di una contessa dalle umili origini, amante del suo ex maggiordomo divenuto spia dei nazisti.
Rare, ma di notevole rilievo, le sue apparizioni sul palcoscenico, tra le quali vanno sottolineate quelle in Jeux d'argent (1937), commedia scritta appositamente per lei da Decoin, in Léocadia (1949) di J. Anouilh e in Evangeline (1952) di H. Bernstein.
Puck, Danielle Darrieux, in "Cinema", 1938, 52; G.C. Castello, Danielle Darrieux, in "Eco del cinema", 1953, 42; J.-M. Lalanne, Danielle Darrieux, La femme aux 100 films, in "Cahiers du cinéma", 2002, 566, pp. 60-63.