Daniil Trifonov. Fraticello del pianoforte
Russo, 21 anni, ha collezionato premi prestigiosi e conquistato i critici più severi: è lui il pianista dell’anno.
Ma senza atteggiamenti divistici né i tratti eccentrici di altre star.
Se la moda vuole che per affermarsi, oggi, un musicista debba avere i capelli a cresta, o un abbigliamento eccentrico o fotografie in pose sexy, lui è decisamente fuori squadra: ha l’aspetto di un giovane fraticello, veste modesto, pelle diafana e sguardo timido, per lo più a terra. Non ha nemmeno notizie biografiche particolarmente interessanti per le curiosità dei giornali.
Non ha vissuto coi lupi (Hélène Grimaud), non viene dalla Cina e non ha imparato a suonare il pianoforte da Tom&Jerry (Lang Lang), non è dovuto scappare dagli ayatollah (Ramin Bahrami). Niente. Lui di straordinario – al di fuori di come suona – non possiede nulla.
Una faccia come tante, una vita di studio serio come quella di tanti. Incarna la normalità in trionfo, Daniil Trifonov, giovane pianista russo, che con la sua tranquilla normalità di ventunenne ha vinto uno di seguito all’altro il primo premio al Čajkovskij di Mosca e il primo al Rubinstein di Tel Aviv: due tra i concorsi più prestigiosi del mondo.
Nella piccola San Marino li hanno però anticipati, perché hanno messo sul podio Daniil, in occasione del locale Concorso pianistico, quando aveva solo 17 anni.
In quell’occasione suonò il Concerto n. 3 di Sergej Prokof'ev con tecnica smagliante ed estro rapinoso. Ha detto di lui Martha Argerich: «Fa colpo, perché unisce tenerezza a elementi diabolici».
Quest’estate Trifonov ha suonato a quota 1680 metri. Abbastanza insolito per un pianista. Ma anche qui c’era ben poco di strano, perché il concerto del giovane mago del pianoforte era inserito nel cartellone dei ‘Suoni delle Dolomiti’, rassegna che ha come elemento caratterizzante l’alta quota. Per Trifonov e per il suo nuovo compagno di avventure, il violinista Gidon Kremer che, amante dell’invenzione in musica, ha subito preso sotto l’ala protettrice il giovane talento, in Trentino hanno inaugurato una nuova sala da musica: una baita del Seicento, isolata tra i prati, adattata ad auditorium e dall’acustica perfetta.
Ed è naturale, perché la baita, rigorosamente rispettosa dei legni originali, è fatta di tronchi massicci e tagliati ad arte, della stessa famiglia dei famosi abeti di risonanza che crescono in abbondanza nella Val di Fiemme, conosciuti già ai tempi di Stradivari, che infatti saliva fin qui per scegliere di persona i legni con cui avrebbe creato i suoi preziosi violini.
Al concerto più ecologico dell’anno, la purezza del luogo si sposava con la purezza estrema degli interpreti. Distaccati dal mondo, i due hanno suonato Mozart, Schubert, Bach e una meno nota Sonatina di Weinberg. Le note arrivavano come frasi lasciate affiorare dal silenzio, eredità di una civiltà antica, lontana, immensamente distante dal contesto che l’aveva generata. L’acustica perfetta della baita, il vuoto intorno, un pianoforte a coda e un violino, in un angolo di montagna e per un pubblico eterogeneo, però assorto, teso e attento, consapevole che anche il minimo fruscio avrebbe sciupato l’incanto. Gli artisti avvertivano tutto questo e sentivano che in quell’occasione non c’era tradizione esecutiva a cui riallacciarsi. Così la Fantasia in Re minore K 397 di Mozart prendeva dal tocco cangiante, sicuro di Daniil Trifonov un passo rapinoso, incantatorio. Lo Schubert a due, in dialogo, tra lui e Gidon Kremer diventava un gioco per l’immaginazione, sempre più ardita.
Nulla sembrava ripetizione, nulla già sentito. Le frasi note e quelle nuove gravitavano tutte in uno stesso pianeta, fresco di conquista.
Trifonov è nato il 5 marzo 1991 a Nižnij Novgorod, nella stessa città dello scrittore Maksim Gorkij, del pianista Vladimir Ashkenazy e oggi alla ribalta per la modella Natalia Vodianova. Ha iniziato a studiare il pianoforte a cinque anni, a nove veniva ammesso nella elitaria accademia Gnesin di Mosca. Nel 2009 si è perfezionato al Cleveland Institut of Music. Ma già si erano aperte per lui le porte dei concorsi, tutte scommesse lanciate e vinte. Di lui, non ancora ventenne, già si parlava in termini entusiastici; era stato promosso
a pieni voti dai critici musicali americani, i più severi: tutti concordi su talento e originalità tecnica, ma anche molto sedotti dal carisma semplice del giovane artista. Al pianoforte di oggi, tra le schiere dei granatieri dalle note impersonali, mancava una voce come la sua: infallibile, personale, capace di stupire. Senza altro da raccontare se non il pianoforte.
Gli abeti di Kremer
Per giungere alla Baita Premessaria, in Val di Fiemme, occorre percorrere un lungo e pittoresco cammino lungo una mulattiera. È questa la sede del progetto, sostenuto dallo stesso Gidon Kremer: ‘I suoni delle Dolomiti’, la rassegna di musica e natura nata per volontà del violoncellista Mario Brunello, tra i maggiori promotori dei nuovi spazi a impatto zero dedicati alla musica, e giunta quest'anno alla 18a edizione.
A Kremer, inoltre, sono stati intitolati due abeti, proprio quelli da cui si ricava il legno per violini.
Lo stesso onore è stato riservato anche ad altri grandi musicisti come Uri Caine, Uto Ughi e lo stesso Brunello. Kremer ha dichiarato entusiasticamente a la Repubblica nel giugno 2012: «Ovviamente mi fa onore. Per chiunque suoni strumenti ad arco è sempre stato importante, fondamentale, il contatto con il legno, con il materiale. Trovo meravigliosa questa idea della baita fatta dello stesso legno con cui sono costruiti i violini e questa foresta di abeti da liuteria perché ripristinano con più forza ancora la nostra simbiosi con la natura».