DANIMARCA (A. T., 63-64 e 65)
Stato dell'Europa settentrionale, situato allo sbocco del Mar Baltico.
Sommario: Geografia: Delimitazioni e confini (p. 297); Coste (p. 297); Geologia e morfologia (p. 297); Clima (p. 298); Idrografia (p. 298); Flora e Fauna (p. 298); Popolazione (p. 299); Agricoltura, Industria e commercio (p. 300); Distribuzione e densità della popolazione (p. 302); Comunicazioni (p. 302). - Ordinamento dello stato: Ordinamento politico e amministrativo (p. 303); Organizzazione ecclesiastica (p. 303); Forze armate (p. 303); Finanze (p. 304); Organizzazione scolastica (p. 304); - Storia (p. 304). - Lingua (p. 310). - Etnografia e Folklore (p. 311). - Arti figurative (p. 312). - Musica (p. 316). - Letteratura (p. 316).
Nelle carte geografiche, anziché o ed oe si è usato per maggiore leggibilità ö ed ä.
Geografia.
Delimitazioni e confini. - La superficie della Danimarca (42.927 kmq.) è di poco inferiore a quella della Lombardia e della Venezia propria riunite; la popolazione (3.434.555 ab. nel 1925) è però inferiore a quella della sola Venezia. La Danimarca si compone della penisola dello Jütland (Jylland) e d'un centinaio d'isole abitate, nonché d'una quantità d'isolette. Politicamente anche l'arcipelago delle Faerøer (v.), nell'Atlantico, appartiene alla Danimarca. Tutto il paese è bagnato dal mare, a eccezione d'un tratto di 65 km., che confina con la Germania e che segue quasi sempre il corso del Wied Au e dei suoi affluenti. I mari che bagnano la Danimarca sono: verso O. il Mar del Nord (in danese Vesterhavet), a NO. lo Skagerrak, a NE. il Kattegat, a SE. e a S. il Mar Baltico (in danese Østersøen); quest'ultimo prende il nome Belthavet nella sua parte occidentale, di qua dalla linea Gedser Odde-Darsser Ort. L'estremità settentrionale della Danimarca cade nel Capo Skagen (57°44′55″ lat. N.), l'estremo meridionale nel Gedser Odde (54°33′51″ lat. N.); il punto più occidentale è Blaavands Huk (80454n long. E.), quello più orientale invece è Kristiansø nell'Isola Bornholm (15°11′50″ long. E.). La penisola dello Jütland si riattacca alla pianura dell'Europa centrale ed è divisa per mezzo del Lim Fjord da una parte estrema settentrionale che è isola (nord Jütland). Ad E. dello Jütland e di là dal Piccolo Belt (Lille Belt) si trova l'arcipelago di Fionia (Fyn): Fyn con le isole circostanti, che lo stretto del Gran Belt (Store) separa dall'arcipelago di Seeland (Syœlland); la catena insulare prosegue verso S. con Laaland (Lolland), Falster e numerose isolette minori. Nel Baltico si trova l'isola Bornholm, che morfologicamente è un frammento della Scandinavia.
Poco si sa della Danimarca e dei Danesi dell'antichità. Sulla carta di Tolomeo troviamo delineato lo Jütland (Cimbria) con tre isole più a oriente, in forma molto errata. Si ritiene che qualche flotta romana del Mare del Nord abbia in quell'epoca approdato in Danimarca. La denominazione daner (= uomini, indigeni) s'incontra per la prima volta nella letteratura del sec. VI, ma probabilmente provenivano dalla Danimarca i Cimbri e i Teutoni, che furono perciò i primi rappresentanti danesi nei paesi civili dell'Europa meridionale. Tuttavia non si conobbero veramente i Danesi e la Danimarca che al principio del Medioevo, quando ebbe luogo il grande esodo dei vikinghi verso sud. I Danesi saccheggiarono le coste europee e occuparono parti della Gran Bretagna e della Francia (v. Storia). Presto i Danesi entrarono in relazioni con i vicini; la loro cultura vi guadagnò ed essi sentirono il desiderio di esplorare il paese. Il primo rilievo completo moderno venne eseguito dal 1762 al 1820 dalla Videnskabernes Selskab (Società delle scienze).
Coste. - Vi è un evidente contrasto fra l'andamento della linea di costa nel Mare del Nord e nel Kattegat da un lato, nella parte sud-orientale dello Jütland e nell'arcipelago danese dall'altro. Qui la topografia, caratterizzata dalla molto minuta trama delle insenature, dalle frange insulari e dai frequenti e ampî bassifondi, tradisce meglio, meglio conservata com'è, la sua origine, localmente varia: ora in rapporto con l'azione glaciale di scavo (Køge Bugt, Præstø Bugt, Ise Fjord), ora con lo sviluppo di più o meno cospicue morene terminali (Kalundborg Fjord), ora con la presenza di antiche valli fluviali (costa SE. dello Jütland). Lungo i lati O. e NE. dello Jütland, invece, l'azione delle correnti, che si sviluppano in mare aperto, ha lentamente costruito più serie di cordoni litorali (lunghi in complesso circa 350 km. e profondi da 1 a 8, che si spingono a N. fino al C. Skagen), ben riconoscibili, oltre che nella linea di costa, unita e regolare, nelle file di banchi di sabbia che le corrono paralleli e la rendono difficilmente accessibile (costa di ferro). Diverse ne sono le conseguenze economiche. Mentre nell'arcipelago è dato trovare quasi dappertutto ampî e opportuni ripari alle navi, le coste occidentale e settentrionale dello Jütland mancano delle condizioni naturali favorevoli alla costruzione dei porti; d'altro canto lo sviluppo dei cordoni litoranei determina la formazione di zone lagunari che raggiungono la massima ampiezza fra lo Jammerbugt e il Blaavands Huk, nel Mar del Nord.
Geologia e morfologia. - La storia geologica della Danimarca comincia con il Cretacico superiore. Solo alla fine del Senoniano il terreno cominciò a emergere dal fondo del mare, ma questo sollevamento non procedette in modo continuo, sibbene inframezzato, nei periodi successivi, da parziali o totali trasgressioni marine. Tali alternanze si continuano nell'Eocene e nel Miocene; solo nel Neogene più recente si può essere sicuri che la Danimarca apparisse ormai con un contorno non molto diverso dall'attuale. La glaciazione pleistocenica interessò la maggior parte del territorio, anche qui a più riprese: in definitiva i ghiacciai provenienti dalla Norvegia raggiunsero come limite estremo la linea Bovbjerg-Viborg, quelli che scendevano dalla Svezia si arrestarono presentando la fronte in senso normale alla linea stessa e continuandosi da Viborg verso S., in modo da lasciar libero lo Jütland occidentale. In linea generale il terreno è più accidentato dove gli espandimenti recenti hanno continuato ad accumular materiale (morene); oltre la linea di massima avanzata dei ghiacciai sono più o meno cospicui depositi fluvio-glaciali, ora a debole ondulazione, ora anche abbastanza mossi, come in prossimità degli antichi coni di deiezione. Ma in complesso il terreno appare pressoché pianeggiante e in nessun luogo tocca i 200 m. s. m.; la massima elevazione, a N. di Horsens, è lo Ejer Bavnehøj (172 m.). La copertura dei terreni di trasporto ha una potenza assai modesta sulla piattaforma che la sopporta: in questa un'oscillazione di livello di meno di una cinquantina di metri basterebbe, se negativa, per sommergere oltre una metà del territorio danese; se positiva, per riunire i gruppi insulari fra di loro e con lo Jütland e questo con la penisola scandinava e la vicina Germania, chiudendo così il Baltico.
All'azione dei ghiacci va attribuita l'influenza principale nel modellamento della topografia danese; tuttavia i dislivelli, oltre che in rapporto con questo agente, appaiono connessi con la posizione relativa dei più antichi terreni che servirono di base alla costruzione degli apparati glaciali e fluvio-glaciali. In Laaland e Falster questa base sta sotto il livello del mare, nello Seeland invece le formazioni cretaciche affiorano presso lo Stevns-Klint. In molte località di Fionia, come pure nello Jütland orientale, si trovano diverse specie d'argille terziarie lungo la scogliera litoranea. Nella parte centrale dello Jütland le formazioni terziarie dell'imbasamento roccioso si riscontrano sui pendii delle valli fluviali fino all'altezza di 100 m. Sino dal Terziario le antiche formazioni erano state spostate lungo linee di frattura e, quando il ghiaccio cominciò a invadere il paese, il terreno era molto più irregolare di adesso. Il ghiaccio dovette estendersi sulle regioni più basse fino a raggiungere uno spessore sufficiente a ricoprire tutto il terreno. L'azione erosiva del ghiaccio si fece sentire maggiormente nei terreni elevati, ma non riuscì ad appianare completamente la superficie.
Ben diversa la storia geologica di Bornholm, la quale si ricollegò, come s'è accennato, a quella della penisola scandinava. Qui le formazioni più antiche sono costituite da un blocco di graniti che assumono facies caratteristica soprattutto nella porzione settentrionale dell'isola, e sui quali poggiano, a S., deposizioni cambro-siluriche, e argilloso-carboniche liassiche e triassiche. Il carbone è però di qualità inferiore, e i soprastanti strati rendono l'estrazione molto costosa. La creta invece forma, insieme con il caolino proveniente dall'alterazione dei graniti messi a nudo dall'erosione, la base dell'industria ceramica di Rønne.
Come regioni naturali si possono distinguere nella Danimarca: Bornholm, le altre isole, lo Jütland orientale, lo Jütland settentrionale e lo Jütland occidentale. Bornholm ha una superficie tipicamente collinosa; sulle coste il mantello delle morene è profondo e il suolo è fertile. Nell'interno dell'isola, invece, la coltre di terreni sciolti è ridotta, e qua e là affiora il granito: si hanno quindi plaghe meno fertili, in buona parte coperte da boschi. Sulle altre isole si alternano colline e pianure moreniche. Le alture maggiori arrivano a 150 m. s. m. Il terreno è fertile e per il 10% circa coperto di boschi. Nello Jütland orientale, che formava l'estremo E. del tegumento di ghiaccio durante l'ultima età glaciale, si alternano pure colline e pianure moreniche, ma il terreno è più elevato che sulle isole e le valli fluviali vi sono più profondamente incise. Le maggiori eminenze della Danimarca, che tuttavia non arrivano ai 180 m., si trovano appunto in questa regione. Il suolo è fertile: anche qui, come nelle isole, abbondano i faggi. Durante l'ultima età glaciale lo Jütland settentrionale costituiva verso N. l'estremo lembo dei ghiacciai norvegesi. Vi si riscontrano terreni accidentati accanto a basse pianure, che alla fine dell'età glaciale e in epoca postglaciale formavano seni di mare. Nello Jütland occidentale, a O. e a S. dell'estrema espansione degli ultimi ghiacci, il terreno è più piano e levigato.
Clima. - Il clima è tipicamente oceanico, con inverni miti ed estati fresche. In alcune località il febbraio è un po' più rigido del gennaio, in altre avviene il contrario, ma non vi sono mai grandi differenze. In gennaio la temperatura media sulle coste dello Jütland occidentale e del Piccolo Belt è di 0,5°. Nell'interno dello Jütland e delle isole fa più freddo. L'escursione diurna è minima nell'inverno; in gennaio a Copenaghen i valori si mantengono intorno a 4°,1. Ma le oscillazioni irregolari di temperatura sono grandi e si sono avuti anche lunghi periodi di gelo. Questi coincidono per lo più con le massime dell'Europa settentrionale; venti meridionali e temperatura mite con l'avvicinarsi di minimi barometrici, venti settentrionali e vento fresco con l'allontanarsi di questi. Nei quattro mesi d'inverno (dicembre-marzo) vi sono sempre possibilità di forte gelo. In aprile la temperatura media oltrepassa anche i 5°. Nella prima metà del mese vi sono ancora rare giornate di gelo; è invece facile che geli di notte. In maggio la temperatura media supera i 10°, e gli alberi cominciano a germogliare. La primavera e il principio dell'estate sono le epoche in cui più splende il sole e meno piove. In primavera soffiano di frequente i freddi venti di levante con cielo sereno (Paaskeøsten, o vento pasquale di levante). I primi mesi d'estate sono relativamente asciutti, quindi poco favorevoli all'agricoltura. In luglio, mese più caldo, la temperatura media sulla costa occ. dello Jütland è un po' al di sotto di 15,5° e arriva nel Guldborg Sund a circa 17°. Sulla fine dell'estate, e in coincidenza con le minime barometriche, sono frequenti i temporali con piogge abbondanti, che danneggiano talora i raccolti. In primavera ed estate le oscillazioni di temperatura durante la giornata sono maggiori che d'inverno (in maggio a Copenaghen 10°5); per contro le oscillazioni irregolari sono minori di quelle invernali. Le precipitazioni annue toccano in media nello Jütland occidentale 700-800 mm., nello Seeland 500-600 mm., nel Kattegat meridionale e presso lo Store Belt 400-500 mm. Le piogge più abbondanti cadono in giugno; un altro massimo è in ottobre. In inverno prevalgono i venti di SO.; in aprile e in maggio i venti di E. sono frequenti come quelli di O. In estate soffiano per lo più da O. Per la prevalenza del maestrale le coste occidentali sono più esposte al vento di quelle orientali; ciò vale specialmente per la sponda O. dello Jütland bagnata dall'oceano aperto.
In conclusione, procedendo verso E. crescono le differenze fra stagione calda e stagione fredda, cresce l'umidità atmosferica e cresce del pari l'escursione diurna. Più forti vi sono i venti, più frequenti e rapidi i cambiamenti di temperatura.
Idrografia. - Data la morfologia del paese, i corsi d'acqua sono brevi e la forza idraulica di poca importanza. Gli sbocchi di alcuni fiumi sono navigabili per imbarcazioni piccole: per es. il Varde Aa fino a Varde, il Sus Aa fino a Nœstved; un canale per bastimenti di media grandezza arriva fino a Odense. Il Guden Aa, il maggior fiume della Danimarca (160 km.), ę navigabile fino a Randers; tanto il fiume che il fjord di Randers vennero approfonditi fino a questa localitމ. In tempi passati imbarcazioni leggiere circolavano anche nel corso superiore del Guden Aa, ma la navigazione fu sospesa dopo lo sbarramento e l'arginamento del fiume presso Tange; qui sorge l'unica stazione idroelettrica della Danimarca. L'impianto consiste d' una diga, che ammassa 20 milioni di mc. d'acqua in un serbatoio di 14 kmq. La cateratta ę di 9-10 m.; e nello stabilimento vi sono tre turbine da 2000 HP, che producono annualmente 10 milioni di Kw. Dei laghi, tutti piccoli, il maggiore ę lo Arresœ (42 kmq.); ancora pił modesti d'estensione lo Esromsœ (14 kmq.) e il Furesœ (9 kmq.), tutti nello Seeland.
Flora e fauna. - Più del 70% del paese è terreno agricolo e circa l'8% è coperto di foreste. Prima che il terreno fosse bonificato, queste si estendevano su quasi tutta la Danimarca, ma anche dove il bosco non venne dissodato per la coltivazione, si rovinò a poco a poco; il bestiame libero e la quantità troppo rilevante della selvaggina portarono gran danno alla vegetazione. Verso il 1800 i boschi erano quasi tutti distrutti, ma poi con coltivazioni e metodi opportuni vennero in parte ricostituiti. I boschi della Danimarca non assomigliano quindi ai boschi naturali, dov'è grande varietà di alberi diversi. Sulle isole e nello Jütland si riscontrano più che altro Fagus silvatica e Picea excelsa. La quercia non viene generalmente coltivata nello stesso modo; è più facile trovarla isolata in mezzo ai faggi. Si coltiva il frassino (Fraxinus excelsior), la betulla su terreno umido, l'alno (Alnus glutinosa) su terreno umidissimo. Nello Jütland occ. sorsero con l'andar del tempo piantagioni in gran numero. Gran parte del terreno è qui piuttosto sterile, ma anche sui terreni migliori i venti arrecano gravi danni alla vegetazione. Nelle località meno favorite si pianta Pinus montana, abete bianco (Picea alba) di origine canadese e resistente, e abete rosso (Picea excelsa), che è l'albero più importante nei boschi dello Jütland occ. Sulle lande o brughiere crescono calluna vulgaris, Empetrum nigrum, Arctostaphylos uva uni, e nelle località più umide Erica tetralix e Myrica gale. La landa è una delle formazioni vegetali spontanee e con il disboscamento si è estesa oltre il suo territorio naturale: rappresenta il tipo primitivo nelle grandi pianure fluvio-glaciali, mentre i Bakkø, o colline isolate di materiali morenici, emergenti sulle pianure stesse, erano coperte di boschi. Paludi si trovano specie lungo i corsi d'acqua: con il prosciugamento la maggior parte d'esse venne trasformata in prati. Sulle dune recenti e nei luoghi dove il movimento della sabbia è più forte, la vegetazione è scarsa; si parla quindi di dune bianche a differenza di quelle grigie, che sono più produttive. Nelle dune bianche la pianta più comune è un'erba, la Psamma arenaria, che esercita anche un'azione fortemente coesiva sulla sabbia, ed è perciò piantata per impedire l'ulteriore movimento delle dune. Le dune grigie si coprono di Corynophorus canescens, Festuca rubra, Jasione montana, Gnaphalium arenarium, ecc.; qua e là si trova anche Rosa pimpinellifolia, il fiore più grazioso della regione. La landa favorisce la vegetazione di Salix repens, Empetrum nigrum e Calluna vulgaris e a poco a poco invade anche i terreni più elevati, dove è pure la ginestra (Sarothamnus scoparius) e Hippophaes rhamnoides. In epoche più recenti grandi territorî vennero piantati a Pinus montana. Nei prati salini, come lungo la riva dell'oceano e su altre coste riparate, la salicornia (Salicornia herbacea) è la pianta che si avanza maggiormente verso il mare. I prati sulla costa occidentale dello Jütland si coprono quasi esclusivamente di Juncus Gerardi. In sostanza si può affermare che il dominio floristico della Danimarca ha carattere medioeuropeo.
La fauna non è ricca, se la confrontiamo con quella dei paesi circostanti. Questa constatazione riguarda specialmente i mammiferi, ed è una conseguenza del fatto che boschi e terreni incolti sono rari, mentre la maggior parte del paese è territorio agricolo con densa popolazione. La maggior parte dei mammiferi e degli uccelli viene protetta durante un periodo più o meno lungo dell'anno. La caccia non ha importanza se non come sport. Gli animali più grossi si trovano nelle pianure in mezzo ai boschi, o nei boschi stessi, e appartengono più che altro agli ungulati. I più importanti sono Cervus capreolus, Cervus elaphns (quasi sterminato, vive nello Jütland) e Ceevus dama (importato dai paesi del Mediterraneo). Esistono otto specie di carnivori: Canis vulpes, Mustela martes, Mustela foina, Mustela putorius, Mustela erminea, Mustela vulgaris, Lutra vulgaris e Meles taxus. Mustela putorius si trova soltanto nello Jütland; a Bornholm mancano addirittura gli animali da preda, a eccezione della volpe. Nei mari danesi esistono quattro specie di foche; la più comune è Phoca vitulina. La famiglia dei cetacei è rappresentata da quattordici tipi, dei quali solamente Phocaena communis è relativamente comune. Vi sono sedici specie di roditori; fra i tre tipi di lepre ve ne è uno solo, Lepus europaeus, frequente. Cinque le specie d'insettivori: Erinaceus europaeus, e Talpa europaeus, oltre a tre tipi di Sorex; dodici le specie di chirotteri.
La varietà è molto maggiore per gli uccelli: se ne conoscono 300 specie, delle quali però meno della metà nidifica nel paese stesso (165 in Germania). La maggior parte vive sulle coste e nei boschi; pochi però gli uccelli grossi, poiché quelli da preda sono stati distrutti. La cicogna (Ciconia alba), che in altri tempi era fra i più caratteristici, sta per estinguersi (bonifiche), benché protetta. Gli uccelli di passo si dividono in due gruppi: quelli che venendo da N. visitano il paese d'inverno, e quelli estivi, che muovono da S. D'inverno aumenta il numero degli uccelli di nido stabiliti in paese. Fra i canori, che immigrano da N., si notano: Canabina flavirostra, C. linaria, C. linola, Emberiza nivalis e qualche specie della famiglia Turdus. Appartengono agli uccelli di passo che immigrano dal S. la maggior parte dei trampolieri e alcune anitre d'acqua dolce, nonché gl'insettivori. Vi sono uccelli di passo che si arrestano in Danimarca come estremo limite settentrionale della loro migrazione: uno di questi è l'usignolo meridionale.
Rettili e anfibî sono rari in Danimarca. Le due specie di lucertole (Lacerta agilis e Lacerta vivipara), nonché la lucignola (Anguis fragilis) sono invece comuni. Di quattro specie di serpenti, due esistono soltanto in rarissimi esemplari; gli altri due sono l'innocua Tropinodotus natrix, comunissima in tutto il paese, mentre Vipera berus si trova più che altro nelle lande dello Jütland. Gli anfibî sono rappresentati da dodici specie.
Esistono nella Danimarca circa 175 tipi di pesci, dei quali 40 d'acqua dolce. I più comuni fra questi ultimi sono Perca fluviatilis ed Esox lucius, e varie specie di carpioni; anche Salmo truta, Salmo solar e specialmente Anguilla vulgaris. Pesca in grande si ha soltanto per l'anguilla; ma anche quella del salmone e dei carpioni ha qualche importanza. Di molluschi furono rilevate circa 300 specie, 70 campestri, e fra questi 36 tipi di lumache. Oltremodo numerosi sono gl'insetti. Anche il dominio faunistico ha dunque, in sostanza, caratteri medioeuropei.
Popolazione. - La popolazione è molto aumentata dal secolo scorso. I censimenti ufficiali hanno luogo ogni cinque anni; l'ultimo conosciuto (novembre 1925) segna 3.434.555 ab. (80 per kmq.). La Danimarca non presenta come altri paesi europei territorî soverchiamente popolati accanto ad altri popolati scarsamente; è invece abbastanza regolarmente abitata in tutte le sue parti. Dopo il primo censimento esatto (1801) i confini vennero spostati due volte: nel 1864 la Danimarca cedette una parte del territorio alla Germania, ma in seguito al trattato di Versailles (1919) e al plebiscito del 1920 lo Jütland meridionale (con 176.433 ab. nel 1925) le venne restituito. Nel 1801 gli abitanti (senza calcolare quelli dello Jütland meridionale) erano 929.001. I censimenti del 1901 e del 1916 su quello stesso territorio davano le cifre di 2.449.540, e di 2.921.362 ab. Negli ultimi 125 anni dunque la Danimarca è cresciuta di 3 volte e mezzo. Mentre la media dell'aumento dal 1801 al 1834 dava appena lo 0,86%, al principio del secolo presente superava l'1,0% (1901-06:1,11;1906-11:1,27). La principale causa va cercata nella diminuzione della mortalità. Ma sono anche diminuite le nascite, come in molti altri paesi europei; le famiglie numerose diventano rare, sì che negli anni 1921-25 la percentuale dell'accrescimento è discesa (1,0506). Diminuiti del pari i matrimonî: da 26.768 coppie nel 1921 a 25.786 nel 1925 (8,1 e 7,5 matrimonî, rispettitamente, per ogni 1000 ab.). Ciò sta in rapporto con la depressione economica avvenuta dopo la guerra mondiale. L'aumento della popolazione nel 1925 si rileva dai seguenti dati: nati vivi 71.897, % ab. 2,10; nati morti 1737, % ab. 0,05; morti 37.083, % ab. 1,08; emigrati 4578, % ab. 0,13. Circa il 10,6% dei nati vivi e 13,1% dei nati morti erano illegittimi. La frequenza delle nascite toccava al principio del sec. XIX in media il 3,1%, cifra costante fin verso il 1890. La mortalità (nel 1921-25 di 1,13% in media) era invece di 2,25% al principio del secolo scorso. Oggi solo la Norvegia, la Svizzera, l'Olanda e l'Inghilterra segnano cifre altrettanto basse. L'aumento della popolazione era verso il 1801 molto maggiore in campagna che nelle città, ma nel 1860 le condizioni cambiarono; specialmente Copenaghen ebbe un aumento sensibile. Il fatto è dovuto alla crescente industrializzazione e alla conseguente maggiore possibilità di lavoro offerto dalle città. La tendenza all'inurbamento è quasi cessata da qualche anno, sia per le condizioni economicamente sfavorevoli all'industria, sia per la deficienza delle abitazioni. Nel 1921 si avevano 1.591.628 uomini contro 1.676.203 donne; su mille abitanti 487 uomini e 513 donne. Nel 1801 queste ultime erano 504 per mille.
Per professioni la popolazione è così ripartita (cens. del 1921).
Agricoltura, industria e commercio. - Agricoltura e allevamento del bestiame. - Dato l'evidente vantaggio che il paese trae dalla navigazione e dal commercio e data la topografia del paese che è completamente piano, l'agricoltura - che è la risorsa più importante - ha toccato un altissimo sviluppo.
E lo si desume specialmente dalla forte percentuale dei campi arativi (62,5%) che è la massima che si verifichi in Europa e dall'altissimo rendimento che si trae dalle colture (anche 34 quintali di frumento per ettaro).
Nell'ultimo secolo l'agricoltura si è andata sempre più perfezionando. Senza tener conto della coltivazione forestale, essa occupa il 31,1% della popolazione in confronto del 60% nel 1834. Nel 1919 kmq. 33.497 di terreno, ossia il 62,5% del totale, erano arabili; il 12,5% era rappresentato da prati, pascoli; il 7% da giardini, parchi, ecc.; l'1,3% da paludi; l'8,5% da boschi e piantagioni; il 7,7% da brughiere; lo 0,9% da dune e sabbie mobili; il 3,1% da strade, case, ecc.; il 3,1% da superficie acquee. La percentuale del terreno coltivato, come si è già detto, risulta una delle più alte fra i paesi europei.
In genere la proprietà agricola si presenta frazionata, infatti il 24% del territorio coltivato è occupato da poderi minori di 15 ettari; il 53% da poderi di 15-60 ettari. Soltanto 419 poderi superano i 240 ettari: appena il 4,4% del territorio totale.
Molte ed intense cure sono state prodigate dal governo e dai privati per accrescere e migliorare le terre coltivabili; la bonifica dei terreni umidi, il prosciugamento di piccole baie e laghi, la coltivazione di lande e paludi sono stati ormai condotti a buon punto.
Fino alla metà del secolo scorso l'agricoltura si imperniava sulla produzione dei cereali, ma la concorrenza degli Stati Uniti, dell'Argentina e della Russia indusse gli agricoltori a preferire come più conveniente l'allevamento del bestiame. Col movimento cooperativo, che ebbe i suoi inizî nel 1822, i contadini riuscirono a perfezionare la produzione e a facilitarne il commercio.
Lo sviluppo è stato così notevole che oggi si contano in Danimarca 1200 latterie sociali che smerciano il latte di circa 1,i milioni di vacche provenienti da 155 mila cascinali; esistono pure 45 macelli e 90 mila masserie con un milione di suini. Queste macellerie, latterie, e centrali per la vendita di uova, tutte aziende di tipo sociale, divennero in seguito il modello per simili istituzioni sorte in altri paesi.
Insegnamento, organi statali di controllo e provvidenze private hanno concorso a migliorare in un primo tempo e a garantire successivamente le qualità dei singoli prodotti.
Circa 1/3 dell'area totale è destinato al raccolto del grano; quando la produzione d'oltremare è abbondante e quindi i prezzi rimangono bassi, parte del raccolto va impiegato per foraggio. Il frumento si coltiva soltanto sul migliore terreno, cioè più che altro nello Jütland orientale. La segala invece cresce anche sul terreno più scadente dello Jütland occidentale e settentrionale, e il raccolto per ettaro è quindi più scarso. Il 93% dell'orzo danese è Hordeum vulgare distichum. Dei cereali, il più comune, specialmente nello Jütland settentrionale e occidentale, è l'avena, per la quale, come per l'orzo, solo Olanda e Belgio hanno raccolti più copiosi. Normalmente 1/3-1/4 del consumo di frumento e di segala viene coperto dall'importazione, mentre il raccolto d'avena e d'orzo è quasi bastante per i bisogni del paese. Press'a poco i 4/5 del terreno coltivato a patate si trovano nello Jütland. Fra i vegetali a radice il navone e la colza sono maggiormente diffusi su quello stesso terreno. Metà del terreno coltivato a barbabietola si trova nelle isole Laaland-Falster (23,500 ett.); il resto nella parte meridionale dello Seeland, in quella settentrionale di Fionia; il paese basta quasi a sé stesso per lo zucchero. È però indubbio che l'agricoltura in Danimarca serve essenzialmente all'allevamento del bestiame. I maggesi sono in continua diminuzione; soltanto 37.800 ettari di terreno sono ora completamente incolti.
Al 15 luglio 1926 lo stato del bestiame era il seguente: 548.405 cavalli; 2.838.212 bovini, dei quali 1.479.812 mucche; 2.122.326 suini; 232.659 pecore; 24.533 capre e 18,5 milioni di polli. Riguardo ai cavalli, ai bovini e ai suini, le cifre sono, in proporzione all'area, superiori a quelle di qualunque altro paese. In Danimarca si ara con cavalli anziché con buoi. Il più importante articolo d'esportazione è il burro, che, sia per qualità sia per quantità, tiene il primo posto sul mercato mondiale. Quale esportatrice di latte condensato, che si smercia maggiormente in Inghilterra, in Germania, e nelle colonie europee tropicali, la Danimarca è seconda solamente agli Stati Uniti e ai Paesi Bassi. Il lardo e la carne di maiale sono articoli che, per valore d'esportazione, seguono immediatamente il burro; si esportano più che altro in Inghilterra. Il bestiame vivo e la carne fresca invece si smerciano maggiormente in Germania.
La superficie coperta da boschi e piantagioni si estendeva nel 1923 su 3216 kmq. (circa 8% dell'area totale): i faggi coprivano 1000 kmq., le conifere (principalmente Picea excelsa) 1753 kmq. La buona organizzazione forestale fa sì che il prodotto annuo è di circa 1,2 milioni kmc., il valore di 26 milioni di corone nel 1923. La Danimarca è in grado di supplire da sé al proprio fabbisogno per il legno di faggio, ma il rimanente legname da costruzione e gli oggetti di legno devono essere importati per circa 100 milioni di corone annue. Alle foreste attendeva nel 1925 circa lo 0,7% della popolazione.
Pesca. - La pesca forniva nel 1925 lavoro all'1,2% della popolazione. Pure essendo la Danimarca una nazione marina, non possiede flotta specializzata; si pesca quindi unicamente con piccole barche a motore e generalmente nelle acque costiere. La campagna 1926 fruttò 76 milioni di kg. di pesci per un valore di 36 milioni di corone per i soli pleuronettidi, e di 25 mil. kg. (valore 15 mil. corone) di merluzzi (Gadus morrhua), 28 mil. kg. di naselli (Gadus aeglefinus) per un valore di 7 mil. di corone, 15 mil. kg. di aringhe e sgombri (valore 15 mil. corone); 4,5 mil. kg. di anguille (valore 6,5 mil. corone). Si trovano pure aragoste e gamberi; nel Lim fjord si sfrutta la pesca delle ostriche. L'esportazione (più che altro in Inghilterra e in Germania) supera di molto l'importazione (specialmente di pesce salato da Faerøer, Islanda e Norvegia). Nel 1925 l'esportazione ammontava a 25 mil. di corone, l'importazione soltanto a 5 milioni.
Minerali. - La Danimarca è molto povera di minerali. Il carbone giurassico di Bornholm e il carbon fossile terziario dello Jütland hanno, a causa del loro grande contenuto d'acqua e di cenere, scarso valore economico: pure essi vennero usati durante la guerra mondiale. Anche la produzione della torba aumentò sensibilmente durante quell'epoca (1918: 2, 1/4 mil. di tonn., ossia il 31% del totale dei combustibili in Danimarca) e venne con successo adoperata nell'industria; ora serve quasi esclusivamente a scopi casalinghi. E invece piuttosto importante la produzione di pietra calcarea e di creta; la calce dei briozoi di Stevns si usa per pietre da costruzione, mentre le altre qualità di creta vengono usate per le fornaci (calcina). La creta senoniana si adopera principalmente per la fabbricazione del cemento, e si scava a questo scopo presso Aalborg e nel Mariager Fjord. Nel 1926 si contavano 51 cave di calce e di creta, con una produzione di circa 5 mil. di corone, mentre le sette fabbriche di cemento producevano 569 milioni kg. di cemento per un valore di 21,4 mil. di corone; 10 mil. di queste rappresentavano il valore della merce esportata. Le numerose specie di argilla terziaria e quaternaria formano la base per l'industria dei mattoni. Nel 1926 esistevano 272 fornaci, che producevano merce per il valore di 30 mil. di corone. Il caolino di Bornholm non è abbastanza puro per la fabbricazione della porcellana; si adopera però unito alla creta per l'industria locale delle terraglie. La creta dell'isola Mors serve alla fabbricazione dei mattoni leggieri. Il granito che si trova a Bornholm viene usato per lastricare e come pietra da costruzione.
Industria. - Secondo le tabelle del 1921 industrie e mestieri sostentavano il 28% dell'intera popolazione; datori di lavoro e prestatori d'opera ammontavano a 942.234 persone. Nel 1870 la percentuale era del 20% e gli operai formavano la grande maggioranza. Lo sviluppo delle industrie è anche in Danimarca in continuo aumento. Hanno maggiore importanza quelle che utilizzano i prodotti agricoli. Si osserva pure la crescente tendenza a lavorare con materie prime importate; questo sviluppo è agevolato dai prezzi, che, a causa del trasporto per mare, sono relativamente bassi. D'altra parte le industrie sono danneggiate dal fatto che la Danimarca è addirittura invasa da prodotti stranieri. Essi provengono da paesi abbondanti di materie prime e possono essere venduti a basso prezzo per la mancanza di dazî protettori. L'agricoltura, che è la maggiore risorsa del paese, richiede il libero scambio e la Danimarca ne gode da un secolo. Poiché la Danimarca non possiede né il carbone né la forza idraulica occorrenti alle industrie, grandi quantità di carbone devono essere importate.
I più importanti gruppi d'industrie, divisi secondo il numero dei relativi lavoranti, sono i seguenti:
Il primo gruppo comprende specialmente le industrie che impiegano le materie prime dell'agricoltura e cioè mulini, panifici, zuccherifici, fabbriche di birra e di spirito, latterie, macelli, ecc., come pure le industrie della margarina e del tabacco. Queste due ultime occupano rispettivamente 1322 e 7615 operai e lavorano con materie prime importate. È notevole che gli oleifici esportino bensì l'olio, ma non i prodotti di scarto, che si dànno in pasto al bestiame. Il gruppo vestiario comprende le sartorie e simili, ma non l'industria tessile che occupa 10.523 persone in 6252 esercizî. Il grande sviluppo dell'industria metallurgica si basa sul fatto che le macchine agricole e nautiche, come pure le navi stesse, vengono fabbricate in Danimarca; e sono specialmente apprezzate le navi a motore di fabbricazione nazionale. Il paese si distingue pure per i prodotti chimici e per le industrie del cuoio e della carta. È anche degna di speciale menzione l'industria delle porcellane artistiche.
Commercio. - La situazione geografica della Danimarca e la sua specializzazione in alcuni rami dell'industria l'hanno resa più o meno dipendente dall'importazione e dall'esportazione: il paese ne ha tratto grandi vantaggi commerciali; infatti il 9,9% della popolazione vive del commercio; pochi altri paesi presentano una percentuale altrettanto alta. Alla metà del sec. XIX la percentuale era del 5%. Il movimento commerciale è quindi molto rilevante: nel 1925 era calcolato in 8,60 corone d'oro per ab. Mettendo a confronto movimento commerciale e popolazione, la Danimarca è dunque la terza fra i paesi europei: i due primi sono i Paesi Bassi e la Svizzera. Dalla seguente tabella si possono rilevare le cifre d'entrata e d'uscita secondo il peso e il valore:
L'eccedenza complessiva dell'importazione sull'esportazione non è in rapporto con la maggiore entrata di prodotti agricoli; anzi questo gruppo costituisce il grosso dell'esportazione (3/4 del totale).Vi si comprendono gli animali vivi per un valore di 50 milioni di corone, e i commestibili di provenienza animale per un valore di 1373 mil. di corone. Questi ultimi sono più che altro ripartiti fra carne di suini (520 mil. di corone), burro (568 mil. corone) e uova (123 mil. corone), articoli che formano rispettivamente il 24,4%, il 26,5%, e il 6,3% delle uscite totali. L'importazione dei cereali ammonta a 270 mil. di corone, quella dei foraggi a 232 milioni, quella dei concimi a 75 milioni.
Tra le esportazioni si notano navi, automobili, macchine, per un valore totale di 126 mil. di corone; olî e affini, per 43 milioni; pelli e cuoio per 35 milioni; cemento Portland e altri prodotti minerali per 28 milioni. Le più importanti merci d'entrata non appartenenti al gruppo agricolo sono: i generi coloniali (110 milioni di corone), i combustibili, le materie prime e semi-lavorate per l'industria e gli articoli industriali già confezionati; in tutto circa il 40% dell'importazione totale. I maggiori acquirenti dei prodotti agricoli danesi sono l'Inghilterra e la Germania, che nello stesso tempo sono anche i maggiori fornitori. L'Inghilterra manda carbone e coke, e importa pure alcuni prodotti industriali: questi ultimi però vengono principalmente assorbiti dalla Germania. Dopo la guerra il commercio con la Germania è sensibilmente diminuito a favore degli Stati Uniti, che forniscono molti prodotti industriali (per es. automobili), nonché cereali, foraggi, benzina, olio, ecc. La Norvegia, la Svezia e la Finlandia importano legname da costruzione e legname in generale; dalla Norvegia provengono i nitrati per concime.
Il deficit della bilancia commerciale viene coperto grazie a due elementi importanti: i viaggi del naviglio mercantile in paesi stranieri, nonché a Faerøer, in Islanda e in Groenlandia, che recarono nel 1925 un utile di 199 milioni di corone, e l'investimento di capitali danesi in imprese estere. In conseguenza del sempre crescente movimento, enormi somme vennero impiegate in impianti di fabbriche, di porti e di ferrovie. Il debito pubblico, che durante la guerra mondiale era diminuito, è di nuovo in aumento (al 31 marzo 1927 era di 528.759.000 corone).
Distribuzione e densità della popolazione. - Come si è già detto più sopra, la popolazione è distribuita molto egualmente. Circa il 50% è addensata in centri di più di 1000 abitanti, che per la maggior parte vivono d'industria e commercio. La popolazione agricola propriamente detta è sparsa per tutto il paese. In rapporto con la qualità del terreno vi è però qualche differenza di densità nella popolazione rurale, come si rileva dal seguente quadro:
Nello Jütland occidentale si trovano terreni poco fertili a S. e a O. della linea che segna l'arresto dei ghiacci durante l'ultima epoca glaciale e ciò spiega la minore densità di popolazione. In altri tempi la popolazione rurale della Danimarca viveva riunita in grossi centri, ma dopo la riforma agraria del 1800 la maggior parte degli agricoltori si trasferì dai villaggi nelle campagne. Attualmente i casolari sono quasi tutti sparsi per i campi; è quindi generalmente diminuita la popolazione dei villaggi. La popolazione sta aumentando solo in quei centri che sono situati sopra vie naturali di comunicazione, divenute importanti per l'incremento delle industrie e dei commerci.
Con lo sviluppo delle ferrovie, si formarono nuovi centri di abitazione presso le stazioni ferroviarie, alcuni dei quali crebbero fino a meritare i privilegi delle città. Nel 1925 esistevano 167 agglomeramenti di più di 1000 ab. Le città con più di 20.000 ab. sono 9, delle quali una soltanto, Copenaghen, la capitale, supera i 500.000 ab. (587.000 ab. e 731.000 coi sobborghi); delle altre città nessuna raggiunge i 100.000 ab. (Aarhus 76.200; Odense, 52.400; Aalborg, 42.800; Horsens, 28.000; Randers, 26.800; Esbjerg, 24.000; Vejle, 24.000).
In totale circa 1,7 mil. di abitanti, ossia il 50% della popolazione danese, vivono nei centri con più di 1000 abitanti. La distribuzione delle città coincide più o meno con l'infittirsi della popolazione rurale. Così lo Jütland occidentale ha un numero relativamente basso di grandi città; ciò non dipende esclusivamente dalla scarsa ampiezza del retroterra, ma anche dalla mancanza di buoni porti. Nel resto del paese quasi tutte le città sono marittime; fra quelle con più di 5000 abitanti dodici sole sono interne. La più grande di queste, Viborg (15.373 abitanti), è situata sulla via commerciale che attraversa lo Jütland e che esisteva fin dall'antichità; nel Medioevo vi furono incoronati i re danesi. I vasti dintorni di Viborg sono assai produttivi. Il fatto che la capitale sorge sull'isola Seeland fa sì che la popolazione urbana sia di gran lunga prevalente nelle isole. Seeland non possiede città medie, che non avrebbero potuto competere con Copenaghen.
Il movimento degli emigranti risulta dalle seguenti medie annuali: 1909-13: 8291; 1914-18: 3235; 1919-23: 5929; 1924-27: 6174. Poiché l'unica colonia danese, la Groenlandia, non può ricevere un gran numero di emigranti, essi si rivolgono altrove. Un tempo erano gli Stati Uniti ad accoglierne il maggior numero, ma, in seguito alle nuove restrizioni, il Canada ha avuto la prevalenza: nel 1927 infatti vi entrarono 3835 Danesi, in confronto dei 2962 accolti negli Stati Uniti. Essi sono in gran parte contadini fra i 20 e i 30 anni. Le buone attitudini dell'emigrante danese e la sua facilità di adattamento lo rendono ben visto all'estero, ma per queste stesse ragioni la patria spesso lo perde. Fra le 7996 persone espatriate nel 1927 vi erano 2114 donne.
Comunicazioni. - Marina mercantile. - Tanto per il commercio con l'estero quanto per quello interno il mare serve di via naturale. La flotta mercantile danese era composta nel 1896 da 810 navi per tonnellate lorde 381.728; oggi essa comprende 705 navi per tonn. 1.088.006 di cui: 496 piroscafi per tonn. 718.130,147 motonavi per tonn. 353.391,62 velieri per tonn. 16.485.
Notevole la quota delle motonavi; la marina danese è stata una pioniera nei riguardi del motore a combustione interna, poiché la prima motonave costruita nel mondo per lunghe navigazioni, la Selandia (1912), fu varata in Danimarca per conto della Ostasiatiske Kompagni, che ancora la mantiene in esercizio. Tale compagnia, che assicura servizî merci e passeggeri con l'Estremo Oriente, non solo ha una flotta composta esclusivamente di motonavi: 24 per tonnellate 240.000 di portata (sotto questo punto di vista essa è la sesta nel mondo), ma si dedica attualmente a un grande programma costruttivo, tenendo sempre fede al motore Diesel. Un'altra grande compagnia danese è la Forenede Dampskibs-Selskab, la cui flotta sale a 230.154 tonnellate e che effettua servizî merci e passeggeri per l'Europa, l'Africa, l'America, ecc.
L'industria delle costruzioni navali è attiva: nel 1914 i cantieri danesi varavano soltanto tonn. 23.815, mentre nel 1930 ne varavano 156.000. Fra i cantieri il più importante è il Burmeister and Wain, fondato nel 1893, che fu il primo a dedicarsi alla costruzione di motonavi. In ordine d'importanza gli altri cantieri danesi sono lo Elsinore - creato nel 1881 - il Nakskov, lo Odesse, ecc.
La marina danese è prospera; essa ha tratto dal conflitto mondiale grandi guadagni che hanno permesso notevoli ammortamenti e cospicue riserve: soltanto nel 1930 si è cominciato a risentire la crisi. La prosperità dell'armamento risulta dal dividendo medio distribuito nel 1929: 8,6% contro l'8% nel 1928. Le esportazioni invisibili, sotto forma di noli introitati dalla flotta danese in operazioni di commercio internazionale, si aggirano sui 175, 105, 105, 100 milioni di corone, rispettivamente per gli anni 1925, 1926, 1927, 1928.
Per l'educazione dei suoi allievi ufficiali la Danimarca preferisce la vela, e la marina a vela gode speciali facilitazioni; esistono due fondi appositi: il primo per la concessione di prestiti ipotecarî (sino al 60% del valore della nave) per la costruzione di velieri; il secondo per prestiti di esercizio agli armatori di navi a vela. Quanto alle costruzioni navali, nel 1927 si adottò un sistema di garanzia, da parte dell'erario, per i prestiti ai cantieri destinati alla costruzione di navi ordinate da armatori stranieri.
La maggior parte dei bastimenti a vapore e a motore proviene da Copenaghen, mentre le navi a vela vengono da Marstal isola di Ærø e da qualche altra città dell'arcipelago a S. di Fionia. Il movimento del tonnellaggio per tutti i porti danesi ammontava nel 1926 a circa 13,8 milioni di tonn. Vennero in quell'anno scaricate 10.471.996 tonn. di merce contro 3.883.549 di tonn. caricate. Della merce importata 2/5 provenivano da porti esteri, mentre questi ricevevano i 4/5 della merce esportata. 33.073 navi partirono nel 1926 per l'estero (10,4 milioni di tonn.); di queste 12.257 erano navi danesi (4,9 mil. tonn.). Benché la navigazione interna non sia riservata ai bastimenti danesi, soltanto 3902 (326.200 tonn.) dei 62.413 bastimenti (5,4 milioni di tonn.) erano stranieri. La Danimarca è ricca di porti; quasi ogni città marittima ha il suo porto, dove le navi, perfino quelle di rilevante pescaggio, possono approdare. Il maggior porto della Danimarca e del Nord in generale è Copenaghen, che può accogliere pure i maggiori bastimenti provenienti attraverso lo Øre Sund; le navi con più di 7 m. di pescaggio dirette ai porti del Baltico non possono però passare a S. di Copenaghen: esse sono costrette a prendere la via del Gran Belt. La cospicua situazione internazionale e commerciale della capitale viene accresciuta dal suo importantissimo porto franco. Nel 1926 la merce importata ammontava a 3,7 milioni, quella esportata a 1,5 milioni di tonn. Quasi tutto il commercio di transito passa per Copenaghen. Esbjerg, l'unico porto importante sulla costa occidentale dello Jütland, ha in media le maggiori uscite in relazione alle sue entrate (merce importata 0,5 milioni di tonn.; merce esportata 0,25 milioni di tonn.). Gli altri porti più notevoli sono: Aalborg, Aarhus, Randers, I40rsens e Vejle, tutti nello Jütland, Odense nell'isola di Fionia e Nakskov nell'isola di Laaland.
Ferrovie. - La rete ferroviaria è molto estesa; essa misurava nel 1928 ben 55591 m., dei quali 2647 gestiti dallo stato. Esistono inoltre 170 km. di linee per ferry-boat, che stabiliscono le comunicazioni fra Korsør-Nyborg, Fredericia-Strib, Masnedø-Orehoved, come pure tra Seeland e la Svezia e tra Falster e la Germania. L'estensione della rete ferroviaria danese, se considerata in relazione alla superficie, è superata solamente da quella del Belgio, della Svizzera, dell'Inghilterra e della Germania. Per i trasporti di merci, i servizî ferroviarî competono male con quelli marittimi e con quelli degli autocarri. La Danimarca possiede pure un'ottima ed estesa rete stradale: nel 1927 esistevano 7606,8 km. di strade (106 km. ogni 100 kmq.).
Aviazione civile. - Dipende dal Ministero dei lavori pubblici, che la controlla per mezzo d'uno speciale comitato. Il servizio è assicurato da una sola compagnia, la "Danske Luftfarselskab", che dal 1928 gestisce la linea Copenaghen-Amburgo (servizio giornaliero) e che nel 1930 si è accordata con la società tedesca "Lufthansa" per la gestione della linea Malmö-Copenaghen-Berlino. Nel 1929 sulla linea Copenaghen-Amburgo si percorsero 504.600 km., trasportando 1740 passeggeri e 35.980 kg. di merci. Le principali basi aeree danesi sono: Copenaghen, idroscalo militare e doganale, con 4 hangar, e aeroporto militare (Christianshavn nell'isola di Seeland); inoltre Aarhus, Kastrup, Toftlund, aeroporti; Aalborg, Esbjerg, Frederikshavn, idroscali; Odense, Ringsted, campi di fortuna.
Bibl.: Numerose le pubblicazioni ufficiali e statistiche. Di queste, oltre l'annuale Statistik Aarbog, sono da vedere soprattutto V. Falt Hausen e W. Scharling, Danmarks Statistik, Copenaghen 1878-91, e H. Weitemeyer e T.P. Trap, Statistisk-topografish Beskrivelse of Kingeriget Danmark, Copenaghen s.a. Cfr. poi J. Brochner, Danish Life in Town and in Country, Londra 1903; Vahl e Christensen, Danmarks Land og Folk. Copenaghen 1903; E. Löffler, Dänemarks Natur und Volk, Copenaghen 1905; F. Machatschek, Dänemarks Boden und Oberfläche, in Geogr. Zeitschr., XII (1906); W.J. Harwey e C. Reppien, Denmark and the Danes, Londra 1915; S. Desmond, The Soul of Denmark, Londra 1918; H. Faber, Cooperation in Danish Agriculture, Londra 1918; D. Bruun, Danmark, Land og Folk, Copenaghen 1919-22; F.G. Howe, Denmark: a cooperative Commonwealth, Londra 1922; H. Westergaard, Economic development in Denmark, before and during the World War, Oxford 1922; C. Holland, Denmark: a modern Guide to the Land and its People, Londra 1927; H. Jones, Modern Denmark: its Social, Economic and Agricultural Life, Londra 1927; Vahl e Hatt, Jorden og Menneskelivet, vol. IV, Copenaghen 1927.
La Danimarca possiede ottime carte topografiche: una al 20 mila (Maalebordsblade) in 842 fogli, una al 40 mila in 246 fogli, una al 100 mila in 65 fogli.
Vi è anche una buona carta geologica (Danmarks geologisk Undersøgelse) al 100 mila.
Ordinamento dello stato.
Ordinamento politico e amministrativo. - L'attuale costituzione politica (Grundlov) del 5 giugno 1915 è uno sviluppo di quella del 5 giugno 1849, che introdusse il regime parlamentare in Danimarca. È stata modificata con la legge del 10 settembre 1920 soltanto in quanto era necessario tener conto dell'annessione dello Slesvig (Schleswig) settentrionale. La monarchia è ereditaria nella linea maschile della casa di Slesvig-Holstein-Sönderburg-Glücksburg. Il re, che deve appartenere alla confessione luterana, è il capo del potere esecutivo, che esercita per mezzo dei suoi ministri: dichiara la guerra, firma la pace, e conclude i trattati, ma l'approvazione della dieta è necessaria per quelli che cedano parte del territorio nazionale o modifichino leggi esistenti. Il re ha inoltre il diritto di sanzionare le leggi. La dieta (Rigsdag) si riunisce ogni anno il primo martedì d'ottobre. Si compone di due camere: 1. il Senato (Landsting): 76 membri con mandato di 8 anni, eleggibili per metà ogni quattro anni; 56 sono eletti con suffragio indiretto dagli elettori per la seconda camera che abbiano compiuto i 35 anni, 19 sono eletti dal Landsting precedente, tanto gli uni quanto gli altri col sistema della rappresentanza proporzionale; 2. la Camera dei deputati (Folketing), eletta da tutti i cittadini (uomini e donne) che abbiano compiuto i 25 anni; 149 membri, di cui 117 eletti in 23 collegi secondo il sistema della rappresentanza proporzionale, 31 distribuiti ai varî partiti in ragione dei voti ottenuti nei diversi collegi all'infuori di quelli per cui hanno già avuto mandati, 1 eletto a semplice maggioranza dalle isole Fœrœer. I poteri del Folketing durano quattro anni, ma il re può scioglierlo anche prima. Per le modificazioni della costituzione è necessaria una votazione popolare. I ministri formano il Consiglio di stato (Statsraadet) sotto la presidenza del re: sono responsabili verso il re ed il parlamento.
Amministrativamente il paese è diviso in 22 provincie (Amter) 88 comuni urbani e circa 1300 comuni rurali: tutti i comuni hanno un consiglio eletto col sistema della rappresentanza proporzionale. Copenaghen ha un regime speciale.
La giustizia è amministrata da tribunali di prima istanza, da tre corti d'appello e dalla corte suprema (Højesteret), i cui membri, insieme con altri giudici eletti dal Landsting, compongono il Rigsret, una corte che può soltanto giudicare i ministri messi in stato d'accusa dal parlamento.
I rapporti fra la Danimarca e l'Islanda, riconosciuta come stato indipendente, sono regolati dal trattato federativo (Sambandslov) del 30 novembre 1918 valido fino al 1943. Secondo esso, la Danimarca e l'Islanda hanno in comune soltanto il re e un comitato consultivo per gli affari comuni, eletto per metà dal Rigsdag danese e per metà dall'Assemblea nazionale islandese. Gli affari esteri dell'Islanda sono trattati dal ministro degli affari esteri e dagli agenti diplomatici e consolari della Danimarca: ma i trattati conclusi da quest'ultima, dopo la stipulazione del Sambandslov, sono obbligatorî per l'Islanda solo col consenso del governo di tale stato. I cittadini danesi godono in Islanda e quelli islandesi in Danimarca gli stessi diritti civili dei nazionali.
Organizzazione ecclesiastica. - La chiesa nazionale, di confessione evangelica luterana, contava (nel 1921), 3,2 milioni di membri, il 97,9% della popolazione totale. La libertà di religione è completa: le comunità protestanti dissidenti dalla chiesa nazionale sono in continuo aumento e contavano nel 1921, 21.471 membri. Inoltre, mentre gl'israeliti ammontano a 5947 ab., e a 12.744 i non ascritti ad alcuna comunità religiosa, i membri della chiesa cattolica sono 22.137. Oggi la chiesa cattolica è rappresentata in Danimarca da un vicario apostolico, vescovo titolare di Roskilde, con residenza a Copenaghen. La chiesa nazionale invece è organizzata sotto la sede primaziale di Seeland (Copenaghen) in nove specie di diocesi che, oltre Seeland, sono: Aalborg, Aarhus, Odense (Fionia), Haderslev, Nykøbing (Laaland-Falster), Ribe, Roskilde e Viborg. Vi è pure un vescovo metodista per i 5000 aderenti a questa confessione protestante.
Forze armate. - Esercito. - Il servizio militare è obbligatorio, ma il numero di uomini chiamato alle armi annualmente è limitato a 9.000. Le ferme variano con le armi: 5 mesi, per la fanteria; 7 mesi, per l'artiglieria; 14 mesi circa, per la cavalleria. I riservisti sono tenuti a compiere due periodi di 4 settimane. I Danesi che non sono incorporati nell'esercito attivo ricevono un'istruzione militare sommaria di due mesi, in maniera da poter poi servire in caso di bisogno nel "landsturm".
Con le truppe attive sono state costituite tre divisioni: due dello Jütland, con i comandi in sede a Senderborg e a Viborg, ed una dello Seeland, con il comando di stanza a Copenaghen. La fanteria comprende 11 reggimenti, ciascuno di 2 battaglioni di 4 compagnie attive, due di riserva e una compagnia di mitragliatrici; la guardia comprende un battaglione attivo, un battaglione di riserva e una compagnia di mitragliatrici; in tutto 35 battaglioni. La cavalleria si compone di 3 reggimenti, ciascuno di due squadroni attivi e uno di riserva. L'artiglieria da campagna comprende: 3 reggimenti di 9 batterie da 75, e 18 batterie di artiglieria pesante e da costa. Il genio comprende 3 battaglioni pionieri su 3 compagnie e un battaglione telegrafisti su 4 compagnie.
Marina. - La marina militare danese, dopo aver avuto nei secoli scorsi dei periodi di splendore che corrisposero ai momenti di predominanza della Danimarca nell'unione scandinava, e le permisero di sostenere lunghe lotte con la lega Anseatica, è andata decadendo in seguito al colpo inflittole dall'Inghilterra nella battaglia di Copenaghen ed è da annoverarsi tra le marine minori. Essa comprende: la corazzata costiera Niels Juel, varata nel 1918, di 3900 tonn. e 16 nodi, armata con 10/152; la corazzata costiera Peder Skram, varata nel 1908, di 3800 tonn. e 16 nodi, armata con 2/240 e 4/152; le due corazzate costiere H. Trolle e O. Fischer, del 1899-1903, da 3700 tonn. e 16 nodi armate come le precedenti; l'incrociatore protetto Hejmdall, del 1894, da 1300 tonn. e 17 nodi; tre torpediniere da 300 tonn. e 28 nodi armate con 8 tubi di lancio da 450 in costruzione; 20 torpediniere da 100-300 tonn. e 21-27 nodi; cinque sommergibili del 1920-24 da 300 tonn. e 14 nodi in emersione, 380 tonn. e 9,5 nodi in immersione armati con 5-6 tubi di laucio da 450; undici sommergibili minori da 180-200 tonn. e 13-6,8 nodi. Inoltre, alcune unità sussidiarie, tra cui la nave reale, alcune navi posamine, navi appoggio torpediniere e sommergibili, ecc. Il personale è di circa 4000 uomini, compresi gli ufficiali.
Aviazione. - Si tende attualmente alla sua unificazione, che potrà dare maggior rendimento. L'aviazione di marina è concentrata ad Amager (Copenaghen) e quella dell'esercito in prossimità di Amager. Nel 1931 funzionerà ad Agnø una scuola di pilotaggio di apparecchi terrestri per la marina. La scuola per l'esercito, dalla sede attuale presso Amager verrà trasferita a Tofilund. L'aviazione militare è concentrata in un reparto unico che funziona anche da scuola. E provvista di apparecchi Heinkel e Fokker C. 5. Data la tendenza al disarmo, scarse somme le vengono dedicate (2 milioni e mezzo di corone nel 1930).
Finanze. - ll bilancio della Danimarca è composto di due parti: il bilancio ordinario, che comprende le entrate e le spese ordinarie, e il bilancio straordinario, nel quale figurano prestiti, vendite di beni demaniali, investimenti di capitale e, dall'esercizio 1925-26, anche le spese per il servizio del debito pubblico. Il bilancio ordinario negli ultimi esercizî finanziarî è, tranne il 1928-29, in avanzo, come risulta da questo specchio (cifre in milioni di corone):
I cespiti principali di entrata sono le imposte dirette e indirette, il reddito delle imprese di stato, le lotterie, i beni demaniali. I più importanti capitoli di spesa sono quelli per il Ministero degli affari sociali, per l'istruzione pubblica e per la difesa militare. Il debito pubblico della Danimarca è stato contratto in parte per colmare i forti deficit degli anni che precedettero la formazione del governo parlamentare e in parte per la costruzione di ferrovie, porti, fari e altri lavori pubblici: al 31 marzo 1929 l'ammontare totale del debito pubblico era di 75,6 milioni di sterline di cui 39,8 di debito estero.
L'unità monetaria è la corona di 100 øre, pari a 1,38 franchi oro e a 1/18 di lira sterlina. L'ammontare dei biglietti della banca nazionale in circolazione alla fine del '29 era corrispondente a 367 milioni di corone.
Cultura.
Organizzazione scolastica. - Fin dal 1814 l'insegnamento elementare è obbligatorio in Danimarca per i ragazzi dai 7 ai 14 anni. Delle 4485 scuole esistenti nel 1928 solo 34 erano mantenute dallo stato, 3864 dipendevano dalle amministrazioni locali e 587 erano private. Il corso elementare ha la durata di cinque anni e ad esso segue un corso secondario di quattro anni. Le scuole medie superiori si dividono in classiche, moderne, scientifiche e al loro termine gli alunni debbono sostenere uno speciale esame di stato. Per l'insegnamento professionale vi sono 278 scuole tecniche, 20 magistrali, 94 commerciali, 22 agricole, oltre ad alcuni istituti per farmacisti, dentisti, veterinarî, ecc. L'università di Copenhagen, fondata nel 1479, ha cinque facoltà e circa 4500 studenti (per i maggiori istituti di cultura danesi v. copenaghen).
Storia.
La preistoria della Danimarca non si differenzia da quella della penisola scandinava (v. nordiche, civiltà). I più antichi ritrovamenti fossili provano che essa era abitata dallo stesso popolo che vi risiede ancora oggi. I primi abitanti erano naturalmente dediti alla caccia e alla pesca; solo dopo un lungo periodo passarono all'agricoltura, raccogliendosi in comunità agricole e coltivando la terra in comune. Al di fuori delle comunità, alcune dinastie signorili facevano coltivare la terra dagli schiavi. Originariamente, il popolo comprendeva più stirpi; e i nomi latini "Cimbri" e "Charudes" sono verosimilmente antichi nomi di stirpi. Ma nel sec. I d. C., apparve una nuova divisione, a base territoriale: i villaggi si raccolsero in distretti (Herreder), ognuno dei quali provvisto di un Consiglio (Ting), dove venivano risolte le questioni d'interesse comune e le liti giudiziarie; i distretti poi erano riuniti a loro volta in tre regioni principali, Jütland, Seeland e Scania, in ognuna delle quali era un'assemblea (Landsting), dove si prestava giuramento al re, e dove venivano prese deliberazioni d'interesse comune. Il comando supremo in guerra e la difesa della pace e del diritto erano gli attributi del re, eletto dal popolo fra i principi della famiglia reale. Fra i primi re storicamente accertati figura Gorm il Vecchio (morto verso il 950 d. C.), che regnava nello Jütland; alla moglie di esso, la regina Tyre Danebod, si deve la costruzione del celebre "Danevirke", un muraglione di terra, lungo la frontiera meridionale della Danimarca.
Poco prima, a mezzo il secolo IX, era cominciata la diffusione del cristianesimo in Danimarca grazie all'opera del monaco S. Anscario (v.), che fece costruire delle chiese nello Schleswig e a Ribe; ma il trionfo definitivo della nuova religione avvenne solo con Harald Blaatand (Aroldo "Denteazzurro" morto attorno al 986), figlio e successore di Gorm, che per primo estese il suo dominio su tutta la Danimarca. Ma alla penetrazione del cristianesimo dal sud, facevano riscontro dal nord, durante i secoli IX e X, le spedizioni dei Vichinghi (v.). Stabilitisi nella parte nord-ovest dell'Inghilterra, nel cosiddetto "Danelag", essi iniziarono una lunga lotta con gli Anglosassoni, durante la quale dovettero ricorrere all'aiuto della loro patria. Così nel 1013 tutta l'Inghilterra fu conquistata da Sven Tjugeskœg (o Tveskeœg "barba forcuta", 986-1014), successore di Aroldo Denteazzurro. Inghilterra e Danimarca rimasero ancora sotto lo stesso sovrano (Canuto il Grande) fino al 1035 e nuovamente dal 1040 al 1042 col re Harteknud. Solo alla morte di quest'ultimo l'unione personale fu rotta. Anche la Norvegia era stata sottomessa da Canuto il Grande nel 1028; poi, alla sua morte, aveva avuto un re proprio, Sven. Con Magnus il Buono, re di Norvegia, si ritornò all'unione; ma dopo la sua morte, il nipote di Canuto il Grande, Sven Estridsøn, s'impossessò del trono della Danimarca. Questo re organizzò la chiesa danese, dividendola in vescovati e fondò anche un arcivescovado propriamente danese in Lund. Fra i suoi successori (Harald Hén, 1076-1080; Canuto il Santo, 1080-1086; Olav Hunger, 1086-1095; Erik Ejegod, 1095-1103; Niels, 1104-1134), Canuto il Santo e Erik Ejegod ripresero la sua politica favorevole alla chiesa. Ma non mancarono disordini e ribellioni: anzi, Canuto il Santo trovava la morte in un sollevamento popolare. All'esterno, si faceva sentire, intanto, la minacciosa pressione dei Vendi, che, trattenuti un momento da Erik Ejegod, riprendevano le loro scorrerie al tempo di Niels, incapace di dominarli. La situazione divenne ancora più torbida, dopo che nel 1131 il figlio di Niels, Magnus, ebbe assassinato il figlio di Erik Ejegod, Knud Lavard, il popolare duca dello Schleswig. Scoppiò una guerra civile; Niels e Magnus furono uccisi e salì al trono il fratello di Knud, Erik Emune (1134-37), che cadeva ucciso per la sua crudeltà; una nuova guerra civile desolava il regno del suo successore, Erik Lam.
Solo con l'ascesa al trono del figlio di Knud Lavard, Valdemaro I, finivano le lotte interne, s'iniziava un brillante periodo della storia danese. I Vendi, sconfitti, dovettero por temmine alle invasioni, e nel 1169 veniva loro strappata Rügen. S'accrebbe il potere dei re, che lavoravano in stretta unione col clero e con la nobiltà, e che trovavano un prezioso collaboratore nel vescovo Absalon di Roskilde, amico e consigliere di Valdemaro I, e consigliere ancor più ascoltato del figlio di Valdemaro, Knud (Canuto). Sotto questo re (1182-1202), la nuova forza dello stato danese si palesa nella lotta con Federico Barbarossa. Alla richiesta di Federico, che il re di Danimarca si riconoscesse per suo vassallo, fu opposto infatti un reciso rifiuto; e quando, in seguito a ciò, l'imperatore spinse il duca Bogislaw della Pomerania ad assalire Jaromar di Rügen, vassallo della Danimarca, il vescovo Absalon gli inflisse una decisiva sconfitta presso Rügen (1184). I principi della Pomerania dovettero allora riconoscere Canuto come re dei Vendi. Inoltre il duca Valdemaro di Schleswig, fratello del re, riuscì a conquistare tutto il Holstein, di guisa che il regno di Danimarca si estese fino allo sbocco dell'Elba. Altri acquisti territoriali si ebbero sotto Valdemaro II, detto il Vincitore (1202-1241): vennero conquistati i paesi tedesco-vendi lungo il Baltico, e, con una celebre crociata del 1219, anche l'Estonia. Ma proprio in questo momento la fortuna volse le spalle al re. Fatto prigioniero (1223) da un suo vassallo, il conte Enrico di Schwerin, per riacquistare la libertà dovette cedere il territorio al sud dell'Elba; e una nuova sconfitta subì in un'altra guerra (presso Bornhøved, nel 1227). Da allora, egli rivolse tutta la sua attività allo sviluppo interno del suo paese.
Questo progresso interno era già in atto da tempo; era anzi la base della vigorosa politica estera della dinastia dei Valdemari. Il potere del re si era di assai accresciuto, grazie all'acquisto da parte del sovrano di grandi proprietà terriere, dalle quali il re ricavava forti proventi: i coltivatori erano infatti tenuti a pagare il fitto (Landgilde) al re. Ma oltre a tale provento, che gli spettava come proprietario, il re godeva di altri cespiti d'entrata: lo stud, tassa che sostituiva il diritto d'albergaria del re, e che fu la prima imposta pagata dai Danesi. E anche l'obbligo dei contadini di prestar servizio militare per il re fu sostituito da una tassa: per quanto gli agricoltori più ricchi, ceto dal quale poi si andò formando la nobiltà danese, preferissero prestare il servizio in guerra, come prima. L'amministrazione del paese era affidata a tre funzionarî: il Drost ("scalco"), che amministrava i beni della corona e le entrate dello stato; il Marsk ("maresciallo") che sovrintendeva all'esercito; il Kansler ("cancelliere"), posto a capo della cancelleria dello stato. Le leggi vennero nuovamente codificate da Valdemaro II con la cosiddetta "Legge dello Jütland", che ebbe vigore nello Jütland e in Fionia. Nelle più importanti questioni di stato il re consultava un'assemblea formata dagli uomini più eminenti del regno: ciò che dimostra l'influenza crescente della nobiltà, specialmente da quando divenne consuetudine convocare delle diete (Danehof) per le decisioni più gravi e per le liti fra il re e i suoi uomini. Il commercio fioriva, specialmente per lo smercio che delle aringhe di Scania facevano i pescatori danesi ai mercanti di Lubecca nei grossi mercati di Skanor. Il dazio che si pagava per quelle aringhe era fonte di ricche entrate per il re. La prosperità crescente dell'intero paese portò con sé quella delle singole città: risale a quei tempi la fondazione di Copenaghen.
Ma il regno di Erik Plovpenning (1241-1250), figlio e successore di Valdemaro II, fu nuovamente contrassegnato da continue lotte fra il re e i suoi fratelli, i quali ricevettero grandi parti del paese in feudo. E poiché il re Cristoforo I (1252-59), successo ad Abele di Schleswig (1250-52) dovette concedere lo Schleswig in feudo ereditario a Valdemaro, figlio di Abele, questa provincia rimase sempre più distaccata dal resto del territorio. Il regno di Cristoforo fu contrassegnato soprattutto da una lotta fra il re e la Chiesa, che l'energico arcivescovo Jakob Erlandssøn cercava di rendere sempre più indipendente. Ma in ultimo, egli fu fatto prigioniero dal re. Cessata, sotto il regno di Erik Klipping (1259-86) la lotta fra il re e la Chiesa, ne sorse invece un'altra, assai aspra, fra il re e i nobili: il re fu costretto a firmare una carta (Haandfœstning, 1282), nella quale, fra l'altro, si stabiliva che le diete degli stati dovevano essere tenute ogni anno. Ciò nonostante il re fu assassinato in seguito a una congiura dei nobili, capitanati dal maresciallo Stig; e gli assassini, esiliati dal nuovo re, Erik Menved (1286-1319), figlio dell'ucciso, non cessarono di molestare con le loro incursioni le coste della Danimarca. Il paese non era tranquillo; e intanto il re intraprendeva guerre costosissime, per ristabilire il dominio a sud del Baltico. Ma egli non riuscì. Al contrario, molto territorio dovette, dopo la sua morte, essere impegnato a principi e a nobili stranieri, mentre l'enorme aggravio delle imposte provocava sollevazioni di contadini e congiure fra i nobili. In tali circostanze sfavorevoli, il nuovo re Cristoforo II (1319-26 e 1330-32), dovette far nuove concessioni ai nobili: non avendo egli osservato gli obblighi contratti, scoppiò una guerra civile, in seguito alla quale fu proclamato re il dodicenne duca Valdemaro (III) di Schleswig (1326-30), sotto la tutela di suo zio, il conte Gert, al quale egli concesse lo Schleswig in feudo, impegnandosi a che la Danimarca e lo Schleswig non si unissero più sotto un unico re (Constitutio Valdemariana). Dopo la morte di Cristoforo II che era risalito sul trono, la Danimarca fu governata dai conti di Holstein - Giovanni e Gert - e dal re di Svezia, rimanendo priva di re fino al 1340, quando, ucciso Gert e sollevatosi lo Ju̇tland, fu eletto Valdemaro, figlio di Cristoforo II.
Valdemaro IV detto Atterdag (1340-75) regnò dapprima sulla quarta parte dello Jütland settentrionale, portatagli in dote dalla moglie; ma, energico e accorto com'era e appoggiato dal popolo, egli riuscì a unire insieme tutto il regno e, giovandosi delle discordie interne in Svezia, anche il Gotland. Ma tale impresa svegliò contro di lui l'ostilità degli Anseati, i quali lo assalirono nel 1367, coadiuvati dai regnanti vicini e dai nobili dello Jütland. Il re fu costretto a rimanere per quattro anni fuori del suo paese, fino a che nel 1370 gli Stati danesi non ebbero conchiuso, a Stralsund, la pace con gli Anseati, che ottenero per 15 anni i castelli della Scania, come garanzia dei loro privilegi. Ritornato in patria, il re cancellò presto tutte le tracce della guerra e rinsaldò il suo potere; ma proprio nel momento in cui i suoi sforzi per impadronirsi dello Schleswig stavano per aver successo, egli morì (1375). Con lui si spense l'ultimo discendente maschile di Sven Estridsan.
La figlia di Valdemaro IV, Margherita, sposata al re di Norvegia Haakon VI, fece eleggere re suo figlio Olaf (Oluf: 1375-87), di cui essa assunse la tutela. Intelligente e abile, riuscì ad unire tutto il nord in un solo regno. Nel 1380, morto Haakon VI, Olaf fu infatti eletto re di Norvegia; e dopo la morte di Olaf (1387), la stessa regina Margherita fu riconosciuta regina della Danimarca e di Norvegia; infine, nel 1388 essa fu eletta regina di tutto il Nord da una parte dei nobili della Svezia, malcontenti del loro re. Sconfitto per opera sua il re di Svezia nella battaglia di Falen (1389), nel 1397 l'assemblea di Kalmar riuniva in uno solo i tre regni scandinavi, ponendo a capo del nuovo stato il bisnipote della regina, Erik di Pomerania, che prese il nome di Erik IX. Nello stesso tempo fu concordata una più stretta unione fra i tre regni (Unione di Kalmar) che si tradusse nel predominio della Danimarca, promosso e voluto dalla regina Margherita, la quale a tal uopo creò molti Danesi e Tedeschi castellani e vescovi in Svezia. Politica non meno vigorosa la regina seguì verso lo Schleswig, cercando di riacquistare questa provincia, pur avendo ella stessa concesso nel 1386 ai duchi di Schleswig il ducato come feudo ereditario. Ne derivò una guerra, che finì solo nel 1435, molto dopo la morte della regina, con la pace di Vordingborg, che ristabiliva lo statu quo ante. All'interno, il regno della regina Margherita fu caratterizzato da tendenze all'assolutismo. Ella affidò infatti le alte cariche dello stato, vacanti, agli ufficiali di corte e soppresse le riunioni del Danehof.
Ma l'opera della regina Margherita, morta nel 1412, veniva compromessa sotto i suoi successori. Il primo, Erik di Pomerania (1412-39), dovette far fronte a una rivolta degli Svedesi, e fu deposto nel 1439. Durante il regno del suo successore, Cristosoro di Baviera (1439-48), che fu eletto successivamente in tutti e tre i regni, si ebbe il progressivo e continuo rafforzarsi della nobiltà, che riuscì a ottenere una diretta ingerenza nell'amministrazione dello stato, per mezzo del Rigsraad, assemblea di nobili e di alti prelati, che ereditò le funzioni del Danehof e dell'antico consiglio del re. Peggiorava invece la condizione dei contadini, soggetti nelle isole alla servitù della gleba. Con la morte di Cristoforo senza eredi, il trono passò alla casa di Oldenburg, nella persona del conte Cristiano I (1448-81). Nel contempo però fu eletto re di Svezia carlo Knutsson, chiamato Carlo VIII: e solo nel 1450 l'assemblea di Halmstad deliberò che Cristiano I dovesse essere re di Norvegia, e che quello dei due re che sopravvivesse all'altro, dovesse regnare infine su tutto il Nord. Nello stesso anno la Norvegia s'unì con un accordo particolare alla Danimarca. Nel 1454, dopo una rivolta scoppiata nella Svezia, Cristiano divenne anche re di Svezia; ma nel 1471, sconfitto presso Brunkebjerg, egli dovette rinunziare a quel regno. Nel 1460 fu pure eletto re dalla nobiltà dello Schleswig e del Holstein; ma dovette obbligarsi a far rimanere "indivisi per sempre" questi due paesi. Hans, figlio di Cristiano (1481-1513), fallitegli le trattative per riavere pacificamente la corona di Svezia, dovette acquistarla con le armi; ma presto gli Svedesi insorsero cacciando i Danesi dal loro paese. Cristiano II, figlio di Hans (1513-23), riconquistò bensì nel 1520 il paese e ottenne la nomina a re ereditario della Svezia, ma il famoso bagno di sangue di Stoccolma (8 novembre 1520), da lui attuato contro i suoi avversarî, gli scatenò contro gli Svedesi; e l'unità fra i due paesi fu definitivamente spezzata. In Danimarca, gli sforzi di Cristiano II per migliorare il commercio della Danimarca, a tutto danno del commercio delle città anseatiche, gli provocarono contrasti con Lubecca (1522); i suoi tentativi per limitare il potere della nobiltà, appoggiandosi ai borghesi e ai contadini, provocarono nel 1523 una rivolta capeggiata dai nobili dello Jütland appartenenti al Rigsraad. Cristiano II fuggì nei Paesi Bassi e fu eletto re suo zio Federico I (1523-33), durante il regno del quale la nobiltà accrebbe la sua influenza attraverso ai cresciuti poteri del Rigsraad e attraverso alla nuova norma che solo i nobili potessero ottenere feudi.
Ma già stava prendendo piede la Riforma. La propaganda fu intrapresa da Hans Tausen, che fece accettare (1527) la sua Confessio Havnica: nel 1525-30 passarono alla chiesa luterana le città di Viborg, Malmö, Copenaghen e una gran parte della borghesia in tutto il resto del paese. La nuova dottrina trovava molti seguaci tra i nobili, che vedevano fra l'altro di malocchio la proprietà fondiaria del clero, grande circa un terzo dell'intero paese. Così, nelle riunioni tenute dal Rigsraad a Odense (1527) e a Copenaghen (1530), si fecero alcune prime concessioni alla religione evangelica. Ma quando morì il re Federico I (1533), non essendosi ancora eletto il suo successore, le tendenze cattoliche ebbero il sopravvento nel Rigsraad. L'opposizione, formata dai borghesi luterani, strinse alleanza con Lubecca e cercò di venire in aiuto al vecchio re deposto Cristiano II, e di ridargli la corona reale, con la cosiddetta "guerra del conte" (Grevefejde). Di fronte a ciò, il Rigsraad nominò re il duca Cristiano (Cristiano III, 1539-1559), il quale incaricò Johan Rantzau, comandante dell'esercito, di sottomettere i ribelli borghesi e contadini, partigiani di Cristiano II. La battaglia presso Øxnebjerg (1535) e la resa di Copenaghen sottomisero l'intero paese al re. L'anno appresso fu deciso il passaggio del paese alla chiesa riformata, che fu organizzata in Danimarca secondo le disposizioni dell'ordinanza ecclesiastica del 1537, sotto la direzione di Bugenhagen, discepolo di Lutero. I beni ecclesiastici furono incamerati; i cattolici perdettero tutti i diritti politici; ai sacerdoti, sotto pena di morte, fu interdetto l'ingresso nel paese.
Nello stesso tempo, si decise che la Norvegia non dovesse più formare un regno a sé, ma costituire semplicemente una parte della Danimarca, come il Seeland e la Scania: per quanto poi in realtà la Norvegia conservasse una parte della sua indipendenza, continuando ad avere il suo cancelliere, i suoi Herredage e un suo luogotenente. Si ebbe allora anche un forte incremento del potere regio a spese della nobiltà. Il re distribuiva i feudi a suo piacimento e non esclusivamente ai nobili; limitò molto l'influenza del Rigsraad e centralizzò fortemente l'amministrazione, ponendo sotto severo controllo i funzionarî. Rimase intatto invece il dominio dei nobili sui contadini; e poiché dalla metà del secolo cominciò, anche in Danimarca, il forte rialzo nei prezzi dei prodotti agricoli, i nobili proprietarî poterono rinsaldare la loro situazione economica.
A Cristiano III succedette suo figlio Federico II (1559-88), il quale subito dopo l'assunzione al trono conquistò il Dithmarschen. Ma i suoi tentativi di conquista nei paesi baltici lo posero in urto con gli Svedesi: ebbe origine così la guerra nordica dei sette anni (1563-70), al termine della quale le cose rimasero allo statu quo, salvo che le finanze danesi ne uscirono sconquassate. Fu merito di Peter Oxe il riordinarle, in maniera che il successore di Federico II, Cristiano IV (1588-1648), trovò al suo avvento al trono il paese in floride condizioni. Attivo anche nelle opere di pace, Cristiano IV caratterizzò tuttavia il suo regno soprattutto per la politica estera, che portò la Danimarca nei grandi conflitti dell'Europa centrale. Contrasti d'indole commerciale e conflitti di frontiera in Lapponia portarono dapprima alla guerra di Kalmar (1611-1613) contro la Svezia. La Danimarca ne uscì vittoriosa, ma senza vantaggi duraturi. Poi, nel 1625-29, si ebbe l'intervento danese nella guerra dei Trent'anni. La pace di Lubecca del 1629 riconobbe alla Danimarca i territorî di prima; ma nello stesso tempo il re si inimicava i Paesi Bassi, irritati per l'alto costo del dazio del Sund, e la Svezia (v. cristiano iv). L'epilogo del contrasto fu l'invasione del generale svedese Torstenson nello Jütland (1643). I Danesi riportarono una grande vittoria navale presso Kolbergerheide (1644). Ma la guerra finì con la sconfitta della Danimarca, che nella pace di Brömsebro (1645) dovette cedere le provincie di Härjedalen e Jämteland, le isole Gotland e Ösel e, per 30 anni, anche la provincia di Halland.
Le guerre continue, unite con il generale crollo dei prezzi, disastroso per l'agricoltura, che si verificò nella prima metà del sec. XVII, impoverirono molto la Danimarca. Né la situazione mutava con la morte di Cristiano IV e l'avvento al trono del figlio di lui, Federico III (1648-70). Per quanto il re dovesse accedere a un compromesso con la nobiltà, per quanto il potere regio ne uscisse indebolito, Federico III, nel 1657, approfittando del fatto che il re di Svezia, Carlo X Gustavo, era in guerra con la Polonia, dichiarò guerra alla Svezia. Ma Carlo Gustavo ebbe la meglio e nella pace conclusa a Roskilde (febbraio del 1658) costrinse Federico III a cedere la Scania, Halland, Blekinge e Bornholm, con le provincie di Trondhjem e Bohus in Norvegia. Nell'agosto 1658 Carlo Gustavo riaprì le ostilità. Ma Copenhagen respinse l'assalto degli Svedesi la notte dell'11 febbraio 1659; e, grazie agli aiuti della Germania e dei Paesi Bassi, i Danesi uscirono vittoriosi. La pace di Copenaghen del 1660 ridava alla Danimarca Bornholm e Trondhjem.
Tale guerra ebbe conseguenze importanti per la vita interna del paese. Il desiderio del re di annullare le prerogative concesse ai nobili era in accordo col desiderio dei borghesi di sottrarsi al grave giogo esercitato dalla nobiltà. A ciò si aggiungeva che la potenza dei nobili non aveva una base molto sicura: le loro condizioni economiche non erano infatti buone e il loro numero s'era molto ridotto. Infine essi avevano contraria l'opinione pubblica che li rendeva responsabili di tutte le disgrazie toccate al paese. Per procedere a una ricostruzione interna fu indetta per il settembre del 1660 la riunione degli Stati. Vi parteciparono circa 100 nobili e altrettanti rappresentanti della borghesia e del clero. Nonostante l'opposizione dei nobili, il 13 ottobre gli Stati riuniti e il Rigsraad concedettero al re l'ereditarietà del trono per i suoi discendenti, maschi o femmine: concessione che fu sottoscritta, l'anno appresso, dai nobili, dal clero e dalla borghesia. Il 14 novembre 1665, fu emanata la cosiddetta "legge regia" (Kongelov), la costituzione danese, che ebbe vigore per due secoli, e che nella sua essenza fu opera di Peter Schumacher, meglio noto col nome di Griffenfeldt: con essa, al re di Danimarca fu concesso il potere assoluto più ampio che mai fosse esistito.
L'amministrazione dello stato fu riorganizzata, secondo l'esempio svedese, sulla base di cinque consigli (collegium), il cui numero s'accrebbe più tardi: la cancelleria, la camera della finanza, l'ammiragliato, il consiglio di guerra e il tribunale supremo. I presidenti dei consigli, insieme con Hans Nansen e Hans Svane, formavano lo Statskollegium, corrispondente all'antico Rigsraad, salvo che le sue funzioni erano solo quelle d'un organo consultivo. L'amministrazione locale venne pure riordinata in modo che i feudi venivano riscattati da speciali sezioni amministrative, presiedute da un funzionario civile. Con un governo così fortemente centralizzato, s'iniziò assai energicamente la ricostituzione del paese. Le finanze furono riordinate quant'era possibile. Per il momento, tuttavia, il commercio e l'industria erano in decadenza e i contadini molto aggravati dalle tasse.
Sotto Cristiano V (1670-99), il vero padrone del paese fu, fino al 1676, Peter Schumacher, che proseguì il riordinamento già iniziato dell'amministrazione e agì anche in favore dell'antica nobiltà danese, creando una nobiltà di corte, formata da conti e baroni. Cristiano IV, sempre fisso nell'idea di riconquistare le perdute provincie della Scania, diede inizio alla guerra contro gli Svedesi, detta appunto di Scania (1675-79). L'eroe danese nel mare, Niels Juel, sconfisse più volte la flotta svedese e i Danesi poterono per un certo tempo mettere piede in Scania; ma dovettero poi abbandonarla di nuovo, e nella pace di Lund e Fontainebleau del 1679 ottennero solo che gli Svedesi rinunziassero ad aiutare il duca di Holstein-Gottorp. Le aspirazioni del re si volgevano infatti verso lo Schleswig: ma anche qui, se in un primo momento si riuscì a cacciare il duca Cristiano Alberto, il risultato finale fu negativo. E proprio la speranza di vincere il duca di Holstein-Gottorp trascinò la Danimarca, regnando Federico IV (1699-1730), nella grande guerra nordica, nel 1700. Carlo XII, cognato del duca, costrinse la Danimarca a certe concessioni nella pace di Travendal (1700); ma quando, nel 1709, la fortuna parve favorire i nemici della Svezia, fra i quali in prima linea era Pietro il Grande di Russia, la Danimarca rientrò in lizza. Nella guerra, combattuta dal 1709 al 1720, essa riuscì ad occupare la parte ducale dello Schleswig, che le fu infine riconosciuta nella pace di Frederiksborg, nel 1720.
Anche al tempo di Federico IV, fu proseguita la politica di sistemazione interna: si costruirono scuole, venne creata (1701) una milizia territoriale (Landmilits), fu abolita la servitù della gleba (1702). Oltre a ciò, nonostante le costose costruzioni fatte e il grande incendio che aveva quasi ridotto in cenere Copenhagen (1728), fu possibile ristabilire l'ordine nelle finanze, nel periodo successivo alla guerra. Ma sotto il regno di Cristiano VI (1736-46), se fu continuata l'azione a pro dell'istruzione popolare, la condizione dei contadini fu invece nuovamente aggravata: giacché a essi fu vietato, per ragioni militari, di lasciare il loro luogo natio fra i 14 e i 36 anni. Cristiano VI e il suo successore, Federico V (1746-66), seguirono una politica mercantilista; ma se il commercio se ne avvantaggiò notevolmente, l'industria invece, per quanto artificialmente promossa e aiutata, non rendeva. Anche la posizione dei contadini seguitò ad aggravarsi, e per le restrizioni alla loro libertà di residenza e per la conduzione in comune delle terre che non permetteva ai contadini più capaci di seminare o di raccogliere prima degli altri e d' introdurre nuovi metodi di coltura. A ciò si aggiungano le molte tasse e le prestazioni obbligatorie nelle proprietà dei signori (Hoveri), che cadevano generalmente nel periodo in cui proprio le terre dei contadini avevano maggior bisogno di lavoro. Il problema dei contadini finì col diventare il problema centrale della vita danese. I privati entrarono per primi sul terreno delle riforme; ma a una riforma completa non si arrivò né allora, né durante il regno di Cristiano VII (1766-1808), pure contrassegnato dall'opera riformatrice del tedesco J. H. Struensee, il quale riusci a soppiantare nell'effettiva direzione della vita pubblica il conte J. H. E. Bernstorff, dal 1750 al 1770 padrone dell'animo del re. Egli introdusse la libertà di stampa, abolì la tortura, ordinò l'amministrazione, riformò le finanze e la vita economica, abbandonando i sistemi del mercantilismo. Tutto ciò fece però nascere una violenta opposizione fra gli elementi conservatori, opposizione inasprita ancora dalla posizione dello Struensee, amante della regina: si congiurò contro di lui, ed egli venne arrestato e giustiziato nel 1772. Da quell'anno fino al 1784, il vero regnante fu il precettore del principe ereditario, Høegh-Guldberg, il quale abolì una serie di riforme dello Struensee e nulla fece per i contadini, limitandosi a combattere, in omaggio alle idee dei nazionalisti, l'influsso tedesco: così nel 1776 emanò una legge che dava solo ai nati in Danimarca il diritto di rivestire cariche.
In politica estera, il periodo di Federico V e di Cristiano VII fu pacifico. Solo nel 1762, l'avvento al trono di Russia di Pietro III, figlio del duca di Gottorp, parve minacciare la Danimarca, di cui lo zar si proponeva la rovina. Ma la sua morte tolse dall'orizzonte le nubi. E invece, al conte Bernstoff riusciva, fra il 1750 e il 1770, di seguire una fortunata politica, che tenne la Danimarca al di fuori delle grandi contese europee e che condusse al riavvicinamento con la casa di Holstein-Gottorp. Questa riconobbe infatti l'incorporazione dello Schleswig alla Danimarca e rinunziò alle proprie pretese sul Holstein ricevendone in compenso Oldenburg e Delmenhorst. Anche dopo il 1772, A.P. Bernstorff, nuovo capo della politica estera danese, seppe mantenere un indirizzo pacifico all'attività del suo paese. Nel 1780, durante la guerra di Secessione nord-americana, la Danimarca che vedeva le sue navi esposte alle perquisizioni e alle confische degl'Inglesi, fece un'alleanza con la Russia e con la Svezia in difesa della neutralità armata (1780). Sullo scorcio del secolo poté iniziarsi la grande riforma in pro dei contadini. Assunto il potere, nel 1784, dal principe ereditario, amico del Bernstorff, ch'era stato nel 1780 allontanato a opera della regina madre, i due posero mano alla riforma agraria.
Nel 1786, fu così insediata la grande commissione agricola, i cui lavori fruttarono anzitutto l'"Ordinamento sulla posizione giuridica del contadino affittuario" (1787). Con esso era stabilito che un podere dato in affitto doveva essere messo in buono stato prima che il contadino lo prendesse in consegna; che un contadino non doveva essere fatto affittuario di un podere contro la sua volontà; che doveva essere vietato al proprietario del terreno d'infliggere punizioni corporali ai contadini. Il 20 giugno 1788, l'opera fu coronata con la legge che aboliva la schiavitù della gleba. Altri passi in avanti furono fatti negli anni seguenti. Si fissò il numero dei giorni delle prestazioni d'opera, che in molti casi furono anzi sostituite da un tributo in denaro. La coltivazione del terreno in comune sparì gradatamente; e il contadino, ricco di iniziative, cominciò a introdurre nuovi metodi di coltivazione. In tal modo, fu posta la base al rifiorimento successivo dell'agricoltura danese. Ma l'opera riformatrice non si limitò alla questione agraria: si abolì il commercio dei Negri nelle colonie; si concesse eguaglianza di diritti agli Ebrei, e libertà di stampa; si pose fine con la legge doganale del 1797 al sistema mercantilistico, a tutto vantaggio del commercio danese che giunse a un grande sviluppo, mentre in Europa infierivano le guerre napoleoniche.
La morte del Bernstorff, se da una parte interruppe per un certo tempo la politica delle riforme interne, ebbe gravi ripercussioni anche nella politica estera. Avendo l'Inghilterra chiesto il diritto di visitare le navi mercantili danesi, e avendo la Danimarca concluso con la Svezia, la Russia e la Prussia, una nuova alleanza per difesa della neutralità armata, scoppiò la guerra con l'Inghilterra. Il 2 aprile 1801 una flotta inglese, sotto il comando di Parker e di Nelson, vinceva la flotta danese; e poiché lo zar di Russia, Paolo I, veniva assassinato nello stesso tempo, l'alleanza fu sciolta e la Danimarca dovette sottomettersi alle esigenze dell'Inghilterra. Ma cinque anni più tardi, il conflitto con l'Inghilterra si riapriva. Dopo la pace di Tilsit, Napoleone e Alessandro di Russia intimarono alla Danimarca di partecipare al blocco continentale. Il governo danese, di fronte alla pretesa dell'Inghilterra che le fosse consegnata la flotta della Danimarca per tutta la durata della guerra, finì con l'unirsi alla Francia. Ma Copenaghen, assediata e bombardata dal 2 al 4 settembre 1807, dovette arrendersi agl'Inglesi e la Danimarca fu costretta a consegnar loro tutta la sua flotta. La guerra tuttavia continuò fino al 1814; e poiché la flotta inglese spadroneggiava sul mare attorno alla Danimarca, le comunicazioni della Danimarca con la Norvegia furono interrotte, il suo commercio distrutto e le finanze ridotte in misero stato. A tali calamità si aggiunse che la Svezia si unì ai nemici della Danimarca: nel 1810 il Bernadotte, divenuto principe ereditario di Svezia, avanzò nel Holstein, sconfisse i Danesi presso Sehested e costrinse la Danimarca, nella pace di Kiel (1814), a cedere la Norvegia, avendone in compenso la Pomerania svedese, che nell'anno seguente fu scambiata col Lauenburg. Nello stesso tempo, fu ceduta l'isola di Helgoland all'Inghilterra. La situazione era disastrosa anche nelle finanze, per l'eccessiva emissione di carta moneta. Solo nel 1818 cominciò a palesarsi un miglioramento. I debiti dello stato erano però cresciuti enormemente, talché solo nel 1855 si poté cominciarne il pagamento. Anche il commercio, l'industria e l'agricoltura rimasero fino al 1830 in misero stato. In tale situazione, che caratterizza la prima parte del regno di Federico VI (1808-1839), il governo seguì una politica schiettamente reazionaria, pur attuando alcune riforme, come quella dell'ordinamento scolastico, che costituì la base dell'attuale ordinamento. Ma dopo il 1830 s'iniziano grandi cambiamenti: la crisi agricola cessò, la carta moneta riacquistò nel 1838 il suo valore nominale; commercio e industria si rianimarono.
Nello stesso torno di tempo, s'iniziava la diffusione delle idee liberali, anche in Danimarca, favorita dalla rivoluzione del luglio 1830 in Francia. Federico VI aderì al movimento, creando, in ognuna delle quattro parti della Danimarca (isole, Jütland, Schleswig, Holstein) assemblee degli Stati con potere consultivo (ordinamento del 28 maggio 1831, divenuto definitivo nel 1834). Il diritto di voto, in queste riunioni, era regolato in rapporto alla proprietà terriera, in modo che i grossi proprietarî vi esercitavano la più grande influenza. Le riunioni, dirette da un commissario regio, si tennero a Roskilde, Viborg, Schleswig e Itzehoe, nel 1835 e nel 1836 (due per ogni anno). Ebbe così modo di palesarsi una prima divisione dei partiti conservatore e liberale; e tale fatto ebbe larghe ripercussioni sulla popolazione. Nel 1835, fu fondato da Nathan David il giornale liberale Fœdrelandet (La Patria); all'Università, H.V. Clausen e J.F. Schouw propagavano le idee liberali, mentre Orla Lehmann creava un movimento politico fra gli studenti. Il contemporaneo fiorire delle dottrine liberali nello Schleswig e nel Holstein, dove già nel 1815 la Ridderskab (unione dei nobili proprietarî terrieri) aveva chiesto invano di essere considerata come rappresentante dei ducati, determinò le richieste di autonomia amministrativa, sostenute nel 1830 da Uwe Jens Lornsen. Lornsen fu arrestato; ma il movimento che egli aveva sollevato non poteva essere fermato; e s'accrebbe anzi, quando, create le assemblee degli Stati, lo Schleswig e il Holstein non ottennero una rappresentanza in comune. Però il re istituì in compenso un governo unico in Gottorp per i due ducati e un'unica corte d'appello a Kiel: giacché la sua intenzione era di unire, per mezzo dello Schleswig, il Holstein più strettamente con la Danimarca, mentre il Holstein pareva doversene staccare, continuando a rimanere senza prole il principe Federico, figlio del principe ereditario. Infatti, nel caso che la discendenza maschile della famiglia reale si fosse estinta, il regno di Danimarca avrebbe dovuto passare alla linea femminile mentre il ducato di Holstein, in cui vigeva la legge salica, sarebbe passato alla casa di Augustenborg, i cui membri estendevano le loro pretese anche sullo Schleswig. Per la prima volta, queste idee furono esposte nel 1837 in uno scritto anonimo dal duca Cristiano Augusto; ed esse ebbero larga eco nei ducati e in tutta la Germania. In seguito, uno dei dogmi del movimento schleswig-holsteiniano fu che i ducati dovessero essere considerati quali stati indipendenti e non divisibili, con diritto di successione riservato ai maschi.
Così, alla morte di Federico VI nel 1839, la monarchia danese si trovò in mezzo ai contrasti: contrasto politico interno fra tendenze liberali e assolutismo, e contrasto nazionale fra Danesi e Tedeschi. L'avvento al trono del cugino di Federico VI, Cristiano VIII (1839-48), fu accolto con grandi speranze dai liberali, cresciuti di numero e d'autorità. E mentre il medio ceto e gli studenti si schieravano attorno alla bandiera della libertà, i contadini chiedevano l'abolizione del sistema d'affitto: movimento particolarmente forte nel Seeland, che costrinse il governo a proibire ai contadini di tenere riunioni senza il permesso della polizia. Ciò non fece che unire più strettamente i contadini; e il 5 maggio 1846, fu fondata la Società degli amici dei contadini (Bondevennernes Selskab) allo scopo di chiedere la coscrizione generale obbligatoria e il passaggio dal sistema degli affitti alla proprietà individuale. Nello stesso anno, gli amici dei contadini si unirono con i liberali, per ottenere un governo libero. Un altro movimento, sorto verso il 1840 e promosso dalla gioventù studentesca - lo scandinavismo - aveva per scopo una più stretta unione fra i tre paesi del nord. Il re, che aveva un po' deluso le speranze dei liberali, cercava in varî modi di soddisfare alle esigenze dei nuovi tempi: accrescendo l'autonomia comunale, rendendo pubblici i bilanci dello stato, elaborando un progetto per la coscrizione generale, ecc. Ma egli non intendeva concedere un governo liberale. Frattanto, nei ducati sorgeva un forte movimento nazionalista. Il re cercò di fare degli abitanti dello Schleswig e del Holstein dei sudditi fedeli del regno; ma quando i liberali danesi presentarono, per mezzo dell'Assemblea degli Stati, un'interpellanza al governo sulle sue idee riguardo alla successione nei ducati, ebbero per risposta la "lettera aperta del 1846", nella quale si dichiarava dover lo Schleswig seguire la successione del regno e non essere ancora presa una decisione su certe parti del Holstein. Questa lettera sollevò una grande agitazione nei ducati. Tutti i principi protestarono, a eccezione del principe Cristiano di Glücksburg. Nel 1848, l'eccitazione venne ancora accresciuta dalle rivoluzioni scoppiate negli stati germanici; e nella riunione tenuta il 18 marzo a Rendsborg, fu spedita dallo Schleswig-Holstein una deputazione a Copenaghen, per chiedere un governo liberale, unico per i due ducati. La risposta fu che lo Schleswig avrebbe avuto un governo in comune col regno e il Holstein un governo suo: ma prima che la risposta venisse, il 23 marzo fu istituito nello Schleswig un governo provvisorio. La Prussia prese subito le parti dei rivoltosi. Il 23 aprile 1848, l'esercito danese subì una grave sconfitta presso Schleswig; nell'aprile 1849, furono fatte saltare in aria due navi da guerra danesi e fu assediata Fredericia, fino a che, con una sortita dalla piazza, il 5 luglio i Danesi non riportarono una brillante vittoria. In seguito poi all'intervento dei Russi e degl'Inglesi, la Prussia desistette dalla guerra; e il 2 luglio 1850 fu conclusa la pace a Berlino, nella quale ambedue la parti si riserbarono i loro diritti. Così l'esercito danese poté infliggere ai ribelli dello Schleswig-Holstein, rimasti soli, una schiacciante sconfitta presso Isted il 25 luglio 1850. La Danimarca prese di nuovo possesso dello Schleswig, mentre le truppe tedesche occuparono il Holstein. L'esercito dei rivoltosi fu sciolto.
In Danimarca s'erano però nel frattempo compiuti molti mutamenti; e i rappresentanti della città di Copenaghen chiesero a nome del popolo il 21 marzo la libera costituzione. Il nuovo re Federico VII (1848-53) promise, nominò un ministero, il cosiddetto Ministero del marzo, e convocò un'assemblea di rappresentanti, eletta con suffragio universale da tutti gli uomini illibati ed economicamente indipendenti al di sopra di 30 anni, perché elaborasse una costituzione liberale. Ne risultò la costituzione del 5 giugno 1849. Per essa, venivano istituite due Camere: il Landsting e il Folketing, i cui membri venivano eletti con suffragio universale, nel Folketing con elezioni dirette, nel Landsting con elezioni indirette. Anche nella vita economica le idee liberali trionfarono con la legge del 1857, che aboliva qualunque obbligo di maestranza: e ciò secondo la costituzione, che stabiliva che fossero tolte dalla legge tutte le limitazioni nell'esercizio di qualunque industria, a meno che non si trattasse del bene pubblico.
In politica estera, il protocollo di Londra del 1850 faceva riconoscere dalle grandi potenze e dalla Svezia-Norvegia l'integrità della monarchia danese; il trattato di Londra del 1852 stabiliva che il principe Cristiano doveva essere erede di tutta la monarchia danese; e le trattative del 1851-52, fra Danimarca e Prussia, assicuravano quest'ultima che lo Schleswig non saretbe stato unito al regno più strettamente del Holstein. Fu abolito il dazio sul paesaggio del Sund, nel 1857, previo un compenso di circa 70 milioni di corone, che doveva essere pagato da tutte le nazioni che avevano flotte mercantili e che rimise in ordine le finanze del paese.
Nuovi contrasti politici fra conservatori e liberali si ebbero in seguito al progetto d'una costituzione per gli affari comuni a tutto lo stato, Schleswig e Holstein compresi, dovendo servire la costituzione del giugno 1849 solo per gli affari particolari del regno di Danimarca. ll ministero conservatore di A. S. Ørsted cercò di introdurre la nuova costituzione senza la cooperazione del Rigsraad dove predominava la tendenza liberale. Ma ciò ebbe per conseguenza la sconfitta elettorale (dicembre del 1854) e le dimissioni del ministero, sostituito dal ministero P.G. Bang, che il 2 ottobre 1855 presentò una costituzione, con un Rigsraad diviso in Folketing e Landsting, i cui membri venivano eletti con metodi molto conservatori. Al Rigsraad spettavano gli affari comuni a tutto lo stato (Schleswig e Holstein compresi) mentre al Rigsdag solo gli affari particolari del regno di Danimarca vero e proprio. Lo Schleswig e il Holstein ottenevano, ciascuno per le proprie questioni, un'assemblea degli Stati. Questa costituzione complicata e difficilmente maneggiabile suscitò presto l'opposizione nello Schleswig-Holstein; i rappresentanti dei due ducati si astennero dalle sedute del Rigsraad e portarono le loro lagnanze alle potenze germaniche. Così nel 1858 la costituzione fu annullata per il Holstein.
Intanto, tornavano ad affacciarsi le idee d'una Danimarca fino all'Eider; e riprendeva vigore lo scandinavismo, che aspirava a un'alleanza con la Svezia-Norvegia. Per secondare il programma dei primi, Hall, presidente dei ministri dal 1857, risolse di dare un governo unico alla Danimarca e allo Schleswig; ciò che fu fatto nel novembre del 1863, proprio quando Cristiano IX (1863-1906) saliva al trono. Ma, firmando simile costituzione, Cristiano IX violava l'accordo concluso con la Prussia; e questa, che aveva allora Bismarck per presidente dei ministri, chiese che la costituzione stessa fosse abolita non più tardi del 1° gennaio 1864. Essendosi Hall rifiutato, dovette dare le dimissioni e fu incaricato Monrad di formare un ministero per risolvere la questione. Ma la guerra era già scoppiata: i Tedeschi occuparono nel dicembre 1863-gennaio 1864 il Holstein e avanzarono il 1° febbraio nello Schleswig. Il 3 febbraio il generale danese de Meza fu costretto a lasciare il Danevirke e a ritirarsi dietro alle trincee di Düppel (Dybbøl), che furono occupate il 18 marzo dai Tedeschi. Sul mare la Danimarca otteneva, invece, una grande vittoria su di una squadra austriaca presso Helgoland. Si cercò invano di arrivare a un accordo nella conferenza di Londra; fu ripresa la guerra e il 29 giugno i Prussiani passarono ad Alsen. Da ciò la caduta del ministero Monrad; e il ministero Bluhme dovette concludere la pace di Vienna, con la quale la Danimarca cedeva i ducati di Schleswig, Holstein e Lauenburg. Le speranze danesi si riaccesero nel 1866, quando nella pace di Praga fra Austria e Prussia si stabilì (art. 5) che le parti nordorientali dello Schleswig potevano, dopo un plebiscito, riunirsi alla Danimarca, ma tale concessione fu revocata nel 1878, in seguito a un accordo fra la Prussia e l'Austria.
La sconfitta del '64, se provocò una forte irritazione contro i nazionali-liberali, ritenuti responsabili della guerra, ebbe tuttavia per effetto che le forze sane del paese si concentrassero in un lavoro diretto allo sviluppo interno. A partire dal 1870 agricoltura, industria, commercio ebbero uno sviluppo rapidissimo. Nell'agricoltura si ebbe il passaggio dalla cerealicoltura all'allevamento del bestiame; e una continua crescente razionalizzazione della produzione, attuata soprattutto grazie alle imprese cooperative e alle associazioni di credito, costituite dagli stessi contadini. Politicamente, subito dopo la guerra del 1864, si riaccese la lotta per la costituzione, tra il partito degli agrarî di sinistra, il quale desiderava che la costituzione del giugno 1849 fosse applicata in tutta la sua integrità, e i conservatori e i nazionali-liberali che desideravano una combinazione fra quella costituzione e l'altra del 1863. L'accordo fra uno dei capi conservatori, il conte Frijs-Frijsenborg, e J.A. Hansen, capo d'uno dei gruppi degli agrarî di sinistra, permise di giungere a un compromesso; e così, divenuto presidente dei ministri il Frijs (1865), fu approvata una nuova costituzione (28 luglio 1866), la cui caratteristica principale consisteva nell'assicurare ai proprietarî terrieri una forte influenza nel Landsting, che fu quindi in maggioranza conservatore. Nel Folketing invece erano in maggioranza gli agrarî di sinistra, che a lor volta si dividevano in tre. gruppi: i Bjørnbakker, di estrema sinistra; gli agrarî popolari di sinistra e gli agrarî nazionali di sinistra che si avvicinavano ai nazionali liberali. Nel rimanente, il Folketing era costituito quasi interamente da nazionali-liberali, che rappresentavano il ceto medio delle città e gl'impiegati. Il ministero Frijs era per la sua origine un ministero di compromesso, che non poteva avere lunga durata; e venuto in contrasto con gli agrarî popolari di sinistra nella questione riguardante il passaggio del sistema affittuario alla proprietà individuale fu sostituito nel maggio 1870 dal ministero Holstein-Holsteinborg, in cui si unirono i rappresentanti dei proprietarî terrieri e dei nazionali-liberali. Ciò diede la spinta alla formazione d'un nuovo partito conservatore; i gruppi di sinistra reagirono, costituendo tutti il partito che si chiamò "delle sinistre unite", che era in maggioranza nel Folketing, e sosteneva il parlamentarismo col chiedere che i ministeri venissero scelti nella maggioranza di quella camera. Siffatta questione, insieme con il contrasto esistente fra le due camere, diede luogo a un conflitto costituzionale, che si prolungò poi fino al 1901.
Dopo il 1870 si diffusero tra gli operai le idee socialiste, per opera specialmente di L. Pio; ma la lotta politica rimaneva ancora accentrata nel conflitto fra agrarî e conservatori. I rapporti dei primi col governo divennero così tesi che non appariva possibile un efficace lavoro legislativo. I varî ministeri dovettero dimettersi, sino a quando il re affidò il governo alla più forte personalità del partito conservatore, J. B. S. Estrup. Questi, che si era proposto di sostenere fino all'estremo il diritto del re di nominare i ministri, riuscì a rimanere al potere per 19 anni, nonostante gli aspri attacchi degli agrarî di sinistra. Ma l'opposizione non disarmò: appoggiata largamente dalla popolazione, contrastò accanitamente il governo, sia nella questione del bilancio, sia nella questione delle spese militari. E poiché le elezioni del 1881 attribuirono agli agrarî di sinistra un notevole aumento di seggi, col 1882 l'opposizione s'intensificò al punto da porre fine a ogni attività legislativa. Acuendosi la crisi, nel 1885, il governo fu costretto a promulgare delle leggi provvisorie sul bilancio e sulla stampa, e a preparare la propria difesa, con la creazione d'un corpo di gendarmi, misure che furono seguite da altre, negli anni successivi. Tale atteggiamento del governo indusse già nel 1886 i moderati e la maggioranza degli agrarî di sinistra a cercare di compiere il lavoro legislativo in accordo col governo; ma i democratici continuarono la loro aspra opposizione. Finalmente, il 1° aprile 1894, si giunse a un accordo fra il governo e il Folketing: sul bilancio, sull'abolizione delle leggi provvisorie, sulla accettazione d'una legge relativa all'esercito e alla conservazione delle fortificazioni di Copenaghen. L'accordo ebbe per conseguenza anche le dimissioni del ministero Estrup. Seguirono poi tre ministeri conservatori-moderati: i ministeri di Reedtdtz-Thott (1894-97), di Harring (1897-1900) e di Sehested (1900-01). Tuttavia nelle elezioni del 1895, riuscirono in maggioranza gli oppositori dell'accordo i quali, unitisi sotto la direzione di I. C. Christensen, richiesero una nuova legge sulle tariffe doganali, imposte sulla rendita e sui beni, riduzione delle spese militari e ripartizione della terra tra i fittavoli. Ma a queste vecchie divisioni di partiti, si aggiungeva ora la lotta di classe fra operai e imprenditori: i primi si univano nel 1898 in sindacati, i secondi si organizzavano alla loro volta, e nel 1899 cercavano di abbattere il movimento sindacale con una serrata. La lotta durò per diversi mesi e si pervenne infine a un accomodamento, creandosi l'istituto degli arbitri, che doveva risolvere tutte le questioni sorte sul lavoro. Col 1901 finalmente gli agrarî di sinistra salirono al potere; e si ebbe allora una serie di riforme: le vecchie tasse fondiarie furono sostituite da imposte sul patrimonio e sulle rendite, e furono abolite le decime. Ma nel seno del partito stesso vi fu un gruppo che riteneva ancor troppo lento il movimento riformatore: si formò cosi nel 1905 il partito democratico (Det radikale Venstre), che poneva in primo piano nel suo programma la riduzione delle spese militari.
Morto Cristiano IX nel 1906, e successogli Federico VIII prima (1906-1912), poi Cristiano X, la lotta politica continuò press'a poco sulle medesime direttive: prevalenza politica degli agrarî moderati fino al 1909, dei democratici (1908-1910), nuovamente agrarî moderati (1910-1913), poi ancora dei democratici e socialdemocratici. Temi massimi di discussione ancora le questioni militari (incremento dell'esercito e della flotta, nuove fortificazioni, ecc.); e poi dal 1910 il progetto di modificazione della costituzione, nel senso di abbassare l'età degli elettori a 25 anni, accordare il voto alle donne, e modificare la composizione del Landsting. Mentre questo progetto, già respinto due volte dal Landsting, era ripresentato alla Camera, scoppiò la guerra mondiale.
La Danimarca dichiarò subito la più assoluta neutralità; ma ben presto si trovò in gravi imbarazzi, quando la Germania domandò (5 agosto) se la Danimarca fosse disposta a chiudere con mine il passaggio nel mare del Nord. Si vide in questa domanda una minaccia, poiché nel caso di rifiuto si temeva che la Germania ponesse essa stessa le mine. D'altra parte, si cercava di mostrar riguardi per l'Inghilterra. Ma infine la Danimarca accordò quel che le era stato chiesto, e l'Inghilterra, considerando la difficile posizione in cui si trovava questo paese, non protestò. Passato questo momento critico, e regolata mediante trattative con l'Inghilterra e la Germania l'importazione del carbone e dei foraggi e l'esportazione dei prodotti agricoli, ritornarono in primo piano questioni costituzionali interne: e finalmente il progetto di riforma fu accolto da ambedue le camere. Nel 1916 si vendettero, per 25 milioni di dollari in seguito a un referendum, agli Stati Uniti le isole delle Indie Occidentali appartenenti alla Danimarca, nonostante la forte opposizione dei conservatori e degli agrarî di sinistra. Nel 1918 furono regolati i rapporti fra la Danimarca e l'Islanda, in guisa che l'Islanda, considerata come stato sovrano, fosse legata alla Danimarca con unione personale nel sovrano; ai suoi cittadini vennero in Danimarca accordati i diritti dei cittadini danesi e viceversa. Nella politica estera, però, l'Islanda doveva essere rappresentata dalla Danimarca.
Il periodo postbellico, che vedeva promulgate alcune leggi di notevole importanza sociale (concessione della giornata lavorativa di otto ore; riscatto dei maggioraschi), vedeva pure inasprirsi l'urto fra l'opposizione e il governo, soprattutto per l'atteggiamento preso dal governo nella questione dello Schleswig settentrionale. I Danesi residenti in quel paese avevano conservato fin dal 1864 i loro sentimenti nazionali, nonostante gli sforzi del governo prussiano, per merito specialmente dei membri del Landtag, Ahlmann e Krüger, insieme con Junggreen, e dei membri del Reichstag Gustav Johannsen, Jessen e H.P. Hanssen-Nørremølle. Ora, questi affermavano con insistenza che, secondo l'art. 5 della pace di Praga, la popolazione aveva il diritto morale di un referendum; e dopo che la Germania ebbe accettati, nel 1918, per base delle trattative, i 14 punti di Wilson, H.P. Hanssen-Nørremølle chiese l'applicazione dell'art. 5 della pace di Praga. Il ministro degli Esteri germanico, Solf, in una lettera s'impegnò in proposito. Perciò lȧ delegazione danese alla conferenza a Parigi del 1919 sollevò la questione; e si stabilì che lo Schleswig dovesse essere diviso in una zona, dove la votazione doveva essere fatta in blocco, e in un'altra, compreso Flensburg, dove la votazione doveva procedere per comuni. La proposta di formare una terza zona, che doveva contenere lo Schleswig meridionale, fu abbandonata per suggerimento del governo danese. Il 10 febbraio 1920 ebbe luogo la votazione nella prima zona: il 75% dei voti risultò per la Danimarca. Nella seconda zona, il 14 marzo, risultò il 79% di voti per la Germania. Alla Danimarca fu assegnata la prima zona, che il 10 luglio fu riannessa al regno. Ora il governo veniva combattuto, perché aveva fatto abbandonare la proposta della terza zona. Tale motivo si aggiunse agli altri, che già tenevano in piedi l'opposizione; e questa crebbe ancora, durante la discussione sui cambiamenti costituzionali resi necessarî dall'annessione dello Schleswig-Holstein. Il governo cercava cioè di trarre occasione da tale fatto per abbassare l'età elettorale fino ai 21 anno; ma la proposta provocò una forte opposizione negli agrarî di sinistra e nei conservatori, in modo che questa legge non fu approvata. Nel marzo 1920 gli agrarî di sinistra e i conservatori pubblicarono una dichiarazione, nella quale essi chiedevano nuove elezioni. Il re aderì a questa domanda; e il presidente dei ministri, che vi si opponeva, fu costretto a dimettersi. La tensione era grande: i democratici e i socialdemocratici considerarono quel ch'era avvenuto come un colpo di stato; i sindacati riuniti dichiararono lo sciopero generale; si parlò perfino di proclamare la repubblica. S'iniziarono allora trattative coi dirigenti dei partiti al castello reale di Amalienborg; e l'accordo fu raggiunto. Approvata l'11 aprile la nuova legge elettorale che sanciva il principio della proporzionale, le elezioni si svolsero il 26 aprile, con leggiero vantaggio degli agrarî di sinistra e dei conservatori. Gli agrarî di sinistra andarono al potere con Neergaard. Nello stesso anno, furono fatti i cambiamenti necessarî nella costituzione. Nelle elezioni del 1924 risultarono vittoriosi i democratici e i socialdemocratici: e si ebbe allora in Danimarca il primo ministero socialdemocratico, presieduto dallo Stauning, che tuttavia non poté seguire una politica veramente socialista, poiché agrarî di sinistra e conservatori erano in maggioranza nel Landsting. Tanto il progetto di legge sul disarmo, quanto quello che doveva far fronte alla crisi industriale, non passarono al Landsting. Il governo indisse nuove elezioni (2 dicembre 1926), nelle quali vinsero gli agrarî di sinistra e i conervatori; si ebbe allora il ministero Th. Madsen-Mygdal, del partito degli agrarî di sinistra. Questo ministero ridusse considerevolmente le spese dello stato, ma venne in disaccordo con i conservatori sulla questione militare, e, perduta la sua base parlamentare (marzo 1929), dovette indire nuove elezioni (24 aprile), nelle quali risultarono in maggioranza i democratici e i socialdemocratici e venne al potere nuovamente lo Stauning.
Fonti: Le raccolte di fonti, narrative e documentarie, più importanti, tutte stampate a Copenaghen, sono: Scriptores rerum Danicarum medii aevi, ed. da J. Langebek e P.F. Suhm, voll. 9,1772-1878; Saxo, Gesta Danorum, ed. P. E. Müller e Velschow, 1839-1858; M. C. Gertz, Scriptores minores historiae Danicae medii aevi, 1917-22; E. Jørgensen, Annales Danici medii aevi, 1920; Regesta diplomatica historiae Danicae, in due serie, 1847-1907; Monumenta historiae Danicae, ed. da H. F. Rørdam, voll. 4, 1873-87; Corpus constitutionum Daniae, ed. da V. A. Secher, voll. 6, 1887-1918; K. Erslev, Repertorium diplomaticum regni Danici mediaevalis, voll. 4, 1894-1912; Meddelelser fra Krigsarkiverne, pubbl. dallo Stato maggiore, voll. 9, 1883-1902; L. Laursen, Danmark-Norges Traktater 1523-1750, voll. 6, 1905-1923; A. Früs, Det nordslesvigske Spørgsmaal (La questione dello Schleswig settentrionale), voll. 2, 1921-25. Per l'età più antica, cfr. De danske Runemindesmærker (Monumenti runici danesi), raccolti e tradotti da L. J. A. Wimmer, voll. 4, 1895-1908.
Per la storia ecclesiastica: J. Linbaek e A. Krarup, Acta pontincum Danica, voll. 6, 1904-15; M. C. Gertz, Vitae sanctorum Danorum, 1908-12; e anche E. Pontoppidan, Annales Ecclesiae Danicae, voll. 4, 1741-53.
Bibl.: (Tutte le opere sono pubblicate a Copenaghen, tranne che non sia indicato altrimenti). Trattazioni d'insieme: F. Dahlmann, Geschichte von Dänemark, voll. 3, Gotha 1840-43, continuata da D. Schäfer, voll. 2, Gotha 1893 e 1896; Danmarks Riges Historie, ed. da Steentrup e Erslev, voll. 6, 1896-1907; Fabricius, Illustretet Danmarks Historie, voll. 2, 4ª ed., 1914-15; E. Arup, Danmarks Historie, I, 1925. Su periodi particolari: S. Müller, Vor Oldtid, 1894; Steenstrup, Normannerne, voll. 4, 1876-92; C. Erslev, Valdemarernes Storhedstid, 1896; D. Schäfer, Die Hansestädte und König Valdemar, Jena 1879; Troels-Lund, Daglit Liv i Norden i 16. Arah., voll. 14, 1879-1901; A.D. Jørgensen, P.S. Griffenfeldt, voll. 2, 1893-94; Fabricius, Skaanes Overgang fra Danmark til Sverige, 1906; Holm, Danmark-Norges Histoire 1720-1814, voll. 7, 1891-1912; Aage Friis, Bernstorfferne og Danmark, I, 1903; Sorensen, Kampen om Norge 1813-14, voll. 2, 1871; Neergaard, Under Junigrundloven, 1892-1916; H. Jensen, Stœnderfosamlingernes Histoire, I, 1931.
Per la storia della Chiesa: Kirkeleksikon for Norden, ed. da F. Nielsen e J. Andersen, Aarhus 1900; A.D. Jorgensen, Den nordiske Kirkes Grundlæggelse, voll. 2, 1874-78; H. Olrik, Konge og Praetestand, voll. 2, 1892-95; L. Moltesen, De Avignonske Pavers Forhold til Daunmark, 1896; J. Lindbaek, Pavernes Forhold til Danmark 1448-1513, 1907; Lindbaek e Steermann, De danske Helligaandsklostre, 1906; Lindbaek, De danske Franciskanerklostre, 1914.
Per la storia del diritto: P.J. Jorgensen, Udsigt over den danske Retshistorie, 1913 segg.; Aschehoug, Staatforfatningen i Danmark og Norge indtil 1814, Cristiania 1866; Hude, Danehoffet, 1893; Matzen, Danske Kongers Haandfæstninger, 1889; Horlberg, Dansk Risglogivning, 1889; W. Christensen, Dansk Staatsforfatning i 15. Aarh., 1903; M. Mackeprang, Dansk Købstadstyrelse, 1900; P. Munch, Køhstadstyrelsen i Danmark 1619-1848, voll. 2, 1900.
Per la storia economico-sociale: Christensen, Agrarhistoriske Studier, voll. 2, 1886-91; Steenstrup, Den danske Bonde og Fribeden, 1888; Holm, Kampen om Landboreformerne, 1888; Falbe-Hansen, Stavnsbaandslosningen og Landboreformerne, 1888-89; Steenstrup, Handelsen Historie, in Hages Haandbog for Handelsvidenskab, 3ª ed., 1912; J. Schovelin, Fra den danske Handels Empire, 1889; C. Nyrop, Vor Haandwoerkestands Historie, 1914; Jørgen Pedersen, Arbejdslønnen i Danmark, 1856-1913, 1930; Bidrag til Arbejderklassens og Arbejderspørgsmaalets Historie i Danmark fra 1864 til 1900, a cura di P. Engelstof e Hans Jensen, 1931. Per maggiori ragguagli v. Erichsen e Krarup, Dansk hist. Bibliografi, voll. 3, 1929.
Lingua.
La lingua danese appartiene al ramo germanico della famiglia linguistica indoeuropea, e con le lingue della Svezia, della Norvegia e dell'Islanda forma un gruppo che si dice "germanico settentrionale" o semplicemente "nordico". Il territorio linguistico danese nel periodo più antico comprendeva, oltre all'odierna Danimarca, quasi tutto lo Schleswig e la parte più meridionale della Svezia, cioè le provincie di Halland (tranne, forse, la porzione piìi settentrionale), Scania e Blekinge. Per qualche tempo si parlò danese in alcune parti dell'Inghilterra (circa 875-1175) e nella Normandia (circa 900-1100, forse accanto al norvegese). Al tempo della Riforma il danese fu sostituito in gran parte dello Schleswig dal tedesco penetratovi già nel sec. XV. Nel 1658 le predette provincie danesi nella penisola scandinava furono cedute alla Svezia; e in breve tempo lo svedese sostituì in esse il danese come lingua della cultura e degli atti pubblici, mentre nell'uso popolare gli antichi parlari in parte ancora sopravvivono. D'altra parte il danese guadagnò la Norvegia, dove penetrò nel sec. XV e si affermò vittorioso nel XVI, dopo che l'unione politica dei due regni divenne stabile e fu introdotta anche in Norvegia la Riforma luterana (1536). Da quel tempo il danese fu usato in tutta la Norvegia come lingua letteraria ed ufficiale e, nelle città, anche come lingua della conversazione (v. norvegia: Lingua). Anche nelle Færøer il danese fu introdotto al tempo della Riforma come lingua della scuola, della chiesa e della giustizia; il faringio (un dialetto del gruppo norvegese-islandese) si mantenne come lingua parlata dal popolo, e solo verso la metà del secolo XIX cominciò a usarsi anche come lingua scritta accanto al danese. In Groenlandia solo una piccola parte della popolazione parla il danese. Recentemente si formarono centri di cultura danese fra gli emigrati nelle due Americhe. Alla fine del 1926 il numero dei parlanti il danese in Europa fu valutato circa 3.418.000 (di cui 3.407.000 in Danimarca e 11.000 in Germania).
I dialetti parlati dal popolo danese si possono distribuire in tre gruppi principali: 1. dialetto dell'isola di Bornholm (cui si rannodano i parlari danesi, ormai influenzati dallo svedese, nelle provincie già danesi della Svezia meridionale). 2. dialetti seelandesi, ossia della Danimarca insulare (escluse le isole di Bornholm, Læsø, Anholt, Samsø). 3. dialetti dello Jütland (Jylland) con le isole di Læsø, Anholt e Samsø, e dello Schleswig con l'isola d'Alsen. Questa tripartizione è già manifesta nei più antichi testi danesi; però in quel tempo il primo gruppo è rappresentato principalmente da documenti spettanti alla Scania, sì che può chiamarsi scanio. Occupa un posto a sé fra i moderni dialetti, per certe sue peculiarità, il vernacolo di Copenaghen. Si potrebbe considerare come una quarta varietà dialettale il danese usato in Norvegia.
I più antichi monumenti linguistici spettanti al territorio danese consistono in poco più di venti iscrizioni runiche, che si fanno risalire ai secoli III-VII d. C. Però la lingua in cui sono redatte non è la danese, ma il "nordico primitivo", cioè quella lingua germanica da cui si svolsero tutte le lingue nordiche, quindi anche la danese. Nell'"età dei Vikinghi" (circa 800-1050) la lingua nordica subisce un'evoluzione che dapprima si svolge in modo pressoché uniforme in tutta l'estensione del suo territorio. A poco a poco comincia a distinguersi un "nordico occidentale" (norvegese, da cui si distacca poi l'islandese) dal "nordico orientale" (che poi si differenzia in danese e svedese). In questa età si aggiungono alle numerose iscrizioni runiche (oltre 200) trovate in territorio danese altre attestazioni linguistiche: parole danesi penetrate nel lessico inglese, e nomi di persone e di luoghi in Inghilterra e forse in Normandia.
Nella storia della lingua danese, che si suol far cominciare verso la metà del sec. XI, si possono distinguere tre periodi: antico (circa 1050-1350), medio (1350-1550) e moderno (dal 1550 in poi). Nei secoli XI-XII e in parte del XIII la documentazione del danese è scarsa: consiste in poche iscrizioni e in glosse e nomi di persone e di luoghi contenuti in testi latini (diplomi, necrologie, annali ecc.). Importante sotto questo rispetto è il Liber daticus Lundensis (scritto verso il 1140), con il quale va ricordato anche il Liber census Daniae, che però spetta al secolo seguente (fu redatto sotto il regno di Valdemaro II, 1202-1241, e ci pervenne in una copia eseguita verso il 1270). Nel secolo XIII comincia una letteratura in lingua danese di contenuto prevalentemente giuridico; però i manoscritti che ce la conservano non risalgono oltre gli ultimi anni di quel secolo. Mentre nelle fonti preletterarie la lingua si mostra ancor poco diversa dalla svedese, nei testi letterarî il danese si distingue chiaramente da quella. Tutta la più antica letteratura danese è dialettale; e i tre dialetti principali sono già nettamente differenziati. Nel periodo medio, specialmente nel sec. XV, mentre la letteratura si fa più varia, arricchendosi di composizioni in prosa e in versi d'argomento religioso, storico e romantico, la lingua presenta un'ortografia confusa, un'incertezza nell'uso delle forme grammaticali, in genere un'oscillazione tra l'antico ed il nuovo. Nel sec. XIV, e più ancora nel XV, il lessico danese assorbe una grande quantità di elementi stranieri, per la massima parte tedeschi (plattdeutsch). Continua l'uso dei dialetti nella letteratura; ma le loro peculiarità si mescolano, e quindi le loro differenze si attenuano: si delinea così l'abbozzo d' una lingua letteraria danese in cui l'elemento seelamdese è prevalente. Nell'età della Riforma (circa 1500-1550), in cuì si svolge una copiosa letteratura di carattere religioso, la lingua si spoglia di voci e di forme antiquate, la grammatica si fa più regolare; questa età crea una lingua scritta comune a tutta la nazione. La Bibbia di Cristiano III (1550), alla quale collaborarono i migliori letterati del tempo (quali Christiern Pedersen e Peder Palladius) apre l'era moderna. La sua forma linguistica, in cui si nota una regolarità non prima raggiunta, servì di norma alla letteratura religiosa dell'età seguente. Nella letteratura profana il danese fu poco usato nei primi due secoli dell'evo moderno, poiché l'umanesimo induceva letterati e scienziati a preferire il latino. Tra le poco numerose eccezioni sono degne di ricordo le versioni di Saxo Grammatico e di Seneca, dovute rispettivamente ad A.S. Vedel (1575) ed a Birgitta Thott (1658). D'altra parte il tedesco trovò larga diffusione in Danimarca, specialmente dalla metà del sec. XVII, e il lessico danese ebbe un nuovo afflusso di voci tedesche non solo dialettali, ma letterarie. Né mancò, ma fu meno profondo, l'influsso francese. L'impronta straniera è ancora ben chiara negli scritti di L. Holberg (1684-1754), la cui opera letteraria segna per varî rispetti un notevole progresso nell'elaborazione della lingua danese.
Intorno alla metà del sec. XVIII s'inizia un movimento diretto a purificare la lingua nazionale e a renderla capace d'esprimere qualsiasi concetto con mezzi proprî. Per opera di F.C. Eilschov (Cogitationes de scientiis vernacula lingua docendis, 1747), di J.S. Sneedorff (Den patriotiske Tilskuer, 1761-63) e d'altri, nel corso di pochi anni la lingua danese si rinnovella. L'aspetto da essa acquistato alla fine del sec. XVIII è sostanzialmente eguale all'odierno: le differenze riguardano singoli punti della grammatica e alcune regole ortografiche.
Bibl.: Sui rapporti del danese con le altre lingue nordiche: A. Nooren, Geschichte der nordischen Sprachen besonders in altnordischer Zeit, 3ª ed., Strasburgo 1913. Per la storia interna del danese: V. Dahlerup, Det danske Sprogs Historie i almenfattelig Fremstilling, Copenaghen 1896, 2ª ed., 1921 (trad. tedesca di W. Heydenreich: Geschichte der dänischen Sprache, Ulma 1905); M. Kristensen, Nydansk, Copenaghen 1906. - Una grammatica scientifica della lingua danese manca; per ora si veda: K. Mikkelsen, Dansk Sproglære med sproghistoriske Tillaeg, Copenaghen 1894. I più vasti vocabolarî danesi sono: quello edito dalla Società delle scienze (Dansk Ordbog, Copenaghen 1793-1905, in 8 volumi) e quello che viene pubblicando dal 1918 la Società danese di lingua e letteratura (Ordbog over det danske Sprog, iniziato da V. Dahlerup, Copenaghen; nel 1928 uscì il vol. X. Un ottimo dizionario etimologico diedero H. Falk e A. Torp, Etymologisk Ordbog over det norske og det danske Sprog, Cristiania 1903-06 (ediz. tedesca: Norwegisch-dänisches etymol. Wörterbuch, Heidelberg 1910-1911). Una trattazione esauriente dei dialetti danesi non esiste ancora.
Etnografia e folklore.
La Danimarca presenta un quadro di cultura molto uniforme. Il bosco, che copriva una volta la regione è ormai quasi del tutto scomparso. Le isole danesi offrono un piacevole panorama, con le fattorie disperse nel terreno ondulato in mezzo ai poderi. Lo stesso paesaggio si trova nello Jütland orientale e centrale, dove i villaggi sono però più numerosi; soltanto la metà occidentale della penisola ha preso l'aspetto d'una steppa incolta che tuttavia ora si sta trasformando in terreno coltivabile. Nei secoli passati numerosi villaggi sono stati distrutti dalla formazione progressiva di dune sulla tempestosa costa occidentale.
La popolazione ha sentimenti di progresso, uniti a un temperamento stabile, tranquillo e gaio. La base economica del paese è, dagli ultimi decennî del secolo XIX, l'allevamento del bestiame e il commercio del latte, praticati con i mezzi più moderni; la popolazione della campagna è in generale più colta degli operai delle fabbriche. Non mancano tuttavia elementi culturali che conservano tradizioni assai antiche: se ne osservano per esempio nelle forme dei villaggi. A Seeland e nel centro dello Jütland orientale la forma è quella del "Solskifte", nella quale gli edifici quadrati sono collocati intorno a una piazza rotonda o quadrata, il "Forte" (forta), destinata alle riunioni e anche al pascolo del bestiame. In Fionia predomina invece il villaggio allineato ed esteso in lunghezza come nello Schleswig. A questo si aggiungono le forme irregolari dei villaggi di tipo più primitivo. Si trovano inoltre in tutta la regione, accanto a questi, le grandi masserie dei contadini e i beni dei nobili. In tempi più antichi le case dei centri rurali erano costruite a scompartimenti e lo spazio fra le travi era riempito con graticci di vimini spalmati di creta. Nei granai e nelle più vecchie abitazioni s'incontra ancora nello Jütland e in Fionia la costruzione a palancato o a colonnato per reggere il tetto. Questo era una volta ricoperto d'erba e torba, o, secondo l'usanza che si è ancora mantenuta, con paglia. Le masserie isolate sono per lo più a quattro ali intorno a un cortile. In tempi passati la famiglia abitava un'unica stanza della fattoria, riscaldata con focolare a camino o con stufe. Oggi le esigenze dell'abitazione sono molto aumentate, e anche i vecchi mobili sono via via sostituiti dai mederni. La maggior parte del lavoro era una volta nelle mani della massaia; essa doveva fare la birra, che si beveva nei vecchi bricchi di legno o in ciotole, preparare il burro che fino a poco fa si faceva agitando il latte in recipienti di terracotta), filare e tessere. Perfino la tintura della lana e della tela era sbrigata in casa. Ancora nella generazione passata si cucinava in pentole fatte a mano dalle donne, annerite con fuliggine e cotte su fuoco libero. I vecchi arnesi per la preparazione del lino, scapecchiatoi, foglie a forma di spada, impianti per la scotolatura del lino, filatoi, ecc. si trovano ora nelle collezioni dei musei. Le corte e larghe battole adoperate per lavare la biancheria e le lunghe assi intorno alle quali questa veniva stirata, erano i doni d'amore dei giovani alle ragazze, e venivano perciò ornate di ricchi intagli. Scomparso è anche il vecchio costume che sino a un paio di generazioni fa si vedeva fin nei dintorni della capitale. Esso era molto simile alla moda della fine del 700, presentando di originale soltanto il copricapo a forma di corno, portato dalle fidanzate o dalle giovani spose.
Il carattere democratico dell'antica organizzazione dei villaggi è passato, senza grandi trasformazioni, nel sistema attuale. Tuttavia il contadino si considera spesso come un grosso proprietario e si forma per lo più l'istruzione in qualche scuola superiore. Le feste, i costumi, e le usanze hanno perduto il loro antico significato. I banchetti e le feste nuziali dei contadini, con tutto il loro cerimoniale, sono cose del passato. La gioventù festeggiava allora il Natale, dopo la festa religiosa della vigilia, con danze, giuochi e divertimenti in società per giorni interi, facendo anche processioni mascherate il giorno dei Re Magi. In primavera, oltre alla festa di maggio nella notte di Valpurga vi era la danza intorno all'albero della Pentecoste, e in estate la festa del raccolto. Una tradizione popolare rimasta invece è quella delle graziose danze popolari ballate da grandi e piccini, per lo più in fila o a figure.
Una volta, esse si svolgevano in luoghi dove rimangono i residui di circoli preistorici di pietre, ridotti dal tempo a cumuli erbosi che venivano adoperati come seggi dagli spettatori, quelli stessi circoli che la superstizione popolare designava come luoghi di danza degli elfi e di ritrovo delle streghe.
Bibl.: H. Feilberg, Dansk Bondeliv, 1889; id., Ordbog over jyske Almuesmal, 1886-1914; E. Löffler, Dänemarks Natur und Volk, Copenaghen 1905; H. Ussing, Det gamle Als, Copenaghen 1926.
Arte.
I monumenti più importanti dell'architettura danese non vanno oltre all'epoca romanica e precisamente al sec. XII, ma già allora si presentano in numero sorprendente. Quasi nello stesso tempo s' innalzano le cattedrali di Ribe, di Viborg, e di Lund (che in passato apparteneva alla Danimarca), tutte in pietra da taglio; di essa quella di Ribe è la più ardita e la più caratteristica, mentre le altre due hanno perduto molto della loro singolarità per restauri fatti. La maggior parte delle chiese ancor oggi esistenti nei villaggi danesi risale al 1200, quantunque il loro carattere abbia subito una grande trasformazione durante l'epoca gotica, per l'aggiunta di torri, di vòlte e di timpani a gradini, divenuti di tipo nazionale per le chiese. Un tipo speciale è costituito dalle chiese a pianta circolare dell'isola di Bornholm e a Bjernede, quest'ultima in mattoni. Il mattone, già comparso nelle costruzioni del sec. XII (chiese di Sorø, di Ringsted e di Kallundborg, la quale ultima è a forma di croce greca e ha cinque torri), fu il materiale principale del gotico danese e non mancò d'influire sullo stile. Lasciando da parte la cattedrale di Roskilde (circa 1200) che segna il passaggio al nuovo stile, come le cattedrali della Francia settentrionale e delle Fiandre (per esempio Tournai), gli architetti di questo periodo s'ispirano alle costruzioni in laterizio della Germania settentrionale. Di puro stile gotico è la cattedrale di S. Canuto a Odense, come pure le chiese delle Brigidine a Maribo e a Mariager. Il grande sviluppo economico durante il Rinascimento è attestato dai numerosi edifici profani costruiti nel secoli XVI e XVII. La maggior parte dei castelli feudali (Hesselager, Egeskov) furono rimodernati, mentre sorgevano i castelli reali nel nuovo stile sontuoso, soprattutto sotto l'influenza di quello olandese. Tra questi citiamo in primo luogo quello di Kronborg (edificato verso il 1580 da Antonis von Opbergen sotto il regno di Federico II), quelli di Frederiksborg (in parte opera di Hans van Steenwinkel) e di Rosenborg (a Copenaghen). Questi due ultimi furono costruiti nei primi decennî del secolo XVII da Cristiano IV, che fece pure erigere dai fratelli Steenwinkel l'originale edificio della Borsa. Tra le costruzioni più notevoli della seconda metà del medesimo secolo sono la chiesa del Salvatore (L. van Haven, 1682-96; la torre è di L. Thura, 1749), e il castello di Charlottenborg (Ewert Janssen, circa 1675), ambedue di sobrio barocco olandese. Verso il 1700 il re Federico IV, dopo il suo viaggio in Italia, cercò di introdurre uno stile italianeggiante (castello di Frederiksberg di V. F. von Platen e altri; castello di Fredensborg, circa 1720) ma le linee severe furono ben presto soppiantate dal rococò. Cristiano VI fece edificare il castello di Christiansborg (E. D. Häusser, L. Thura e N. Eigtved, verso il 1740), il "Hirschholm" e l'"Eremitage" (ambedue di L. Thura). Circa la metà del sec. XVIII sorsero i palazzi dell'Amalienborg in un quartiere impiantato da N. Eigtved con rigidi principî architettonici, il cui centro imponente doveva essere costituito dalla cosiddetta "chiesa di marmo", incominciata dall'architetto francese N. Jardin. Le tendenze classiciste di questo artista furono spinte anche più oltre dal suo scolaro C. F. Harsdorff, il cui colonnato dell'Amalienborg (1794) e la cappella di Federico V nella cattedrale di Roskilde (1775) sono fra i più nobili edifici dell'arte danese. Il suo allievo C. F. Hansen che seguì piuttosto le pesanti forme romane dei teorici dell'arte (Palladio, Vignola) ricostruì la chiesa di S. Maria (circa 1820), il castello di Christiansborg con la chiesa annessa (1803-28) e il palazzo comunale (circa 1810). All'architetto Malling si deve l'università (1831-36) e il palazzo dell'Accademia a Sorø. Nel sec. XIX spicci singolarmente l'originale M.G. Bindesbøll che costruì il Museo Thorvaldsen (circa 1840). Architetti come i fratelli Theofil e Christian Hansen (Ospedale municipale, circa 1860), F. Meldahl, che riedificò la "chiesa di marmo" (terminata nel 1894) nonché il castello di Frederiksborg, e V. Dahlerup (Teatro reale, 1874; Museo artistico, 1889-96; Gliptoteca, 1892-97 a Copenaghen), cercarono anch'essi l'ispirazione nella grande arte europea. Fu solo con J.D. Herholdt, il quale del resto nella Biblioteca universitaria (circa 1860) si servì dello stile lombardo e nella Banca nazionale (1866-70) dello stile Rinascimento, che ebbe principio lo studio più approfondito dell'arte nazionale anteriore, continuato poi da H. Storck (Istituto Soldenfeldt, 1894) e da H. J. Holm (palazzo dell'Istituto dell'alta tutela, 1894; Biblioteca reale, 1898-1906). Il desiderio che animava questi artisti, di ottenere una maggiore utilità con maggiore robustezza di stile, oltre a una più grande indipendenza nella composizione, si scorge pure nei lavori di M. Borch (chiesa di S. Andrea a Copenaghen, circa 1900), H. Kampmann (Dogana di Aarhus, 1897; sezione antica nella Gliptoteca, 1901-06), di H. Wenck (stazione centrale della ferrovia, 1904-11) e di C. Brummer. A tale indirizzo appartengono del pari il palazzo comunale di Copenaghen (1894-1903), di M. Nyrop, e la chiesa commemorativa di Grundtvig (cominciata nel 1921), di Jensen-Klint. Nel sec. XX il castello di Christiansborg, distrutto da un incendio, fu ricostruito per la terza volta (1906-28) da Th. Jørgensen. Poco dopo si è cercato di abbandonare l'imitazione degli stili anteriori e di esprimere lo spirito dell'epoca moderna ripigliando sotto certi aspetti il neoclassicismo del periodo di C. F. Hansen (Palazzo della polizia a Copenaghen di H. Kampmann, A. Rafn e altri, 1918-24).
In questi ultimi anni l'architettura danese ha saputo superare anche quello stile "nuovo impero" non scevro da manierismo per seguire un modo di costruire più semplice e più pratico; in particolare si è rivolta l'attenzione ai blocchi di edifici e alle serie di case d'abitazione. Grandi scuole, estetiche e molto economiche (Øregaard, Hellerup) sono state create da Edward Thomsen (nato nel 1884), mentre Ivar Bentsen (nato nel 1876) dava ai suoi modesti edifici di campagna (scuole popolari superiori, fabbricati per impianti elettrici) una forma semplice avente un'impronta nazionale. Il medesimo indirizzo è ora seguito da Poul Holsøe (nato nel 1873). Il "funzionalismo" francese (Le Corbusier) nelle sue tendenze estreme ha fatto nella Danimarca un'apparizione del tutto sporadica e sempre con certa sfumatura tedesca.
Come l'architettura, così anche le arti figurative in Danimarca seguono nelle grandi linee le vicende dello stile del resto d'Europa. L'arte precristiana, le cui fonti vanno cercate attraverso l'oriente e l'antichità sino ai Celti, ha i caratteri comuni ai paesi nordici. Le opere più celebri di quest'epoca sono le sculture votive del Carro solare del Museo nazionale di Copenaghen e i due corni d'oro, di Schleswig. Con la penetrazione del cristianesimo circa l'anno 1000 l'arte riceve un'impronta prevalentemente religiosa (croce di Grunilde, di Liutger, scolpita in dente di tricheco con rappresentazioni escatologiche). Le chiese romaniche ebbero la loro decorazione plastica (Ribe, Lund) e loro suppellettili rituali (paliotti e altari dorati nelle chiese di Sal, Stadil, ecc.); le loro pareti furono dipinte con affreschi, la cui affinità con l'arte bizantina è manifesta (chiese di Jellinge del principio del sec. XII; di Skibby con abside della fine dello stesso secolo: di Fjenneslev e di Alsted del sec. XII; di Aal del principio del sec. XIII). Le pitture parietali delle epoche successive si distinguono dalle anteriori non solo per il loro stile gotico, ma anche per la tecnica, poiché sono a tempera (chiese di Østerlars nell'isola Bornholm; chiesa di Ringsted; chiesa di Skibby, verso il 1350; di Næstved del sec. XIV; di Ballerup; cappella della Trinità nella cattedrale di Roskilde, circa 1465; cattedrale di Aarhus, circa 1500). Hanno carattere religioso anche gli avanzi della plastica del tardo Medioevo, quali i sarcofagi (per esempio quello della regina Margherita) e gli altari in legno scolpito, come quello di Hans Brüggeman nella cattedrale di Schleswig, di Bernt Notke nella cattedrale di Aarhus e di Claus Berg nella catttdrale di Odense. I soggetti profani apparvero lentamente, e il ritrattti solo col Rinascimento, per lo più per opera di stranieri; Maestro Michiel, detto il Flamengo, dipinge nel 1515 il bel ritratto di Cristiano II, il quale con la consorte compare come committente su una tavola d'altare rappresentante il giudizio universale nella chiesa di S. Maria a Helsinger; J. Binck, ritrattista e medaglista di Colonia, effigia re Cristiano III, Alberto Gjøe (1556), Brigida Gjøe (1550), Giovanni Friis (1550). Più originale fu Melchior Lorichs di Flensburg, noto specialmente come incisore in rame, che nel 1580 entrò al servizio di Federico II, di cui incise il ritratto nel 1582. Hans Knieper di Anversa dipinse il ritratti di re Cristiano IV bambino, quello di re Federico II (1581) e disegnò i cartoni per gli arazzi di Kronborg, rappresentanti una serie di re danesi in un paesaggio. Al servizio dell'astronomo Tycho Brahe stava Tobias Gemperlin di Augusta, a cui dobbiamo tra l'altrti i ritratti degli storici A.S. Vedel e Jørgen Rosenkrantz. Nello stesso tempo fioriva la pittura decorativa nei castelli e nei palazzi feudali (Borreby, Tjele, Næsbyholm), mentre all'epoca della maggior attività architettonica sotto Cristiano IV veniva naturalmente occupato uno stuolo di scultori e di decoratori anch'essi quasi tutti stranieri. Hans Steenwinkel da Emden decorò l'esterno della Borsa e il castello di Frederiksborg, Adrian de Vries eresse la fontana del Nettuno nel cortile dello stesso castello, il fiammingo Carl van Mander II ne fece gli arazzi. Anche la pittura su tavola fu protetta dal re mecenate, e vi furono ritrattisti, come J. van Doordt (ritratti di Cristiano IV, della regina Anna Caterina e del principe Cristiano, 1611) e Peter Isaacsz (ritratti di Cristiano IV con la moglie, 1608, di Palle Rosenkrantz, ecc.), la cui arte fu presto sorpassata da quella dei due olandesi Carl van Mander III (1610-70) e A. Wuchters (1610-83). La maniera del van Mander fu continuata dal Wuchters (ritratto di Ulrico Cristiano Gyldenløve; l'Ultima Cena nella chiesa di Sorø). Molti di questi quadri furono incisi in rame dall'artista danese Alb. Hælwegh. Una decadenza nella produzione artistica nella seconda metà del sec. XVII è attestata dai lavori dei pittori Wolfgang Heimbach (Corteo per il giuramento di fedeltà di Federico III, 1660), J. de Coning (Palazzo Gyldenløve con giardino. 1695) e del rozzo ritrattista J. d'Agar (ritratti di tutti i membri della famiglia reale). Il norvegese Peder Andersen eseguì le grandi storie (cartoni per gli arazzi del Rosenborg) e varie rappresentazioni bibliche (cappella del castello di Frederiksborg). Anche lo scultore francese C. Lamoureux, non lasciò che un saggio mediocre nella statua equestre di Cristiano V. L'intagliatore in avorio Magnus Berg e il virtuoso scultore Th. Quellinus che risente molto l'influenza della scultura fiamminga (verso il 1700 fece alcune sontuose tombe barocche nelle cattedrali di Odense e di Aarhus) sono rappresentanti abili, ma poco originali, dello stile dell'epoca. L'assolutismo politico dominante nel sec. XVII fu esaltato da pittori come B. le Coffre (pitture dei solfitti nel Rosenborg e nel Frederiksberg), il sassone J.S. du Wahl, M. Tuscher, e H. Krock (pitture decorative nella cappella del palazzo reale a Copenaghen, a Hirschholm a Frederiksberg e a Fredensborg). Verso la metà del secolo il francese J. Saly con la statua equestre di Federico V sulla piazza dell'Amalienborg creò una cospicua opera d'arte, precorrendo il neoclassicismo. Secondo questo indirizzo lavorarono pure Johannes Wiedewelt (1731-1802; tomba di Federico V nella cattedrale di Roskilde), l'inglese S. C. Stanley (1703-61) e il pittore e disegnatore A. Carstens (1754-98) emigrato in Germania, fino a che Bertel Thorvaldsen diede all'arte la forma più perfettamente adatta a esprimere e interpretare l'ideale dell'epoca. Anche nel campo della pittura non v'è ormai più bisogno dell'importazione straniera: con lo svedese C. G. Pilo (1712-93), ritrattista rococò in gran voga, rivaleggiano nel mondo elegante gli abili pittori danesi Vigilius-Erichsen e Jens Juel (1745-1802) che dipingono ritratti delicati e leggiadri. Più letterario e meno popolare fu l'erudito N. A. Abildgaard (1743-1809); i suoi quadri storici perirono nell'incendio del castello di Christiansborg nel 1794. Lavorò anche come architetto e fece i disegni per il monumento della libertà a Copenaghen. Il lato sentimentale del secolo di Rousseau fu rappresentato da Erik Pauelsen (1749-90) e dal Kratzenstein-Stub (1783-1816). Mentre tutti questi artisti lavoravano ciascuno per sé, l'idea d'una "scuola danese" si fece innanzi con C.W. Eckersberg (1783-1853) e i suoi seguaci: Vilhelm Bendz (1804-32), che si dedicò allo studio del colore e dei riflessi di luce, M. Rørbye (1803-48), Adam Müller (1811-44), J. Roed (1808-88), e il più fine talento di questo gruppo di pittori, Christen Købke (1810-48), per il quale l'amore del maestro per le cose familiari e quotidiane era divenuto una vera passione (ritratti del proprio padre, paesaggi dei dintorni di Copenaghen). Constantin Hansen (1804-80) riuscì nei suoi lavori a raggiungere quella monumentalità (decorazione del vestibolo dell'università) a cui aveva aspirato anche il Købke, noto pure per i suoi paesaggi e costumi popolari italiani. Questi soggetti allora in voga costituiscono gran parte dell'opera di A. Küchler (morto nel 1886), di Ennst Meyer e di Vilhelm Marstrand (1810-73), che seppero conferire alla loro arte una forma narrativa talvolta non priva d'una certa arguzia. Il Marstrand primeggiò in quasi tutti i campi dell'arte, dalla pittura monumentale (Fondazione dell'università, nell'aula universitaria) e dai quadri biblici (Ultima cena) ai quadri di genere (scene del Holberg), mostrando soprattutto genialità e fantasia nel disegno. Del tutto all'infuori di questo gruppo di artisti lavorò il ritrattista pieno di spirito C. A. Jensen (1792-1870; ritratto della moglie e di Eckersberg). Attorno al critico d'arte N. Høyen si formò un gruppo di artisti di tendenze nazionaliste, come J. Sonne (1801-84), pittore di battaglie e di soggetti popolari; J. T. Lundbye (1818-48), pittore e disegnatore soprattutto di paesaggi e d'animali; P. C. Skovgaard (1817-75), che dipinse i paesaggi danesi più grandiosi; J. Exner (1826-1910), riproduttore della vita campestre; Carlo Dalgas (1824-1907) e F. Verinehren (1823-1910). Anche nella scultura si scorgono i segni del movimento nazionalista, quantunque l'influenza di Thorvaldsen si sia imposta a lungo. H. Freund (1786-1840) con l'Odino, il Loki e il fregio di Ragnarok per il Christiansborg che tentò d'introdurre la mitologia nordica a fianco di quella greca, rimase per la tecnica ancora nello spirito dell'antico. Il primo monumento realistico in senso nazionale è il Fante di H.V. Bissen (1798-1868), al quale oltre ad alcune statue nello stile di Thorvaldsen dobbiamo numerosi monumenti e ritratti (signora Heiberg, A.S. Ørsted). Molto lontano da questo indirizzo stanno J.A. Jerichau (1816-83; Cacciatori di pantere, Ercole ed Ebe), che tende ad avvicinarsi alle grandi correnti artistiche europee, assieme col pittore e disegnatore L. Frölich (1820-1908; pitture decorative e altre nel palazzo comunale di Copenaghen) e i pittori di marine A. e V. Melbye. Dopo l'esposizione di Parigi del 1878 la giovine generazione cominciò a cercare la propria ispirazione in Francia; P. S. Krøyer (1851-1909) e L. Tuxen (1853-1927), due maestri dei grandi gruppi di ritratti, come pure l'animalista e pittore di storie O. Bache (1839-1927), introdussero nella loro patria la nuova tecnica più evoluta dei naturalisti e fondarono a Skagen una colonia di pittori che posero a principio della loro arte la pittura all'aria libera; e così dipinsero il Krøyer, Michael Ancher (1849-1927) e Anna Ancher (nata nel 1859), i loro quadri rappresentanti la vita dei pescatori. Viggo Johansen (nato nel 1851) seguì piuttosto la tradizione danese rappresentando i soggetti più famigliari e più prossimi: la propria famiglia, gli amici più intimi, ecc. Singolare fu l'opera di K. Zahrtmann (1843-1917), coi suoi quadri dal colorito vivace (Seguito di Eleonora Cristina) e del maestro degl'interni pieni di sentimento Vilhelm Hammershøj (1867-1916). Allo stesso indirizzo, che oppone al naturalismo l'intimo sentimento pittoresco, appartengono i pittori A. Jerndorff (1846-1906) e Julius Paulsen (nato nel 1860). Conviene anche ricordare il pittore e acquafortista H. N. Hansen (1853-1923), l'animalista Th. Philipsen (1840-1920), il pittore di soggetti contadineschi L. A. Ring (nato nel 1854) e il pittore e scultore F. Willumsen (imto nel 1863; Alpinista, bassorilievo nel Museo di belle arti). Notevoli nell'arte decorativa dell'epoca moderna sono i fratelli Joachim e Niels Skovgaard (nati rispettivamente nel 1856 e nel 1858; del primo decorazione della cattedrale di Viborg) con Einar Nielsen (nato nel 1872). Dopo il 1900 ha avuto una parte importante nel movimento artistico il "gruppo danese" (P. Hausen, Johannes Larsen e F. Syberg); e infine la generazione attuale si è lasciata influenzare dall'"espressionismo" francese (H. Giersing, 1881-1927; olaf Rude, nato nel 1886; Sigurd Swane, nato nel 1879). Singolari doti decorative e coloristiche mostra anche il pittore monumentale K. Iversen (nato nel 1886). Tra gli scultori più valenti sono da noverare A. Bundgaard (nato nel 1864; fontana della Gefiona) e Kai Nielsen (1882-1924), creatore pieno di vita e scherzoso; vanno pure nominati J.C. Bjerg (nato nel 1886) ed Einar Utzori-Frank (nato nel 1888). L'arte danese è cresciuta insieme col carattere serio e poco drammatico di questo popolo nordico, e il suo tono modesto e senza pretese, ma nello stesso tempo pieno d'intimità, non si è fatto sentire che assai raramente nel concerto europeo, tuttavia a poco a poco all'estero si è cominciato a notare l'arte armoniosa e fine di un Købke e di un Hammershøj.
V. tavv. LXXXI-LXXXVIII.
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Musica.
Alle origini della civiltà musicale danese, a partire dal sec. XVI, contribuirono influenze eterogenee: la fiamminga dapprima, poi l'italiana e la francese. Olandesi furono Jürgen Preston, Josquin Baston, A.P. Coclicus, compositori che fiorirono nella seconda metà del 1500, alle corti di Cristiano III e Federico III. Nel sec. XVIII due autori danesi degni d'interesse, M. Pederson e Hans Nielsen scrissero mottetti, messe, salmi e madrigali. Una prima opera teatrale danese apparve alla fine del sec. XVII, sotto Cristiano V. Essa è La disputa degli Dei di Cristiano Schindler.
Continuarono tuttavia gl'Italiani (fra i quali Paolo Scalabrini e Giuseppe Sarti) e i Francesi a imperare nell'arte musicale di Danimarca, ma anche J. P. E. Hartmann, J. P. Schulz e F. L. E. Kunzen, tutti d'origine tedesca, scrissero nel sec. XVIII opere comiche, nelle quali comincia ad apparire l'elemento popolare danese. Ma i primi due compositori che orientarono la musica danese verso un indirizzo più nazionale furono C. Weyse, (1774-1842) autore di lieder e composizioni sacre, e F. Kuhlau (1796-1892) che scrisse oltre a varie opere drammatiche, i celebri "Studî" per piano. J. P. E. Hartmann (1805-1900) si può considerare, con le sue composizioni drammatiche, corali e religiose, il fondatore della scuola scandinava e tale fu anche considerato da Grieg. Niels Gade (1817-1890), genero di Hartmann, è però il compositore danese più noto e apprezzato nel mondo. Scrisse 8 sinfonie, una Suite per archi, ouvertures, cantate, concerti, sonate e pezzi per pianoforte, opere che risentono talvolta dell'influenza di Mendelssohn, ma ricche d'una chiara e facile melodia e di colorita strumentazione. Accanto a Gade si fecero meritatamente apprezzare E. Hartmann (1836-1898), F. Heies (1830-1899) autore di conosciutissimi lieder, E. Lassen (1830) successo al Liszt nella direzione del teatro di Weimar; A. Winding (1835-1899); E. Hannemann (1840-1906); A. Hammerich (1843); A. Enna (1860); O. Malling (1848), ecc. Angul Hammerich, fratello del compositore, ha pubblicato dei saggi sui canti popolari svedesi, oltre a una Storia della Musica alla corte di Cristiano IV; nel 1905 fu anche pubblicata a Copenaghen una Storia della Musica di William Behrend.
Numerose e assai curate, a Copenaghen, sono le esecuzioni musicali: concerti periodici e stagioni liriche si svolgono rispettivamente al Conservatorio, fondato nel 1867 da Moldenhauer, e al Teatro dell'Opera.
Letteratura.
Il popolo danese è fra i pochi che non hanno conosciuto, per lo meno in epoca storica, dominazioni straniere, il che creò condizioni particolarmente propizie al sorgere di una letteratura nazionale. Le iscrizioni runiche - che per la Danimarca si sono conservate fino a noi in numero di circa 200 - testimoniano nella loro brevità epigrafica questa sua indipendenza fin dal sec. VIII, a cui le più antiche risalgono. Ma hanno generalmente un interesse, oltreché linguistico, essenzialmente etnografico e storico: non letterario. La poesia più antica, dell'epoca delle trasmigrazioni, è scomparsa con la lingua in cui fiorì ancora unica per tutto il Nord, e non ha lasciato di sé diretto documento. Soltanto la poesia dell'età dei Vichinghi, trasmessa per tradizione orale di generazione in generazione, ha potuto, sopravvivendo per secoli, essere fissata infine in redazione scritta: in Islanda, nella lingua che già vi si era venuta differenziando e formando: in Danimarca, in latino, per opera di Saxo Grammaticus. È una poesia che canta, con sobria e serrata potenza di toni drammatici, il tragico destino a cui gli eroi nella dura vicenda di guerra sono condannati a soggiacere, la forza virile con cui essi sanno andar sereni anche incontro alla morte, la fedeltà che sanno serbare a sé stessi e al proprio popolo; e la forma è costituita da strofe nettamente cadenzate di otto versi brevi con allitterazione, di cui anche talune fra le iscrizioni runiche offrono esempio. Siccome tuttavia la materia è comune a tutta la poesia nordica - in gran parte anche all'anglo-sassone, al Vidsid, al Beowulf - il distinguere entro di essa le leggende più propriamente danesi è possibile solo per indizî interni o per vaghi riferimenti storici, e in singoli casi. Danese è la saga di Re Uffe, che si batte contro i Sassoni, uno contro due, vendicando per il suo popolo un'onta antica. Danese è nel ciclo di re Sigar, la saga di Hagbard e Signe, delle loro famigliari ecatombi e del loro amore e della loro morte. E a origini danesi gli storici danesi reclamano tutto il ciclo dei Sioldunghi: particolarmente il Bjarkemaal, che evoca in nibelungica cupezza di visione il tragico soccombere di Rolf Krake e dei suoi eroi, finché Bjarke stesso, ultimo, cade maledicendo a Odino causa di tanta sciagura: e l'Ingjaldskvad, in cui Starkad il vecchio (Strærkodder) ammonisce re Ingjald a mostrarsi degno dell'eroismo degli avi. Registrata già in Saxo è anche (sebbene in diverso, eroico tono) la leggenda d'Amleto, figlio di re Ørvendel, con la sua vendetta e con la sua follia. Da Saxo la tolse in seguito Belleforest: finché il chiuso e tenace eroe jütlandese, vendicatore della morte del padre, si trasformò, con Shakespeare, nel pallido e pensoso sognatore che, in mezzo ai fasti della Rinascenza, sorge, come tragica ombra, ad additare l'abisso senza fondo che si è aperto nella nuova coscienza degli uomini. Axel Olrik, che è il più grande studioso di quest'antica poesia (v. Danmarks Heltedigtning, voll. 2,1903-10) l'ha anche tradotta in parte, ritrovando nella metrica come nello stile, con rara felicità, la linea della saga antica.
Con il diffondersi del cristianesimo incomincia quello che si suole designare come il Medioevo danese. Giungono col cristianesimo anche i "rimatori" latini, cacciano dalle corti gli "scaldi" nazionali e li sostituiscono. Prevale così sulla eroica la poesia sacra, coltivata specialmente nei chiostri e in latino, mescolata a tratti con motivi di poesia cavalleresca importati dal sud. Del santo re Canuto, poco dopo la morte (1095), esistono due vite: la Passio Sancti Canuti, d'un monaco danese del monastero benedettino di Odense, e la più ampia Historia ortus, vitae et passionis Sancti Canuti, d'un inglese immigrato Ælnoth, sacerdote pure a Odense: attribuita un tempo a re Niels. Sorgono contemporaneamente le prime cronache: il Necrologium Lundense (metà del sec. XI), l'anonimo Rotsceldengis Chronicon Daniae (circa 1138). Finché con l'avvento di re Valdemaro, sotto l'ispirazione dell'arcivescovo Absalon, il Medioevo danese giunge alla sua massima fioritura. Imbevuto d'entusiasmo nazionale, ma educato a Parigi a contatto con la nuova civiltà occidentale, Absalon non fu soltanto uomo di chiesa e di politica, di penna e di spada egli stesso, colui che dettò il corpus legum della Scania e dello Seeland, ma anche incitatore, animatore. Per incitamento suo, Svend Aagesen stese la Compendiosa historia regum Daniae (circa 1185). E per incitamento suo Saxo Grammaticus compose i Gesta Danorum: i cui primi 10 libri ci hanno conservato gran parte delle antiche saghe nazionali, sebbene non esclusivamente danesi, e i cui libri seguenti sono fondamentale fonte storica, specialmente per l'epoca di Absalon stesso (libro XIV dal 1157 al '78), di cui Saxo comprese, l'importanza e di cui conobbe davvicino gl'intendimenti e l'opera. I Danesi lo considerano come il loro Livio; e per il sentimento nazionale che anima la commossa narrazione, il paragone ha un certo fondamento. Anche il suo latino è, per il luogo e per i tempi, singolarmente elaborato: tale che ancora nell'epoca umanistica poteva esser letto con ammirazione. Saxo vi dedicò, anche dopo la morte di Absalon, la sua esistenza; e soltanto verso il 1220 condusse a termine la sua opera. Nello stesso tempo il vescovo Anders Sunesøn (1165-1228), compositore anche di inni sacri e sequenze, dava nell'Hexaemeron un ampio poema in esametri con la storia della creazione nei primi tre libri e l'esposizione della dottrina cristiana nei nove libri seguenti (1165-1228). La vita dell'arcivescovo Gunner di Viborg, scritta da un monaco del monastero di Øm, dopo la morte di lui avvenuta nel 1251, è un'altra delle opere di questo medievale umanesimo dell'età dei re Valdemari, di cui la sistemazione giuridica della vita politica, economica e sociale è stato pure uno dei vanti: tanto che precisamente le numerose costituzioni giuridiche, redatte tutte in lingua danese, rappresentano con ogni probabilità il più importante e notevole documento della civiltà del tempo, come lo Skaanske Lov, i cosiddettì Valdemars e Eriks sjœllandske Love, il Jydske Lov lo Skanske Stadsret og Flmsborg Bylov, ecc. Il primo importante documento di letteratura profana scritto in danese, di cui si abbia notizia, è costituito dai Lœge og Urtebœger (Libri delle erbe e medicine), di Henrik Harpestræng (morto nel 1250), medico che lasciò di sé grande fama.
L'età che seguì a quella dei Valdemari fu soprattutto di erudizione. Opera tipica è l'enciclopedica raccolta di principî cristiani, cerimonie religiose, conoscenze scientifiche, geografiche, notizie varie, che va sotto il titolo di Lucidarius: il testo danese è del sec. XIV. E fu opera assai letta: come anche la versione latina del viaggio in Oriente del Mandeville; e le elaborazioni delle leggende eroiche e cavalleresche: fra cui la Karl Magnus Krønike in prosa. Il ms. di questa contiene anche un'elaborazione danese della leggenda di Griselda, a cui si aggiungono altre sei leggende eroiche o cavalleresche: una su Laurin del ciclo di Teodorico, una su Partonopier, uno sul motivo genoveffiano della "casta regina": e infine tre cosiddetti Eufemiaviser, elaborati in svedese per ordine di Eufemia di Rügen, quinta moglie del re norvegese Haakon, e dalla Svezia passati in Danimarca: riguardanti Ivan il Cavaliere del Leone, Federico duca di Normandia e Fiore e Biancofiore. Più originali sono gli scritti morali: e specialmente la Danske Rimkrønike, raccolta di rime sui re danesi da re Dan a Cristiano I: questi compaiono personalmente, dicono ciò che dalla vita hanno imparato, ricordano i principali avvenimenti della loro vita e la loro stessa morte: è una specie di giudizio universale dei re, chiamati al redde rationem; e in una versione in basso tedesco ne è indicato come autore un monaco Niels del monastero di Søro; ma è probabilmente opera di varî autori, anche per la varietà dello stile e delle forme metriche: è il primo libro danese stampato (1495). In danese e in latino è invece il "Libro dei proverbî", attribuito in una prima stampa (1506) a un Petrus de Laale, e nella 2ª stampa, dal Petersen (1519), a un Petrus legista Laglandicus. La vita religiosa infine fu sotto l'influenza di Santa Brigitta: molti dei libri di devozione che si diffusero dai monasteri sono scritti in un dialetto svedo-danese, detto appunto Birgittinersprog: così come le traduzioni delle Rivelazioni. Dal monastero Brigittino di Mariager vengono pure i primi saggi di una traduzione danese della Bibbia e traduzioni di salmi e inni alla Vergine. Un gentile e colorito cantore della Vergine fu Peter Ræff. E al culto della Vergine riconduce anche la composizione Om Mariae Rosencrans, rifacimento dal francese di Michael Nicolai (Nielsen), sacerdote a Odense: il più importante scrittore religioso del tempo, autore anche di due più brevi componimenti Om Skabelsen e Om Menneskens Levnet.
Ma il fiore della poesia del Medioevo danese è altrove: nella poesia popolare: nelle Folkeviser. Le più antiche di cui si abbia notizia sono quelle sul "bagno di sangue di Roskilde" e l'uccisione di re Canuto per parte di Ditlev - cantata all'esercito di re Valdemaro alla battaglia di Graahede (1157); e quella sull'uccisione di Erik Emun, in cui si narra la vendetta di Sorteplov per l'uccisione di suo fratello Carlo (1137). Il periodo del massimo fiore è il periodo dei Valdemari, e quello che immediatamente seguì, quando gli avvenimenti, già un po' lontani nel tempo, avevano potuto assumere aspetto di leggenda. Però i manoscritti che possediamo sono del sec. XVI e XVII. La prima edizione è quella del Vedel (1591). Una seconda raccolta importante è quella di Peder Syv (1695): 200 canti. Già nella raccolta del Rahbeck (1812-14) sono 222. Ora se ne conoscono oltre 500. E l'edizione fondamentale è quella di S. Grundtvig, continuata dall'Olrik (voll. 7, 1853-1904). La forma abituale è la coppia dei versi, o la quartina, con rima mascolina che congiunge il secondo e il quarto verso, e con ritornello che qualche volta ricorre anche doppio, al secondo e al quarto verso. Ed è stata importata dalla Francia, insieme con la danza. Dopo il '200 la danza fu di grande moda: e subito in principio del '200 compaiono difatti le prime Danseviser danesi. La materia è epico-lirica. Le Folkeviser nacquero appunto dalla fusione della materia epica in forme liriche di canzone a ballo. E furono certamente di origine colta. Erano cantate, spesso con accompagnamento di danza, alle corti dei signori, nei loro castelli. I nomi dei poeti s'ignorano. Tanto più che i canti rapidamente passarono dalle corti alle classi inferiori del popolo. Con la Nils Ebbeson-Vise (circa 1340), la forma di canzone a ballo cessa, cade il ritornello, la forma diventa narrativa, e se ne impadroniscono giullari erranti: tuttavia nel popolo la forma antica continua a sopravvivere, e sopravviverà sporadicamente ancora dopo l'invenzione della stampa.
A seconda del contenuto si sogliono raggruppare questi canti in Historiske Viser, Kœmpeviser, Trylleviser, Legendenviser, Ridderviser. Fra le Historiske Viser dell'epoca dei Valdemari, celebri sono quelle su Tovelille (la piccola Tove), amante di Valdemaro il Grande che la regina Sofia fece uccidere nella stanza da bagno (in redazioni posteriori, del sec. XVII, il fatto fu attribuito a Valdemaro Attedag, e in questa versione fu rielaborato più tardi da Jacobsen e da Holger Drachmann): quella su Liden Kirsten (la piccola Kirsten), sorella di Valdemaro il Grande, che fu fatta danzare fino a morirne, perché si era lasciata sedurre dal principe Boris, che ne fu punito con l'accecamento e poi mutilato e portato sulla tomba di lei.
Altre Viser riguardano le due mogli di Valdemaro il vincitore, la gentile Dagmar (Dronning Dagmar og Junker Strange; Dronning Dagmars Død) e la perfida Berengaria (Dronning Bengerd). Il culmine si raggiunge verso la metà del sec. XIV con il ciclo su Marsk Stig (Marskstigviserne), su re Erik che si lasciò sedurre da Ingebjorg, moglie di Marsk Stig, e sugli avvenimenti che ne seguirono: l'indignazione di Marsk Stig, l'uccisione del re, il bando. Già preparato alla fine del secolo precedente da piccoli canti di guerra su tale motivo, il ciclo culmina nella grande composizione Marskens Sti Hœvnet; a cui varî altri canti minori fanno corona. Ricordo speciale merita infine anche la tragica Vise sull'uccisione della fidanzata di Ebbe Skammelsøn.
Le Kœmpeviser tolgono la materia in parte alla saga nordica, in parte alla materia eroica germanica. In Thor af Havsgaard la materia è mitico-religiosa. Di argomento eroico sono, fra altre, la celebre Vise sul tema Hagbard og Signe, e un'altra, Ungen Svejdal, su materia che ha contatti con quella dell'Edda. Smard og Brynild, Sivard Snarensvend, Grimhilds Hœvn ecc. riprendono il tema di Sigfrido e di Brunhilde: numerose Viser su Kong Didrik trattano materia del ciclo di Teodorico. E in rapporto più o meno diretto, con la materia nibelungica sono le Viser su Svend Vonven e su Svend Fœlding: fra cui una assai diffusa su Svend Fœlding og Dronning Jutte. Una Vise su Kong Didrik og Holger Danske presenta come figura di eroe nazionale - contrapponendola al tedesco Teodorico - la figura di Oggeri il danese, la quale ricompare del resto anche in molte altre composizioni (Holger Danske og Burmand, ecc.).
Il gruppo più numeroso è quello delle Ridderviser, su materia per lo più attinta al consueto mondo cavalleresco medievale. L'amore ne costituisce naturalmente il motivo fondamentale; e l'ideale dell'amor cortese è facilmente riconoscibile, con tratti che son quelli in generale della poesia cavalleresca romanza, in Axel Thordsen og skjøn Valborg, in Aage og Else, ecc.; ma il tono popolare si riflette o nel piacere dello scherzo, come nelle Skjœmteviser, o, più spesso in una forte tendenza al patetico; e, d'altro canto, anche il cupo clima poetico proprio della poesia nordica vi si riflette: la maggior parte delle Viser trattano difatti di seduzioni, violenze carnali, ratti, infedeltà e tradimenti, fratricidî, gelosie, incesti (Svend i Rosengaard, Torbensdatter, ecc.). Singole Viser oppongono all'immagine della donna che appare nella poesia cavalleresca romanza, una immagine nordica della donna, forte, virile, nello stile di quelle che compaiono nell'antica saga (Stolt Signild, Søster og Broder, Rige Herr Palles Bryllup, ecc.).
Le Trylleviser infine rispechiano quell'aspetto dell'immaginazione nordica, per cui, in armonia con il germanico sentimento dell'unità della natura e dell'uomo, tutto popolato d'innumerevoli esseri fantastici appare il mondo della natura. Malgrado il diffondersi del cristianesimo, questi esseri nati dalla fantasia del popolo e rimasti nella tradizione come residui dell'antica fede religiosa, hanno continuato sempre, per la fantasia del popolo, a vivere. Agnete og Havmanden è la più nota di queste Viser: ma notissime sono anche Rosmer Havmand, Marstigs Datter og Havmanden, Havfruens Spœdom, sul fascino del mare; Harpens Kraft, sul fascino della musica; Hedebys Gjenganger, Den Dødes Igjenkomst, Herr Morten af Fuglsang, Moderen under Mulde, sul motivo degli spettri. Il fantastico popolo degli Elfi dà l'argomento a Elverhøj, su motivo ripreso più tardi da molti poeti, a Elverskud, a Hr. Bøsmer i Elverhjem. La magica potenza delle rime è rievocata in Tidemands Runer in Runetvangen e in Ridder Stig Hvide. In Germand Gladensvend, Dalby Bjørn, Den omskabte Jomfru, Ridder og Hjorteham, ecc., è il motivo fiabesco delle metamorfosi magiche e liberazioni, e in alcune Viser s'avverte il riflesso aperto dei tempi cristiani; e d'ispirazione cristiana sono molte Legendeviser (Maria Magdalena, Den rige Mands Sjrel, Barnesjœlen, St. Jørgen og Dragen, Hellin Olaf og Troldene).
In questo tesoro di poesia popolare trovò più tardi la letteratura danese, specialmente nel sec. XIX, una sorgente inesauribile di ispirazioni.
L'importanza della Riforma è per la letteratura danese duplice: è stata grande, naturalmente, perché segnò nel campo religioso e, di riflesso, in tutti gli altri campi spirituali l'orientamento definitivo dello spirito danese; d'altra parte, anche perché formò e unificò la lingua. Il parallelismo con Martin Lutero ha forse condotto a esagerare la statura e l'opera del Pedersen (1480-1554) come creatore della lingua. Ma certo, dalla compilazione del Vocabolarium ad usum Dacorum (1510) fino all'elaborazione e edizione della cosiddetta Bibbia di Cristiano III in lingua danese (1543 terminata; 1550 stampata), le benemerenze del Pedersen in questo campo furono grandi. Già i libri di devozione, ancora cattolici - Vor Frue Tider (1514), Om at høre Messe (1814), Jœrtegnspostil (1515) - avevano avuto grande diffusione; e quale progresso nella chiarificazione e determinazione della lingua danese la sua opera abbia rappresentato, può mostrare il confronto fra la sua traduzione del Nuovo Testamento e la traduzione precedente fatta per Cristiano II dal Mikkelsen: movendo dal testo stabilito da Erasmo, il Pedersen, come per l'interpretazione si servì di Lutero, così trovò nel tedesco di Lutero un'esperienza formatrice anche del suo gusto linguistico; dal quale poté poi prender le mosse per la traduzione della Bibbia intera, che è rimasta per secoli testo fondamentale del protestantesimo danese.
Come in Germania, anche in Danimarca, il movimento della Riforma era nato dal movimento umanistico, che nella seconda metà del sec. XV vi era giunto in parte per la via di Parigi, e soprattutto per la via dell'Olanda; e nel 1479 si era aperta l'università organizzata da Peder Albertsen, come espressione della rinascita generale degli studî che l'umanesimo aveva predicato. Ma anche in Danimarca il movimento umanistico svoltò rapidamente nel movimento religioso protestante, per una serie di cause non dissimili da quelle che pure in Germania avevano provocato lo stesso fenomeno. Taluni, come il poeta latino Martin Børup, scolaro di Erasmo, sono ancora puri umanisti. Il Pedersen, che studiò a Parigi, concilia in sé l'umanista e il riformatore, in armonico e quilibrio.
Ma nei più è il solo interesse religioso che prevale: come in Hans Tausen (1494-1561), che del protestantesimo danese fu, nei difficili anni della prima formazione, il mistico animatore: formulatore della celebre "Professione di fede" evangelica del 1530: traduttore - dall'ebraico - dei Libri di Mosè, polemista tagliente, natura volontaria, tenace, inflessibile: anche dopo la condanna ricevuta dal Riksraad (1533), il poemetto con cui rispose agli avversarî dopo la condanna (Om Løgn og Sandhed) mostra pur nell'amarezza una lucida calma di mente che dà la misura della sua forza; il Postil (1539), libro di devozione che compose, vescovo a Ribe, dopo il trionfo della sua causa, ha offerto, per il suo infiammato fervore, inesauribile alimento alla vita religiosa del popolo. La lotta gli fu particolarmente aspra perché, anche da parte cattolica, gli sorse di fronte una personalità di non inferiore statura: Poul Helgesen (1480-1534), carmelitano. Scrittore di razza, caldo, impetuoso, eloquente, discepolo ideale di Erasmo, come dottrina e come pensiero: uomo incurante di sé e delle sue sorti e della cattedra che teneva all'università e delle amicizie che godeva a corte, pronto sempre all'assalto in nome della sua fede, anche se colpito ne restava lo stesso sovrano, esiliato da Cristiano II, insidiato e osteggiato da Federico I, scomparso definitivamente dopo l'assunzione al trono di Cristiano III; con la stessa sincerità con cui auspicò un rinnovamento interno nella Chiesa - nel 1526 non si peritò di tradurre egli stesso il Kleines Gebetbuch di Lutero - si oppose invece, con una attività spesso travolgente, a tutto ciò che poteva intaccare la Chiesa nelle sue fondamenta: il suo Chronicon Skibycense - cosiddetto dal luogo dove fu rinvenuto il ms. - specialmente nelle molte pagine che riguardano i tempi a lui più prossimi e gli avvenimenti in cui egli stesso ebbe parte, costituisce, storicamente e letterariamente, uno dei documenti più vivi che la letteratura della Riforma possegga.
Ma Helgesen fu l'ultimo paladino del cattolicismo. Con la Kirkeordinans del 1537 il protestantesimo ricevette in Danimarca, con la consacrazione ufficiale, anche la sua legislazione. Ora il compito era di dare alla nuova vita religiosa i nuovi testi sacri. Peter Palladius (1503-1560), primo vescovo riformato dello Seeland, compose nel libro delle sue visite pastorali - Visitatsbog (1537) - un'opera che non soltanto riuscì preziosa ai suoi fedeli per gli ammaestramenti religiosi e morali che conteneva, ma tale che vittoriosamente ha potuto resistere al tempo, per la sincerità del sentimento, per la felicità dell'osservazione psicologica, per la freschezza della lingua, per la popolaresca schiettezza dell'humour. Lo stesso Palladius fu anche tra i principali revisori del testo danese della Bibbia preparato per Cristiano III dal Pedersen, il quale l'aveva elaborata prima che la Bibbia di Lutero fosse consacrata in testo ufficiale. A comporre un salterio aveva provveduto già Claus Mortensen Tøndebinder (1529): e il salterio suo con l'aggiunta di nuovi canti luterani (Ein feste Burg, ecc.) era stato stampato dal Pedersen (1533): riveduto poi e aumentato ancora con proprî salmi dal Tausen (1544). Infine Hans Thomesen diede nel Danske Psalmebog (1569) il testo che doveva rimanere in uso fino a Kingo, per oltre un secolo e mezzo. Alla fine del secolo un nuovo, melodioso e spontaneo autore di salmi sorse ancora in Hans Christensen Sthen (morto nel 1610), autore del Wanderbog (1590), nel quale si ispirò felicemente alle forme del canto popolare. L'influsso tedesco, fondamentale nel campo religioso, si rifletté naturalmente anche sotto l'aspetto letterario in tutte queste opere, e più vivo ancora fu nel campo della letteratura popolare, dove gli scritti più interessanti appaiono quasi tutti ricalcati su redazioni tedesche: il Dialogus, En greselig ond tiende som Pauen fick til Rom om den Papistiske Messe (1533), su un testo in prosa dello svizzero Nikolaus Manuel; il Peder Smed og Adser Bonde (1543) e la Broder Russes Historie (1555) su testi plattdeutsch; il Rœffue Bog (1555) sul Reineke Fuchs, ecc.; ma le diverse condizioni degli spiriti e il pathos della vita vissuta, vi impressero, malgrado tutto, un'impronta propria, nazionale.
Con l'avvento al trono di Federico II, la mutata situazione generale condusse all'iniziarsi, anche nella letteratura, d' un periodo nuovo. L'assestamento definitivo del protestantesimo danese intorno al ceppo luterano si compié rapidamente, sebbene attraverso un contrasto violento, nel quale le tendenze calviniste rappresentate da Niels Hemmingsen (1513-1600) - Lifsens Vey, 1570; Syntagma institutionum christianarum, 1574 - soggiacquero, dopo aspra resistenza, all'assalto condotto dai luterani sotto la guida di Hans Poulsen Resen: Lutherus triumphans intitolerà esultando il Resen un suo scritto, nel 1617, per celebrare il primo centenario della Riforma: e un ventennio dopo Jesper Brochmand (1585-1652) darà nel Systema universae theologiae una sistemazione luterana di tutte le questioni sorte dalla nuova fede. Pacificato così dal punto di vista religioso il paese, incominciarono a poco a poco a risorgere le tendenze che l'umanesimo nascente aveva destato e le lotte religiose avevano travolto. Nella raggiunta libertà di pensiero la ricerca positiva trovò un clima propizio; e lo sviluppo degli studî scientifici, rappresentato da uomini come Tycho Brahe, fu subito particolarmente glorioso. Anche lo sviluppo degli studî storici vi si accompagnò: prima con Hans Svaning (1503-1584); poi, e soprattutto, con Anders Sørensen Vedel, raccoglitore ed editore delle Folkeviser, traduttore e commentatore di Saxo, in una prosa agile e chiara che divenne modello a coloro che vennero dopo di lui; e con Arild Huitfelt (1546-1609), il quale raccolse nella Danmarkis Rigis Krønicke una massa di materiali davvero imponente.
Tutto quanto il Seicento non fu che lo svolgimento ulteriore di questa "Rinascenza". Poiché all'attrazione umanistica verso gli occulti aspetti della natura e della vita s'associò l'impressione prodotta dalle parole di Lutero sul Maligno sempre presente e operante fra gli uomini, nacque tutta una letteratura stranamente ricca sulla magia, sulle stregonerie e sulle arti occulte, quale pochi paesi d'Europa in ugual misura presentano; e alla confusione e miscela di ricerca scientifica e di esperimenti alchimistici e di studî di magia non si sottrassero nemmeno uomini come Ole Borch, ammiratore dell'alchimista Borri. Ma anche la ricerca scientifica vera e propria fece passi grandiosi. I potenti vi s'interessarono: costruirono grandi laboratorî nei loro castelli: protessero gli studiosi: agevolarono i loro viaggi e le loro personali relazioni con gli scienziati degli altri popoli. Tycho Brahe trovò i suoi continuatori in P. J. Flemløse, in C. S. Longberg, e più ancora in Ole Christensen Rømer, lo scopritore della velocità della luce: nell'anatomia eccelsero Caspar Bartholin e Thomas Bartholin; nella zoologia Ole Worm; nella botanica Simon Paulli; nella medicina e contemporaneamente nella geologia, Niels Steensen. Multiforme, anatomo, chimico, alchimista, filologo, Ole Borch (1626-90) fu conosciuto in tutta l'Europa. Giuridicamente fu data sistemazione alla legislazione danese (Kongelove, 1665; Christians V danske Lov, 1683), e vi rifulse l'opera di Rasmus Vinding (1615-84). Gli studî storici ebbero molti cultori, fra cui il Lyschander (De danske Kongers Slœgtebog, 1622). Memorie autobiografiche di grande interesse sono quelle di Leonora Christina Ulfeldt (L. C. U. s Jammersminde), fondamentali per la conoscenza dello spirito e della vita del tempo, e di J. Monrad. Il popolare Compendium cosmograficum del Nansen (1633) è documento del progresso degli studî di geografia dai tempi del primo cartografo Claudius Clavus in poi. Nel campo dell'archeologia A. Jonsson, T. Torfaeus e Arne Magnusson gettarono le fondamenta dello studio dell'antica poesia e storia islandese: Thomas Baitholin il giovane (1659-90) applicò allo studio delle antichità nazionali i metodi della filologia classica. Allo studio del vocabolario danese contribuirono le indagini di M. Moth, che offersero più tardi un importante materiale al Danske Ordbog iniziato dall'Accademia delle scienze nel 1781; E. Pontoppidan compose una Grammatica danica; ma il vero padre della linguistica danese fu Peder Syv (1631-1702), con gli studî sul linguaggio dei Cimbri, con Den danske Sprog Kunst eller Grammatica (1685), con il Danske Ordsprog e la raccolta Tohundrede Viser; fu proclamato universalmente "real filologo della lingua danese".
Invece la letteratura propriamente detta, la poesia, fu quasi tutta d'imitazione. Quando non fu poesia d'occasione, per così dire, ufficiale, omaggio in versi ai potenti o divertimento letterario da aggiungere al fasto delle loro feste, in uno stile ora barocco, ora lezioso, rispondente al gusto delle persone da onorare, fu, per lo più, un'esercitazione metrica a freddo, su modelli stranieri. Martino Opitz estese anche sulla Danimarca il suo dominio. E fu attraverso Opitz e attraverso la Germania che vi giunsero per lo più le opere del Seicento italiano e, soprattutto, francese. La traduzione dell'Astrea del D'Urfé, fatta da Søren Terkelsen, elaboratore anche dello Astreae Sjunge-Chor, è redatta sopra una versione tedesca; e analoga origine hanno tutte le precettistiche: la Prosodia linguae danicae del Roskilde; la Linguae danicae exercitatio di H.M. Ravn; la Riimkunst di S.P. Gotlœnder, con qualche influsso anche italiano ecc. Direttamente al francese attinse invece nel suo Hexaemeron, modellato sulla Semaine del Du Bartas, Anders Christensen Arrebo: poeta limitato ma vero, che con la sua rude semplicità riuscì in molti particolari a ravvivare il testo spesso monotono, e anche altrimenti nella sua versione dei Salmi di Davide giunse, a tratti, a una sua efficace originalità d'espressione. Vagabondo cantore di Wein, Weib und Gesang, autore ed editore del primo giornale letterario danese, Den Danske Merkurius, in complessivamente 15.000 versi, verseggiatore facile e armonioso, ora popolaresco di gusto, ora invece secentesco e prezioso, giunse talvolta ad accenti di poesia anche Anders Bording (1619-1677) Il poeta maggiore fu Thomas Kingo, il cui Aandeligt Sjungekor contiene laudi sacre e salmi in uno stile di gusto barocco, ma ricco di colore, vario, caldo e melodioso.
L'importanza maggiore di questa letteratura tuttavia è che essa prepara l'avvento di Holberg: il quale proveniva dalla Norvegia e norvegese è rimasto nella primitività della sua natura - così come norvegesi sono Peter Dass e la Engelbrechtsdatter - ma visse a Copenaghen, nella cultura danese trovò il suo alimento, e della letteratura danese anteriore al sec. XIX è in certo modo il centro naturale e il culmine. I contemporanei di Holberg sono o continuatori della tradizione poetica religiosa come Brorson, il salmista, che accanto a Kingo è il maggiore della Danimarca, con un'inflessione di dolcezza che ricorda certa poesia pietistica tedesca del Settecento; oppure scienziati ancora come P. Horrebow, o storici eruditi come Hans Gram (1685-1748) e Jacob Langebek (1710-1775) il primo, fondatore dell'Accademia delle scienze, il secondo, editore degli Scriptores rerumdanicarum M.E. (1698-1764); oppure seguaci di Holberg come F. Christian Eilschow (1725-1750) o come Jørgen Ries (1717-49), editore del Danske Spectator sul modello di Addison. Tre soli emergono: Jørgen Sorterup (1662-1723), che nei Ny Heltesange fu tra i primi ad attingere ispirazione alle Folkeviser; Christian Falster (1690-1772), autore delle Amoenitates filologicae, amabile poeta satirico; Ambrosius Stub (1705-1758), poeta di vena semplice, ma schietta, di cui alcuni canti sono rimasti vivi fino ad oggi.
Su tutti la figura di Holberg domina sovrana. Favorito da numerosi viaggi all'estero (fu anche in Italia e soggiornò un inverno a Roma) inserì la poesia danese nelle grandi correnti nella poesia europea del tempo, liberandola in tal modo sia dal provincialismo, sia dall'uniforme imitazione della poesia tedesca. La poesia comica del Settecento danese culminò nel suo Peder Paar; la satira nei Shjœmtedigte; l'autobiografia nella sua Epistola ad virum perillustrem; la storia nella sua Danemarks Riges Historie. Con Niels Klimt, con le Favole, con le Epistler, con i Moralske Tanker, Holberg innestò nella vita spirituale danese il pensiero francese del'700; e soprattutto fu il grande poeta comico: il Molière della Danimarca, si disse; ma, in realtà, più primitivo, più greggio: più germanico (v. Jeppe paa Bjerget). Il teatro danese aveva una lunga tradizione, specialmente nella Commedia studentesca con H. Justesen Ranch (1539-1607), con H. W. Laurenberg (1590-1658), con Mogen Skeel (1650-1694). Tale tradizione sbocciò con Holberg in una fioritura impressionante per fecondità - più di 20 commedie in tre soli anni - e per potenza: con una maggiore consistenza e con pienezza umana Holberg vi mostra l'inesauribile genialità improvvisatrice della nostra commedia dell'arte.
Holberg fu così l'uomo che chiude il passato e apre l'età nuova. Fu il razionalismo del Settecento, ma con la freschezza del suo primo sbocciare, con la linfa vitale che hanno i movimenti spirituali nella loro origine. Il razionalismo più arido sorse dopo Holberg, rappresentato nella filosofia da Otto Horrebow (1769-1823), F. Sneedorff. (1761-1792), nella teologia da Christian Bastholm (1740-1819), N. E. Balle (1744-1816), nella storia da F. Suhm (1728-98), G. Schøning (1722-80), nella filologia da J. Baden (1735-1804), F. Abrahamson, K. Nyerup; nella letteratura da J. C. Tode (1736-1806), di cui qualche lirica ha pregi di grazia formale, dal norvegese Ch. Pram (1796-1821), poeta, commediografo, saggista, da K. L. Rahbeck (1760-1829), commediografo, editore di Holberg, storico, autore di popolari Drikkeviser, ecc. Personalità dominanti furono P. A. Heiberg, commediografo e romanziere di gusto francese, poeta lirico e satirico, interprete degl'ideali sociali del secolo: al pari di Malthe Conrad Bruun (1775-1826), finito come Heiberg in esilio a Parigi, poeta rivoluzionario, autore del satirico Aristokratentcs Katekismus. Ideologie razionalistiche, versi epistolari o descrittivi, prosa discorsiva, aggressività satirica, tendenze didattiche sono comuni a tutti questi autori. La generale mania per la letteratura francese era tale che il norvegese Wessel fu indotto a farne la satira nella geniale parodia Kjœrlighed ude Strœmper. E peggiori risultati ancora ebbe l'imitazione della Aufklärung tedesca, che sotto Struensee si rifletté in Danimarca con quanto ebbe di più sciatto.
Il prodotto più tipico e migliore della letteratura del tempo fu la moda delle riviste: al Patriotiske Tilskuer di Sneedorff, seguirono la Minerva di Rahbeck e di Pram, e infine Den Danske Tilskuer di Rahbeck, contribuendo a una sempre più larga diffusione della cultura. Un preludio ai nuovi tempi si incontra soltanto in J. Ewald, il "Klopstock danese", che formalmente restò ancora chiuso in un gusto classicheggiante, ma, aderendo al movimento klopstockiano della "rinascita nordica", si volse a rievocare le antiche saghe, ammirò Shakespeare e Ossian, riprese nelle liriche il tema religioso e nei Fiskerne diede l'opera migliore della poesia idillica danese; o, e più nettamente ancora, in Baggesen, già completamente moderno come sensibilità e aperto a tutte le nuove idee, ma anch'egli come gusto formale legato ancora al Settecento: una delle figure più rappresentative dell'inquietudine spirituale che contrassegnò in tutta Europa la fine del secolo.
Il contrasto scoppiato nel secondo decennio del sec. XIX fra Baggesen e Oehlenschläger si chiuse con la totale vittoria di quest'ultimo, oltreché per il genio che questi possedeva, perché era l'espressione dei tempi nuovi del nascente romanticismo. Romanticismo medievale staëliano e romanticismo mistico tedesco erano uniti insieme nella sua natura, facile all'entusiasmo, alla fantasticheria, al sogno. Chi lo introdusse nel mondo romantico fu il norvegese Steffens, naturalista e filosofo, cresciuto alla scuola dello Schelling. In una poesia di vena facile, ricca, musicale richiamò a nuova vita l'antico mondo della leggenda e della saga nazionale, ricreandole dal proprio spirito. Diffuse il culto dell'arte romanza e del Rinascimento veduto con occhi romantici (Correggio). Aggiunse alla commedia di Holberg i primi esempî d'una tragedia romantica nazionale. Interpretò liricamente l'anima del suo popolo: diede nell'Aladdin il poema simbolico dello spirito danese.
Intorno a lui si raggruppò tutt'una folta schiera; fra cui il lirico meditativo e profondo Schak-Staffelt, sebbene ancora chiuso talora in forme classicheggianti; lo Ingemann, il Walter Scott danese, poeta di Oggeri il danese e romanzatore della Danimarca medievale; lo Hauch, drammaturgo, novelliere, ma soprattutto delicato poeta lirico, scolaro di Oehlenschläger, cantore mistico, romantico, novalisiano; e soprattutto, figura primeggiante accanto a Oehlenschläger, Grundtvig, il traduttore dell'Edda di Snorre e della cronaca di Saxo, il ricostruttore della mitologia scandinava, lo storico dell'epoca delle invasioni sulla costa inglese, il ridestatore della coscienza nazionale: grande, come scienziato, e come riformatore religioso e sociale, appassionato, ardente; anima del movimento scandinavistico, esaltatore del sentimento nazionale, creatore d'un movimento di pensiero che riempì di sé, in tutto il Nord, i decennî intorno alla metà del secolo.
In una cosa però nella lotta contro Oehlenschlager il Baggesen aveva colpito giusto: in quanto rivendicava l'importanza della forma riella poesia. E tale lotta riprese verso il 1820, contro la "Formlosigkeit", in cui il romanticismo anche in Danimarca era caduto, J. L. Heiberg: hegeliano in filosofia e in estetica; realista di temperamento; classicheggiante di gusto; educato sulla lettura dei Francesi. La poesia, egli ammonì, è, sì, fantasia, genio, profezia; ma è creazione, forma, coscienza della propria opera. La materia non importa; è tutta buona: non solo quella romantica, anche quella del presente. Ciò che importa è che dalla forma essa riceva la vita. Con drammi, commedie, drammi fiabeschi, vaudevilles, e più ancola con la critica, Heiberg fu per un ventennio il legislatore del gusto, e condusse la letteratura verso una tonalità nuova, che, senza escludere da sé i sentimenti romantici si mantenne in atteggiamenti di composta gentilezza. H. verz (1798-1870) gli fu buon scudiero mettendogli in versi l'estetica e applicandola nei suoi drammi. Thomasine Gyllembourg (1773-1856), sua madre, nelle Hverdagshistorier; Carl Bernhard (1798-1865), suo nipote, gli furono devoti. E un orientamento verso il realismo si nota anche in C. Bagger (1807-46), nelle commedie di Th. Overskou (1798-1873), nel dramma di P. V. Jacobsen (1799-1848). Lo stesso orientamento giunse a vera creazione di poesia con Poul Meller. E più felice ancora è l'equilibrio fra realismo e fondo sentimentale romantico nelle novelle paesane di Blicher; oppure nella poesia d'amore - più idealistica in Ch. Winther, più sensuale in E. Aarestrup - ma in tutti e due schietta e di ricca vena; così come l'equilibrio fra realismo e romantica meditazione di F. Paludan Müller, il cui Adam Homo è per così dire il Faust danese. Le vignette italiane di L. Bødtger hanno leggerezza di tono e freschezza di colore. Su tutti emerge il candido poeta delle fiabe: Andersen.
Un movimento analogo a quello della "Giovane Germania" fu quello che seguì. La poesia, si disse, deve essere posta a servigio della vita. Il settimanale diretto da Goldschmidt s'intitolava il Corsaro; e l'eleganza della prosa battagliera fece di lui un maestro del giornalismo nonché della prosa di romanzo (En Jøde). Tutta lirica esaltazione dell'idea scandinava e tutta accesa d'entusiasmo nazionale è la pocsia di C. Ploug. Le commedie di J. Ch. Hostrup aderiscono alla vita studentesca, colgono la realtà e la portano sulla scena, vogliono essere non poesia, ma vita nella naturalezza del suo svolgimento.
Tuttavia ciò non bastò a far scomparire il romantico idillico realismo dell'epoca precedente. La poesia vera e propria, scopo a sé stessa, venne considerata infatti come riposo, lasciata a nature idilliche. E perciò è spesso congiunta con l'immagine dell'Italia: un'Italia che è tutta tramonti, osterie nelle rovine, statue, belle romanine che mescono il vino: come in H. P. Holst (1811-1893), in Chr. Richardt (1831-1892) e specialmente in V. Bergsøe: come già era stato in Bødtger; e come è pure in Molbech, sebbene sia stato anche traduttore di Dante, e su Dante abbia composto un suo dramma. Tale è del resto la poesia di Bergsøe, di Molbech e di Richardt anche nelle composizioni di soggetto non italiano. E tale è quella di H.W. Kaalund (1818-1885), tutta effusione di sentimenti senza pensiero, sebbene schietta e appassionata poesia; e anch'egli incominciò con un viaggio in Italia; tale è quella di E. Lembke (1815-1897) e di altri minori. Il teatro è rappresentato dai vaudevilles di Bournonville (anche questi spesso su soggetti italiani) e dalle commedie-vaudeville di E. Bøgh; la letteratura narrativa dai romanzi storici, allora diffusissimi di Carit Etlar (C. Brosbøll, 1816-1900), e di H. F. Ewald (1821-1908). Si vive sempre in un mondo che dalla realtà toglie un po' di colore, o toglie inquietudini, ma nel mondo della fantasia trova il suo rifugio.
Per questo l'accusa di mancanza di energia, di disciplina, di volontà mossa da Hans Egede Schack, in Fantmterne, produce l'impressione, come fu detto, di "un taglio nella carne viva". E per questo, oltre che per la geniale potenza, l: uomo del secolo anche psicologicamente più rappresentativo resta Kierkegaard. Da una parte la vita bella, dall'altra la verità. Nel contrasto fra la volontà di assoluto nella verità e la volontà di bellezza, fra religione e gioia di vivere, la morale e la poesia, Kierkegaard macerò sé stesso. E da questo doloroso, voluttuoso maceramento nacque la sua opera; con la sua fuga verso l'assoluto; con la vita intesa "come stadî sulla via di Dio"; con l'ascesa dal mondo estetico, attraverso l'ironia, al mondo etico e infine al religioso. Come Grundtvig è l'antecedente danese della personalità di Biørnson, così Kierkegaard è l'antecedente danese, non solo di Jacobsen, ma di Ibsen.
La disfatta danese del '64 e la perdita dello Schleswig-Holstein fu, come spesso avviene delle crisi dei popoli, spiritualmente benefica. Brandes poté accusare i suoi connazionali di torpore, di fiacca stanchezza nell'isolamento: ma il richiamo di Brandes alla realtà cadde in fecondo terreno. La nuova filosofia positiva, la sociologia di Comte, la teoria dell'evoluzione, insieme con i progressi delle scienze esatte, destarono la nuova fede di cui Brandes, andato a Parigi alla scuola del Taine, divenne il banditore. Pur con quel suo carattere intermedio fra il professionale e il giornalistico, l'opera del Brandes fu di respiro potente, per la concretezza eloquente della parola, per l'intuito della penetrazione, per la vastità: veduta entro la prospettiva della letteratura danese del suo tempo, appare senza dubbio grandiosa.
L'inserzione della Danimarca nella vita spirituale europea, la revisione dei valori europei dal punto di vista della nuova fede positivistica e naturalistica, l'interpretazione della poesia e della letteratura danese con i nuovi metodi e col nuovo spirito, la predicazione dei nuovi valori estetici, sociali, morali, in vista della realtà, lo stimolo alla nuova letteratura, ebbe una portata tale che condusse a un rinnovamento generale a cui nessuno dei giovani si sottrasse. Il fratello, Edvard Brandes, lo fiancheggiò nella lotta sostenendolo specialmente nel campo teatrale e nel campo giornalistico. Sophus Schandorff tradusse il nuovo verbo estetico nelle sue robuste descrizioni di vita contadinesca. La novellistica di P. F. Rist, di E. Skram, di Z. Nielsen, di J. Skytte ne trasse alimento così come il teatro di O. Benzon, di G. Esman, ecc. E accanto a Brandes si schierarono in origine anche Holger Drachmann e Jens Peter Jacobsen.
Il naturalismo fu il loro punto di partenza, anzi, per un momento fu addirittura la loro fede. Soltanto la loro natura - romanticamente ricca e canora nel primo, romanticamente delicata invece nel secondo - li condusse spontaneamente verso un'arte nuova: l'impressionismo. E l'impressionismo fu infatti vergo il '90 "la parola d'ordine". Prima di tutto la letteratura di tendenze romantiche era così radicata nella mentalità e nella natura stessa della sensibilità danese, che si capisce come non si potesse estinguere, con tre quarti di secolo ormai di tradizione, da Oehlenschläger a Kierkegaard. E. v. d. Recke, drammaturgo, R. Schmidt (1836-99), drammaturgo e romanziere, Thor Lange 11851-1915), Sophus Bauditz (1850-1915), come novellieri, continuarono a tenere tale tradizione viva, anche se soverchiati dalle voci nuove. Il Gjellerup stesso, dopo gl'inizî ultrarealistici, tornò verso un pathos schilleriano, o verso un erotismo coloristico, intermedio fra romanticismo e realismo. E una conciliazione fra realismo e romanticismo tentò sul teatro E. Christiansen guardando al simbolismo ibseniano. Ma il romanticismo non poteva vincere più. Per rivivere doveva trasformarsi nel modo con cui in Jacobsen e Drachmann si era trasformato; e con il decadentismo di H. Bang, con la novella erotica di Peter Nansen, l'impressionismo vinse. Anche per le influenze che vi si aggiunsero: del simbolismo francese da una parte e di Nietzsche dall'altra. E se il realismo non si spense, ma continuò, fra altri, con il Topsae, e anzi il Pontoppidan compose proprio in questi anni tanto Det forjœttede Land quanto Lykke Peer con le loro lucide analisi della realtà, gl'interpreti tipici del tempo furono invece altri: Viggo Stuckenberg, morto appena quarantenne, dopo essere asceso dallo strindberghiano realismo dei primi racconti alla raffinata poesia simbolistica delle ultime liriche; Jørgensen, già traduttore di Baudelaire e destinato poi a diventare il poeta a un tempo delicato e sensuale dell'Umbria mistica; Sophus Claussen, che mosso da un fresco naturalismo canta la gioia di vivere, rovesciatasi poi in un satanismo di poeta decadente, e ristabilitasi infine in un "estetismo eroico" (Heroica 1925); Ludwig Holstein, maturato nel seno del simbolismo a delizioso creatore di piccole miniate visioni, d'un gusto prezioso; Helge Rode, poeta, drammaturgo, interprete pensoso di un'interiorità che, sotto le esperienze per cui è passata, ha trovato la via verso una sua religiosità contemplativa, ricca a un tempo e delicata, profonda e squisita; e infine Sophus Michaëlis, passato col tempo dalla lirica al romanzo e diventato sempre più ricco di colore, denso di sensazioni (cfr. i racconti sul Rinascimento italiano) e Gustav Wied (1854-1910), autore di grotteschi drammatici e di bizzarri racconti in cui la narrazione ha andamenti lirico-musicali di ballata, pur sopra un fondo realistico; il quale c'è ancor sempre, ma resta nello sfondo, così come resta nello sfondo anche in Karl Larsen, il creatore della simbolica figura di Hans Peter Egskov, borghese a un tempo e grottesca.
I più e i maggiori fra questi: Jørgensen, Helge Rode, Michaëlis, Karl Larsen, sono anche oggi figure di primo piano nella letteratura danese contemporanea: e insieme e accanto ad essi, altri che al loro gruppo appartengono: Nicls Møller, poeta della Grecia e del mare; L. C. Nielsen (1871-1930), nostalgico e melodioso cantore di Roma e dell'Oriente; Sven Lange (1868-1930), il romanziere di Hjertets Gerninger e drammaturgo; Laurids Bruun, errante con la fantasia nel Medioevo (Absalon) e nell'Oriente (van Zante), realistico nel colore, nostalgico e romantico nello spirito; Knud Hjortø, ironico e moralista, le cui opere offrono una miscela di decadentismo e di primitività, di provincia ingenua e di complicatezza intellettuale; Olaf Hansen, poeta semplice e musicale e delicato paesista; H. Bergstrøm, P. Levin (1869-1929), H. Nathansen, anatomizzatore del problema semitico, P. Rosencrantz e K. Hoffmann; fra le scrittrici J. Blicher-Clausen; A. Ehrencrone-Kidde; Agnes Henningsen; Karin Michaelis-Stangeland, l'autrice di Den farlige Alder (L'età critica), liberatasi nelle ultime opere dalle prime, soverchianti preoccupazioni di ordine etico e sociale. Malgrado certi toni realistici, lo sforzo di tutti è verso una modernità intellettualmente complessa o raffinata: verso una nuova interiorità.
Agl'inizî del nuovo secolo la nuova generazione si poté così formare al di fuori tanto della polemica realistica, quanto della polemica impressionistica, tutte e due ormai conchiuse, e conseguire una sua propria indipendenza, approfittando delle passate esperienze Accanto a coloro che, come lo squisito romanziere Harald Kidde (1878-1918), svilupparono ulteriormente e con nuova intimità i motivi cari alla generazione precedente, si affermarono numerose personalità solitarie: J. Knudsen, spirito meditativo, preoccupato del problema morale e religioso, sottile psicologo, che giunge talvolta a una poesia contemplativa d'inconsueta profondità e nobiltà; W. Rørdam, ispirato traduttore di Kipling, poeta di torbida, ma impetuosa e larga vena; Andersen Nexø, interprete della classe proletaria nelle lotte sociali che contrassegnarono quel tempo di socialismo battagliero. Alla costituzione di un gruppo omogeneo giunse soltanto la poesia regionale, la quale salì in gran fiore e trasse ispirazione soprattutto dalla vita, dai paesaggi, dalle tradizioni dello Jütland. Jeppe Aakjaer ne è il rappresentante più puro e più tipico; ma accanto a lui sono molti altri: Johan Skjøldborg, H. Søiberg, Theger Larsen, C. Andersøn, Maria Bregendahl, il selandese Gravlund. Mosso in origine dal gruppo dello Jütland, ma sviluppatosi rapidamente verso più larghi orizzonti, con una esperienza in parte europea, in parte americana di poesia e di vita; realista e romantico al medesimo tempo, dotato di una fantasia visionaria e di una grande potenza verbale, il più grande poeta della Dȧnimarca è oggi Johannes V. Jensen; evocatore di miti e interprete dell'anima del proprio popolo, nella sua intima realtà e della sua storia: con cui è risorta a un tratto la poesia di vasto epico respiro che sembrava essere tramontata con Oehlenschläger.
Dopo la guerra E. Bønnelycke, H.H. Seedorff, H. Bergstedt, T. Kristensen importarono in Danimarca le correnti espressionistiche, traendone accenti lirici di diseguale ma talvolta innegabile potenza. D'altro canto vi si è rispecchiata anche quella problematicità di esperienze intellettuali che contrassegna tanta parte della moderna letteratura in Europa; ed è facile avvertirla nel barocchismo delle stesse descrizioni di vita provinciale di J. Bucholtz e di H. Poulsen, come nell'analisi dell'ambiente di Copenaghen di J. Paludan, come negli arabeschi di Tom Kristensen e nelle sottili indagini psicologiche di Otto Rung; anche, e non meno, nel De Vises Sten (La pietra del saggio, 1923) di Anker Larsen, ormai notissimo anche fuori di Danimarca.
Bibl.: Un'eccellente storia della letteratura danese è ora quella di C.S. Petersen e W. Andersen, Illustreret dansk Litteraturhistorie, Copenaghen 1925 segg. (vol. II sul '700 ancora in preparazione): con ricchissima bibliografia. Fra le opere anteriori v. Nyerup e Rahbeck, Bidrag til den danske Digtekunsthistorie, voll. 6, Copenaghen 1800-28; N.M. Petersen, Der danske Litt. Historie, voll. 5, 1853-61; 2ª ed. 1867-71; P. Hansen, Illustr. dansk Litteraturhistorie, 3ª ed. voll. 2, Copenaghen 1916; V. Østergeard, Illustr. dansk Litteraturisk., Copenaghen 1907. Cfr. inoltre agli studî di G. Brandes in Samlede Vorker, I-XVIII, passim; di V. Andersen, Tider og Typer of dansk Aands Historie, voll. 3, Copenaghen 1907-15; e sulla letteratura moderna, oltre i varî saggi per lo più polemici di H. Nielsen in Modern Litteratur, Copenaghen 1904 e Af Tidens Troek, Copenaghen 1908 e segg.; v. J. Burgdahl, Dansk Digting fra den industr. Revolution til vore Dage, Copenaghen 1920; Chr. Runestad, Fra Stuckenberg til Seedorf. Den lyriske Renæssans i Danmark, Copenaghen 1922-23.