DANIMARCA (XII, p. 297)
Popolazione (p. 299). - Le variazioni degli anni recenti nel computo totale della popolazione non rivelano modificazioni notevoli; i censimenti del 1930 e 1935 e la stima del 1936 non manifestano variazioni territoriali e per la popolazione totale dànno rispettivamente i dati seguenti per tutto il regno: 3.556.686 ab., 3.706.349 ab. e 3.723.000 ab. Si riscontra quindi una leggiera tendenza all'aumento; di conseguenza la densità per kmq. è salita da 80 quale era nel 1925 a 86 nel 1935.
I valori della popolazione per le singole provincie risultano come segue.
(p. 300). - Per quanto interessa le risorse economiche del paese, l'agricoltura risulta avere sempre la massima importanza, dato che il paese manca completamente delle materie prime più importanti. I due fattori principali dell'agricoltura danese sono l'alta percentuale di suolo arativo (più del 60%) e gli altissimi rendimenti ottenuti dalle colture.
Grandissima importanza hanno i cereali, tra cui l'orzo (380.000 ha. e 9.000.000 di q. dati per il 1936), l'avena (377.000 ha. e 8.400.000 q.), usati soprattutto per l'allevamento; il frumento (119.000 ha. e 3.100.000 q.) e la segala (132000 ha. e 2.100.000 q.). Importanza notevole per l'allevamento hanno le colture foraggere (1.100.000 ha.); nel 1935 si avevano 3.116.000 bovini, 3.503.000 suini, 536.000 equini, 175.000 ovini.
L'allevamento e le industrie annesse forniscono circa i 5/6 dei prodotti di esportazione; la fabbricazione del burro nel 1935 raggiunse 1.730.000 q. di cui 1.138.000 q. esportati, quella del caseificio i 290.000 q. di cui 66.500 per l'esportazione. Notevoli anche le industrie per le costruzioni navali, gli zuccherifici (49.000 ha. con 2.035.000 q. di zucchero nel 1936-37), le industrie chimiche, ecc.
(p. 301). - Il commercio è sempre notevolmente florido e i valori per il quinquennio 1932-1936 sono i seguenti (in milioni di corone carta).
Nella prima voce figurano cereali, pannelli oleosi, carbone, ferro, lana, legname, benzina, ecc.; nella seconda burro, lardo, uova, navi, prodotti della pesca, ecc. La bilancia commerciale si salda con i trasporti marittimi e l'impiego di capitali all'estero.
Marina mercantile (p. 302). - Al 30 giugno 1937 la quota delle motonavi aveva quasi raggiunto la stazza dei piroscafi: 544.719 tonn. lorde in confronto a 572.793. La marina ha sofferto per la depressione mondiale; nel 1932, 300 mila tonn. erano in disarmo. Ma la situazione è poi sempre migliorata; gl'introiti lordi della marina mercantile ascendono a circa 150 milioni di corone all'anno.
La compagnia di navigazione praticamente più nota e più importante, la "Ostasiatiske Kompagni", ha 25 motonavi per tonn. 179.338. Già armatrice della pioniera delle motonavi per lunghe navigazioni, la Selandia (costruita nel 1912), essa ha venduto questo scafo sostituendolo con un altro da 8500 tonn., del medesimo nome. La produzione navale è passata con varie oscillazioni dalle 125.000 tonn. lorde del 1930 a 84 mila nel 1936; nel 1937 i cantieri hanno lavorato in pieno.
Marina militare (p. 304). - Il guardacoste Olfert Fischer è stato trasformato in nave bersaglio per aerei semovente non radiocomandato.
Torpediniere: alle 3 (Dragen, Hvalen, Laxan) da 290 tonn. e 27,5 nodi ne sono seguite altre 3 (Glenten, Høgen, Ørnen) costruite nel 1933-34, da 290 tonn. e 27,5 nodi, armate con 2/87, 6 tubi di lancio da 456, attrezzate anche come posamine, mentre altre 2 dello stesso tipo sono in progetto.
Sommergibili: 1 in progetto; 3 (Havmanden, Havfruen, Havcalven) ultimati da 300 tonn. e 15/8 nodi, armati con 5 tubi di lancio da 450.
Nave-scuola allievi: Ingolf, varata nel 1933, da 1180 tonn. e 16,5 nodi, armata con 2/120 ed 1 aereo, adibita anche alla protezione della pesca.
Gli effettivi ascendono a 1900 uomini.
Finanze (p. 304). - L'economia danese ha risentito profondamente della crisi, ma con varî provvedimenti il governo è riuscito a ridurne al minimo la ripercussione sulla situazione finanziaria.
Al 31 marzo 1937 il debito estero era di 669 milioni e quello interno di 653 (di cui 560 consolidato).
La convertibilità dei biglietti (ripristinata il 1° gennaio 1927 sulla base aurea prebellica; 1 corona = gr. 0,403226 di oro fino) fu sospesa il 29 settembre 1931 e nel novembre dello stesso anno fu istituito il controllo dei cambî. Dal gennaio 1933 la corona è stata però ancorata alla sterlina al tasso di 22,40 corone per 1 ???116???.: stabilizzazione di fatto che ha riconosciuto una svalutazione complessiva di circa il 50% e che non ha subito ulteriori modificazioni. Con legge 7 aprile 1936 la Banca nazionale di Copenaghen, banca privata godente del privilegio dell'emissione da 118 anni, è stata trasformata nella Banca nazionale di Danimarca che, pur conservando la forma di istituto bancario per azioni, è di fatto una banca di stato col monopolio dell'emissione e l'obbligo di coprire i biglietti con una riserva aurea del 25%.
Al 31 dicembre 1937 i biglietti in circolazione ammontavano a 417 milioni e la riserva aurea a 118 milioni in oro e 62 in divise.
I principali istituti bancarî sono: la Privatbanken København (1857), la Danske Landmandsbank Hypotek og Vekselbank (1871) e la Københavns Handelsbank (1873).
Bibl.: V. le pubb. period. della Società delle naz., specie l'Ann.
Culti (p. 303). - La prefettura apostolica di Danimarca fu istituita nel 1868 ed elevata a vicariato nel 1892.
Storia (p. 304). - Dal 1929 in poi è rimasta al potere la coalizione dei democratici e socialdemocratici (quest'ultimo, il partito più forte), con il ministero Stauning. La posizione di essa si è anzi rafforzata, specialmente dopo le elezioni del 1936, per il Senato (Landsting). Quest'ultimo era infatti rimasto sino allora padroneggiato dai partiti di opposizione (sinistra agraria o venstra e conservatori), che vi detenevano, nel complesso, 40 seggi contro 35 dei partiti governativi. E l'opposizione fra la Camera (Folketing) - favorevole al governo - e il Senato era venuta in luce specialmente nell'ottobre 1932, quando il Landsting aveva rifiutato di approvare una proposta del governo per regolamentare le importazioni e il tasso dei cambî, rendendo necessario lo scioglimento della Camera e nuove elezioni. Queste ultime, il 17 novembre, segnarono un ulteriore, seppur lieve, rafforzamento dei socialdemocratici; un più netto rafforzamento dei conservatori; e un indebolimento invece dei democratici e della sinistra agraria: ma nel complesso mantennero le precedenti posizioni fra partiti governativi e di opposizione. Molto più favorevoli al governo furono invece le elezioni del 22 ottobre 1935: in esse il partito socialdemocratico guadagnò 6 seggi, i democratici mantennero lo stesso numero di seggi, i conservatori ne perdettero uno e gli agrarî di sinistra sette. E finalmente le elezioni del 22 settembre 1936 per il Landsting hanno dato al governo la maggioranza anche in questa assemblea: i due partiti governativi raggiunsero infatti 39 seggi, contro 37 dei partiti di opposizione. La vita interna del paese è stata (gennaio 1933 e febbraio-marzo 1936) turbata da scioperi e serrate di certa gravità: ma nel complesso non presenta fatti di particolare rilievo. Il tentativo di creare in Danimarca un partito nazionalista, sullo stampo del nazionalsocialismo tedesco, non ebbe successo; il partito, creato nell'aprile 1933, fu disciolto il 1° settembre 1934. Nelle relazioni internazionali, la Danimarca si mantiene in stretto rapporto di collaborazione con gli altri stati nordici (v. norvegia, App.).
Lingua (p. 310). - Fonetica e morfologia. - La lingua danese serba i caratteri che distinguono le lingue germaniche del ramo nordico; però tra le lingue nordiche essa appare fino dai più antichi documenti come la più evoluta in confronto del nordico primitivo.
Il più singolare tra i fenomeni fonetici del danese odierno consiste in quel tipo di accento che i grammatici nazionali chiamano Stødtone, o semplicemente Stød, e i tedeschi Stosston. La maggior parte dei fonetisti danesi lo crede prodotto da una chiusura istantanea della glottide; però secondo J. Fochhammer si tratta propriamente d'una forte compressione delle corde vocali, che soltanto in alcuni dialetti può esser così forte da produrre la chiusura della glottide. Il vocalismo danese è caratterizzato da una grande varietà di suoni che l'ortografia usuale, naturalmente, non può rispecchiare: dieci vocali "piene" qualitativamente diverse e aventi ciascuna tre variazioni di quantità (lunga, quasilunga con lo Stød, breve), e una vocale ridotta (ə). Nel consonantismo è notevole specialmente il modo particolare di proferire le fricative sonore.
La declinazione, che già nel danese medievale appare assai semplificata, nel danese odierno può dirsi quasi distrutta. Degli antichi casi, nominativo, accusativo e dativo non si distinguono più nella forma, mentre il genitivo singolare e plurale ha l'esponente -s. Sussiste, ma non in tutti i nomi, la distinzione formale tra singolare e plurale, espressa da desinenze (plur. -e oppure -er) e in parecchi nomi anche (o soltanto) da un cambiamento della vocale radicale. I tre generi, che nel pronome di 3ª persona sono ancora distinti, nel nome sono ridotti a due essendosi fusi il maschile e il femminile nel "genere comune".
Caratteristica delle lingue nordiche è la duplice forma e costruzione dell'articolo determinato. Se il nome è qualificato da un aggettivo, l'articolo precede questo, e prende in danese le forme: den (sing. comune), det (sing. neutro), de (plur.). Se l'aggettivo manca, l'articolo determinato si suffigge al nome e prende le forme: -(e)n (sing. com.), -(e)t (sing. neutro), -(e)ne (plur.). L'art. indeterminato, che non ha plur., nel sing. suona: en (com.), et (neutro). Esempî: Drengen "il ragazzo", en Dreng "un ragazzo", den gode Dreng "il buon ragazzo"; neutro Huset "la casa", et Hus "una casa" det gamle Hus "la vecchia casa". Sopravvive nel danese la doppia flessione dell'aggettivo, antica caratteristica delle lingue germaniche, ma gli esponenti sono ridotti nella declinazione "debole" ad -e (per tutte le forme) e nella "forte" a -t (sing. neutr.) ed -e (plur.), non avendo desidenza il sing. comune. Il verbo conserva la distinzione germanica tra coniugazione "forte" (imperfetto senza suffisso e quasi sempre con vocale diversa da quella del presente) e "debole" (imperfetto con -de, o con -te, e con la stessa vocale del presente fuorché nel caso, non frequente, di metafonia regressiva). Il verbo forte mostra una grande varietà di tipi, dovuta al fatto che le originarie serie apofoniche si complicarono con altri processi fonetici. La coniugazione è molto semplice. Il presente indicativo ha in tutto il sing. una sola forma con la desinenza -r (o -er) e nel plur. una sola forma priva di desinenza e perciò uguale all'infinito. Nell'uso odierno la desinenza del sing. viene estesa al plur., sicché sparisce ogni differenza tra questo e quello. L'imperfetto ind. ha di solito una forma unica, ma in alcuni verbi forti il sing. e il plur. hanno vocali radicali diverse. Solo in poesia si usa ancora l'antica desinenza -st della 2ª pers. sing. pres. e imperf.; e ha sapore arcaico la -e nel plur. imperf. dei verbi forti. Il futuro e il condizionale si esprimono con l'infinito retto dal pres., e rispettivamente dall'imperf., degli ausiliarî ville "volere" e skulle "dovere". Dalla coniugazione medio-passiva, formatasi nel nordico antico per l'affissione di alcune forme pronominali alle voci del verbo attivo, deriva il passivo danese, il cui esponente -s è un residuo del pronome riflessivo. Esiste però anche un passivo perifrastico formato con l'ausiliare blive "divenire".