DANIMARCA
(XII, p. 297; App. I, p. 495; II, I, p. 749; III, I, p. 464; IV, I, p. 568)
Popolazione. - La popolazione danese ammonta (1989) a 5.129.778 ab., con andamento stabile rispetto ai 5.123.989 censiti nel 1981 (censimento 1976, 5.072.516). Dopo una lunga fase di lievissimi aumenti, proprio nel 1981 si ebbe un primo calo di popolazione, ripetutosi negli anni seguenti, salvo una leggera ripresa a partire dal 1986. Determinante appare la prevalenza delle morti (11,3‰ nel 1987) sulle nascite (11‰); il movimento migratorio, però, oggi meno equilibrato che in passato, dà luogo a saldi positivi che controbilanciano l'andamento naturale: nel 1985 gli immigrati sono stati 36.214 e gli emigrati 26.715; nel 1988, rispettivamente, 35.051 e 34.544.
Va modificandosi, nel contempo, anche la distribuzione della popolazione. In primo luogo, nell'ultimo quindicennio si è assistito a una lieve diminuzione degli abitanti nelle regioni di più fitto insediamento (Sjaelland: da 248 ab./km2 nel 1975, a 244 ab./km2 nel 1989), e un altrettanto modesto aumento si è avuto nelle regioni meno popolose (Jylland/Jutland: da 76 ab./km2 a 80 ab./km2). D'altro canto, si è accentuata la tendenza, già ben evidente in passato, all'inurbamento: la popolazione urbana è valutata (1986) in circa l'85% del totale. Va però sottolineato che è in aumento la popolazione delle città medio-piccole e piccole, mentre la capitale e varie altre città, fra le quali alcuni capoluoghi, denunciano cali demografici anche vistosi o almeno una prolungata stasi. Del resto, oltre Copenaghen, appena una dozzina di città ha una popolazione superiore ai 50.000 abitanti.
Condizioni economiche. − Il settore primario (e, al suo interno, specialmente la zootecnia) continua a rivestire un ruolo fondamentale, benché ormai occupi solo il 5% della popolazione attiva (meno della metà rispetto al 1971). La produzione globale del settore non accenna a diminuire, e stabile rimane l'estensione delle terre coltivate (60,4% di arativo, 4,8% di prati e pascoli), mentre si sono avute significative variazioni nella composizione dei prodotti: fra i cereali (che occupano i due terzi dei terreni arativi) hanno assunto importanza senza precedenti l'orzo (4,9 milioni di t nel 1989) e il frumento (3,2 milioni di t), mentre modesta rimane la produzione di segale e drasticamente ridimensionata è quella di avena. Buona parte della produzione è destinata alla trasformazione industriale (birra: 8,7 milioni di hl nel 1987) o all'alimentazione animale. Anche la coltivazione della patata (11 milioni di q) e della barbabietola (31 milioni di q) va ricollegata all'uso foraggero, oltre che alla produzione di zucchero (5,5 milioni di q). Il parco animale è numerosissimo: i bovini sono (1988) 2,2 milioni (negli anni Settanta avevano superato i 3 milioni), mentre i suini sono circa 9,2 milioni e i volatili da cortile 16 milioni. Il calo dei bovini va ascritto, almeno in parte, alle politiche comunitarie di freno alla produzione di latte e derivati (la D. ha prodotto, nel 1988, circa 5 milioni di t di latte). Grande importanza ha infine anche la pesca, con un prodotto annuo, largamente esportato, che oscilla fra 1,7 e 1,9 milioni di t, e vari porti specializzati (Esbjerg, Hirtshals, Skagen, Thyboron).
Tra le attività industriali, tradizionale è la produzione di cemento (circa 2 milioni di t), mentre recentemente, dopo prospezioni nel Mar del Nord divenute fruttuose nel 1982, è iniziata una produzione di petrolio che ha raggiunto (1987) i 4,6 milioni di t; si è avviata anche l'estrazione di metano. L'industria manifatturiera, oltre che nel settore alimentare, ha i suoi punti di forza in quello meccanico (cantieristica, motori, elettromeccanica), nel tessile, nel chimico (fertilizzanti, farmaceutici). Nell'insieme, l'industria occupa il 28% della popolazione attiva.
Il settore terziario occupa i due terzi circa della popolazione attiva. Di particolare rilievo, data anche la posizione geografica della D., sono i trasporti marittimi, articolati sui porti principali di Copenaghen, Århus e Ålborg. La flotta ha però subito una recente contrazione sia di tonnellaggio, sia di unità (1240 navi di oltre 100 tsl, per un totale di 4,6 milioni di tsl nel 1988).
Largamente dipendente dal commercio internazionale, la D. ha più che triplicato, nell'ultimo decennio, il valore dell'interscambio. L'adesione alla CEE ne ha alquanto modificato le direttrici, riducendo a un 20% circa il ruolo dei paesi scandinavi (ma la Svezia è tuttora il secondo partner della D.) e innalzando fino a circa il 50% del totale lo scambio con i paesi CEE (specie Germania e Gran Bretagna).
Bibl.: Danmarks Statistik, Statistik Årbog Danmark, Copenaghen, annuale; E. H. Pedersen, Ländliche Neusiedlung in Dänemark vom Ende des 19. Jahrunderts bis zu Gegenwart, in Erdkunde, 3 (1986), pp. 218-26; J. Westerholm, The development of a national port system. Denmark 1950-1980, in Fennia, 164 (1986), 2, pp. 211-90; H. C. Johansen, The Danish economy in the twentieth century, Londra 1987; Nordic Statistical Secretariat, Yearbook of nordic statistics, Stoccolma, annuale (1987).
Politica economica e finanziaria. - All'inizio degli anni Ottanta la situazione economica della D. si caratterizzava per gli elevati tassi d'inflazione e gli ampi squilibri dei conti pubblici e di quelli con l'estero; la posizione competitiva esterna risultava, peraltro, ampiamente positiva in seguito alle svalutazioni del tasso di cambio intervenute tra il 1979 e il 1981 (in questo periodo il tasso di cambio reale si era deprezzato di circa il 18%).
Il nuovo governo, in carica dalla fine del 1982, ha adottato una strategia basata sul risanamento fiscale, una rigorosa politica dei redditi e un cambio stabile nel Sistema Monetario Europeo (SME). Il governo ha inoltre perseguito una politica di liberalizzazione dei movimenti di capitale con l'estero.
La manovra economica ha consentito di stimolare la crescita e ridurre significativamente il tasso d'inflazione. Nel periodo 1983-86 la produzione industriale è cresciuta del 17%, mentre gli investimenti sono raddoppiati. Nonostante un cospicuo aumento delle forze di lavoro, il tasso di disoccupazione è sceso da oltre il 10% (1983-84) a meno dell'8 (1986-87). Tra il 1982 e il 1986 il tasso d'inflazione è calato dal 10,3 al 2,9%. La restrizione fiscale è stata particolarmente efficace: il disavanzo pubblico, pari a oltre il 9% del PIL nel 1982, si è trasformato in un avanzo a partire dal 1986.
La manovra è risultata, tuttavia, meno efficace per quanto riguarda i conti con l'estero. Il disavanzo di parte corrente è infatti salito da 1,2 miliardi di dollari nel 1983 (pari al 2,5% del PIL) a 4,5 miliardi nel 1986 (5,3% del PIL). Questo peggioramento è da ascriversi alla forte crescita della domanda interna (in media il 5,3% all'anno nel triennio 1984-86), oltre che alla progressiva erosione della competitività in seguito all'apprezzamento effettivo della corona nei confronti delle altre valute dello SME.
Nel 1986, il deterioramento dei conti con l'estero, in presenza di una politica monetaria relativamente espansiva, si è riflesso negativamente sul tasso di cambio. Per fronteggiare le pressioni speculative la Banca centrale ha rialzato i tassi d'interesse e, in occasione del riallineamento dello SME del gennaio 1987, la corona danese è stata svalutata del 3% nei confronti del marco tedesco e del fiorino olandese e del 2% nei confronti del franco belga e di quello lussemburghese.
Con il 1986 si è esaurito il ciclo espansivo dell'economia danese. Oltre al rialzo dei tassi d'interesse, sono state introdotte misure volte a stimolare il risparmio privato e a ridurre i consumi. Nel marzo di quell'anno la Banca centrale ha limitato l'indebitamento estero volto a finanziare il credito al consumo. Nel mese di ottobre è stata introdotta un'imposta sul credito al consumo e si è avuto un inasprimento dei prestiti ipotecari. A partire dal 1987, infine, ha preso avvio una riforma fiscale di ampia portata che contempla, fra l'altro, una riduzione della deducibilità degli interessi.
Nel 1987 la domanda interna è risultata ampiamente negativa; anche il PIL è diminuito dello 0,6%. In seguito alla riduzione dell'orario di lavoro la caduta nell'attività produttiva non ha, tuttavia, avuto riflessi sul tasso di disoccupazione. Nei tre anni successivi, invece, la debolezza dell'attività economica si è tradotta in aumenti del tasso di disoccupazione, che nel 1990 ha raggiunto un valore pari a circa il 10%.
Storia. - Tra il 1975 e il 1982 la D. è stata caratterizzata da una forte instabilità politica che ha causato continue elezioni anticipate. La ragione di questa instabilità va probabilmente ricercata nelle difficoltà economiche che il paese ha dovuto affrontare, in un periodo di crisi petrolifera internazionale, con un'inflazione e una disoccupazione in costante aumento e una crescita progressiva del debito estero.
Le elezioni del 9 gennaio 1975 portarono, nel febbraio, al costituirsi di un monocolore socialdemocratico, guidato da A. Jorgensen, che non poteva però contare su una piena maggioranza, nonostante l'appoggio esterno di radicali, socialisti, comunisti, socialisti di sinistra, e di due dei quattro deputati della Groenlandia e delle isole Faröer. Jorgensen fu costretto a dimettersi il 22 gennaio 1977 per non essere riuscito ad assicurare una maggioranza parlamentare al disegno governativo di congelare i prezzi e i salari per un biennio. Le elezioni politiche anticipate ebbero luogo nel febbraio 1977.
I socialdemocratici, che avevano condotto la campagna elettorale presentandosi come un partito responsabile costretto a prendere decisioni impopolari per riassestare l'economia del paese, passarono da 53 a 65 seggi, ma si rafforzarono anche i conservatori (da 10 a 15 seggi) e i democratici di centro (da 4 a 11 seggi). Inoltre i qualunquisti di Glistrup (Partito del progresso) divennero, con 26 seggi, il secondo partito danese. Fu varato, ancora una volta, un monocolore socialdemocratico di minoranza, ma Jorgensen fu costretto, il 30 agosto 1978, a costituire una coalizione con i liberali democratici (Venstre), per l'attuazione di un rigoroso programma economico.
Le elezioni per il Parlamento europeo, tenutesi nel giugno 1979, registrarono una scarsissima affluenza alle urne e misero in evidenza una certa ostilità di una parte consistente della popolazione danese nei confronti della Comunità europea. Nel frattempo entrava in crisi la coalizione fra socialdemocratici e Venstre per un disaccordo sulla politica dei redditi. Jorgensen presentò le dimissioni e le elezioni, tenutesi nell'ottobre 1979, non modificarono in maniera rilevante il rapporto di forze tra i diversi partiti della coalizione.
Jorgensen varò un governo socialdemocratico di minoranza che nel maggio 1980, con il supporto di tre partiti di centro (i radicali, i democratici di centro, i democristiani), mise in atto alcune misure tendenti a sanare la situazione economica attraverso un aumento delle tasse e sensibili tagli alla spesa pubblica. Nel novembre 1981, però, Jorgensen fu costretto ancora una volta a dimettersi non avendo ottenuto l'appoggio degli alleati, e in particolare dei democratici di centro, su un progetto economico che prevedeva un finanziamento dell'industria e dell'agricoltura da ottenere a spese dei fondi pensionistici e delle assicurazioni. Le elezioni anticipate si tennero nel dicembre 1981. I socialdemocratici persero 9 seggi, mentre i conservatori registrarono un ulteriore incremento. Jorgensen formò l'ennesimo governo socialdemocratico di minoranza, che cadde nel settembre 1982 quando il Parlamento bocciò il progetto che prevedeva il contenimento del deficit di bilancio da ottenere attraverso l'imposizione di nuove tasse.
Questa volta non ci furono elezioni anticipate e l'incarico di formare il nuovo governo fu affidato a un conservatore, P. Schlüter, che divenne il primo capo di gabinetto conservatore dal 1894. Schlüter formò un governo di centro-destra comprendente, oltre ai conservatori, i liberali, i democristiani e il centro democratico. Il governo ebbe anche l'appoggio esterno dei radicali. Questi ultimi votavano a favore del governo in tutte le questioni interne ed economiche, mentre si schieravano con l'opposizione, mettendo il governo in minoranza, nelle questioni di politica estera e militare.
I governi conservatori, che si sono succeduti dal 1982 al 1989, si sono caratterizzati per una severa politica economica, volta a ridurre l'inflazione e la disoccupazione agendo sia sui salari che sulla tassazione. Nel 1986 il tasso d'inflazione era sceso al 2,9% e la disoccupazione al 7,8%. Il governo, d'altra parte, è stato più volte battuto nel corso degli anni Ottanta su questioni legate alla politica estera. Nel marzo 1985 il Parlamento votò contro l'installazione nel paese di centrali nucleari, e in maggio approvò una mozione contraria alla partecipazione della D. alla ricerca connessa alla ''Iniziativa di difesa strategica'' del governo degli Stati Uniti. Nel gennaio 1986 i partiti di sinistra bloccarono il programma di riforme CEE volte ad accelerare il processo decisionale del Consiglio dei ministri. Schlüter indisse un referendum nazionale, vedendo nel rifiuto danese il primo passo per il ritiro della D. dalla Comunità. L'esito del referendum fu favorevole (56,2%) alle riforme che vennero formalmente approvate dal Folketing nel maggio 1986. Il 14 aprile 1988 il governo cadde su una richiesta dell'opposizione, che esigeva che alle navi da guerra NATO, alla fonda nelle acque territoriali danesi, fosse ribadito che la D. non permetteva la presenza di armi nucleari sul suo territorio.
Schlüter indisse nuove elezioni che, tenutesi il 10 maggio 1988, non modificarono la situazione politica. Il nuovo gabinetto escludeva il Centro democratico e i democristiani, ma includeva i radicali e i liberali (Venstre).
In una circolare distribuita nello stesso mese di giugno a tutte le missioni diplomatiche a Copenaghen si ricordava che tutte le navi da guerra presenti nelle acque territoriali della D. avrebbero dovuto rispettare la legge danese. Nella circolare non si faceva alcuno specifico riferimento alle armi nucleari. Sia la Gran Bretagna che gli Stati Uniti si dichiararono soddisfatti di questa soluzione. Il 12 dicembre 1990 si tennero ancora una volta le elezioni politiche anticipate poiché Schlüter non era riuscito a ottenere la maggioranza sulla previsione di bilancio per l'anno 1991 e su un progetto di riforma per l'imposizione indiretta. Le elezioni, che videro un successo in percentuale e in seggi dell'opposizione socialdemocratica, non modificarono però i rapporti di forza fra Destra e Sinistra. Il 17 dicembre Schlüter varò un nuovo governo minoritario costituito da conservatori e liberali, e nel febbraio 1991 ottenne l'approvazione del bilancio rinunciando alla progettata riduzione delle tasse dirette.
Letteratura. - Dopo l'estrema politicizzazione degli anni Settanta e i vari tentativi di sovvertimento dell'istituzione letteraria da parte di baldanzose avanguardie, sembra di avvertire un mutamento di clima, una rinnovata esigenza nei riguardi dei valori formali, una nuova fede nel valore intrinseco della poesia, uno stanco abbandono delle ideologie. Ma non è facile individuare un prevalere di indirizzi o di correnti: si può solo ancora una volta constatare, nella sovrabbondante produzione letteraria, un pluralismo di voci e di tendenze, un accavallarsi di sperimentazioni che si pongono sulla scia di analoghi movimenti in Europa e in America. Prevalgono uno spiccato individualismo e un accanimento nel porsi, da angolature diverse, problemi e interrogativi non più di carattere esistenziale, politico o sociale, ma legati (specialmente con l'affermarsi della ''nuova letteratura femminile'') alla sfera del personale quotidiano e alla vita sessuale. Tema dominante sembra essere quello della imminenza e ineluttabilità di una generale catastrofe ecologica. Anche in D. non è più tempo di confortanti certezze.
Nel 1976 muore T. Ditlevsen (n. 1918), e nel 1977 tace prematuramente la voce di F. Jaeger (n. 1926); nello stesso anno scompare, nel pieno della sua attività, L. Panduro (n. 1923), ma vivono ancora, sugli schermi televisivi, i personaggi dei suoi fortunati teledrammi. Non meno compianto A. Schade (1903-1978), riscoperto dalle giovani generazioni, mentre la sua tecnica, solo apparentemente ingenua, è ripresa da poeti di successo come B. Andersen (n. 1929) e S. Kaalo (n. 1945). Muore anche l'immaginoso H. Scherfig (1905-1979), già pietra dello scandalo per la sua fede marxista, riabilitato nel 1973 con il conferimento del gran premio dell'Accademia danese. Nel 1981 pone volontariamente fine alla propria vita O. Sarvig (n. 1921), fedele sino all'ultimo alla sua angoscia cosmica e alla sua fede nella poesia come unica possibile interprete delle "ultime realtà". E scompare anche il drammaturgo C. E. M. Soya (1896-1983).
Tra gli scrittori da tempo affermati, W. A. Heinesen (n. 1900) continua a evocare, per il suo pubblico, il paesaggio e le tradizioni delle native Faeroer, e T. Skou-Hansen (n. 1925), distaccatosi da tempo dalle ideologie di Heretica, è sempre più impegnato nei suoi romanzi nella denuncia sociale e politica. Ancora ascoltata la voce di T. Bjornvig (n. 1919), che ha conquistato molti giovani con le liriche di Morgenmorke (1977, "L'oscurità del mattino"), i suoi saggi ecologici e le recenti poesie in difesa dell'ambiente, ben lontane dall'ermetismo simbolico già a lui caro. Notevole interesse hanno anche suscitato, dopo Pagten (1974, "Il patto"), nel quale aveva ripercorso le tumultuose vicende della sua amicizia con K. Blixen, altri quattro volumi autobiografici (l'ultimo è del 1987), nei quali egli rievoca, attraverso i ricordi d'infanzia e di gioventù, le vicende culturali e politiche della D. dal primo al secondo dopoguerra. La tradizione del simbolismo e decadentismo europeo, di cui Bjornvig è stato detto "l'ultimo erede", ritorna nella lirica di E. Nordbrandt (n. 1945) con un rinnovamento di forma e di linguaggio che implica una voluta presa di distanza. Sin dal suo debutto (1966), si presenta come poeta raffinato ed elitario e sceglie la metafora come elemento poetico centrale, riscuotendo ammirazione da parte della critica, ma scarsa accoglienza da parte del grande pubblico. Estraneo alla realtà danese contemporanea, e chiuso nel suo mondo poetico, egli trae in seguito ispirazione da lunghi soggiorni in Grecia e in Turchia, e dalla poesia di Omar Khayyām, per intonare sempre di nuovo, con infinite variazioni, il compianto per un mondo di bellezza oramai percepibile solo come ombra e assenza; o per esprimere, sempre in chiave di assenza, l'impeto della passione amorosa. Delle sue ultime raccolte di liriche ricordiamo Under Mausolaeet (1987, "Sotto il mausoleo"), dove il mausoleo di Alicarnasso è assunto a simbolo della vanità del potere, e la vita è concepita come attesa della morte.
Nel campo della lirica sono sempre presenti J. G. Brandt (n. 1929), U. Harder (n. 1930), I. Malinowski (n. 1926), sempre teso a tener viva con le sue poesie la fiamma della contestazione giovanile; e J. Sonne (n. 1925), che ultimamente ha dato prova di capacità narrativa con il romanzo storico Natten i Rom (1984, "Notte romana"). Sempre onnipresente, nella lirica, nella narrativa e nei media, K. Rifbjerg (n. 1931). Abilissimo nell'assecondare i mutamenti del clima letterario, nella sua ultima raccolta di liriche Byens Tvelys (1987, "Crepuscolo cittadino"), sembra ritornare al modernismo delle sue prime liriche di Konfrontation (1960, "Confronto").
Nella narrativa e nella saggistica domina ancora, per acutezza di pensiero e straordinaria capacità stilistica, W. Sorensen (n. 1929; v.), già redattore insieme a K. Rifbjerg di Vindrosen. La predilezione di Sorensen per il fantastico e la sua ricerca di una realtà psicologica, mutuata in parte dalle teorie freudiane, sono presenti anche in opere di scrittori tra loro ben diversi, come P. Seeberg (n. 1925), P. M. Sorensen (n. 1937) e S. Holm (n. 1940).
Di P. Seeberg, oltre ai racconti di Eftersogningen (1962; trad. it. L'inchiesta, 1988); vale ricordare il romanzo Vaerkforer Thomsens endelige hengivelse (1986, "L'ultima resa del carpentiere Thomsen") ispirato a credenze celtiche sulla metempsicosi. Oltre che nella narrativa, Holm ha ultimamente dimostrato volontà di rinnovamento in fortunati drammi storici che adombrano situazioni e problemi attuali. Al neorealismo, sorto negli anni Sessanta in opposizione al gusto per il fantastico e l'astratto del modernismo, è rimasto fedele, nella narrativa come nei drammi televisivi, A. Bodelsen (n. 1937). Da esso si sono invece distaccati C. Kampmann (1939-1988), che ha preferito la via della ''confessione'', di moda negli anni Settanta, e H. Stangerup (n. 1937) che nei suoi ultimi romanzi si ispira alla tecnica documentaristica per rievocare, con stile incalzante e fervida fantasia, figure quasi dimenticate del passato, come il naturalista P. W. Lund, spentosi in Brasile dopo anni di ricerca sul campo (Vejen til Lagoa Santa, 1981, trad. it. Lagoa Santa, 1988) e come il romantico P. L. Moller, oppositore di Kierkegaard, morto in miseria in Francia (Det er svaert at do i Dieppe, 1985, "È difficile morire a Dieppe").
Tra gli scrittori della ''terza fase modernistica'' lanciata nel 1968 da H. J. Nielsen in nome di una totale relativizzazione dei valori e di una poesia concepita unicamente come costruzione linguistica si sono affermati, nella lirica come nella prosa, I. Christensen (n. 1935) e P. Hojholt (n. 1928).
Dopo il successo delle poesie di Det (1969, "Ciò"), ricche di accattivante musicalità anche se non di immediata comprensione, Christensen ha approfondito la sua personale strategia di rielaborazione poetica e sistematica della lingua, inizialmente mutuata dal concretismo tedesco, pervenendo a maggiore semplicità e chiarezza, in Alphabet (1981; trad. it. Alfabeto, 1987), serie di liriche in stretta successione alfabetica, inserite nella serie numerica di Fibonacci. Più radicale, anche se meno conseguente, lo sperimentalismo di Hojholt che, inseguendo il suo estro parodico e bizzarro, porta avanti un'estrema protesta formale, con l'intento di creare, con ogni testo, una realtà poetica autonoma. Il suo stile, composito e labirintico, appare come gioco elusivo nelle prose dei vari volumi di Praxis e nelle raccolte poetiche, quando non è unicamente volto al divertimento, come nei nonsenses dei suoi monologhi radiofonici, di altissimo gradimento.
Il concetto di poesia come costruzione linguistica è ripreso con estrema coerenza da K. Hoeck (n. 1938) nei cinque volumi di Reisen (1971-73, "Il viaggio") e portato alle estreme conseguenze, col supporto dell'elaborazione computeristica, nel ponderoso Hjem (1985, "A casa"). Il relativismo attitudinale e il gusto della sperimentazione linguistica proclamati da Nielsen sono presenti anche nell'opera di S. A. Madsen (n. 1939).
Dopo varie esperienze nella scia del nouveau roman, Madsen è riuscito a conquistare il pubblico sfruttando le potenzialità dei vari tipi di romanzo tradizionale, usati come modelli linguistici per ironiche e sofisticate manipolazioni di stili e linguaggi diversi (dal sentimentale all'avventuroso, dal pornografico al poliziesco, dal fantastico al fantascientifico); ma, nello stesso tempo, egli non trascura nessuno degli elementi di più facile presa presso il lettore meno avvertito, come continui colpi di scena, suspense, ecc. Dei suoi romanzi, ricordiamo in particolare Dage med Diam eller livet om natten (1972, "Giorni con Diam, o anche vita di notte"), aperto a due diverse possibilità di interpretazione; Tugt og utugt i mellemtiden (1976, "Verecondia e inverecondia nel tempo di mezzo") e il recente Slaegten Lavrans (1988, "La famiglia Lavran"), ove ritorna il personaggio di Diam.
Più aperta, e lontana da ogni intellettualismo, la polemica contro il proprio tempo di E. K. Reich (n. 1940). Impegnato in prima persona in tutte le manifestazioni della rivolta giovanile e particolarmente contro la partecipazione della D. al Mercato comune, Reich si afferma con una particolarissima rivisitazione del passato danese.
Grande successo riscuote, nel primo centenario della morte di Grundtvig, Frederik. En folkebog om N.F.S. Grundtvigs tid og liv (1972, "Federico. Libro popolare sul tempo e sulla vita di N. F. S. Grundtvig"), ove è messa in luce l'attualità di alcuni insegnamenti del grande educatore danese.
Felicità di stile e afflato nazional-popolare contraddistinguono anche il romanzo storico Festen for Caecilien (1979, "La vigilia di Santa Cecilia"). Le opere più lette e discusse alla fine degli anni Settanta sono in ogni modo l'appassionata e polemica inchiesta di T. Hansen (n. 1927) Processen mod Hamsun (1978, "Il processo contro Hamsun", oggetto di controversie anche in Norvegia) e il romanzo ''calcistico'' Fodbold Engel (1979, "L'angelo del calcio") di H. J. Nielsen, ritornato alla letteratura dal giornalismo sportivo. Immettendosi abilmente nella scia delle correnti letterarie del momento (autobiografismo, documentarismo, letteratura di confessione) Nielsen descrive in questo romanzo lo smarrimento, di fronte alla inaspettata crisi economica che investe la D., degli uomini della sua generazione, delusi in campo politico e sociale e inoltre incapaci di vivere il quotidiano rapporto di coppia secondo l'assunto della totale uguaglianza dei sessi, da loro stessi proclamato.
È così messo in discussione il trionfalismo di gran parte della ''nuova letteratura femminile''. Il termine è stato lanciato nel 1976, anno in cui T. Ditlevsen pone volontariamente fine alla propria vita dopo aver dato, nelle sue ultime opere, una più dolente e approfondita immagine della sua vita di donna. Forti di una nuova consapevolezza politica, conquistata nei gruppi di base femministi, giovani donne scelgono, nella prosa e nella poesia, la via di un ''nuovo realismo femminile'' che è nello stesso tempo documento, confessione e affermazione di nuovi valori, ma anche ricerca di nuovi mezzi espressivi.
Tra le scrittrici più affermate, oltre a D. Willumsen (n. 1940), prima donna insignita (1982) del gran premio dell'Accademia danese, ricordiamo K. Thorup (n. 1942), Ch. Strandgaard (n. 1943) e B. Clod (n. 1946). Più impegnata socialmente e politicamente D. Trier Morch (n. 1941), che mutua dalla sua esperienza di grafica l'essenzialità dello stile sin dal primo, breve romanzo documentario, Vinterborn (1976, trad. it. Bambini nati d'inverno, 1982), da lei stessa illustrato.
Alla dilagante ricerca dello specifico femminile e all'esaltazione di un nuovo ideale di ''sorellanza'' si oppone, per prima, E. Gress (1919-1988), che pur aveva precedentemente denunciato la soggezione del mondo femminile in Det uopdagede kon (1964, "Il sesso negletto"). Della sua spregiudicatezza di giudizio e della sua fede in una libera umanità senza differenza di sesso danno testimonianza il romanzo a sfondo autobiografico Salamander (1977, "La salamandra") e i cinque volumi di memorie. Solo in parte impegnata nei movimenti femministi è la scrittrice M. Larsen (n. 1951), le cui apprezzate raccolte liriche hanno soprattutto valenza politica.
Nessun impegno, se non quello di togliere le ultime barriere tra pubblico e privato nei riguardi del sesso, appare nelle opere di successo (e di consumo) delle coetanee V. Andersen e S. Brogger (n. 1944). Efficace, nella sua elementarità di sottoproletaria autodidatta, la prima, più consapevole dei valori letterari la seconda, che sa inorpellare la sua prosa con la sottigliezza dei paradossi e l'eleganza dello stile, e fa dimenticare con ironica presa di distanza la scabrosità, e la tenuità, della materia trattata.
Nell'ultimo decennio si fa avanti una nuova avanguardia di giovani che, al di là delle divergenze tematiche e formali, hanno in comune un estremo individualismo e la fede in un unico valore assoluto, quello dell'"atto poetico'' concepito come elaborazione linguistica.
La loro è una poesia disperata, diseguale, a volte anarchica, a volte estatica, spesso aggressiva, ma sempre di forte carica vitalistica ed emotiva, mutuata dal mondo rock e punk. Le canzoni di B. Dylan e di D. Bowie fanno parte della loro tematica e del loro linguaggio non meno di Baudelaire, Rimbaud, Eliot e i modernisti danesi degli anni Sessanta. Ricordiamo F. P. Jac (n. 1955), primo a opporsi alla sciattezza della poesia socialrealista degli anni Settanta; M. Strunge (1958-1986), corifeo di questa new wave e redattore della rivista Sidegaden (1981-83); S. U. Thomsen (n. 1956), sempre alla ricerca, nella lirica e nella teoria, della "specificità della poesia". Meno chiuso nel suo individualismo B. G. Jensen (n. 1955), impegnato anche nella narrativa e nella critica letteraria. Più affinata e decantata l'elaborazione linguistica nelle liriche ''femminili'' di P. Tafdrup (n. 1952) e di J. Preisler (n. 1959). Impegnata la prima, nei suoi versi limpidi e musicali, nella ricerca di unità tra i moti del proprio sentire e le trasformazioni e i trasalimenti del proprio corpo di donna; attratta e respinta nello stesso tempo la seconda dalla distruttività insita nell'atto amoroso, oggetto di gran parte delle sue liriche audaci e raffinate.
Dopo anni di silenzio, nel 1985 P. Hultberg (n. 1935) pubblica il poderoso romanzo Requiem, composto da 537 monologhi di voci anonime che lamentano, in una prosa elaborata e pregnante, i loro dolori e le loro frustrazioni. Sono anche da ricordare i romanzi e i racconti di J. C. Hansen (1956-1989), salutato con stupore dalla critica sin dal suo debutto letterario (1981) per la raggiunta maturità artistica. Tipica figura del postmodernismo danese I. Michael (n. 1943) che, abbandonato il realismo ecologico dei suoi saggi sugli indiani d'America, ha divertito il pubblico col realismo grottesco del romanzo medievale Troubadurens laerling (1984, "L'apprendista trovatore"), ove frequenti sono gli ammiccamenti allusivi alla Divina Commedia.
Bibl.: P. Borum, Danish literature. A short critical survey, Copenaghen 1979; T. Brostrøm, Den ny åbenhed. 1970. ernes brugslitteratur, ivi 1981; Danske digtere i det 20. århundrede, voll. iv e v, a cura di T. Brostrøm e M. Winge, ivi 1982; T. Brostrøm, Modernisme før og nu, ivi 1983; Id., Fantasi og dokument. Litteraturen i firserne, ivi 1984; J. Chr. Jørgensen, Hamskiftet. Maendenes krise i litteraturen 1973-1983, ivi 1984; AA. VV., Dansk litteratur historie, viii, ivi 1985; AA. VV., Litteraturhåndbogen, ivi 19854.
Arte. - È in accordo con la tradizione danese che molti giovani artisti negli anni Ottanta abbiano lavorato ed esposto nell'ambito di un gruppo; ma mentre nel passato questi gruppi generalmente contestavano i valori espressi dalle istituzioni, oggi spesso operano su idee che si sviluppano in seno alla stessa Accademia danese delle belle arti. Tale mutamento riflette la rinnovata importanza attribuita all'abilità tecnica, l'influenza della storia dell'arte e l'accresciuta enfasi sugli aspetti teorici dell'arte.
Esempio di queste nuove idee è l'opera di H. Heinsen (n. 1935), M. Møller (n. 1938) e S. Brøgger (n. 1941), tutti professori dell'Accademia, che hanno dato vita negli anni Sessanta al movimento Skalakunst legato alla corrente minimista, la cui frammentata visione del mondo può esser vista come la prima indicazione in D. di correnti postmoderniste. Heinsen, Møller e Brøgger hanno lavorato insieme a sculture monumentali, come La porta della libertà (1981), che, situata in un sobborgo di Copenaghen, si erge, ironica e scarna, a commento provocatorio dei problemi sociali e ambientali che la circondano.
La rottura con il tardo modernismo è forse più drammaticamente rappresentata dall'opera di 12 giovani pittori dell'Accademia, i cosiddetti ''giovani pittori selvaggi''. La loro prima esposizione di gruppo, Kniven på hovedet ("Il coltello sulla testa"), del 1982, ha assunto il ruolo di manifesto: vi furono espresse idee provenienti dalla transavanguardia italiana e dalla heftige Malerei tedesca, ma il movimento danese non aveva la pregnanza di queste espressioni, a cui non si può dire aggiungesse particolari significati. Di fatto, i ''giovani pittori selvaggi'' hanno presto abbandonato il loro punto di partenza di espressionismo figurativo e hanno iniziato a lavorare con immagini dense, tattili, piene d'ironia e di ambiguità, con una precisa volontà di sottolineare l'elemento spirituale dell'arte, atteggiamento ravvisabile anche nella produzione di giovani scultori dalla metà degli anni Ottanta.
Spesso, tuttavia, la tradizionale distinzione fra pittura e scultura ha perso importanza negli anni Ottanta, poiché molti artisti hanno lavorato con combinazioni di ambedue queste forme d'arte o con installazioni direttamente interagenti con lo spazio espositivo. Questo modo di operare è tipico soprattutto del gruppo Ny Abstraktion ("Nuova astrazione"), le cui origini, formali e intellettuali, poggiano su una tradizione tardo modernista, ma che ha aperto nuove strade con l'uso di materiali inconsueti, giustapposizioni accidentali e con l'inserimento altresì di elementi di alta tecnologia. Il gruppo, decimato nel 1984, si è sciolto nel 1988, ma ciascun membro ha continuato in questa direzione: fra di essi T. Ebbesen (n. 1945), M. Sorensen (n. 1949), M. Barker (n. 1944) e V. Collaro (n. 1946).
Leifsgade 22, che ha preso nome dall'indirizzo dell'atelier, è un collettivo che riunisce cinque artisti più giovani, anch'essi interessati all'environmental art, che hanno mostrato di prediligere spazi industriali in disuso, nei quali creano paesaggi urbani moderni di marcato carattere sensuale.
Nei primi anni Sessanta Den eksperimenterende kunstskole o Eks-skolen, insieme agli artisti del gruppo Fluxus, si era opposta al monopolio che l'educazione artistica formale aveva all'Accademia e alla predominanza nelle istituzioni artistiche di ex membri del gruppo Cobra. Alcuni degli artisti legati a questa scuola sperimentale, in particolare P. Gernes (n. 1925), P. Kirkeby (n. 1938) e B. Nørgaard (n. 1947) − insieme con L. Adler Petersen (n. 1944), U. Reuter Christiansen (n. 1943) ed E. Hagens (n. 1940) − dalla fine degli anni Settanta si sono riuniti col nome Arme og Ben ("Braccia e gambe"), lavorando con modi assolutamente non ortodossi e con vivace immaginazione pittorica entro e con spazi museali e collezioni, che acquistano nel processo una dimensione del tutto nuova. Gernes, che della Eks-skolen era stato la forza principale, progressivamente si è distanziato dal gruppo e poi dal mondo stesso dell'arte, dedicandosi esclusivamente alla decorazione ornamentale di spazi pubblici. Kirkeby ha avuto riconoscimenti internazionali alla sua pittura basata sulla natura, di carattere espressivo ''nordico''. Nørgaard, che verso il 1970 attrasse l'attenzione con i suoi provocatori happenings, ora lavora in forme più eclettiche e popolari; nelle sue sculture, spesso di proporzioni enormi, fa abbondanti citazioni da miti antichi e dalla storia dell'arte.
Al di fuori dell'attività dei gruppi molti artisti, di varie generazioni, lavorano indipendentemente. Fra i più anziani vanno menzionati il surrealista W. Freddie (n. 1909), il pittore R. Mortensen (n. 1910) e lo scultore R. Jacobsen (n. 1912) − gli ultimi due provenienti da un ambiente costruttivista d'ispirazione francese − C.-H. Pedersen (n. 1913), P. Hornung (1919-1989) e S. Wiig-Hansen (n. 1922): tutti artisti che lavorano in maniera espressiva, ma molto differente gli uni dagli altri. P. Nielsen (n. 1920) è ancora l'esponente di spicco della grafica in bianco e nero. A tutti questi artisti sono state dedicate grandi esposizioni retrospettive negli anni Ottanta; hanno spesso avuto grandi commissioni pubbliche e ancora esercitano una notevole influenza sulle generazioni più giovani.
Della generazione di mezzo bisogna citare A. Haugen Sorensen (n. 1932), i cui dipinti surrealisti hanno progressivamente rivelato interessi religiosi, e, fra i più giovani, K. Christensen (n. 1945), che ha attirato l'attenzione col suo acceso commento sociale, e più di recente con i suoi ''dipinti spaziali'', nei quali immagina l'universo che abbraccia ogni possibilità sia di cambiare il mondo sia di esserne cambiato.
L'intento sociale, sempre caratterizzante l'arte danese, raramente, oggi, si esprime nei contenuti dell'opera d'arte, collegandosi piuttosto alla sua funzione nei riferimenti e nelle relazioni con ciò che la circonda. Vedi tav. f. t.
Bibl.: 3-Year art book 1983, Copenaghen 1983; Dansk Kunst 84, a cura di A. Steen, H.P. Jensen, B. Irve, ivi 1984 (anche negli anni successivi); J. J. Thorsen, Modernisme i dansk malerkunst, ivi 1987.
Architettura. - Anche un paese dalla mentalità tradizionalmente conservatrice e sospettosa degli influssi esterni, quale la D., si è lasciato coinvolgere, nei primi anni Ottanta, nel conformismo internazionale postmodernista. Così, accanto a un tipo di edilizia cooperativa di natura tutta locale, si è incentivata una progettazione che, privilegiando ''contestualismi'' e impieghi indiscriminati di simbologie e ''memorie'' storiciste, intende rappresentare, nella pietra e nel legno, la discontinuità e l'incoerenza dell'affluente società contemporanea. N.-O. Lund, teorico di architettura, propugna a fronte di un documento presentato nel 1983 dalla Direzione della pianificazione (il massimo organo danese), una disciplina tettonica che tende a mortificare la resa funzionale a favore degli aspetti squisitamente formali dei centri cittadini.
Lund giustifica tale proposta attaccando con ferocia l'ideologia dello zoning e auspicando, per il futuro, una riconversione compatta di quanto finora si è fisicamente disperso nel territorio. Ma, come si è accennato, convive con questa tendenza revancharde il filone, generoso e idealistico, della gestione partecipativa nella programmazione dell'ambiente naturale e costruito, con il fine conclamato di difenderne e valorizzarne caratteristiche e qualità. Il postulato radica le proprie proposizioni in un consolidato costume civile; tuttavia, almeno nell'ambito problematico del rinnovo urbano, i risultati non sembrano all'altezza delle aspettative.
Infatti l'ambizioso progetto, attuato attraverso la definizione di nuclei specifici − devoluti a predisporre la ristrutturazione di sia pur delimitate aree edilizie mediante l'intervento propositivo dei residenti − è sfociato in immagini "dialettali", tra il romantico e il fiabesco, per lo più ispirate allo stile dei villaggi nordici. Seguendo quest'ottica, prevale nel settore pubblico uno standard costruttivo di alte densità territoriali con, al contrario, altezze degli edifici assai contenute: il criterio delle ''case basse sperimentali''.
Gli esegeti della ''partecipazione democratica'' hanno innestato su questi schemi remoti esperienze cosiddette di vicinato e di ambiti collettivizzati, effettuate, dopo il 1968, in svariati esempi cooperativistici.
La legge per i finanziamenti pubblici del 1980 è stata, quindi, estesa a un maggior numero di casi, utilizzando organismi articolati in 20-30 unità residenziali imperniate su servizi comuni. A Jystrup (studio ''Vandkunsten'') l'idea è stata tanto radicalizzata che anche le cucine e i locali di soggiorno sono stati estratti dagli aggregati familiari e, conseguentemente, immessi nella zona comunitaria, protetta da appositi portici vetrati (1985).
Un'iniziativa di rilievo se non altro dimensionale è stata realizzata a Høje Tåstrup, a ovest di Copenaghen, dallo studio di J. Blegvad, sviluppando, intorno alla nuova stazione centrale, un insediamento simmetrico con asse principale, che figurativamente ripete dettati neorazionalisti. Appunto il neorazionalismo, sulla scia europea, trova adepti pronti a rilanciare un'eredità culturale per certi versi dissipata; nondimeno gli esiti sono talvolta inquinati da cadute novecentiste.
Timidamente, con un lessico perciò non del tutto maturo, si affacciano all'orizzonte danese gruppi di architetti che fanno propri i portati della migliore avanguardia mondiale: da G. Behnisch a F. O. Gehry, dai virtuosismi della viennese Coop Himmelblau alla deregulation di G. Domenig. Tra gli esponenti: S. Tönsager che nel suo Café Paradis ad Århus del 1986 si avvicina alle antigeometrie decostruttiviste degli Himmelblau; Bente ed Ernst che hanno suscitato notevole interesse con il loro recente portale a Copenaghen, e F. Skude che propone forme fantastiche.
Da segnalare, infine, le ricerche dei ''biomorfi'' (sempre presenti in Scandinavia) che mediano la lezione organica con i principi teosofici ispiratori del Goetheanum di R. Steiner. Un cenno meritano i danesi che operano ormai prevalentemente all'estero. Oltre al noto J. Utzon e allo studio di O. Arup, il poetico strutturalista scomparso nel 1988, due elementi dell'atelier di A. Jacobsen, O. Weitling − suo partner − e il socio giovane Dissing, ne proseguono l'attività, particolarmente in Germania dove hanno vinto concorsi internazionali. A loro si devono il palazzo IBM ad Amburgo e il museo d'arte di Düsseldorf (1986); J. O. von Spreckelsen, nel 1984, ha ricevuto il primo premio per il cubico arco di trionfo del quartiere parigino della Défense. Vedi tav. f. t.
Bibl.: The Architectural Review, 1085 (aprile 1985); K. Dirckinck-Holmfeld, Danmark: Tendenser i dansk byggeri, in Nordiske Tendenser, Byggekunst, 7 (1986); The Danish way, Danish Centre for Architecture, catalogo, 1986.
Musica. - Durante tutta la prima metà del 20° secolo, Copenaghen ha continuato a costituire l'unico grande centro della vita musicale danese: qui hanno sede l'opera e il balletto reale di antichissima tradizione, l'orchestra di Tivoli diretta dal 1909 al 1935 da F. Schnedler-Petersen, il Conservatorio di musica (1866), la Società dei giovani compositori (1920), dal 1923 sezione danese dell'ISCM (International Society for Contemporary Music) e curatrice della rivista di musicologia Dansk musiktidsskrift (1925).
Un impulso decisivo, sul finire degli anni Venti, provenne dalla Radio Danese, e particolarmente dalle attività dell'Orchestra sinfonica radiofonica. Il primo conservatorio fuori della capitale sorse nel 1927 ad Århus, dove era anche attiva una orchestra sinfonica stabile (1935). Solo dopo la seconda guerra mondiale si assiste tuttavia a un reale decentramento delle istituzioni musicali: sorgono nelle principali città nuove orchestre sinfoniche, teatri d'opera (in particolare quelli di Århus e Odense), altri conservatori (Odense, Ålborg e Esbjerg) e scuole elementari di musica.
Nei primi decenni del 20° secolo dominano la scena musicale danese alcuni compositori che rimangono nell'ambito della grande influenza esercitata sulla musica nazionale da K. A. Nielsen (1865-1931): fra questi vanno ricordati in particolare P. Schierbeck (1888-1949), J. Bentzon (1897-1951) e F. Høffding (n. 1899).
Alla lezione più attuale di Bartók e di Stravinskij si richiama invece V. Holmboe (n. 1909), autore di nove Sinfonie, una delle figure più significative dopo quella di Nielsen; in questi stessi anni N. V. Bentzon (n. 1919) si richiama a Schönberg e Hindemith. A partire dagli anni Quaranta, assieme a Holmboe e Bentzon, s'impone la figura di H. D. Koppel (n. 1908), che esercita un ruolo di primo piano nel più vasto ambito della musica scandinava. Dell'influenza del neo-classicismo francese risentono invece K. Riisager (1897-1974), J. Jersild (n. 1913) e P. R. Olsen (n. 1922).
Primo compositore danese a interessarsi in modo sistematico della musica seriale fu G. Berg (n.1909), che studiò per lungo tempo a Parigi e rimase fortemente influenzato dalla tecnica di O. M. Messiaen. La sua opera è stata riscoperta all'inizio degli anni Cinquanta, in un clima di prevalente influenza esercitata dal serialismo post-weberniano su alcuni compositori nati intorno alla metà degli anni Venti: tra questi A. Borup-Jorgensen (n. 1924), J. Maegaard (n. 1926), B. Lewkowitch (n. 1927). Tra i più giovani, sono da segnalare I. Nørholm (n. 1931), P. Gudmundsen-Holmgreen (n. 1932) e P. Nørgaard (n. 1932).
A partire dagli anni Sessanta, e particolarmente nell'opera di P. Nørgaard, si fa maggiormente evidente l'esigenza, comune a molti compositori, di superare gli schemi del serialismo, aprendosi a quella pluralità di stili e di orientamenti che tuttora caratterizza la produzione musicale danese. Fra i compositori più giovani vanno ricordati in particolare K. Aage Rasmussen (n. 1947), P. Ruders (n. 1949) e H. Habrahmsen (n. 1952).
Bibl.: B. Wallner, Scandinavian music after the second world war, in The Musical Quarterly, 1965, pp. 111-16, 137-41; N. Schorring, Musikkens historie: Danmark, voll. i-iii, Copenaghen 1977-78; T. Nielsen, Lineamenti della storia musicale danese, in Accademia di Danimarca, Musica danese, Roma 1985, pp. 6-7.
Cinema. - Già agli esordi del cinema, la D. diviene un paese tra i più sviluppati dal punto di vista industriale e produttivo. Il primo film danese, realizzato tra il 1896 e il 1897, è un brevissimo documentario dal titolo Kørsel med grønlandske hunde ("Cani groenlandesi tirano una slitta"), filmato dal fotografo P. Elfelt. Lo stesso Elfelt tra il 1897 e il 1914 gira più di duecento documentari, ed è l'autore del primo film di fiction: Henrettelsen ("Esecuzione capitale"), storia di una madre condotta al patibolo per aver ucciso i propri figli. Contemporaneamente all'attività documentaristica si sviluppa una produzione di fiction che ha pochi riscontri nella storia del cinema. Durante gli anni Dieci infatti, grazie soprattutto alle produzioni della Nordisk Films Kompagni, il cinema danese è tra i primi nel mondo nel contrastare con successo il monopolio della casa di produzione francesce Pathé. Cinque sono i cineasti di maggior rilievo: A. Blom, A. Lind, U. Gad, B. Christensen, F. Holger-Madsen.
Quest'ultimo firma opere cariche di misticismo e di problematiche spirituali occulte (come Pax aeterna, 1916), mentre Blom e Gad prediligono il melodramma e il dramma borghese. Di Lind va ricordato Den hride slavehandel ("La tratta delle schiave bianche", 1910), in cui fanno la loro apparizione alcuni tra i temi più ricorrenti del cinema nordico: la sensualità, il senso del peccato, l'esplorazione di mondi torbidi o corrotti. Più attento ai drammi interiori dell'animo umano è Christensen, conosciuto soprattutto per un'opera potente e incisiva quale Häxan (La stregoneria attraverso i secoli, 1921).
Dopo il 1917, anno della creazione della tedesca UFA, l'industria cinematografica danese si avvia a un lento e inesorabile declino, finendo con l'assumere un ruolo assolutamente marginale nel panorama europeo dopo il 1929, anno del fallimento della Nordisk. Tuttavia, parallelamente a questo periodo di decadenza, e in maniera del tutto autonoma rispetto alla coeva produzione nazionale, svolge la sua attività C. Th. Dreyer, il più grande regista danese e uno dei maestri indiscussi della storia del cinema (v. App. III, i, p. 501; IV, i, p. 612).
Soltanto sul finire degli anni Ottanta il cinema danese è tornato a recuperare una discreta risonanza internazionale con Babettes gaestebud (Il pranzo di Babette, 1987), un'opera di G. Axel che nel 1988 ha ottenuto l'Oscar come miglior film straniero, e con Pelle Erobreren (Pelle alla conquista del mondo, 1988), ''palma d'oro'' a Cannes. A parte il caso di Axel, tra gli anni Trenta e gli Ottanta pochissimi autori erano infatti riusciti a emergere, tra i quali, tutti operanti dopo la morte di Dreyer (1968), vanno ricordati Carlsen, Malmors, Stangerup e Brandt. Le loro opere sono peraltro orientate verso un cinema di genere, in special modo il fantastico e il poliziesco, anche se non mancano problematiche sociali.
Bibl.: Le cinéma danois, a cura del Centro Georges Pompidou, Parigi 1979; Schiave bianche allo specchio, a cura di P. Cherchi Usai, Pordenone 1986.