Danni punitivi
Una recente ordinanza della prima sezione civile della Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la questione concernente il possibile riconoscimento nell’ordinamento italiano di provvedimenti di condanna a danni punitivi emanati in giurisdizioni estere. Sebbene interlocutoria, la decisione assume particolare importanza: non solo in quanto rivisita criticamente alcuni assunti sino ad oggi consolidatisi in punto di delibazione di sentenze straniere, ma soprattutto perché può offrire alla Suprema Corte l’occasione per tornare a pronunciarsi sul tema, assai dibattuto in dottrina, delle funzioni ascrivibili all’istituto della responsabilità civile.
SOMMARIO 1. La ricognizione 2. La focalizzazione 2.1 Danni punitivi e ordine pubblico 2.2 Le evoluzioni della responsabilità civile in Italia 3. I profili problematici 3.1 Sul riconoscimento di sentenze straniere 3.2 Sulle funzioni della responsabilità civile
L’istituto dei danni punitivi (punitive damages), affermatosi nella tradizione giuridica di common law, ed evolutosi in particolare nell’ordinamento statunitense, individua i casi in cui il responsabile di un illecito civile sia condannato alla corresponsione di una somma superiore all’equivalente monetario del pregiudizio patito dal danneggiato1. Ciò induce ad attribuire al rimedio risarcitorio una valenza ulteriore rispetto a quella meramente compensativa, incentrata invece sull’idea di sanzione per la condotta tenuta dal danneggiante e sulla carica deterrente ad essa associata2.
La liquidazione del danno risarcibile svincolata dal parametro della Differenztheorie sottende opzioni di politica legislativa che investono, in via apicale, le funzioni della responsabilità civile3. Chi nega che questa possa rispondere a logiche diverse rispetto a quelle di carattere meramente risarcitorio, è coerentemente portato ad escludere che i danni punitivi siano compatibili con le linee di fondo del nostro sistema privatistico4. Viceversa, il loro ingresso nelle maglie dell’ordinamento implica, in qualche misura, l’accettazione del ruolo regolatorio della disciplina dell’illecito extracontrattuale, che dovrebbe esser focalizzata non già (esclusivamente) sul danno patito dalla vittima, quanto volta a sanzionare, e quindi a prevenire, condotte potenzialmente lesive da parte dei consociati5.
La giurisprudenza italiana è apparsa sino ad oggi rigorosa nell’escludere l’ammissibiltà di una quantificazione del «danno ingiusto» che vada al di là del pregiudizio effettivamente sofferto a fronte dell’altrui condotta illecita.
Tale orientamento di chiusura è emerso con particolare nettezza nell’ambito di giudizi con cui si è negata la delibazione di sentenze straniere aventi ad oggetto condanne al pagamento di somme che, quando pure non esplicitamente qualificate come punitive, esorbitavano rispetto al pregiudizio lamentato dalle parti in causa. In una prima occasione, nel 2007, la Corte di cassazione ha esplicitamente affermato che «l’idea della punizione e della sanzione è estranea al risarcimento del danno, così come è indifferente la condotta del danneggiante. Alla responsabilità civile è assegnato il compito precipuo di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subìto la lesione, mediante il pagamento di una somma di denaro che tenda ad eliminare le conseguenze del danno arrecato»6. Indirizzo, questo, successivamente ribadito nel 2012, allorché la Suprema Corte ha sancito che «[p]osta la finalità esclusivamente compensativa riconosciuta alla responsabilità civile, non può essere accolta, per contrarietà all’ordine pubblico, l’istanza di exequatur di una sentenza nordamericana di condanna al pagamento di una somma risarcitoria che, sebbene non dichiaratamente punitiva, supera in modo rilevante la richiesta dell’attore senza che sia dato rinvenire la causa giustificativa dell’attribuzione patrimoniale»7.
Anche al di là delle ipotesi di delibazione di provvedimenti stranieri, risulta principio recentemente ribadito dalle Sezioni Unite della Cassazione quello per cui «la progressiva autonomia della disciplina della responsabilità civile da quella penale ha comportato l’obliterazione della funzione sanzionatoria e di deterrenza e l’affermarsi della funzione reintegratoria e riparatoria (oltre che consolatoria)»8.
In questo quadro, è con particolare interesse che deve guardarsi all’ordinanza con cui, nel maggio 2016, a fronte di un caso analogo a quello risolto con la menzionata sentenza del 2007, la prima sezione della Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la soluzione della questione concernente la «non delibabilità, per contrasto con l’ordine pubblico, della sentenza straniera che riconosca danni punitivi»9.
L’iter argomentativo che ha portato alla rimessione della decisione alle Sezioni unite si fonda su due diverse problematiche:
i) la definizione della nozione «ordine pubblico» rilevante nel giudizio di delibazione delle sentenze straniere;
ii) a tenuta dell’assunto che esclude in via assoluta che alla disciplina della responsabilità civile possa ascriversi una funzione ulteriore rispetto a quella meramente riparatoria e compensativa.
Secondo i principi generali del diritto internazionale privato, non possono trovare applicazione nel nostro ordinamento le leggi di altri Paesi, nè riconoscimento le sentenze di organi giurisdizionali stranieri, capaci di produrre «effetti contrari all’ordine pubblico» (artt. 16 e 64, lett. g, l. 31.5.1995, n. 218).
Come ormai chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, il filtro previsto dalle richiamate norme non si identifica con il cd. ordine pubblico interno – e quindi con qualsiasi norma imperativa dell’ordinamento civile10 – bensì con quello, assai più circoscritto, di ordine pubblico internazionale, coincidente con i principi fondamentali e caratterizzanti l’atteggiamento dell’ordinamento in un determinato periodo storico11. In tale prospettiva, l’ordine pubblico riguarda quindi le regole poste dalla Costituzione e dalla legge a base degli istituti giuridici, e consiste nel complesso di principi caratterizzanti, nel profondo, la struttura etico-sociale della comunità.
È per l’appunto in quest’ottica che la recente ordinanza della Suprema Corte propone di valutare la natura dei provvedimenti stranieri aventi ad oggetto condanne al pagamento di danni non meramente risarcitori. Il loro mancato riconoscimento potrebbe logicamente giustificarsi solo accedendo ad una ricostruzione della responsabilità civile italiana come intrinsecamente incapace di aprirsi a funzioni diverse da quella compensativa, cosìcché la valorizzazione di compiti ulteriori apparirebbe non già come l’apertura a regole diverse da quelle vigenti nell’ordinamento nazionale, ma addirittura come l’accettazione di principi contrastanti con i suoi essenziali valori costituzionali, cui nemmeno il legislatore ordinario potrebbe derogare.
Così impostato il tema, la Cassazione sviluppa la propria argomentazione muovendo da una serie di indici normativi che, già nella loro formulazione legislativa, o per come applicati nella prassi giurisprudenziale, paiono idonei a revocare in dubbio che la funzione riparatoria-compensativa, seppur prevalente nel nostro ordinamento, sia davvero l’unica attribuibile al rimedio risarcitorio. Merita in questa sede dar conto delle ipotesi maggiormente significative esaminate dalla Suprema Corte12.
a) Si pensi in primo luogo alle disposizioni che annoverano tra le voci rilevanti nella quantificazione del danno da lesione della proprietà industriale (art. 125 c.p.i.) e del diritto d’autore (art. 158 l. autore), rispettivamente, «i benefici realizzati dall’autore della violazione» e «gli utili realizzati in violazione del diritto». Norme, queste, che pure a fronte dell’opinione che inquadra il disgorgement of profits al di fuori dell’area dell’illecito13, sono state interpretate dalla Cassazione come fonte di un criterio risarcitorio che «più che ripristinare le perdite patrimoniali subite, svolge una funzione parzialmente sanzionatoria, in quanto diretta anche ad impedire che l’autore dell’illecito possa farne propri i vantaggi»14.
b) Di rilievo è apparso altresì il rimedio risarcitorio di cui all’art. 709 ter c.p.c., interpretato, specie da una parte della giurisprudenza di merito, in senso marcatamente punitivo, come volto a sanzionare il mancato rispetto dei provvedimenti giudiziali che risolvono controversie in ordine all’esercizio della potestà genitoriale o delle modalità dell’affidamento della prole15.
c) Ancora, degne di menzione sono le norme della l. 8.2.1948, n. 47 («una ipotesi eccezionale di pena pecuniaria privata per la diffamazione a mezzo stampa»16, parametrata «alla gravità dell’offesa ed alla diffusione dello stampato»)17 e quella, di più recente introduzione, di cui all’art. 96, co. 3, c.p.c., che sanziona l’abuso del processo con la condanna della parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una «somma equitativamente determinata»18.
d) Da ultimo, l’ordinanza della Cassazione si sofferma sul tema – che per complessità esula dai limiti della presente trattazione – del danno alla persona, mostrando di aderire all’opinione di chi, in dottrina, mette in luce l’ineludibile carica sanzionatoria che, al limite in via ancillare, accompagna la liquidazione del danno non patrimoniale, specie nella componente che si collega al patimento morale della vittima19.
Tutti elementi, questi, alla luce dei quali la prima sezione della Cassazione ha giudicato con «perplessità» il principio, fino ad oggi costantemente applicato, della non riconoscibilità delle sentenze straniere comminatorie di danni punitivi.
Il prossimo intervento delle Sezioni Unite, oltre a dirimere la questione della delibabilità di provvedimenti stranieri, può rappresentare l’occasione per una rivisitazione dell’istituto del risarcimento del danno ritenuta auspicabile da una parte dei commentatori, in vista di una maggiore prevenzione e comunque di un più efficace controllo di illeciti ed abusi20.
Quanto allo specifico tema del riconoscimento di provvedimenti stranieri, una prima apertura rispetto ai rigorosi orientamenti emersi in passato può per vero già ravvisarsi nella pronuncia con cui, nel 2015, la Cassazione ha legittimato l’ingresso, nel nostro ordinamento, di una sentenza belga contenente una misura pecuniaria volta ad indurre l’adempimento del debitore21. Pur riconoscendo le «fondamentali differenze» tra la disciplina coercitiva dell’astrainte, da un lato, e l’obbligazione risarcitoria (anche estesa ai danni puntivi), dall’altro, la sentenza si segnala per un rilevante excursus motivazionale incentrato sull’«evoluzione della tecnica di tutela della responsabilità civile verso una funzione anche sanzionatoria e deterrente, sulla base di vari indici normativi»22.
Argomenti a favore della delibabilità dei provvedimenti di condanna a danni puntivi emergono del resto anche dall’analisi comparativa, che mostra come questi non siano stati giudicati pregiudizialmente contrastanti con i principi di ordine pubblico vigenti in diversi ordinamenti della tradizione continentale23, e che il vero limite debba essere rintracciato in quantificazioni risarcitorie completamente sproporzionate rispetto all’ammontare del danno effettivamentte patito dalla vittima24. Proprio in tal senso, non può allora non rilevare che la giurisprudenza federale statunitense ha nel tempo sottoposto a vincoli sempre più penetranti la discrezionalità delle corti, censurando il riconoscimento di importi grossly excessive25.
In termini più generali, la recente ordinanza della Suprema Corte rappresenta un significativo segnale di apertura, anche in seno all’argomentazione giurisprudenziale, di una riflessione che appare già matura nella dottrina italiana, ove, negli ultimi anni, sempre più pressanti appaiono gli inviti al riconoscimento della valenza polifunzionale della responsabilità civile, e alla ridefinizione dei compiti di deterrenza che, specialmente in alcuni casi, possono ricondursi all’illecito26. Pur a fronte di queste valutazioni, rimane controverso quale possa essere la fonte di una reazione all’illecito di carattere non esclusivamente compensativo.
Secondo alcuni autori, l’istituto dei danni punitivi, espressione della più ampia categoria delle pene private, potrebbe trovare generale legittimazione nell’ambito del sistema esclusivamente attraverso un puntuale intervento legislativo, conformemente ai principi di cui agli art. 23 e 25, co. 2, Cost.27 Non mancano tuttavia tentativi di valorizzazione dei poteri già oggi conferiti al giudice28, specie a fronte di frammenti normativi desumibili dal quadro normativo europeo, che, a fronte della condotta dolosa del danneggiante, sembrano legittimare una figura generale di illecito civile sanzionabile con il rimedio ultracompensativo29.
Temi, questi, la cui analisi non potrà prescindere dalle valutazioni che si attendono dal prossimo intervento delle Sezioni Unite della Cassazione.
Note
1 Cfr. la classica trattazione di Morris, C., Punitive Damages in Tort Cases, in 44 HLR (1931), 1173 ss. Per una ricostruzione italiana, v. Ponzanelli, G., I «punitive damages» nell’esperienza nordamericana, in Riv. dir. civ., 1983, I, 435 ss.
2 V. tra gli altri Alpa, G., Diritto della responsabilità civile, Bari-Roma, 2003, 289 ss.; Monateri, P.G., La responsabilità civile, in Tratt. dir. civ. Sacco, Torino, 1998, 19 ss.
3 Di Majo, A., La responsabilità civile nella prospettiva dei rimedi: la funzione deterrente, in Europa e dir. priv., 2008, 289 ss.
4 V. Castronovo, C., Del non risarcibile aquiliano: danno meramente patrimoniale, c.d. perdita di chance, danni punitivi, danno c.d. esistenziale, in Liber amicorum per F.D. Busnelli, Milano, 2008, 349 ss.
5 Secondo la logica sottesa al contributo di Calabresi, G., The Cost of Accidents. A Legal and Economic Analysis, New Haven-London, 1970.
6 Cass., sez. III, 19.1.2007, n. 1183, in Foro it., 2007, I, 1460 ss., con nota di Ponzanelli, G., Danni punitivi: no grazie.
7 Cass., sez. I, 8.2.2012, n. 1781, in Foro it., 2012, I, 1449 ss., con osservazioni di R. De Hippolytis.
8 Cass., S.U., 22.7.2015, n. 15350, in Foro it., 2015, I, 2682 ss.
9 Cass., sez. I, ord. 16.5.2016, n. 9978.
10 Come pure in passato si riteneva, intepretando il canone dell’ordine pubblico come espressione di un limite riferibile all’ordinamento giuridico nazionale: cfr. Cass., sez. I, 5.12.1969, n. 3881, in Foro it., 1970, I, 1977 ss.
11 Per tutte, Cass., sez. I, 6.12.2002, n. 17349, in Foro it. Rep., 2002, voce Delibazione, n. 11.
12 Esaula dai confini della presente analisi un’indagine del rilievo sistematico attribuibile alla disciplina delle sanzioni civili pecuniarie, introdotta dal d.lgs. 15.1.2016, n. 7 (sul tema v. in questo volume, Diritto processuale civile, 1.1.2 Le sanzioni pecuniarie civili).
13 V. secondo diverse prospettive Castronovo, C., La violazione della proprietà intellettuale come lesione del potere di disposizione. Dal danno all’arricchimento, in Dir. ind., 2003, 7 ss.; Sirena, P., La restituzione del profitto ingiustificato (nel diritto industriale italiano), in Riv. dir. civ., 2006, I, 305 ss.
14 Cass., sez. III, 15.4.2011, n. 8730, in Foro it., 2012, I, 3073 ss. con nota di Pardolesi, P., Violazione del diritto d’autore e risarcimento punitivo/sanzionatorio.
15 Per una ricostruzione del tema, v. Paladini, M., Misure sanzionatorie e preventive per l’attuazione dei provvedimenti riguardo ai figli, tra responsabilità civile, punitive damages e astreintes, in Fam. dir., 2012, 853 ss.
16 Così Cass., sez. III, 17.3.2010, n. 6490, in Foro it., 2011, I, 1817 ss.
17 Cfr. Zeno-Zencovich, V., Il risarcimento esemplare per diffamazione nel diritto americano e la ripartizione pecuniaria ex articolo 12 della legge sulla stampa, in Resp. civ. prev., 1983, 40 ss.
18 La compatibilità della norma con i principi apicali del nostro ordinamento (ed in particolare con gli artt. 3, 24 e 111 Cost.) è stata riconosciuta da C. cost., 23.6.2016, n. 152, in Foro it., 2016, I, 2639 ss. V. criticamente Taruffo, M., L’abuso del processo, in Contr. e impr., 2015, 846; e per una più ampia analisi Busnelli, F.D., L’enigmatico ultimo comma dell’art. 96 c.p.c.: responsabilità aggravata o “condanna punitiva”?, in Danno e resp., 2012, 585 ss.
19 V. tra gli altri, Franzoni, M., Il danno risarcibile, II ed., Milano, 2010, 721 ss.; Navarretta, E., Il contenuto del danno non patrimoniale e il problema della liquidazione, in Il danno non patrimoniale. Principi, regole e tabelle per la liquidazione, a cura di E. Navarretta, Milano, 2010, 88 ss.; ma per una diversa qualificazione del danno non patrimoniale, svincolata dalla funzione sanzionatoria (che dovrebbe distinguersi da quella meramente deterrente), v. Castronovo, C., Il danno non patrimoniale nel cuore del diritto civile, in Europa e dir. priv., 2016, 293 ss.
20 In tal senso, v. tra gli altri Patti, S., Il risarcimento del danno e il concetto di prevenzione, in Resp. civ., 2009, 168.
21 Cass., sez. I, 15.4.2015, n. 7613, in Foro it., 2015, I, 3966 ss.
22 Busnelli, F.D., Tanto tuonò, che … non piovve. Le Sezioni Unite sigillano il “sistema”, in Corr. giur., 2015, 1215, ne discorre come di una «coraggiosa apertura al futuro».
23 Si v. in tal senso, in Spagna, Tribunal Supremo, 13.11.2001, n. 2039/1999; in Germania, pur a fronte di precedenti orientamenti di chiusura della Suprema Corte federale, la Corte costituzionale ha escluso che alle sentenze straniere debba essere pregiudizialmente escluso il riconoscimento, potendo essere compatibili con i principi dell’ordinamento (VerfG, 24.1.2007, in J.Z., 2007, 1046).
24 Così, in Francia, Cass., 1.12.2010, n. 913303, in Dalloz, 2011, 423 ss.; e più di recente, nella giurisprudenza europea, C. giust. UE, 17.12.2015, in C407/14 (relativa, tra l’altro, alla necessaria «proporzionalità» della misura di risarcimento, al limite puntivo, che gli Stati membri possono adottare nel recepimento dell’art. 18 della direttiva 2006/54, in tema parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego).
25 Cfr. Corte Suprema U.S.A., 20.7.2007, Philip Morris Usa c. Williams, in Foro it., 2008, IV, 178 ss., con nota di Ponzanelli, G., I danni punitivi sempre più controllati: la decisione Philip Morris della Corte Suprema.
26 V. Busnelli, F.D., Tanto tuonò, che … non piovve, cit., 1206 ss. (che supera le riserve precedentemente espresse in Id., Deterrenza, fatto illecito, responsabilità, danni punitivi, in Europa e dir. priv., 2009, 944 s.); e Di Majo, A., I confini mobili della responsabilità civile, in Giur. it., 2016, 572 ss.
27 V. tra gli altri Scognamiglio, C., I danni punitivi e le funzioni della responsabilità civile, in Corr. giur., 2016, 912 ss., 919; Ponzanelli, G., I danni punitivi, in Nuova giur. civ. comm., 2008, II, 32.
28 Monateri, P.G., La responsabilità civile, cit., 336.
29 Per una argomentata proposta in tal senso v. Sirena, P., Il risarcimento dei c.d. danni punitivi e la restituzione dell’arricchimento senza causa, in Riv. dir. civ., 2006, I, 537.