danno
Nell'accezione immediata di " perdita ", " rovina " degli averi e delle persone: If XII 106 Quivi [nel lago di sangue] si piangon li spietati danni, cioè il male crudelmente fatto agli altri; XIII 12 le Arpie / ... cacciar de le Strofade i Troiani / con tristo annunzio di futuro danno (cfr. Aen. III 255-257 " sed non ante datam cingetis moenibus urbem / quam vos dira fames nostraeque iniuria caedis / ambesas subigat malis absumere mensas "); Rinieri da Calboli, turbato come all'annunzio di dogliosi danni, " cioè, come quando s'annunziano li danni, che abbiano a dare dolore " (Buti), ascolta le crudeli persecuzioni che il nipote Fulcieri, asservito ai Neri, opererà in Firenze (Pg XIV 67; cfr. Guittone Ahi lasso, or è stagion 48 " [Firenze] col senese in tal modo ha cangiato, / che tutta l'onta e 'l danno, che dato / li ha sempre... / li rende "; Cino da Pistoia Su per la costa 34 " se tu [Firenze] conoscerai [la profezia], / il tuo gran danno piangi che t'acerba "); Beatrice promette che il suo oscuro vaticinio circa l'avvento del messo di Dio sarà risolto senza quel danno di pecore o di biade (Pg XXXIII 51) che si produsse in Tebe allorché, avendo Edipo risolto l'enigma della Sfinge ed essendo questa morta di dolore, Temi, per vendicarla, mandò una fiera che devastò i campi e il bestiame dei Tebani; pianto / giusto verrà di retro ai vostri danni (Pd IX 6): Carlo Martello prevede la giusta punizione che seguirà i mali patiti dai suoi discendenti. Cfr. anche Fiore XLVI 14, LXXXIII 7. In opposizione a ‛ ventura ', " buona sorte ", vale " sventura ", in Pg XIII 110 Savia non fui, avvegna che Sapìa / fossi chiamata, e fui de li altrui danni / più lieta assai che di ventura mia, dove è da notare il contrasto altrui danni... ventura mia fortemente sbalzato dal chiasmo.
Nel senso di " svantaggio ", " perdita " dell'iniziale posizione di superiorità, in If XXVIII 99 [Curione] il dubitar sommerse / in Cesare, affermando che 'l fornito / sempre con danno l'attender sofferse (cfr. Lucan. Phars. I 281 " tolle moras; semper nocuit differre paratis "; B. Latini Tesoretto 2130 " 'ndugio è par di danno "). In senso morale, in Pg XV 47 [Guido del Duca] Di sua maggior magagna [l'invidia] / conosce il danno, cioè le conseguenze dannose, sia nella vita terrena sia nell'altra (cfr. B. Latini Tesoretto 471 " divenne l'om mortale, / e ha lo male e 'l danno / ... qui e nell'altro mondo "); in XX 78 [Carlo di Valois] non terra, ma peccato e onta / guadagnerà, per sé tanto più grave, / quanto più lieve simil danno conta: tanto più saranno gravi nell'ordine morale le conseguenze dei peccati e dei tradimenti di Carlo, quanto meno egli se ne cura. In Pd IV 109 Beatrice spiega la differenza tra volontà assoluta e volontà relativa: quest'ultima cede per fuggire un pericolo maggiore, mentre voglia assoluta non consente al danno, al " male " o al " peccato "; in VI 132 si allude ai Provenzali invidiosi, che ritenendo loro d. l'operosa e onesta fatica di Romeo di Villanova, ne provocarono la rovina: mal cammina / qual si fa danno del ben fare altrui; in XI 130 è detto dei pochi domenicani che si mantengono fedeli alla regola dell'ordine, timorosi del d. morale che deriverebbe loro dal deviarne: Ben son di quelle [pecore, metaforicamente i domenicani] che temono 'l danno / e stringonsi al pastor; cfr. ancora XXIX 108. Sempre nell'ordine morale, in Rime CIV 65, è dannoso l'esilio di Amore e delle Virtù, per gli uomini che vengono a essere privati di chi li può guidare a operare secondo il fine morale: Però, se questo è danno, / piangano gli occhi e dolgasi la bocca / de li uomini a cui tocca; in XCI 25 per che merzé, volgendosi, a me fanno, / e di colei cui son procaccian danno / celandosi da me, " gli sguardi della donna... mostrandoglisi, fanno grazia a lui; ma celandoglisi, danneggiano la donna, al cui servigio il poeta è ascritto " (Contini); altri esempi in XCVI 13, CVI 46, L 63, LXXXIII 28; Rime dubbie XXII 4. In Cv IV I 6 Intra li quali errori uno io massimamente riprendea, lo quale non solamente è dannoso e pericoloso a coloro che in esso stanno, ma eziandio a li altri, che lui riprendano, porta dolore e danno, si tratta della " errata opinione intorno alla umana bontà; dalla quale errata opinione... nascevano nella pratica falsi giudizii, e da questi il disprezzo dei buoni e l'onore e l'esaltazione de' tristi: ‛ calcando i buoni e sollevando i pravi ' Inf., XIX, 105 " (Busnelli-Vandelli, ad l.). Come " sciupio ", " inutile consumo ", in Pd XXII 75 la regola mia [di s. Benedetto] / rimasa è per danno de le carte, " scilicet, in scriptura non in opere, quia frustra occupat chartas sine fructu cum non servetur " (Benvenuto).
In opposizione a ‛ pro ', " utilità ", " giovamento ", in If II 110 Al mondo non fur mai persone ratte / a far lor pro o a fuggir lor danno, " quia ista duo maxime faciunt hominem festinum et velocem " (Benvenuto; cfr. Guittone Ahi dolze terra 51 " Ma se pro torna a danno ed onor onta "; e Ahi lasso, or è stagion 61 " Foll'è chi fugge il suo prode e cher danno / ... e di bona libertà... / s'aduce a suo gran danno "; Chiaro Om 〈ch>e va per ciamino 51 " Se per contraro nome / de lo bene 〈ha> lo male / e de lo prode danno "); in Cv IV XXX 4 Ove è da notare che, sì come dice nostro Signore, non si deono le margarite gittare innanzi a li porci, però che a loro non è prode, e a le margarite è danno (cfr. Matt. 7, 6 " Nolite dare sanctum canibus neque mittatis margaritas vestras ante porcos, ne forte conculcent eas pedibus suis "); in Fiore LXXVII 12, il dio d'Amore assicura Amante che essergli stato fedele non... fia... danno. Altrove la parola, al plurale designa la dannazione alle pene infernali, in If XV 42 la mia [di Brunetto Latini] masnada / ... va piangendo i suoi etterni danni.
Locuzioni speciali: ‛ far d. ', in Pg XI 67 Io sono Omberto; e non pur a me danno / superbia fa, ché tutti miei consorti / ha ella tratti seco nel malanno: " La superbia non fa soltanto danno a lui, sottoponendolo a quella dura pena, ma ha condotto a rovina i consanguinei " (Petrocchi); in Fiore CLXXV 12 Gran danno le [alla donna] ha già fatto vergogna, " il suo ritegno le ha già nociuto troppo " (Petronio).
Unito a ‛ beffa ', in If XXIII 14 Questi [i diavoli] per noi / sono scherniti con danno e con beffa, " ma perché la beffa alcuna volta non è con dispiacere di chi la riceve, però aggiugne: con danno, perché li demoni non feciono a lo Navarrese quel che voleano " (Buti).