DANNO (lat. damnum; fr. dommage; sp. daño; ted. Schaden; ingl. damage)
Per danno in senso giuridico s'intende ogni pregiudizio arrecato mediante violazione di un diritto soggettivo, violazione che si può avere sotto una duplice forma: di violazione di un dovere giuridico generale incombente a tutti all'infuori d'ogni rapporto giuridico specifico, e di violazione di un'obbligazione, in forza della quale si era tenuti all'adempimento di una determinata prestazione in favore di determinate persone: in questo caso il danno è detto contrattuale. La distinzione ha importanza soprattutto per la specie dei danni che si dovranno risarcire: dei danni contrattuali causati da semplice colpa il debitore sarà tenuto soltanto al risarcimento di quelli preveduti o prevedibili al tempo della conclusione del contratto (art. 1224 cod. civ. it.). È sufficiente che la previsione o la prevedibilità cada sulla specie dei danni che nel caso specifico derivarono, non anche sulla loro reale entità. Altre distinzioni si fanno tra danni presenti e danni futuri, che possono essere certi oppure incerti, fra danni diretti e indiretti. Per questi ultimi si ritiene, in generale, che siano da risarcire soltanto quei danni che furono veramente determinati dal fatto illecito, il quale deve perciò presentarsi come causa necessaria ed esclusiva del risultato dannoso. Non sono perciò risarcibili i danni indiretti dovuti ad altre concause contemporanee o posteriori all'atto illecito; e in particolare quelli determinati da incuria del danneggiato, che col suo contegno negligente concorse a provocare o ad aumentare il danno. Qui evidentemente manca una necessaria correlazione fra atto illecito e risultato dannoso e solo impropriamente in questo caso si parla di compensazione delle due colpe.
L'entità del danno è data dalla differenza tra il valore del patrimonio del danneggiato al presente e quel maggior valore che esso avrebbe se l'evento dannoso non si fosse verificato. Nel computo del danno si tiene conto perciò tanto del cosiddetto danno emergente o positivo, della perdita sofferta, quanto del lucro cessante o danno negativo, del mancato guadagno.
Conseguenza tipica dell'atto illecito è l'obbligo della cancellazione delle sue conseguenze dannose mediante pagamento di una somma di denaro: il che presupponeva secondo il codice del 1889 che il danno avesse carattere patrimoniale (è vero però che in certi casi l'offeso poteva, all'infuori e indipendentemente da ogni pregiudizio patrimoniale, chiedere una somma determinata all'offensore, ma questa non gli era data a titolo di risarcimento, sibbene a titolo di riparazione del torto, art. 38 cod. pen., istituto di natura del tutto diversa da quella del risarcimento del danno concesso dal diritto privato). L'art. 185 del cod. pen. 1930 stabilisce invece l'obbligo del risarcimento per ogni reato "che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale". Se, di regola, nell'obbligo al risarcimento di danni s'incorre solo per atti illeciti, e il diritto italiano non conosce un divieto degli atti d'emulazione, cioè dell'esercizio di un proprio diritto fatto col maligno intento di nuocere ad altri senza utilità propria, eccezionalmente all'esercizio di un diritto è congiunto un obbligo d'indennizzo del danno arrecato: p. es. nello stato di necessità, nel diritto del proprietario di uno sciame d'api d'inseguirlo nel fondo del vicino, nell'impugnazione di negozî giuridici viziati da errore grave e scusabile, ecc.
Per l'attuazione giudiziale del diritto al risarcimento, nella pratica il processo relativo si suole dividere in due fasi: nella prima si dà la prova della generica sussistenza dell'obbligo al risarcimento, nella seconda si procede alla liquidazione del danno cioè alla determinazione del suo concreto ammontare nel caso specifico, liquidazione che peraltro può presentare notevoli difficoltà pratiche. In casi eccezionali la determinazione dell'entità del danno si può fare mediante giuramento estimatorio deferito dal giudice alla coscienza dell'attore, previa statuizione di un limite massimo. Al fine di ovviare alle diffìcoltà della liquidazione, all'atto della conclusione di un contratto si può preventivamente con pattuizione accessoria determinare la somma fissa che si dovrà pagare in caso d'inadempimento (clausola penale); e solo eccezionalmente questa potrà essere ridotta dal giudice in caso di esecuzione parziale (art. 1214 cod. civ.). Quando la somma è versata in anticipo si dice caparra. In taluni casi poi l'ammontare del danno è fissato dalla legge stessa: così per l'inadempimento di prestazioni pecuniarie, il danno consiste nel pagamento degl'interessi legali, salvo eccezioni (art. 1231 cod. civ.); leggi speciali poi statuiscono dei criteri particolari per il calcolo dei danni, in base al salario medio percepito dall'operaio, per infortunî sul lavoro; un diritto fisso è dato per smarrimento di raccomandate, ecc.
Per danni di guerra v. guerra, danni di.
Bibl.: V. Polacco, Le obbligazioni nel diritto civile italiano, 2ª ed., Roma 1915, p. 577 segg.; G. Giorgi, Teoria delle obbligazioni, 7ª ed., Firenze 1907, II, p. 89 segg.; V, p. 158 segg.; R. de Ruggiero, Istituzioni di diritto civile, 5ª ed., Messina 1930, II, par. 71, p. 60 segg.; C. Crome, Delle obbligazioni nel diritto francese, traduz. Ascoli e Cammeo, Milano 1908, par. 10; L. Enneccerus, Lehrbuch des bürgerlichen Rechts. Recht der Schuldverhältnisse, 18ª-22ª ed, Marburgo 1923, I, ii, par. 234 e segg.; F. Leonhard, Allgemeines Schuldrecht des bürg. Gesetzbuchs, Monaco e Lipsia 1929, par. 58 segg.