Kaye, Danny
Nome d'arte di David Daniel Kaminski, attore cinematografico e teatrale statunitense, nato a New York il 18 gennaio 1913 e morto a Los Angeles il 3 marzo 1987. Affermatosi dopo anni di gavetta, come vuole l'etica del self made actor, K. fu integralmente uomo di spettacolo, attore, cantante e ballerino in grado di intrattenere il pubblico nelle maniere più imprevedibili. Amava abbandonarsi al piacere eccessivo e infantile del varietà, improvvisare spericolati scioglilingua e cantare le filastrocche che scriveva per lui la moglie Sylvia Fine, e giunse a fare della stravaganza la sua stessa cifra espressiva, così da costituire una figura essenziale, nel teatro e nel cinema, per capire la comicità ebraica che si rivelò poi con Woody Allen e Mel Brooks.
Figlio di un sarto di origine ebraica emigrato dalla Russia negli Stati Uniti, K. crebbe nel quartiere di Brooklyn. Lasciati gli studi a 13 anni, fece diversi mestieri e, dopo alcune esperienze in spettacoli di varietà e come intrattenitore in night club, nel 1941 diede prova del suo talento sulle scene di Broadway nel musical Lady in the dark di Kurt Weill e Moss Hart, esibendosi in un numero di grande successo, Tchaikovsky, un elenco di 54 compositori russi che K. cantava accompagnandosi con una mimica di straordinaria efficacia. Scritturato dalla Metro Goldwyn Mayer per rifare il verso al comico Eddie Cantor, il giovane K. esplose subito con la sua personalità e si affermò con una serie di film surreali, in cui era al centro di intrighi internazionali e, ispirandosi al tipo dello schlemiel proprio della cultura yiddish, giocava il ruolo del piccolo uomo umiliato dalla vita, ma con la risorsa del sense of humour e del sogno a occhi aperti: si pensi alla commedia giallo-rosa The secret life of Walter Mitty (1947; Sogni proibiti) di Norman Z. McLeod. A questa fase appartengono anche Wonder man (1945; L'uomo meraviglia) di Bruce Humberstone, The kid from Brooklyn (1946; Preferisco la vacca) di McLeod, A song is born (1948; Venere e il professore) di Howard Hawks ‒ rifacimento di Ball of fire (1941; Colpo di fulmine) dello stesso autore ‒, in cui a K., affiancato come nei precedenti da Virginia Mayo, tocca il ruolo che era stato di Gary Cooper, e The inspector general (1949; L'ispettore generale) di Henry Koster, riduzione della commedia di N.V. Gogol′, in cui K. mise in moto una comicissima macchina a equivoci con il gusto del burlesque teatrale.
Da sempre attento al pubblico dei bambini, a esso dedicò Hans Christian Andersen (1952; Il favoloso Andersen) di Charles Vidor, film musicale sulla vita del celebre scrittore per l'infanzia danese. Due anni più tardi ritrovò il suo ritmo funambolico in Knock on wood (1954; Un pizzico di follia) di Norman Panama e Melvin Frank, in cui, tra spie e psichiatri, si esibisce in un numero memorabile sul balletto classico. Nel 1958, in Me and the colonel (Io e il colonnello) di Peter Glenville, assunse il ruolo tragicomico del piccolo ebreo polacco che tiene testa a un colonnello altezzoso e antisemita (Curd Jurgens), polacco come lui e come lui impegnato a fuggire dalla Francia occupata dalle truppe della Germania nazista. Con The man from the Diner's Club (1963; Il piede più lungo) di Frank Tashlin (non a caso il regista di fiducia di Jerry Lewis, comico a lui quasi complementare) diede praticamente l'addio al vecchio personaggio burlone.
Dal 1963 condusse per quattro anni un applaudito e premiato varietà televisivo, The Danny Kaye show. Lasciò quindi il suo lavoro per dedicarsi alla raccolta di fondi a favore dell'infanzia fino a diventare ambasciatore dell'UNICEF. Da allora, escludendo qualche apparizione alla televisione e la partecipazione a serate speciali, come quella del 1967 in cui diresse con cento bacchette l'orchestra israeliana al conservatorio di Milano, furono pochi i ripensamenti: interpretò al fianco di Katharine Hepburn, il ruolo dello stracciaiolo in The madwoman of Chaillot (1969; La pazza di Chaillot) di Bryan Forbes e riapparve in un musical nella parte di Noè nel 1970.
K.D. Singer, The Danny Kaye story, New York 1958.
M. Buckley, Danny Kaye, in "Films in review", May 1973.
M. Freedland, The secret life of Danny Kaye, New York 1985.
M. Gottfried, Nobody's fool: the lives of Danny Kaye, New York 1994.