Dante
In tutta l'opera sua D. nomina sé stesso (e per la forma del nome, v. DURANTE) solo in Rime XCIII 1 (Io Dante a te che m'hai così chiamato, in un sonetto di risposta a un amico), e in Pg XXX 55, dove si fa rimproverare da Beatrice: Dante, perché Virgilio se ne vada, / non pianger anco, non piangere ancora; / ché pianger ti conven per altra spada. La giustificazione del fatto, che il poeta fa seguire subito dopo - mi volsi al suon del nome mio, / che di necessità qui si registra, vv. 62-63 - va spiegata con quanto egli stesso dice nel Convivio: Non si concede per li retorici alcuno di sé medesimo sanza necessaria cagione parlare (I II 3). Ma cfr. l'Ottimo: " convenne che la Donna il chiamasse per nome, per due cagioni: l'una, perché certa fosse la persona intra tante alla quale dirizzava il suo sermone; l'altra, però che come più addolcisce nello umano parlare il nomare la persona per lo proprio nome, in ciò che più d'affezione si mostra, così più pugne il reprensivo quando la persona ripresa dalla riprendente è nomata ".
Tutte le questioni relative all'opera di D. e alla sua divulgazione e fortuna, al pensiero politico e filosofico, al lessico, alla poesia, sono analiticamente svolte sotto le singole voci. Per i ritratti antichi e moderni di D., vedi Iconografia. Per i codici e le stampe, v. sotto le voci delle singole opere (COMMEDIA; CONVIVIO, ecc.). Per questioni di fortuna in ambiti specifici, v. CINEMA; TEATRO, ecc., ovvero sotto le varie nazioni e città (nella denominazione attuale: CECOSLOVACCHIA; URSS, ecc., ovvero PARIGI, ecc.).
Per uno sguardo d'assieme alla vita di D., alla sua opera e al pensiero, v. una trattazione apposita in Appendice; e così per le strutture grammaticali del volgare dantesco.