dao
Termine cinese tra i più diffusi in Occidente, relativamente alla filosofia orientale. Letteralmente significa la «via» e può metaforicamente indicare ogni sorta di via, o sentiero: la via del pensiero, dell’agire umano, del governare, ecc. Come concetto basilare della filosofia cinese, può rinviare alla realtà estrema, ultima; alla verità e all’essenza di ogni entità o cosa; e dunque del tutto. Non è in alcun senso assimilabile all’idea giudaico-cristiana di ‘Dio’, né all’idea di ‘Assoluto’, ricorrente in altri sistemi filosofici o religiosi dell’Occidente e dell’Asia. D. è tanto elevato quanto straordinariamente comune; è al contempo invisibile e visibile, trascendente e immanente, immutabile e mutabile, grande e piccolo, prossimo e remoto. L’Universo e la natura, come si manifestano, sono il d., che li comprende nella loro interezza e totalità e li produce continuamente. È dunque il processo in cui tutta la natura si manifesta e in virtù del quale tutte le cose sono procreate: tale processo è il d. e il d. è nient’altro che questo processo. Dal d. si originano la creazione e il mutamento infinito e inesauribile di ogni cosa. Giacché ogni cosa, od ogni accadimento, reca in sé la «via» (d.) della propria creazione e del proprio mutamento, è del tutto evidente che d. è l’intrinseca destinazione e che ogni cosa od ogni accadimento per esser tale non deve mai separarsi dal dao. Così, sebbene trascenda tempo e spazio, il d. risulta la presenza più concreta nelle cose del mondo. Nel Classico dei mutamenti (Yijing ➔) – testo che raggiunse, verso la fine della dinastia dei Zhou Occidentali (1045-771 a.C.) o nel periodo della dinastia dei Zhou Orientali (770-256 a.C.) una forma assai simile a quella poi accolta – e in alcuni suoi commentari, viene definita la dottrina di un processo di produzione o generazione delle cose, sostenuto dal mutamento infinito, il cui d. è inteso come un’alternanza di yin e yang. Se il processo di mutamento è il processo che genera e trasforma le cose, allora la realtà, ove l’alternanza di yin e yang si manifesta, è esperita solo nell’incessante mutamento. Il Daode jing (➔) (Classico della via e della virtu), breve opera formatasi durante l’epoca degli Stati Combattenti (403-221 a.C.), afferma l’indefinibilità e ineffabilità del d., svelando un invalicabile limite della lingua umana. Tuttavia, esso è il punto di partenza dell’inizio del Cielo, della Terra e di ogni cosa del mondo. La sua forza creativa e trascendente è descritta come «vuoto» (wu), che non è assenza, mancanza, insufficienza, ma, al contrario, un infinito potere di creazione. Così per il tramite della sua «virtù» (de) il d. è la vera fonte di tutta la vita e ‘la madre’ di ogni cosa, e a esso alla fine tutto ritorna. Zhuangzi (➔), pensatore taoista del 4° sec. a.C., tratta del d. di ciò che è concreto, cioè delle cose del mondo: nulla vi è che non sia il d., giacché il d. è al contempo l’uno e il molteplice. L’uomo, parte di questo mondo, può allora conoscere le cose e agire in forza del d., solo se si affranca dalla parzialità del pregiudizio e dall’instabilità emotiva. Anche Confucio e i pensatori della tradizione confuciana hanno trattato il tema del d., soprattutto relativamente alla sua immanenza e al «d. dell’uomo» (ren zhidao): «È l’uomo – disse Confucio – che glorifica la Via (d.), non la Via (d.) che glorifica l’uomo» (Lunyu XV, 29). Conoscere il d. dell’uomo significa trasformare la natura umana e approssimarsi al d. del Cielo: infatti, l’uomo che conosce la propria natura, conosce il proprio destino e di conseguenza il «mandato del Cielo» (tianming), e quindi conosce profondamente lo stesso Cielo.