Daode jing («Classico della via e della virtu»)
Classico della via e della virtù») Opera cinese della tradizione taoista, nota anche come Laozi, attribuita a Laozi, che, secondo la tradizione, lasciando la Cina per l’Occidente la consegnò a Yin Xi, immortale taoista. A lungo si è discusso sulla paternità e la data di composizione: per alcuni è opera di un solo autore, per altri il portato di una tradizione orale formatasi durante l’epoca degli Stati Combattenti (403-221 a.C.). Altri ancora sostengono che il testo non raggiunse la sua versione definitiva prima della fine del 3° e l’inizio del 2° sec. a.C. Nel sito cinese di Guodian (provincia di Hubei) nel 1993 furono ritrovati (ma resi noti solo nel 1998) alcuni manoscritti del Daode jing, risalenti agli anni 350-300 a.C.; questo lascia supporre che a quell’epoca fosse già diffuso un testo assai vicino alla versione poi accolta. Il testo è di solito diviso in due parti: il Daojing («Classico della via») e il Dejing («Classico della virtù»), a loro volta suddivise complessivamente in 81 capitoli. L’opera, che contribuì all’affermazione di una nuova accezione del termine cinese dao (➔) – non più solo la «via» o il «metodo» – si diffonde soprattutto sul dao inteso come la verità suprema, unica, trascendente, invisibile, impercettibile e ineffabile. Il dao, in forza della sua «virtù» (de), è sia la fonte della vita e del mondo sia l’ultima destinazione del tutto. Nella totalità infinita del dao ogni dualismo si origina e si dissolve: così bene e male, essere e non essere. Tra gli uomini, solo colui che è «santo» (shengren) si conserva sereno, perché lontano dalle faccende del mondo e dai suoi falsi valori e sopraffatto invece dalla spontaneità della vita. La verità non va dunque ricercata, ma solo agevolata nel suo percorso naturale. Il sovrano saggio, allora, come il santo, favorirà l’azione spontanea delle leggi naturali, così da diffondere ordine e armonia fra gli uomini.