DARDANELLI (Akdeniz Boǧazï; A. T., 90)
Braccio di mare lungo 71 km. compreso fra la penisola di Gallipoli (antico Chersoneso) e la costa nord-occidentale dell'Asia Minore. Geologicamente, lo stretto è considerato come il residuo di una vallata fluviale che, ancora nel Terziario superiore, mandava le sue acque dalla regione emersa che occupava il posto dell'attuale Mar Egeo verso il Mar Nero: vallata sprofondata, con le terre circostanti, all'inizio dell'epoca pleistocenica. La profondità dello stretto è da 50 a 90 m. Una corrente superficiale lo percorre dal Mar di Marmara all'Egeo con una velocità media di 2,8 km. all'ora, e una velocità massima di 8,3. Una corrente profonda porta le acque più salate dell'Egeo in senso contrario. Il limite fra le due correnti è a 10-16 m. di profondità.
Lo stretto ha inizio sulla costa d'Europa al Capo Hellas, nei dintorni del villaggio turco di YeniŞehir "nuovo villaggio", nel posto della vecchia città Sigeo. Dopo questo promontorio si notano alcuni tumuli, nei quali si volle riconoscere la tomba di Achille e di Patroclo. Un poco Più lontano sorge Kumkalesi "castello della sabbia", situato sopra una bassa spiaggia arenosa, dotato di un faro e di un forte sistemato con opere difensive moderne. Anticamente questa spiaggia, colmata oggi dalle alluvioni del vicino fiume, era una baia e una tradizione vuole che vi sbarcassero i Greci nell'impresa contro Troia: infatti anche molto tempo dopo si chiamò porto degli Achei. Dalla parte opposta, sulla riva europea, un altro castello, chiamato Seddülbahir "castello della diga del mare", è pure provvisto di un forte con un faro; poco distante si eleva un tumulo, che, secondo Strabone, sarebbe la tomba di Protesilao. Un poco più a nord si trovano antiche fortificazioni, oggi dirupate (Eski Hisarlik), insieme agli avanzi dell'antica Eleonte, colonia ateniese, dalla quale Milziade s'imbarcò nella spedizione contro Lemno. Indi la costa della penisola di Gallipoli si svolge arida e brulla, mentre la costa asiatica mostra un aspetto più ridente e lascia scorgere una serie di marine civettuole e pianure fertili e ben coltivate, con villaggetti puliti, fra i quali rammentiamo: It-Gelmez Köy (Roeteum) ed Evin Köy . (Ophrynium). Verso Képos Burnu l'Ellesponto diviene più stretto, tanto da sembrare piuttosto un fiume, anziché un braccio di mare, e l'illusione è aumentata anche dalla forte corrente superficiale che dal Mar di Marmara si dirige verso il Mediterraneo. S' incontrano poco dopo sulla costa dell'Asia Minore il Castello dei Dardanelli, dal quale ha preso il nome tutto lo stretto, e sull'opposta sponda il Castello d'Europa o Kilidbahir "chiave del mare", con antiche e moderne fortificazioni. Un piccolo villaggio è situato sulla punta detta dai Greci Kynossema o tomba della cagna, che ricorda il mito della regina Ecuba, trasformata in cagna a causa delle maledizioni che lanciò ai Greci durante la sua prigionia. Di fronte, sulla costa asiatica, alla foce di un fiumiciattolo (l'antico Rhodios di Omero) si eleva la fortezza di Sultaniye Kalesi o Boğak Hisar. Di fianco al castello antico troviamo Çanakkale, detto dagli Europei Dardanelli, grossa borgata specializzata nel commercio delle stoviglie, dove approdano tutte le navi per ottenere la libera pratica per entrare o per uscire. In questo punto lo stretto non misura che 1950 metri di larghezza. Dopo il Castello d'Europa la costa della penisola di Gallipoli va incurvandosi per formare il Golfo di Maydos, l'antica Madytus, e, poco distante, la rada deserta di Kilia (l'antica Κοτλα o Κοίλη). Alla punta di Nagara sulla costa asiatica si ha il passaggio più stretto del braccio marino: 1350 m. Qui v'è il famoso passo di Abydus, che ha servito più volte all'invasione dell'Europa da parte degli eserciti asiatici. Sopra la collina che domina Sestus è sito il castello di Zemenik. Il luogo ricorda anche la leggenda degli amori di Ero e Leandro e la traversata a nuoto compiuta dal Byron. Poco dopo il canale si apre di nuovo; sulla costa della penisola di Gallipoli ha foce il Kara Ova, l'antico Egospotami (v.), celebre per la vittoria di Lisandro sugli Ateniesi. Poco dopo, sulla costa asiatica, vi è Lapseki (Lampsaco): oggi al posto dell'antica città si trova un piccolo villaggio di agricoltori. Di fronte, sulla collina sorge Gallipoli (v.), l'antica Gallipolis, nei tempi moderni quasi distrutta dai terremoti (1912) e danneggiata durante la guerra mondiale (v. appresso). Dopo Gallipoli il braccio di mare sbocca nel Mar di Marmara, l'antica Propontide.
Storia. - La posizione dello stretto, che separa l'Egeo dal Mar di Marmara, e permette di chiudere facilmente il passo tra i due mari, fece sì che dalla più remota antichità fino ai giorni nostri esso fosse teatro di numerosi combattimenti navali tra chi voleva passare e chi cercava d'impedirlo. Sorvolando sui fatti meno importanti, ricorderemo solo nell'età antica il ponte che Serse fece costruire tra Sesto e Abido durante la sua grande spedizione contro la Grecia, e la minaccia di Temistocle di tagliare quella comunicazione, per affrettare dopo Salamina il ritorno del re di Persia in Asia; il passaggio dello stretto ad opera di Alessandro Magno all'inizio della sua grande spedizione contro l'Impero persiano; la vittoria navale che nel 323 d. C., Crispo, figlio di Costantino, riportò sull'armata del rivale di lui, Licinio. Durante il Medioevo i Dardanelli furono testimonî di lunghe, continue contese tra i Bizantini e le repubbliche marinare italiane: perché gl'imperatori di Bisanzio esigevano una gravosa tassa su tutte le merci che entravano e uscivano dallo stretto (detto allora di Abido), e ne derivavano reclami, proteste, tentativi di frodare la dogana e di violare lo stretto. Perciò in molti trattati, il primo dei quali è del 992 d. C., Venezia si fece concedere privilegi ed esenzioni. Luogo prediletto dai corsari, che attaccavano le carovane uscenti o entranti nel Mar di Marmara, e più ancora le navi isolate (si ricordano gl'immensi danni prodotti nel 1194 da una squadra di navi corsare di Pisa), esso fu teatro di furibonde lotte, di spaventevoli carneficine tra Pisani e Veneziani, alle quali più o meno direttamente parteciparono anche i Greci. Rimase fra tutte memorabile la lotta che il genovese Gafforio, alla testa di una grossa armata, combatté contro le navi imperiali, stazionanti a Sesto, e la miseranda fine dell'audace corsaro, tratto in inganno e caduto in potere dell'ammiraglio imperiale Stirione, aiutato dai Pisani (fine del sec. XII). Dopo la IV Crociata il possesso di Gallipoli diede praticamente a Venezia il dominio dello stretto (Boca-d'Avio: Bocca d'Abido); ma la caduta dell'Impero latino le ritolse quel possesso, che tornò all'Impero greco. In tutte le guerre veneto-genovesi, che funestarono i secoli XIII-XIV, il possesso dei Dardanelli fu fieramente contrastato. Fu tenuto per qualche tempo dai Catalani di Ruggero Da Flor (v.), e tutti i tentativi fatti per snidarli da Gallipoli fallirono: quand'essi sgombrarono per stanziarsi nell'Attica, parve ristabilita la quiete (1311); ma quando i Turchi verso il 1358 s'impadronirono del castello di Tzympè lungo lo stretto, e successivamente posero stabile dominio a Gallipoli, la condizione delle repubbliche marinare trafficanti nel Mar Nero e nel Bosforo divenne molto grave: poiché da quelle due basi, vere chiavi del Mar di Marmara, la marina turca periodicamente molestò le carovane cristiane. Invano Amedeo VI di Savoia con la sua celebre spedizione del 1366 riconquistò alla cristianità Gallipoli; lui partito, le cose peggiorarono: Venezia, a cui il Conte Verde offrì il possesso di quel territorio, lo rifiutò non potendolo mantenere, e i Turchi, qualche volta alleati coi Genovesi di Pera, resero pericolosa la navigazione dello stretto.
Dopo la vittoria che Pietro Loredano riportò nel 1416 sull'armata navale turca a Gallipoli, i Turchi iniziarono la costruzione di fortezze sulla riva asiatica dello stretto; e al riparo di quelle robuste torri più volte sbarrarono il passo ai convogli cristiani. Si ricordano la battaglia del 1416, in cui un grosso convoglio veneziano si aprì il passo combattendo con gli stazionarî turchi; quella del 1427, in cui quasi tutte le navi del convoglio di Romania furono catturate; un tentativo veneziano di espugnazione dei Dardanelli (1430) sembra fallisse: quando Maometto II iniziò i preparativi per il grande assedio, che doveva mettere in sua mano Costantinopoli, prima sua cura fu di sbarrare gli stretti, facendo costruire anche sulla riva europea una fortezza (Rumelï-hisarï) di fronte a quella eretta dai suoi predecessori sulla riva asiatica (Anadoluhisar), ordinando di vietare il passo a colpi di bombarda a chi non gli pagava tributo. E uno dei capitani veneti, che tentò di forzare il passo, venne impalato e tutti i suoi marinai furono decapitati (1452).
Sorvoliamo sulle conseguenze della chiusura dello stretto e sulla necessità che spinse Venezia e Genova a stipulare la pace coi Turchi, resistendo ai pressanti inviti papali per un'azione comune. In tutte le guerre che seguirono tra Venezia e l'Impero fu ventilata la proposta di agire con l'armata navale contro i Dardanelli per impedire l'uscita dell'armata turca. E se nel sec. XVI, prima di Lepanto, non si ha preciso ricordo di vere e proprie operazioni navali in grande stile ai Dardanelli, abbondano invece le notizie sulle operazioni del sec. XVII, tendenti al medesimo scopo, specialmente durante la lunga guerra di Candia. Fra i più memorabili avvenimenti di cui i Dardanelli furono teatro dal 1645 al 1669, ricorderemo il naufragio dell'armata di Gian Battista Grimani, bloccante lo stretto (1648) mentre un'altra divisione operava al largo contro i nemici già usciti; il combattimento sostenuto nel maggio del 1654 da Daniele Morosini e da Giuseppe Dolfin coi loro due vascelli soltanto contro un'intera squadra nemica; la vittoria riportata da Lorenzo Marcello, che vi morì, nel giugno del 1656, sull'armata turca quasi doppia della sua; l'eroismo di Lazzaro Mocenigo che, perduto un occhio nella battaglia vinta dal Marcello, penetrò, al comando dell'armata, entro lo stretto nel 1657, e con una battaglia durata tre giorni (17-19 luglio 1657) vietò l'uscita dell'armata nemica e trovò la morte sul ponte di comando.
Caduta in potere dei Turchi Candia, e con essa l'ultimo baluardo cristiano in Levante, i Dardanelli perdettero gran parte della loro importanza, che riacquistarono però nella seconda metà del secolo XVIII, quando i Russi con l'Orlov penetrarono nel Mediterraneo e tentarono più volte di forzare il passo verso Costantinopoli. Il tentativo, fallito ai Russi, riuscì felicemente agl'Inglesi nel 1807: poiché l'ammiraglio Duckworth poté penetrare nel Bosforo, riportando però notevoli avarie quando per tornare indietro ripassò sotto il fuoco del Castello d'Europa e del Castello d'Asia, che nell'avanzare non avevano fatto a tempo a sparare le grosse artiglierie.
Dopo la guerra russo-turca, che s'innestò a quella dell'indipendenza greca, la Russia col trattato di Adrianopoli ottenne il libero passaggio per le sue navi attraverso i Dardanelli e il Bosforo (1829); e poco dopo (1833) col trattato di Unkiar Kalesi (1833) impose alla Turchia di tener chiusi i Dardanelli alle navi da guerra di tutte le nazioni, fuorché della Russia. Quel patto fu modificato col trattato di Londra del 1841 e con la cosiddetta Convenzione degli stretti per cui era vietato alle navi da guerra di tutte le nazioni il passaggio attraverso i Dardanelli e attraverso il Bosforo.
Scoppiata la nuova guerra russo-turca, le armate navali di Francia e d'Inghilterra, alleate dei Turchi, varcarono nel 1854 i Dardanelli, penetrarono nel Mar Nero, bombardarono Odessa e distrussero a Sinope la squadra russa; nel trattato di Parigi fu confermata la chiusura e la neutralità degli stretti.
Nell'epoca nostra, scoppiata nel 1911 la guerra italo-turca, il governo italiano aveva deliberato d'inviare l'armata navale ai Dardanelli, ma s'interposero le altre grandi potenze, timorose che le nostre operazioni navali avessero un contraccolpo in tutto l'Oriente. Tuttavia, nell'aprile del 1912, fu superata l'opposizione della potenza più ostile, l'Austria, e deliberata un'azione di torpediniere contro la squadra turca, ancorata nello stretto. L'operazione delle siluranti fu sospesa perché due delle torpediniere, prima d'imboccare lo stretto, ebbero avaria: la squadra tentò di attirare fuori dei Dardanelli i Turchi, e bombardò il forte di Seddülbahir sulla riva europea e quello di Kumkale sulla riva asiatica. Questa operazione dimostrativa provocò da parte della Turchia la chiusura dei Dardanelli alle navi mercantili di tutte le nazioni, chiusura che scatenò contro l'Italia una campagna di stampa assai violenta. Più tardi, quando già erano state iniziate le prime trattative segrete di pace, l'ammiraglio Millo ebbe ordine di eseguire una ricognizione dei Dardanelli; ed egli la condusse energicamente con cinque torpediniere nella notte illune del 18 luglio 1912, passando audacemente sotto il fuoco dei forti, e giungendo fino a Kilidbahir, dove la torpediniera capofila ebbe l'elica impigliata in uno dei cavi d'ostruzione e dovette fermarsi. Riuscita a liberarsi il comandante Millo, persuaso di non poter raggiungere le navi nemiche, ormai poste in allarme, ordinò la ritirata, che si compì nel massimo ordine sotto il fuoco intensificato delle fortezze turche. L'audace tentativo destò l'ammirazione di tutta l'Europa per il coraggio e l'abilità con cui fu condotto.
Durante la guerra mondiale, prima dell'intervento dell'Italia, le marine di Francia e d'Inghilterra tentarono di forzare i Dardanelli, dove si erano rifugiati all'inizio delle ostilità due incrociatori tedeschi (il Göben e il Breslau), poi entrati a far parte dell'armata turca. Dopo una breve azione dimostrativa eseguita da corazzate francesi e da due incrociatori inglesi contro i forti (novembre 1914), e dopo l'audace incursione di un sommergibile inglese, nel febbraio del 1915, con improvviso consiglio, le due squadre alleate, ritenendo possibile il forzamento del passo, iniziavano le operazioni di bombardamento, riducendo al silenzio dal 19 febbraio al 4 marzo i forti esterni: ma alla stretta di Canakkale le difficoltà apparvero presto insormontabili, nonostante il dragamento delle mine eseguito sotto le raffiche dei forti, presidiati da artiglieri tedeschi. Ben tre corazzate alleate furono affondate, altre furono assai malconce. Fu allora deliberata un'azione combinata delle forze di mare e di terra; e numerose divisioni, già concentrate a Mudros, e poi riordinate in Egitto, sbarcarono in aprile nella penisola di Gallipoli per prendere al rovescio i forti della riva europea; ma tutti i tentativi di attacco fallirono, mentre prima un cacciatorpediniere turco, poi i sommergibili tedeschi affondarono altre tre corazzate inglesi. Le perdite degli alleati furono ingentissime: dopo parecchi mesi, sulla fine del 1915, le truppe furono poco a poco ritirate; e l'impresa dei Dardanelli agl'inizî del 1916 fu abbandonata.
Bibl.: C. Manfroni, Storia d. marina ital., Roma 1896, I e III, passim; G. Heyd, St. del commercio del levante, torino 1913, passim; R. Bernotti, Il potere marittimo nella grande guerra, Livorno 1920, pp. 262-271; C. Manfroni, Guerra italo-turca. Cronist. delle operazioni navali, II, Roma 1926, pp. 79-91, 167-188.
La questione diplomatica degli Stretti. - I Dardanelli, insieme al Mar di Marmara e al Bosforo, costituiscono quelli che, nel linguaggio politico corrente, si sogliono chiamare gli "Stretti". Da quando la Turchia si era installata a Costantinopoli, la Sublime Porta aveva affermato il suo diritto d'impedirne il passaggio alle navi da guerra d'altri stati.
Durante il conflitto fra l'Impero ottomano e Mohamed Alì, pascià dell'Egitto, all'insaputa della Francia, che proteggeva quest'ultimo, l'Inghilterra, la Russia, la Prussia e la Turchia conclusero un patto segreto "per la pacificazione del Levante", secondo cui il sultano consentiva ad aprire gli Stretti alla flotta russa per l'esecuzione immediata delle decisioni, prese dalle quattro potenze. Invece, terminata la crisi, con la convenzione degli Stretti, che fu firmata a Londra il 13 luglio 1841 e alla quale parteciparono anche la Francia e l'Austria, il sultano ribadì "la sua ferma intenzione di mantenere, per l'avvenire, il principio invariabilmente stabilito come antica regola del suo impero, secondo cui era stato in ogni tempo vietato alle navi da guerra di potenze straniere di entrare negli Stretti dei Dardanelli e del Bosforo": e le altre potenze contraenti s'impegnarono a rispettare tale determinazione del sultano, il quale si riservava di rilasciare, come per il passato, dei firmani per il transito di navi da guerra leggiere (i cosiddetti stazionarî), destinate al servizio delle missioni diplomatiche di potenze amiche.
Dopo la guerra di Crimea, il trattato di Parigi del 30 marzo 1856 stabilì all'art. 10 la revisione della convenzione del 13 luglio 1841. La nuova convenzione degli Stretti, che fu anch'essa firmata il 30 marzo 1856, riproduce le disposizioni di quella precedente, ma stabilisce inoltre che il sultano accordi firmani di passaggio per le navi da guerra leggiere, che ognuna delle potenze contraenti era autorizzata a far stazionare alle foci del Danubio per assicurare l'esecuzione dei regolamenti relativi alla libera navigazione di quel fiume: ogni potenza non poteva avere più di due di tali navi. Come al trattato di Parigi, alla nuova convenzione per gli Stretti fu ammesso a partecipare anche il regno di Sardegna.
Il trattato di Londra del 13 marzo 1871, che abolì le disposizioni del trattato di Parigi, relative alla neutralizzazione del Mar Nero, di cui la Russia si era liberata di sua iniziativa profittando della guerra franco-tedesca, confermò la chiusura degli Stretti "con facoltà pel sultano di aprirli in tempo di pace alle navi da guerra di potenze amiche e alleate, qualora la Sublime Porta lo ritenesse necessario per assicurare l'esecuzione delle disposizioni del trattato di Parigi". Il trattato di Berlino (13 luglio 1878) ribadì ancora (art. 63) le disposizioni della convenzione degli Stretti e del trattato di Londra. In seguito all'azione italiana nei Dardanelli dell'aprile 1912 (v. sopra), la Sublime Porta chiuse i Dardanelli alla navigazione commerciale internazionale, ma li riaprì dopo un mese, aderendo alle sollecitazioni delle potenze e specialmente della Russia.
Appena la Turchia fu coinvolta nella guerra mondiale (per l'azione militare degli alleati nei Dardanelli, v. sopra), la Russia riaccampò a Londra e a Parigi le sue pretese tradizionali su Costantinopoli e sugli Stretti. L'Inghilterra e la Francia non vi erano favorevoli e cercarono di temporeggiare, ma si preoccuparono di non alienarsi la Russia. L'Inghilterra si mostrò per prima condiscendente, mentre la Francia continuava a patrocinare la neutralizzazione degli Stretti e l'internazionalizzazione di Costantinopoli. La Russia, che aveva visto di mal occhio la spedizione dei Dardanelli, reclamava Costantinopoli, la sponda occidentale del Bosforo, il Mar di Marmara, i Dardanelli e la Tracia meridionale fino alla linea Enos-Midia (Inoz-Midye): i governi di Londra e di Parigi finirono con l'acconsentirvi nel marzo 1915 dopo essersi assicurati compensi in Asia Minore, in Siria, in Mesopotamia e in Palestina. L'Italia riconobbe tali accordi il 2 dicembre 1916 a condizione che la guerra fosse continuata fino alla vittoria decisiva, che le sue aspirazioni territoriali fossero soddisfatte, che ad essa fossero estesi i privilegi e le concessioni accordati all'Inghilterra e alla Francia. Ma tutto ciò rimase lettera morta dopo il collasso della potenza zarista.
Con l'armistizio di Mudros, concluso il 30 ottobre 1918, la Turchia consenti all'apertura dei Dardanelli e del Bosforo, che furono occupati dalle truppe e dalla flotte delle potenze dell'Intesa. Il trattato di pace di Sèvres (10 agosto 1920) stabiliva che la navigazione attraverso gli Stretti sarebbe libera per l'avvenire, in pace e in guerra, a tutte le navi mercantili e da guerra e alle aeronavi militari o commerciali, senza distinzione di bandiera: né blocco né altro atto di guerra poteva essere fatto contro di essi se non in seguito a una decisione del Consiglio della Società delle nazioni (art. 37). Il governo ottomano delegava la sorveglianza sulle acque degli Stretti a una Commissione degli Stretti (art. 38) composta dei rappresentanti della Francia, del Giappone, dell'Inghilterra, dell'Italia, degli Stati Uniti (se vi avessero consentito), della Grecia, della Romania, della Russia, della Turchia e della Bulgaria (per le ultime tre soltanto dopo che fossero state ammesse nella Società delle Nazioni): le prime cinque e la Russia dovevano avere 2 voti ciascuna, le altre 1 (art. 40). Qualora la commissione avesse ritenuto che la libertà di passaggio fosse impedita, ne avrebbe informato i rappresentanti delle potenze alleate a Costantinopoli per ottenere le forze d'occupazione necessarie (art. 44). Norme speciali regolavano il passaggio e la permanenza negli Stretti delle navi da guerra di potenze belligeranti (art. 57). La zona degli Stretti comprendeva, sulla costa europea, il territorio ad est della linea da Karaçali (sul golfo di Saros) fino alla foce del Büyükdere (sul Mar Nero): in Asia Minore, dal golfo di Edremit (sull'Egeo) alla foce dell'Akabadr (sul Mar Nero), includendo il golfo e il territorio d'Izmit (art. 179). Siccome lo stato ottomano non conservava più in Europa che un piccolo territorio a ovest di Costantinopoli, il resto della zona europea apparteneva alla Grecia. Tutte le opere, fortificazioni o batterie, esistenti negli Stretti, dovevano essere disarmate e demolite a spese della Turchia e della Grecia, per i rispettivi territorî (art. 178).
Ma, come è noto, il trattato di Sèvres non fu mai riconosciuto dai Kemalisti che rimasero padroni di tutta la Turchia. Il nuovo trattato di pace, firmato a Losanna il 24 luglio 1923, in conseguenza della disfatta greca in Asia Minore, riconobbe il principio della libertà di passaggio e di navigazione, per mare e per aria, in tempo di pace e di guerra, attraverso gli Stretti, secondo una convenzione speciale che deve considerarsi parte integrante del trattato stesso (art. 23). La convenzione speciale a cui, oltre le potenze firmatarie del trattato di Losanna (Francia, Giappone, Inghiterra, Italia, Iugoslavia, Grecia e Romania) hanno partecipato anche la Russia e la Bulgaria, si applica egualmente al Bosforo, al Mar di Marmara e ai Dardanelli. Ma per quel che riguarda le coste, la zona smilitarizzata è stata molto ridotta: al Bosforo comprende soltanto una striscia della larghezza di 15 chilometri da ambo le parti; ai Dardanelli comprende, sulla costa europea, la penisola di Gallipoli fino alla linea dal golfo di Saros a Kumbağï sul Mar di Marmara e, sulla sponda asiatica, la striscia da un punto di fronte a Tenedo fino a Karabiga sul Mar di Marmara; e inoltre tutte le isole di questo mare. La Commissione degli Stretti, con sede a Costantinopoli, ha giurisdizione sulle acque degli Stretti ed esercita la sua missione sotto gli auspici della società delle nazioni. È presieduta dal rappresentante della Turchia e composta dei rappresentanti di tutti gli altri stati firmatarî della convenzione: aderendo a questa, possono essere ammessi anche i rappresentanti degli Stati Uniti e degli altri stati indipendenti rivieraschi del Mar Nero.
La sistemazione degli Stretti dopo la guerra rappresenta un mutamento radicale della politica inglese al riguardo: mutamento dovuto all'indebolimento della Russia e al profitto che l'Inghilterra ha tratto dalla possibilità di far entrare la sua flotta nel Mar Nero.
Bibl.: E. Driault, La question d'Orient depuis ses origines jusqu'à la paix de Sèvres, Parigi 1921; A. Debidour, Histoire diplomatique de l'Europe depuis le Congrès de Vienne jusqu'au Congrès de Berlin, Parigi 1891; P. Albin, Les grands traités politiques, Parigi 1911; A. Palmieri, La spartizione dell'Asia Minore, in Politica (febbraio e aprile 1926); S. Sazonow, Les années fatales, Parigi 1927; A. Giannini, I doc. dipl. della pace orientale, Roma 1921.