ACCIAIUOLI, Dardano
Figlio di Lotteringo (o Tirigo) di Acciaiuolo e di Bella di Guido Mancini, partecipò ai traffici dei suoi familiari, navigando da giovane nel Mediterraneo e stabilendosi poi a Napoli per molti anni, nel corso dei quali diede impulso all'attività svolta dalla compagnia degli Acciaiuoli nel Regno, procurandole il favore dei sovrani con prestiti alla Corona. Ottenne anche privilegi per il commercio e cariche a corte. Alla fine del sec. XIII, in età matura, ritornò a Firenze, partecipando attivamente alla vita politica, favorendo la stretta alleanza della Repubblica con gli Angiò, d'accordo con i Bardi ed i Peruzzi, in funzione degli interessi economici delle loro compagnie. Fu priore nel 1302, poi deputato alla condotta della guerra contro Pistoia nel 1305 e gonfaloniere nel 1307 e 1309. I Cancellieri di Pistoia lo nominarono capitano (1309), per risolvere le loro controversie familiari, alla cui composizione egli si adoperò, riuscendo a stipulare un accordo, presente anche Acciaiuolo di Niccolò; e da Pistoia (1309) mosse verso Prato per sedare un tumulto. Priore nel 1311, contribuì agli sviluppi dell'offensiva guelfa contro Enrico VII, dal quale fu condannato al bando. Sostenne la necessità che Firenze si desse in signoria a Roberto d'Angiò; con Iacopo Bardi gliene recò l'offerta, stipulandone le condizioni e la durata per cinque anni (1313). Priore ancora nel 1313 e 1314, favorì l'ingresso in Firenze del duca di Gravina, fratello di Roberto e suo vicario nella Signoria, nonostante che fossero diminuiti i pericoli per la libertà fiorentina dopo la morte di Enrico VII. Ma le rinnovate minacce da parte di Uguccione della Faggiuola inducendo Firenze a rinnovare l'alleanza con gli Angiò, l'A. ritornò a Napoli (1315) con Lapo de' Bardi, per chiedere nuovi aiuti al re, recandosi poi a Bologna per invitare quel Comune a partecipare al congresso dei guelfi indetto da Roberto in Romagna. Re Roberto lo nominò vicario a Pistoia (1316). Ancora priore più volte (1318, 1323, 1325, 1334) e ambasciatore a San Gimignano (1325), si ritirò nel 1334 dalla vita politica, conservando l'autorità che gli derivava dal suo passato e dalle ricchezze. A lui si deve l'edificazione (1334) della cappella di S. Niccolò di Bari, in via della Scala, presso S. Maria Novella di Firenze, con dipinti di Spinello Aretino (perduti).
Morì nel 1335. Aveva sposato Tancia di Banco Rigaletti, da cui ebbe Elisabetta, Pietro, Bartolo, Banco, Bartolomea e Niccolò. Il ramo che ha origine da lui si estinse nel sec. XV.
Fonti e Bibl.: Cronaca fiorentina di Marchionne di Coppo Stefani,in Rer. Italic. Script.,2 ediz., XXX, 1, a cura di N. Rodolico, pp. 88, 99, 104, 108, 114, 116, 117, 124, 131, 147; L. Bruni, Historiae Florentini populi, ibid.,2 ediz., XIX, 3, a cura di E. Santini, pp. 109-110; G. Vasari, Le vite,a cura di P. Pecchiai, I, Milano 1938, pp. 553, 561; P. Litta, Fam. cel. ital., Acciaiuoli di Firenze,tav. II; R. Davidsohn, Forschungen...,II, Berlin 1900, p. 288; III, ibid. 1901, p. 319; IV, ibid. 1908, pp. 573, 575;Id., Geschichte von Florenz,III, Berlin 1922, p. 143; IV, 3, ibid. 1927, p. 342; G. Yver, Le commerce et les marchands dans l'Italie méridionale,Paris 1903, p. 331.