dardo
In Rime CIV 59 designa la " freccia " che Amore scaglia nei cuori degli uomini: egli appare impugnando l'uno e l'altro dardo, giusta la tradizionale figurazione ovidiana (Met. I 469-471 " fugat hoc, facit illud amorem. / Quod facit auratum est et cuspide fulget acuta; / quod fugat obtusum est et habet sub harundine plumbum "), ricorrente nella poesia provenzale e in quella italiana (cfr. ad es. B. Latini Tesoretto 2263 " io vidi... / un fresco fante, / ch'avea l'arco e li strali "; Pier della Vigna Uno piasente isguardo 4 " ed è stato uno dardo / pungent'e sì forte acuto / che mi passao lo core "; Cavalcanti Voi che per li occhi 11 " Questa vertù d'amor... / un dardo mi gittò dentro dal fianco "; G. Guinizzelli Lo vostro bel saluto 5 [Amor] " per mezzo lo cor me lanciò un dardo "). Nello stesso senso il vocabolo è ripetuto al v. 72, in LXXX 16, e in Rime dubbie V 17.
In Cv II V 14, figuratamente, vale " fulmini ": dice Venere ad Amore: " Figlio, vertù mia, figlio del sommo padre, che li dardi di Tifeo non curi ". Il passo è traduzione di Aen. I 664-665 " nate, meae vires... / patris summi qui tela Typhoëa temnis ", ma D. " fraintese questi versi, congiungendo patris summi con nate, anziché con tela " (Busnelli-Vandelli, ad l.).
Col significato generico di " arma di offesa ", ma con sottinteso equivoco, in Fiore XIX 4 Per Bel-Sembiante e per Dolze-Riguardo / mi mandò la piacente ch'i' andasse /... né non portasse già lancia né dardo.