Cecchi, Dario
Costumista e scenografo cinematografico, nato a Firenze il 26 maggio 1918 e morto a Roma il 16 settembre 1992. La pittura, cui si dedicò con passione, costituì un fondamentale punto di riferimento per la sua attività, come risulta evidente dalla cura nell'elaborazione cromatica e grafica dei costumi e delle scenografie da lui realizzati e dalla ricchezza e dalla precisione dei riferimenti storici in essi presenti. Figlio dello scrittore Emilio Cecchi e fratello della sceneggiatrice Suso Cecchi d'Amico, si diplomò all'Accademia di Belle Arti a Firenze. Curò i costumi per alcuni balletti del coreografo A. Millos e si avvicinò al cinema come assistente del grande costumista Gino Carlo Sensani. Nelle sue prime creazioni, avvenute tutte sotto il segno del melodramma, in prodotti popolari della fine degli anni Quaranta come I miserabili (1948) di Riccardo Freda, Il trovatore (1949) di Carmine Gallone (del quale curò anche le scenografie), o L'edera (1950) di Augusto Genina, C. introdusse un'elegante linearità, evitando ogni sovraccarico antiquario. La sua prova migliore fu per Il cappotto (1952) di Alberto Lattuada, nel quale, del resto, il capo di vestiario assume un'importanza primaria: il film è infatti tutto incentrato sul contrasto tra il vecchio cappotto liso e pieno di buchi di Renato Rascel, e quello nuovo, con il bavero foderato di pelliccia, simbolo proprio della nuova condizione del piccolo impiegato fino allora umiliato e offeso. Lavorò in seguito ancora con Lattuada per La lupa (1953) e La spiaggia (1954), del quale fu anche scenografo. In entrambi i casi, ancora una volta, gli abiti assumono un importante valore simbolico: nel primo il vestito da sposa di May Britt è visto come un richiamo alla purezza, mentre nel secondo l'inappuntabile completo bianco del miliardario blasé spicca nello squallido contesto balneare. Lavorò in seguito con Federico Fellini per le scene e i costumi di Il bidone (1955), e lo stesso anno con Mario Camerini per La bella mugnaia ideando, assieme a Maria Baroni, sua moglie, abiti spagnoli di fine Seicento di grande effetto, simili a quelli disegnati più tardi per Ferdinando I re di Napoli (1959) di Gianni Franciolini. Fu in questi anni che ebbe inizio la fruttuosa collaborazione con Alessandro Blasetti, a partire da La fortuna di essere donna (1955), del quale fu anche scenografo, passando per il film-reportage Io amo, tu ami… (1961), di cui realizzò la scenografia in collaborazione con Mario Garbuglia, fino a Io, io, io… e gli altri (1966). Dopo un'esperienza televisiva per L'Odissea di Franco Rossi (1968), C. tornò a una sorta di melodramma, ma in chiave ironica, con La Tosca (1973) di Luigi Magni, che può essere considerato il suo ultimo lavoro significativo. La figlia Nanà (propr. Anna), nata a Roma il 5 marzo del 1952, costumista teatrale, ha lavorato anche per il cinema (curando, per es., i costumi di I paladini ‒ Storia d'armi e d'amori, 1983, di Giacomo Battiato, e di film di ambientazione moderna come Gli occhiali d'oro, 1987, di Giuliano Montaldo).