DARIO di Giovanni, detto Dario da Pordenone (da Treviso, da Udine)
Figlio di un "Iohannis cerdonis [artigiano di basso rango] pictor de Porto Nauni, de contrada sancti Antonii confessoris", il primo documento noto è del 25 ag. 1440, quando D. (detto "de Utino"), "annorum XVIIII vel circa", entra come stipendiato per due anni nella bottega padovana di Francesco Squarcione, che si impegna ad istruirlo nell'arte della pittura.
Nel contratto D. è già chiamato "pictor vagabundus", ma si ignora dove abbia svolto la primissima attività e il catalogo delle opere attribuitegli suppone il soggiorno in Padova e il tirocinio nella bottega del bizzarro "sartor et recamator". Il 20 settembre dello stesso anno D. compare quale testimone in un atto di vendita di un possedimento dello Squarcione. Il sodalizio con questo fu presumibilmente rinnovato almeno fino al 1446-47, quando D. ricevette dei pagamenti per opere nella basilica del Santo, nel periodo in cui vi lavorava anche Squarcione.
Verso la fine del 1447, già indebitato con il maestro, lasciò la bottega ed entrò in quella, sempre a Padova, del pittore Pietro Maggi da Milano. Presto si indebitò anche con il Maggi che lo costrinse a contrarre un legale obbligo di pagamento davanti all'ufficiale giudiziario. Nel 1455 è a Treviso già da tempo, se nello strumento dotale della moglie Ginevra è definito "civem et habitatorem Tarvisii". Ginevra era figlia di un pittore Ziliolo ed apparteneva ad una famiglia di artisti attestati a Treviso dal 1404; D. ereditò la bottega dei parenti della moglie. La sua fama e il suo prestigio andarono progressivamente aumentando. Infatti fu chiamato dalla Serenissima a lavorare in palazzo ducale, all'epoca in cui era attivo nella cappella di Orsato Giustinian a Quinto di Treviso (23 maggio 1456). Nel 1459, ad Asolo, firmò l'affresco con la Madonna col Bambino oggi nel Museo della città e due anni dopo era ancora "habitatore Asilli", dove nel 1466 lo raggiunse la petizione dello Squarcione, che era suo creditore.
Nel 1462 aveva affrescato la sala dei Consiglio di Bassano e nel 1466 ricevette un'altra commissione pubblica dalla città di Conegliano, per affreschi nel palazzo del podestà. Nel 1469 firmò e datò gli affreschi dell'attuale casa Troyer a Serravalle (oggi Vittorio Veneto), eseguiti con la collaborazione di Desiderio da Feltre (Botteon-Aliprandi, 1893; De Mas, 1972) e nel 1471 eseguì una pala per Matteo Bicignoli di Treviso. Negli anni 1471-76 ricevette pagamenti dalla Scuola della Concezione per la pala e la decorazione della cappella omonima nella chiesa di S. Francesco di Conegliano; nel 1474 firmò gli affreschi sulla facciata di casa Carpené, già Montalban, nella stessa città. Nel 1498 un documento rogato dal notaio Bartolomeo Peruchieri di Ceneda nomina "Altabella filia q. magistri Darii pictoris de Coneglano", il che fa supporre che questa città sia stata l'ultima sua residenza (per tutti i documenti cfr. Gerola, 1910; Sartori, 1962).
Chiamato già da Vasari "da Trevisi", in un cenno fuggevole e sostanzialmente positivo, D. è documentato "vagabundus" tra Padova, il Trevigiano e Venezia, continuamente alle prese con i creditori, ma piuttosto affermato come pittore, se si pensa alle svariate commissioni che gli furono affidate e che per la maggior parte non ci sono pervenute. D'altro canto le sole opere superstiti firmate (la Madonna col Bambino di Asolo, la tavola con la Madonna della Misericordia tra i ss. Giovanni Battista e Bernardino del Museo di Bassano, gli affreschi - ornati a volute e fogliami - di casa Troyer a Vittorio Veneto e quelli di casa Carpené a Conegliano - figure di Guerrieri e una Suonatrice di viola -) fecero liquidare D. come "meschino pittore ritardatario" da Venturi (1914), e Fiocco (1924) locoinvolse nella decisa stroncatura di F. Squarcione. Riprendendo alcune attribuzioni di Coletti (1953), Furlan (1969) ha proposto di dilatare il corpus del pittore, traendone l'immagine di un artista discontinuo e, nell'ultimo periodo, praticone, ma anche attento al clima artistico padovano tra Squarcione, Antonio Vivarini e il cantiere della cappella Ovetari nella chiesa degli eremitani a Padova.
Questo contributo articola un percorso stilistico in parte accettabile, ma vi inserisce alcune opere che non possono spettare al pittore. Tali il S. Cristoforo della Ca' d'Oro di Venezia, dove R. Longhi aveva colto lo spirito "erratico e divagante della Ferrara intorno al '50" (Officina ferrarese, Firenze 1956, p. 17), i tre pannelli con le Storie di Elena della Galleria Walters a Baltimora e i due di analogo soggetto del Museo di Melbourne.
F . Zeri (1976,con bibl. prec.), accogliendo un suggerimento di Pallucchini (1962),assegna questi cinque pannelli al cosiddetto "Maestro delle Storie di Elena", pittore che unisce ad una finezza gotica di ascendenza pisanelliana la conoscenza delle scuole veneziana e padovana, con esiti diversi dalla pratica squarcionesca di Dario. Inaccettabile appare l'intervento del pittore nelle miniature per quella Geografia di Strabone commissionata da I. A. Marcello (Albi, Biblioteca Rochegude), testo chiave per i nuovi esiti della miniatura padovana aggiornata in senso rinascimentale. Tanto più che le miniature, dagli sfondi architettonici ricchi di citazioni classiche, sono state eseguite immediatamente prima del 1459,data dell'impacciata Madonna di Asolo. Ugualmente lontana dalla cultura di D. pare anche un'Assunzione della Vergine passata alcuni anni fa sul mercato antiquario (Th. Agnew and Sons, Ltd., AutumnExhibition…,catalogo, London 1955, n. 26).
Gli affreschi del duomo di Pordenone (cappella di S. Nicolò, Dottori della Chiesa nella volta, Scene della vita del santo nelle lunette), attribuiti da Coletti (1953) e Furlan (1969), oggi non del tutto leggibili, potrebbero essere le uniche opere dove D. si dimostra attento agli affreschi di Ansuino da Forlì e Nicolò Pizolo nella cappella Ovetari a Padova. Spunti che peraltro vengono presto dimenticati. La data 1446 suggerita da Furlan (1976) per il S. Bernardino del Museo Antoniano di Padova è accolta da Lucco (1981) che non ritiene di D. i dipinti di analogo soggetto dell'Accademia Carrara di Bergamo, della Pinacoteca comunale di Cremona e del Museo Poldi Pezzoli di Milano, e della stessa opinione è Natale (1982), cui si rinvia per la bibliografia di tali dipinti di controversa attribuzione. Un altro S. Bernardino attribuito a D. è quello conservato nel County Museum of Art di Los Angeles (Catalogue of paintings, I, Los Angeles 1954, n. 13). Al tempo della Madonna di Asolo va assegnato un gruppo di affreschi. nella chiesa di S. Gottardo della stessa città: all'esterno una Crocifissione (e a D., secondo Furlan, andrebbe rivendicata anche quella del Museo civico di Treviso, esposta come opera di Girolamo da Treviso il Vecchio) e all'interno un S. Gottardo attorniato da angeli e due sante.
Posteriori al soggiorno asolano (1459-66) rimangono di D. alcune Madonne in affresco e decorazioni di facciate (non sempre controllabile, per la perdita di alcuni affreschi, è il catalogo di Crowe-Cavalcaselle, 1871). Testimonianza di questa fase, ormai di involuzione, sono i vari dipinti rappresentanti la Madonna col Bambino di Schio (e i SS. Giovanni Battista e Paolo, chiesa di S. Francesco), Treviso (chiesa di S. Francesco) e Conegliano (già casa Montalban, oggi al Museo civico), dove il deciso scatto del Bambino pare richiamare l'estro di "Maistro Squarzon". Gli affreschi di casa Carpené a Conegliano sono l'ultima opera datata del pittore (1474). Ancora Furlan (1969) propone di assegnare a D. una Madonna col Bambino affrescata nel duomo di Asolo e datata 1492, che può collocarsi sulla scia delle precedenti esercitazioni.
La morte del pittore dovrebbe quindi cadere in un anno tra il 1492 e il '98, a Conegliano, dove D. è indicato residente nell'ultimo documento che lo nomina.
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