PUCCINI, Dario
PUCCINI, Dario. – Terzogenito di Mario (scrittore e amico di Antonio Machado e Miguel de Unamuno), e di Alessandra Simoncini, nacque a Roma il 5 gennaio 1921, dopo Gianni, regista e critico cinematografico, e Massimo, anch’egli cineasta con il cognome Mida.
La prima formazione è legata alle influenze culturali maturate nell’ambiente familiare, in particolare le amicizie e i rapporti del padre con il mondo letterario e artistico, italiano e internazionale; importante per i futuri interessi ispanici fu comunque la ricca biblioteca della casa paterna. Studiò al liceo classico Torquato Tasso, frequentando giovanissimo il gruppo della rivista Cinema, di cui fecero parte suo fratello Gianni, Pietro Ingrao e Luchino Visconti, e nella quale pubblicò alcuni articoli con lo pseudonimo di Dario Cini. Fin da adolescente visse l’atmosfera antifascista della famiglia e, agli inizi degli anni Quaranta, militò nelle file comuniste con Mario Alicata, Ingrao e altri compagni romani.
Chiamato alle armi nel 1942, fu combattente e fiancheggiatore dei Gruppi d’azione partigiana (GAP) a Roma; il 2 dicembre fu arrestato dalla polizia fascista durante una licenza – insieme con il fratello Gianni, Marco Cesarini Sforza, Alicata, Lucio Lombardo Radice – e rinchiuso a Regina Coeli. L’esperienza del carcere fu fondamentale nel campo dei suoi studi, come traspare dalle lettere ai familiari e dagli appunti e le rassegne sulle numerose letture cui si dedicò con impegno e metodo. In seguito agli eventi del 25 luglio 1943, fu scarcerato con Gianni il 7 agosto, ma continuò in clandestinità la sua militanza con il comitato di Ponte Milvio a Roma, cui afferì anche l’amico scrittore Vasco Pratolini. Nel marzo del 1944, a pochi giorni dell’attentato di via Rasella, il fratello Gianni fu di nuovo arrestato; in aprile fu la volta del padre, rinchiuso nel carcere di San Gregorio e tenuto in ostaggio con lo scopo di poter arrivare a Dario. Tuttavia l’entrata a Roma degli Alleati determinò la scarcerazione dei prigionieri. Nel frattempo Puccini si era iscritto alla facoltà di lettere dell’Università di Roma, dove nel 1947 si laureò brillantemente con Natalino Sapegno con una tesi su Francesco De Sanctis nella formazione di una cultura nazionale.
In seguito Puccini svolse attività politica per il Partito comunista italiano (PCI) e collaborò con l’Unità. Al contempo iniziò la sua attività critica per varie riviste e giornali, orientandosi sempre più verso un percorso di studi ispanici e ispanoamericani. Nel 1948 divenne assistente alla cattedra di storia della letteratura italiana moderna e contemporanea, tenuta da Giuseppe Ungaretti all’Università di Roma, dove insegnò fino al 1952.
Nel 1951 aveva sposato Stefania Piccinato, figlia dell’urbanista architetto Luigi, che aveva conosciuto al Congresso mondiale dei partigiani della pace a Parigi. Dal matrimonio nacquero Andrea e Lorenzo.
Gli anni Cinquanta e Sessanta furono un periodo fecondo di incontri e felici frequentazioni a Roma, centro importante del dibattito culturale e politico dell’epoca: si ricordino almeno Pablo Neruda, Rafael Alberti, Vicente Aleixandre, Jorge Guillén, Gabriel García Márquez, i fratelli Goytisolo, Jaime Gil de Biedma, Nicolás Guillén e Max Aub. Nel 1956, a seguito dell’invasione sovietica in Ungheria, Puccini firmò il Manifesto dei 101 e non rinnovò l’iscrizione al PCI.
Con Mario Socrate, Ugo Attardi, Luca Canali, Elio Petri, Marcello Muccini e altri fu tra i fondatori della rivista Città aperta; con Canali si rivolse a Giangiacomo Feltrinelli per il finanziamento della stampa, ma l’editore pretendeva che la rivista diventasse la voce dell’estremismo di sinistra e i due non accettarono.
Nel frattempo Puccini dette inizio alla carriera universitaria: dal 1962 al 1970 fu incaricato di lingua e letteratura spagnola all’Università di Cagliari; nel 1972, docente di letteratura ibero-americana all’Università di Roma mentre, nel 1975, vinse il concorso di ordinario di lingua e letteratura spagnola. Dal 1° novembre 1979 ottenne il trasferimento alla cattedra di letteratura ispano-americana sempre nella stessa Università e, alla morte di Carmelo Samonà, ricoprì la cattedra di lingua e letteratura spagnola. Come docente e ispanista fu chiamato a insegnare in prestigiose università straniere; nel 1970, in qualità di visiting professor, alla State University of New York, alla Harvard University, alla Brown University, e nel 1980 all’Universidad central de Venezuela di Caracas. Nel 1977 tenne un corso di letteratura italiana e una serie di conferenze su Miguel Hernández, sempre a Harvard. Nel 1984-85 fu direttore del dipartimento di studi americani alla Sapienza di Roma, dove promosse e diresse la rivista trimestrale Letterature d’America.
Colpito da un male incurabile, Puccini morì a Roma il 5 marzo 1997.
Da ultimo lavorava a Il ritorno delle caravelle, studio sulla visione incrociata del viaggio dei conquistatori e del loro ritorno in Europa. Di altissimo livello e solida maestria è la mole della produzione scientifica lasciata da Puccini, al cui fervido lavoro di studioso, traduttore e mediatore qualificato si deve la conoscenza di importanti scrittori spagnoli e latinoamericani come Vicente Aleixandre, Miguel Hernández, Jorge Guillén, Max Aub, Pablo Neruda, Octavio Paz, Jorge Luis Borges, Miguel Ángel Asturias, José Lezama Lima, Juan Carlos Onetti, Juan Rulfo, Nicolás Guillén, Adolfo Bioy Casares e Rafael Alberti, che frequentò a lungo durante il soggiorno romano del poeta con il quale intrecciò una nutrita corrispondenza (Dario Puccini, Rafael Alberti. Corrispondenza inedita, 1951-1969, Milano 2009); ne curò e tradusse i libri L’uomo disabitato - Notte di guerra al Museo del Prado (Torino 1970) e L’albereto perduto (Roma 1976). Analogo interesse riservò a Carlos Barral, poeta ed editore catalano, cui dedicò alcuni ricordi personali: Carlos Barral en mis recuerdos y en su poesía (in Revista de Occidente, 1990, n. 110-111, pp. 85-92) e Le due barche di Carlos Barral (in Belfagor, XLV (1991), 4, pp. 457-461). Grande successo in Italia e in campo internazionale riscosse Romancero della Resistenza spagnola (Milano 1960; Roma 1965; Bari 1970; ed. francese 1962, 1971, 1977; messicana 1968; spagnola 1982): un’antologia critica della poesia antifranchista che collega l’esperienza spagnola alla Resistenza europea.
Del lungo elenco di pubblicazioni che spaziano dalla letteratura castigliana a quella ispanoamericana, si segnalano i contributi fondamentali: il libro Miguel Hernández. Poesie (Milano 1962), ampliato con studio delle varianti testuali in Miguel Hernández. Vita e poesia (Milano 1966; trad. spagnola Buenos Aires 1970) e, con l’aggiunta di altri saggi, in Vida y poesía y otros estudios hernandianos (Alicante 1987); ancora, la lettura esaustiva e originale dell’opera del premio Nobel Aleixandre, la monografia La parola poetica di Vicente Aleixandre (Roma 1971 e 1976; trad. spagnola 1979). L’interesse di Puccini per il poeta sivigliano continuò con la versione del libro Trionfo dell’amore (Milano 1972), preceduta da un’illuminante esegesi.
Nella più che cinquantennale attività di ispanista, parte non trascurabile fu dedicata alla collaborazione sulle pagine culturali della stampa italiana e internazionale. Articoli, recensioni e traduzioni apparvero con frequenza sui quotidiani Avanti!, Il Globo, il Manifesto, Il Messaggero, Paese sera, Paese sera libri, Il Progresso d’Italia, la Repubblica, Tuttolibri, l’Unità; assidua fu la presenza sulle riviste italiane tra cui Acquario, Il Contemporaneo, America Latina, L’Indice.
Come ispanista partecipò anche all’Enciclopedia del teatro (Einaudi), e al Grande dizionario enciclopedico (UTET). Profonda e continua fu poi l’attenzione di Puccini per la problematica del testo, che ricostruì con rigorose analisi, fornendo nuove letture e scoperte di autori moderni e del passato. Di particolare rilievo il libro Sor Juana Inés de la Cruz. Studio d’una personalità del barocco messicano (Roma 1967), motivo su cui tornò in più occasioni: Elementi narrativi nella “Florida” di Garcilaso de la Vega (Roma 1968), L’immaginazione iconica nella poesia di Sor Juana Inés de la Cruz (in Identità e metamorfosi del barocco ispanico, a cura di G. Calabrò, Napoli 1987), Una donna in solitudine, Sor Juana Inés de la Cruz (Bologna 1996; poi trad. in spagnolo Madrid 1996 e Città di Messico 1997). Ancora il magistrale intervento, segnalato dalla critica internazionale, Las máscaras del yo en la poesía de Sor Juana, nel congresso Sor Juana y su mundo. Una mirada actual (Città di Messico, 13-17 novembre 1995). L’interesse per la letteratura barocca era iniziato con il grande saggio La struttura del “Lazarillo de Tormes” (in Annali della facoltà di lettere e filosofia, magistero, XXXIII (1970), pp. 64-103), seguito dalla versione dell’opera maggiore di Calderón de la Barca (La vita è sogno, in Teatro del “Siglo de Oro”, III, Calderón, Milano 1990) e da Il teatro spagnolo del Siglo de Oro (in L’Europa dei popoli, Roma 1998).
A partire dagli anni Cinquanta, l’interesse dell’ispanista si diresse più concretamente verso la letteratura contemporanea latinoamericana, in particolare la poesia di Pablo Neruda, cui risale il primo studio Lettura del “Canto general” (in Società, VI (1950), 4, pp. 3-37), seguito dall’antologia italiana, con introduzione e note, Poesie (Firenze 1962); poi Due note su Pablo Neruda (in Studi di letteratura spagnola, Roma 1965, pp. 225-241), fino all’edizione italiana del Canto generale (Milano 1970), preceduta da un puntuale studio critico, su cui Puccini tornò nel saggio Conciencia mítica y conciencia histórica en el “Canto General” de Neruda (in Actas/Atti del simposio intercontinental Pablo Neruda… 1984, a cura di H. Loyola, Sassari 1987, pp. 159-172). Uguale attenzione rivolse all’opera narrativa di García Márquez con le Introduzioni alle versioni italiane di Nessuno scrive al colonnello, Foglie morte, Il funerale della Mamá Grande, Cronaca di una morte annunciata, e gli studi Le ‘battute finali’ nelle narrazioni di García Márquez (in Il dialogo: scambi e passaggi della parola, a cura di G. Ferroni, Palermo 1985, pp. 150-159), Utopía y antiutopía en García Márquez (in Nuevo texto crítico, II (1989), 3, pp. 83-116). Interesse precipuo di Puccini fu anche la diffusione e traduzione di libri importanti come la Storia della letteratura spagnola dalle origini ai giorni nostri (Bari 1972) di Aub e dei suoi romanzi: L’impareggiabile malfidato (Torino 1965) e San Juan (Torino 1974); all’autore dedicò ancora l’articolo, Verità e nostalgia d’avanguardia nel “Torres Campalans” di Max Aub (in La poetica del falso: Max Aub tra gioco ed impegno, a cura di R.M. Grillo, Napoli 1995, pp. 155-160) e altri omaggi.
La versatile attività critica di Puccini affrontò anche temi laterali relativi alla stampa, la cultura, la storia spagnola e sudamericana: Il giornalismo ispanoamericano: fonte e stimolo d’identità culturale (Roma 1990), Ancora su intellettuali e guerra civile spagnola (Milano 1993), La tradición mágico-hermética y la literatura científica en el siglo XVII (San Paolo 1993). I maggiori contributi sul versante spagnolo sono riuniti in Il segno del presente. Studi di letteratura spagnola (Torino 1992). Infine, a Puccini si deve anche la cura del libro Gli spagnoli e l’Italia (Milano 1997).
Fonti e Bibl.: Fondamentale per la conoscenza dell’epistolario (anche inedito), con numerosi intellettuali italiani e stranieri, e dei manoscritti e delle opere è il Fondo Dario Puccini conservato a Firenze, presso l’Archivio contemporaneo Alessandro Bonsanti del Gabinetto scientifico letterario G.P. Vieusseux. La restante documentazione è presso l’archivio familiare.
Bibliografia degli scritti di D. P., a cura di A. Renzetti, in A più voci. Omaggio a D. P., a cura di N. Bottiglieri - G.C. Marras, Milano 1994, pp. 441-463 (aggiornamento in Letterature d’America, XXI (2001), 85, Ispanoamericana, passim); Bibliografía esencial de D. P., a cura di Fr.J. Lobera Serrano, in Moenia. Revista lucense de lingüística y literatura, IV (1999), pp. 15-19.