TAMBURELLI, Dario
– Nacque a San Ginesio, nella Marca anconetana, il 15 gennaio 1571.
Appartenente a una delle famiglie della piccola aristocrazia cittadina, giunse ciò nonostante al noviziato gesuitico di S. Andrea al Quirinale di Roma, il 4 giugno 1587, con pochi, semplici capi di abbigliamento, definiti di qualità mediocre (Archivum Romanum Societatis Iesu, ARSI, Rom. 171 A, n. 885). Al Collegio romano iniziò gli studi di umanità e nel 1590 i cataloghi dello stesso Collegio lo danno come studente di logica. Nel 1593 lo ritroviamo nel collegio di Siena, dove frequentò i corsi di retorica e di filosofia e insegnando allo stesso tempo umanità nella prima cattedra; fu anche prefetto dell’accademia. Nel 1596 fu nominato professore di logica al collegio di Macerata, ma l’incarico sarebbe durato un solo anno. Nel 1597, infatti, fece ritorno a Roma per intraprendere il quadriennio di formazione teologica, ultimo stadio del cursus studiorum gesuitico. Nel catalogo del giugno 1597 lo ritroviamo presso il Collegio germanico, dove si annota anche che era repetitor (percorso di perfezionamento in ordine alla docenza) di metafisica, prefetto della Congregazione mariana e prefetto degli studi presso il seminario romano – incarico che svolse per due anni –, mentre a novembre lo si computa tra gli studenti di teologia al secondo anno presso il seminario romano. Agli inizi del 1599 era al terzo anno degli studi teologici di nuovo al Collegio germanico, mentre l’anno successivo era studente di ultimo anno presso il Collegio romano nonché, nel 1601, repetitor di teologia presso il seminario romano.
È del 1604 o 1605, come testimoniato da un documento autografo del 1617, il suo trasferimento a Parma («venne a Parma circa 13 anni sono, dove sul principio cominciò a patir di tosse particolarmente l’inverno»: Aricò, 2002, p. 233). I cataloghi del 1606, infatti, registrano la sua presenza nel collegio di Parma; qui fu incaricato di scrivere una Relatione della morte di Carlo Casario Bolognese, e fu sempre qui che fece la professione dei quattro voti il 21 novembre 1607 (ARSI, Ital. 5, cc. 231rv). Di lì a poco sarebbe però tornato a Roma, in quanto nel biennio 1608-10 fu professore di etica al Collegio romano. Sappiamo anche che nel 1609 si cimentò nell’apostolato popolare urbano grazie al rapido riferimento a lui dedicato contenuto nel testo a stampa del 1730 di Giovanni Battista Memmi sulla storia dell’oratorio della Ss. Comunione generale.
Nel 1611 il duca di Parma e Piacenza Ranuccio Farnese intraprese una missione diplomatica a Roma e volle essere assistito dal gesuita fiammingo Jean Verviers, uomo su cui aveva riposto la sua fiducia anche per dare slancio a un ambizioso progetto culturale che vedeva al centro lo Studio di Parma, modellato su quello di Salamanca. Verviers dovette per tale ragione rinunciare alla sua carica di rettore e il duca si trovò dunque costretto a richiedere al padre provinciale Carlo Di Sangro una serie di sostituzioni, esprimendo una esplicita preferenza per Tamburelli – che aveva certamente avuto occasione di conoscere a Parma – per la cattedra di teologia (in sostituzione di Marco Garzoni), e per Girolamo Furlani per la guida del Collegio dei nobili (al posto di Girolamo Dandini). A marzo di quell’anno il generale Claudio Acquaviva acconsentì, non senza far notare quanto danno avrebbe arrecato al Collegio romano l’allontanamento di Tamburelli, dove «per la lezione, et per altro, era molto grato, et dava compita soddisfazione» (Aricò, 2002, p. 223).
Già agli inizi del 1611 si era svolto presso la corte dei Gonzaga il cosiddetto problema mantovano, una discussione pubblica a opera di diversi gesuiti dei collegi di Mantova e di Parma sul tema De lunarium montium altitudine, il cui scopo era di mettere in discussione diverse tesi sostenute da Galileo Galilei nel Sidereus nuncius. Originariamente attribuito a Giuseppe Biancani, è stata avanzata l’ipotesi che possa essere stato composto da Tamburelli, supposizione però smentita da Ugo Baldini, secondo cui è più probabile che possa essere stato scritto da Verviers. L’11 novembre 1611 Tamburelli scrisse da Parma una lettera al padre Cristoforo Grienberger, poco prima che a questi fosse affidata la cattedra di matematica al Collegio romano, in cui esprimeva parole di altissimo apprezzamento nei confronti di Galileo e dava notizia di una orazione svoltasi nello Studio di Parma, a opera del professore di retorica, parte della quale era stata proprio «in lode del Sig.r Galileo, non mai a bastanza lodato». Con questa missiva, recapitata a Galilei dallo stesso Grienberger nel febbraio del 1612, Tamburelli chiedeva al suo confratello anche di avvisarlo «se alcun autore ha fatto diligenza in dichiarar i loghi d’Aristotile e di Platone, dove toccan esempi di mattematica, e come si chiami l’autore» (Le opere di Galileo Galilei, 1966), segnale di un interesse profondo del gesuita nei confronti del sapere scientifico, favorito da un contesto, quello dei principati padani, in cui si attribuiva una grande importanza alle conoscenze matematiche proprio in vista della formazione dei giovani aristocratici destinati a ricoprire cariche politiche di rilievo (geodesia, scienza delle fortificazioni ecc.).
Prova tangibile della stima che Ranuccio nutriva nei confronti di Tamburelli fu la sua nomina a precettore di Ottavio Farnese, figlio illegittimo del duca ma riconosciuto come suo successore nel 1605 a causa dell’infecondità del matrimonio con Margherita Aldobrandini (riconoscimento che però decadde a seguito della successiva nascita di prole legittima). A Ottavio il gesuita insegnò filosofia e, dal 1616, anche teologia. Nonostante il prestigio della carica, che interferiva non poco con le sue occupazioni ordinarie, Tamburelli fece ripetutamente richiesta di ritorno a Roma, ufficialmente per problemi di salute, causati dal clima freddo e umido di Parma, a lui non favorevole. Il duca si oppose strenuamente e per vincere le sue resistenze Tamburelli chiese a Verviers di intercedere in suo favore al fine di dare rassicurazioni sul fatto che avrebbe potuto servire la casa ducale anche da Roma. Ranuccio scrisse però direttamente al padre generale per spiegare le ragioni che lo portavano a trattenere Tamburelli a Parma: l’educazione del figlio Ottavio ne avrebbe negativamente risentito, così come l’attività dello Studium.
Nonostante la giovane età Ottavio, in possesso già di una vastissima cultura, diede prova di non comuni doti nella disputa di questioni di carattere filosofico. Nel giugno del 1613 il delfino di casa Farnese, non ancora quindicenne, sostenne nella cattedrale della città la discussione pubblica, durata ben tre giorni, di una raccolta di 2370 tesi filosofiche, che lo stesso anno furono pubblicate con le loro risposte per i tipi dello stampatore Viotti. Charles Sommervogel, il grande bibliografo dell’Ordine, attribuisce interamente a Tamburelli la stesura delle Quaestiones di Ottavio Farnese. Esse sono il risultato di una serie di approfondimenti su una parte del programma di filosofia che Farnese affrontò per diverso tempo sotto la guida del gesuita. Durante la pubblica discussione Tamburelli rimase sempre accanto al figlio del duca, pronto a intervenire in suo aiuto qualora ce ne fosse stato bisogno. Significativo anche il peso della filosofia naturale nella struttura del testo: ben cinquanta capitoli sono a essa dedicati, mentre solo nove alla filosofia razionale e dodici all’etica. Nelle Quaestiones, prodotto di un aristotelismo con notevoli aperture sperimentali, si rintracciano molto chiaramente le più recenti discussioni innescate dalla pubblicazione del Sidereus nuncius di Galileo. Tamburelli aveva del resto frequentato il Collegio romano ai tempi in cui il tedesco Cristoforo Clavio, punta avanzata della cultura scientifica gesuitica del tempo, era professore di matematica, e a Parma era entrato a far parte di un gruppo particolarmente stimolante che annoverava, oltre a Biancani, gesuiti come Gaspare Alperio, Ippolito Giannotti e Paolo Bombino.
Nel 1610, poco prima di fare ritorno a Parma, Tamburelli aveva composto a Roma alcune lezioni sui Metheorologica di Aristotele, uno dei primi testi di fisica sensibili alle moderne prospettive di ricerca. Il testo manoscritto giunto fino a noi riguarda solo la trattazione aristotelica del mare, con un approfondimento sulle maree. In realtà Tamburelli non insegnò mai filosofia naturale (Physica) al Collegio romano; si trattò con tutta probabilità di un corso di supplenza oppure di lezioni integrative, parallele al corso ufficiale (ricoperto nell’anno accademico 1609-10 da Antonio Mangilio). L’atteggiamento complessivo fu quello di un grande eclettismo, di una viva curiosità e apertura intellettuale nei confronti della nuova scienza in fase di sviluppo, ma al contempo di una grande prudenza nell’abbracciare in maniera troppo disinvolta le nuove teorie. L’abbandono delle tesi fisiche aristoteliche era necessariamente limitato dalla professione di fede aristotelica e tomista che l’appartenenza all’Ordine imponeva. Si trattava di un compromesso tra nuova scienza e teologia scolastica, cifra caratteristica della cultura scientifica dei gesuiti nella prima metà del Seicento. Tamburelli fu autore anche di una raccolta di meditazioni spirituali che vide la luce solo nel 1647 e, in edizione riveduta dal sacerdote torinese Secondo Franco, nel 1888.
Nel collegio di Parma Tamburelli fu lettore di teologia scolastica; il catalogo del 1615 è l’ultima traccia della sua presenza nella provincia veneta della Compagnia di Gesù, dove però non risulta avesse incarichi di docenza interna, come è del resto plausibile considerate sia la sua carica di precettore di Ottavio, sia le sue condizioni di salute. Il compilatore del catalogo fa, però, un riepilogo degli incarichi pregressi: aveva fino a quel momento insegnato due anni la retorica, sei anni la filosofia naturale, due anni la teologia morale e quattro anni la teologia scolastica. Nel 1616 fu oggetto di discussione con il generale Muzio Vitelleschi il trasferimento di Tamburelli a Roma a causa dei noti problemi di salute, trasferimento che ebbe luogo con ogni probabilità l’anno successivo.
Morì a Roma il 7 febbraio 1618.
Opere. Relatione della morte di Carlo Casario Bolognese, della Compagnia di Giesù, di pia memoria, formata dal P. D. T., per ordine del P. Pietro Giovanni Schinchinelli, Rettore di detta Compagnia, in Parma (1606), in Archivum Romanum Societatis Iesu, Ven. 105 II, cc. 531r-534v; Reverendi Patris Darii Tamburelli Meteorologia dictata in Collegio Romano anno MDCX, in Roma, Biblioteca nazionale, Fondo Gesuitico, 752; [O. Farnese], Quaestiones definitae ex triplici Philosophia, rationali, naturali, morali, in Parmensi Academia publicae triduum disputatae, ab Octavio Farnesio Serenissimi Ranutii Parmae, Piacentiae, etc. ducis IV filio, ad Paulum V P.O.M., Parmae 1613; Via alla perfettione, overo meditationi per tutto l’anno adattate alle persone religiose e inviate alla perfettione, composte dal P. D. T., della Compagnia di Giesù, Roma 1647; Meditazioni per tutto l’anno, adatte alle persone secolari e religiose, del P. D. T. della Compagnia di Gesù, rivedute dal P. Secondo Franco d. m. C., Torino 1888.
Fonti e Bibl.: Roma Archivum Romanum Societatis Iesu (ARSI), Rom. 53 I, cc. 117r, 143, 195v, 199, Rom. 53 II, cc. 199, 214v, 221, 224, 239, 240v, 273, 304, 324, 347, 360, Rom. 54, cc. 1v, 12v, 77v, 138v, Rom. 171 A, n. 885; Ven. 6, cc. 226v, 259, 302, 334v, 376, Ven. 384v, 388, 393, 413v, 419v, 421v, 427v, 433, 449, Ven. 38, cc. 108v, 177, Ven. 71, c. 11r; Ital. 5, cc. 231rv; Firenze, Biblioteca nazionale, Mss. Gal., P. I, T. XV, c. 45 (lettera autografa a Cristoforo Grienberger, pubblicata in Le opere di Galileo Galilei, XI, Carteggio 1611-1613 di Galileo Galilei, Firenze 1966, p. 233); Archivio di Stato di Parma, Carteggio Farnesiano Interno, b. 272; Casa e Corte Farnesiane, s. II, b. 26.
G.B. Memmi, Notizie istoriche dell’origine, e progressi dell’Oratorio della SS. Comunione Generale, e degli uomini illustri, che in esso fiorirono, Roma 1730, p. 2; Ch. Sommervogel, Dictionnaire des ouvrages anonymes et pseudonymes publiés par des religieux de la Compagnie de Jésus depuis la fondation à nos jours, Paris 1884, col. 771; Id., Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, VII, Bruxelles-Paris 1896, col. 1827, IX, 1900, col. 872; U. Baldini, La scuola scientifica emiliana della Compagnia di Gesù, 1600-1660. Linee di ricostruzione archivistica, in Università e cultura a Ferrara e Bologna, Firenze 1989, pp. 109-178; Id., Legem impone subactis. Studi su filosofia e scienza dei Gesuiti in Italia, 1540-1632, Roma 1992, pp. 391, 420 s., 445-447, 449; D. Aricò, Politica e istruzione alla corte di Ranuccio Farnese. I gesuiti Mario Bettini e Jean Verviers, in Gesuiti e università in Europa (secoli XVI-XVII). Atti del Convegno..., Parma... 2001, a cura di G.P. Brizzi - R. Greci, Bologna 2002, pp. 213-242.