SALMOJRAGHI, Darvino Luigi
– Nacque a Castano Primo (Milano) il 6 gennaio 1870, figlio di Francesco, ingegnere di vaglia e professore ordinario di mineralogia e geologia al Politecnico di Milano (dal 1879 al 1910), e di Luigia Rogorini.
Seguendo gli interessi ingegneristici del padre, Salmojraghi frequentò dal 1888 il Regio Istituto tecnico superiore di Milano (dal 1937 ufficialmente denominato Politecnico di Milano), dove si laureò in ingegneria civile nel 1893. Dedicò i suoi primi studi ai problemi dell’idraulica, iniziando nel 1894 la propria attività professionale in provincia di Napoli, dove si dedicò alle opere di risanamento dell’acquedotto del Serino, a San Giorgio a Cremano. Ritornato presto in Nord Italia, il 10 giugno 1897 si sposò con Paolina Visinan e si trasferì definitivamente a Milano, dove si occupò subito di impianti idroelettrici, collaborando all’esecuzione dello storico impianto di Vizzola, progettato sull’alto corso del Ticino dagli ingegneri Carlo Mina e Giuseppe Pagani.
Realizzato dalla Società lombarda per la distribuzione di energia elettrica (dal 1942 Vizzola), costituita nel 1897 sulla spinta degli industriali cotonieri dell’alto Milanese per le possibilità di produzione elettrica tra Varese, Saronno e il Ticino, l’impianto fu inaugurato ufficialmente il 9 ottobre 1901 alla presenza del re Vittorio Emanuele III e della regina Elena di Montenegro.
A cavallo tra i due secoli Salmojraghi fu attivo nella discussione pubblica relativa alle potenzialità emergenti dell’idroelettrico e nella progettazione di impianti elettrici di produzione; si occupò con particolare competenza di impianti idraulici e si dedicò anche a problemi di irrigazione che interessavano la pianura Padana, il lago Maggiore e il canale Villoresi. Nel 1898, sulle pagine del Politecnico, diede la propria personale opinione su un primo progetto del professor Luigi Zunini per la creazione di un serbatoio artificiale in val d’Orba, nel versante settentrionale dell’Appennino ligure (Di un progetto per la creazione di forza motrice..., 1898), primo tassello del tristemente noto impianto del Molare, realizzato successivamente dalle Officine elettriche genovesi (impresa del gruppo Negri) e avviato solo nel 1925 su progetto finale dell’ingegnere Vincenzo Gianfranceschi. Il padre di Salmojraghi, Francesco, fu negli stessi anni consulente per Zunini ed effettuò nel 1898 i primi accertamenti geologici nella regione, non ripetuti in seguito allo sviluppo e alle variazioni del progetto. Anche a causa di queste mancanze progettuali, dopo le eccezionali precipitazioni del 13 agosto 1935 la diga secondaria dell’impianto collassò, provocando un’ondata di piena che raggiunse Ovada e causò 111 morti (Bonaria, 2013).
L’incrollabile fiducia nelle potenzialità del «carbone bianco» (Le forze idrauliche delle Alpi, 1901, p. 745) e, in particolare, nell’utilizzo delle forze idrauliche delle Alpi, fu affermata con convinzione da Salmojraghi nelle pagine della Lettura, nelle quali oltre a fornire un panorama completo delle realizzazioni idroelettriche lungo l’arco alpino, «eseguite quasi completamente con capitale forestiero», esortò il Paese a «rendersi [...] indipendente dall’estero» (p. 752).
Nel 1904 proseguì la collaborazione con la Società lombarda per la realizzazione della centrale idroelettrica di Turbigo, sul primo tratto del Naviglio grande, e poi della centrale termoelettrica di Castellanza, impianto di integrazione per i periodi di magra delle centrali idroelettriche. Come libero professionista, negli stessi anni avviò nuove collaborazioni con altre imprese, come in occasione della realizzazione della progettazione dell’impianto idroelettrico di Bard in Valle d’Aosta (1907) per la Società industriale ed elettrochimica di Pont-Saint-Martin (dal 1919, con l’ingresso di capitali italiani, Società idroelettrica piemontese - SIP). Per la Società delle forze motrici di Brusio (di cui sarà poi vicepresidente), impresa costituita nel 1904 dalla Società lombarda con la partecipazione di un gruppo di industriali svizzeri e inglesi, Salmojraghi collaborò alla realizzazione della centrale di Campocologno in territorio elvetico (1907). Sempre sotto la sua direzione, furono eseguiti in Valtellina gli impianti idroelettrici del Masino (1909) e del Mallero (1910) per conto della Società idroelettrica italiana, assorbita poi nel 1918 dalla Società lombarda allo scopo di fronteggiare l’aumento della richiesta di energia delle numerose imprese subdistributrici.
Grazie all’esperienza maturata in campo idroelettrico e alla collaborazione ininterrotta con la Società lombarda, durante la presidenza di Tommaso Bertarelli (1918-24) Salmojraghi assunse la carica di consigliere delegato dell’impresa. Sotto la sua guida, allo scopo di anticipare ulteriori incrementi dell’utenza, la Società lombarda ampliò il proprio parco idroelettrico, partecipando insieme al Credito italiano e alla Società Orobia alla costituzione della Società forze idrauliche alto Brembo per la costruzione e l’esercizio di un imponente complesso di serbatoi e centrali che utilizzassero l’alto corso del Brembo (Trisoglio, 2012). I lavori, iniziati nel 1920, portarono in breve tempo alla costruzione in alta valle Brembana delle dighe di Sardegnana, del lago Marcio, del lago del Becco e della centrale idroelettrica di Carona, avviata nel 1924.
Sempre sotto la sua direzione furono realizzati l’impianto idroelettrico del Poschiavino in Valtellina (1920) dalla Società lombarda e la centrale di Creva (1922), nei pressi di Luino, per conto della Società idroelettrica del Tresa, di cui fu anche consigliere delegato. Socio dell’Associazione elettrotecnica italiana (AEI) dal 1917, Salmojraghi pubblicò nel settembre del 1922 sulle pagine dell’Elettrotecnica, rivista ufficiale dell’associazione, un articolo dal titolo Note sull’impianto di Turbigo Inferiore costruito dalla Società lombarda per distribuzione di energia elettrica, dedicato alla nuova centrale costruita dall’impresa sul Naviglio grande e detta di Turbighetto, primo esempio in Italia di impianto idroelettrico con comando a distanza.
Nello stesso periodo, dal marzo 1923 al settembre 1925, per le sue competenze tecniche Salmojraghi fu nominato membro della commissione amministratrice dell’Azienda elettrica municipale (AEM) di Milano, sotto la presidenza di Giuseppe Belluzzo. Insieme ai commissari Paolo Dubini, Gaetano Fedrigo, Francesco Fumero, Brunetto Griziotti e Carlo Vanzetti si dedicò allo sviluppo idroelettrico della municipalizzata in alta Valtellina e, in particolare, intervenne con pertinenza ed equilibrio in numerose discussioni relative sia all’andamento economico dell’azienda, sia ai problemi inerenti l’amministrazione delle concessioni idrauliche.
Nella primavera nel 1924, presentò improvvisamente a Giuseppe Belluzzo e al sindaco di Milano Luigi Mangiagalli le sue dimissioni da commissario dell’azienda, a causa della «delicatezza della [sua] posizione in azienda» (Milano, Archivi storici Fondazione AEM – Gruppo A2A: Verbali della commissione amministratrice, 19 maggio 1924). L’imbarazzo fu dettato dai numerosi impegni assunti parallelamente da Salmojraghi per conto della Società lombarda e che potevano essere considerati in conflitto con l’attività della municipalizzata milanese. Data la stima goduta e il riconoscimento delle sue alte competenze, le dimissioni furono respinte e Salmojraghi continuò a partecipare alle riunioni fino all’autunno del 1925 quando, dopo le dimissioni di Giuseppe Belluzzo chiamato a Roma per reggere il ministero dell’Economia nazionale, fu nominato Carlo Cicogna Mozzoni a presiedere l’azienda in veste di commissario straordinario.
Nello stesso anno, dopo l’assorbimento nel novembre del 1924 della Società lombarda nel nuovo gruppo SIP di Rinaldo Panzarasa e Gian Giacomo Ponti, Salmojraghi fu nominato vicepresidente della società e assunse con il favore del Credito italiano nuovi ruoli di rilievo come consigliere nelle numerose consociate e partecipanti del gruppo, quali la Società Piemonte centrale di elettricità, la Società idroelettrica piemontese-lombarda Ernesto Breda e la Società esercizi telefonici.
Nel 1927 scrisse di sé «ora libero esercente in specie per studii e costruzioni di ingegneria idrotecnica» (Salmojraghi, Darvino, 1927, p. 291) nel suo studio di piazza Castello 17 a Milano: in questa veste dal 1926 al 1931 proseguì la collaborazione con varie imprese e in particolare con l’AEM, per la quale fu coinvolto come consulente nelle discussioni sulle derivazioni d’acqua stipulate dall’azienda in Valtellina e nelle relative vertenze con utenti locali per la roggia di Grosio.
Con l’uscita di scena di Panzarasa e il passaggio del Gruppo SIP in orbita IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale, 1933), dopo alcuni gravi lutti familiari Salmojraghi negli anni Trenta si ritirò a vita privata.
Morì a Milano il 22 ottobre 1939.
Opere. Di un progetto per la creazione di forza motrice nella riviera ligure, in Il Politecnico. Giornale dell’ingegnere architetto civile ed industriale, 1898, vol. 28, pp. 319-330; Le forze idrauliche delle Alpi, in La Lettura, agosto 1901, pp. 745-752; Note sull’impianto di Turbigo Inferiore costruito dalla Società lombarda per distribuzione di energia elettrica, in L’Elettrotecnica, IX (1922), 26, pp. 381-383.
Fonti e Bibl.: Milano, Archivi storici Fondazione AEM – Gruppo A2A: Verbali della commissione amministratrice (1923-1925); S. ing. D. (1926-1939); Archivi storici del Politecnico di Milano: Rubrica degli allievi iscritti; Torino, Archivio storico TIM, Libro verbali consiglio Società esercizi telefonici (1925-1929); Società Piemonte centrale di elettricità, Ing. S. D.; Verbali del consiglio di amministrazione della Società lombarda (1930-1936, gli anni precedenti non sono disponibili).
Notizie sui principali impianti elettrici d’Italia, Milano 1911, pp. 167-169; S. D., in Bollettino dell’Associazione fra gli ex-allievi del Politecnico milanese, Milano 1927; Dott. ing. D. S., in L’Elettrotecnica, XXVI (1939), 22, p. 716; Dott. ing. D. S., in L’Energia elettrica, XVI (1939), 11, p. 836; Vizzola 1897-1947, Torino 1947, pp. 3-72; B. Bottiglieri, SIP. Impresa, tecnologia e Stato nelle telecomunicazioni italiane, Milano 1990, pp. 37-225, 567; R. Giannetti, Vecchi e nuovi sistemi territoriali, in Storia dell’industria elettrica in Italia, II, Il potenziamento tecnico e finanziario. 1882-1914, a cura di L. De Rosa, Roma-Bari 1993, pp. 235-316; A. Vitiello, La grande famiglia degli elettrici, in Storia dell’industria elettrica in Italia, III, Espansione e oligopolio. 1926-1945, a cura di G. Galasso, Roma-Bari 1993, t. 1, pp. 399-504; A. Castagnoli, Il passaggio dalla SIP all’IRI, ibid., t. 2, pp. 595-642; C. Pavese, Un fiume di luce. Cento anni di storia della AEM, Milano 2011, p. 155; F. Trisoglio, Lo sfruttamento dell’energia idroelettrica in area alpina e il processo di industrializzazione: il caso della Valle Brembana, in Le Alpi e l’Unità d’Italia. Lo spazio alpino e il processo di unità nazionale (1861-1900), Atti del Convegno... 2011, a cura di S. Morosini, Bergamo 2012, pp. 35-54; V. Bonaria, Storia della diga del Molare. Il Vajont dimenticato, Genova 2013, pp. 214-218.