dato personale
locuz. sost. m. – Secondo la legge - segnatamente secondo il decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, noto come (v.) - per d. p. deve intendersi qualunque informazione relativa a una persona fisica, identificata o identificabile, anche soltanto indirettamente, attraverso il riferimento a, o l’incrocio con, un’altra informazione (compreso un numero identificativo). Da una definizione così ampia si trae - e in effetti l’applicazione giurisprudenziale che ne viene fatta conferma - che d. p. è qualsiasi elemento suscettibile di essere ricondotto a un soggetto di cui esprima, nelle forme e nei modi più vari, un qualche profilo della persona o della personalità: dunque, senza pretesa di completezza, le informazioni anagrafiche, quelle relative a caratteristiche fisiche, ai gusti, alle preferenze, ad attività svolte, luoghi frequentati, acquisti effettuati, spese sostenute; nonché alle comunicazioni scambiate, anche per via telefonica o telematica, sempreché riconducibili a un soggetto determinato o altrimenti determinabile. In ragione della loro delicatezza, e dunque per la particolare tutela di cui beneficiano, la legge detta una disciplina specifica per alcune categorie di d. p.: quelli cosiddetti sensibili, idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose o filosofiche, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati o organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, lo stato di salute e la vita sessuale; nonché quelli giudiziari, in grado di indicare che il soggetto cui si riferiscono (il cosiddetto interessato) è risultato destinatario di provvedimenti di carattere penale o di sanzioni amministrative. La nozione si colloca al centro dell’intera normativa dettata a tutela della riservatezza o, come usa anche dire con termine tratto dall’inglese, della (v.).