BERTOLOTTI, David
Verseggiatore torinese, vissuto dal 1784 al 1860. Abusò delle sue singolarissime facoltà scrivendo liriche per troppe occasioni politiche, in lode di Napoleone I, dell'imperatore d'Austria, dei re di Sardegna; né oggi alcuno legge, salvo che a documento dei tempi, i suoi versi, sebbene un'ode gli fosse tradotta da Casimir Delavigne, e altre avessero molte lodi. Queste non mancarono al poema epico, Il Salvatore, cui l'incoraggiò il Pellico (1844); né mancarono lodi e ristampe ai romanzi e racconti, L'isoletta de' cipressi; La calata degli Ungheresi in Italia nel Novecento; Il ritorno dalla Russia; L'amore infelice di Adelaide e Camillo, ecc., che serbano un qualche interesse per lo studio del Romanticismo. In genere egli moveva dall'imitare modelli francesi, e inutilmente si studiava d'imparare dal Manzoni. Con questo osò talvolta gareggiare, e gli fu attribuito un mordace epigramma sul Carmagnola; per alcune tragedie, Tancredi, Ines di Castro, I Crociati a Damasco (1826-1829), otteneva successi che lo poterono illudere sul suo vero valore. E all'illusione conferì il continuo favore dei grandi, che gli commisero di scrivere la storia di casa Savoia, e di descrivere la Savoia e la Liguria. Tradusse enciclopedicamente, dall'inglese e dal francese; collaborò con G. B. Niccolini a una raccolta Le bellezze della letteratura italiana.
Bibl.: Una sua autobiografia è in A. Brofferio, I miei tempi, Torino 1904, VI, p. 353 segg., e cfr. anche VII, p. 166 segg.; V. Bersezio, Il regno di V. E. II, Torino 1889, I, p. 181 segg.; N. Tommaseo, Il primo esilio, Milano 1904, p. 131 segg.; A. Salza, Dal carteggio di A. Torri, Pisa 1897, p. 83 segg.