Hume, David
Filosofo scozzese, nato a Edimburgo nel 1711 e ivi morto nel 1776. La letteratura recente su M. e H. è abbondante, ma spesso affronta il problema proponendo accostamenti generici in nome di un’astratta contrapposizione tra il realismo del primo e il liberalismo del secondo (Whelan 2004). Chi si è voluto spingere più in profondità si è limitato alle citazioni esplicite di M. nella History of England (Saltel 2008). Molto più intenso è, invece, il dialogo che i due instaurano a livello sotteraneo nelle opere di H. sulla religione, in particolare intorno al problema dell’età del mondo. Nella sesta parte dei Dialogues concerning natural religion, usciti postumi, H. sviluppa un tacito confronto con Discorsi II v circa i motivi per i quali non si trasmette memoria di certi eventi e, di conseguenza, rimane incerta l’età del nostro mondo. L’interlocutore principale del dialogo, lo scettico Filone, trae un primo ordine di ragioni da alcune «considerazioni ricavate dalla natura della società umana», vale a dire il passare del predominio da una «setta» all’altra, e l’eventualità che i nuovi dominatori mantengano la lingua dei precedenti. Contro tali ragioni Cleante (l’interlocutore che nel dialogo assume il punto di vista del deismo) oppone, a favore della sua tesi sull’età relativamente giovane del mondo, le prove che gli offre la scoperta delle Americhe: la mancata conoscenza, fino a quel momento, tra le due sponde dell’Atlantico costituirebbe una testimonianza evidente della fresca età del mondo. Cleante non resiste però alla contro-obiezione di Filone: i frequenti diluvi – testimoniati proprio dai racconti di tutte le popolazioni del Vecchio e del Nuovo mondo – avrebbero cancellato le tracce dei più antichi contatti. Anche questo argomento era tratto dai Discorsi, dove, dopo la discussione sulle ragioni umane decisive per la possibilità di una perpetuazione del ricordo delle vicende storiche, M. si era concentrato sulle cause celesti e, soprattutto, sulle inondazioni. Se dunque H. aveva presente il problema sollevato dalle dispute a lui contemporanee sulle età della Terra (Belgrado 19881989), affrontava quella sfida con una predisposizione mentale e un lessico (changes, transformations, alter ations, inundations) che erano prettamente machiavelliani. Erano presi a prestito dal capitolo dei Discorsi non solo gli sconvolgimenti che avevano alterato la superficie del globo e quindi la sua leggibilità, ma perfino l’accenno alla capacità della materia di darsi un ordine da sola:
Ed anche supponendo che l’ordine sia inseparabile dalla materia e inerisca ad essa, tuttavia la materia può essere suscettibile di numerose e grandi rivoluzioni durante i periodi infiniti di durata eterna (trad. it. in Opere filosofiche, a cura di E. Lecaldano, 4° vol., 1987, pp. 174-77).
Come si vede, H. è debitore del capitolo machiavelliano anche per lo schema argomentativo. Infatti nel testo humeano dalle obiezioni contro la giovane età del mondo formulate da Filone, si passa alla nuova proposta della tesi da parte di Cleante sul «fondamento di considerazioni più solide», le quali, alla fine, vengono nuovamente spazzate via da Filone. Anche M. prospetta, in sequenza, la tesi, l’obiezione e la contro-obiezione:
A quegli filosofi che hanno voluto che il mondo sia stato ab eterno, credo si potesse replicare che, se tanta antichità fusse vera, e’ sarebbe ragionevole che ci fussi memoria di più che cinquemila anni, quando e’ non si vedesse come queste memorie de’ tempi per diverse cagioni si spengano (Discorsi II v 2).
Analoga struttura argomentativa – presentare la tesi dell’eternità del mondo (→), muovere a essa delle obiezioni e difenderne la fondatezza mostrando l’inconsistenza delle obiezioni stesse – M. poteva trovare nel commento di Macrobio al ciceroniano Somnium Scipionis (un testo posseduto dal padre Bernardo), accanto ad altro materiale sul tema (Biasiori 2010-2011), che può integrarsi con le suggestioni ricavabili dalla tradizione averroistica (Sasso 1987).
Nonostante nei Dialogues concerning natural religion H. avesse definito quello dell’eternità del mondo un «argomento che non credo sia stato sostenuto da alcuno», egli stesso ne aveva parlato nel saggio Of civil liberty, dove aveva espresso «il sospetto che il mondo sia ancora troppo giovane per essere in grado di fissare in politica molte verità generali che possano rimanere vere fino alla più tarda posterità». Come esempio di questo limite intrinseco, H. portava proprio M. (a indiretta conferma che la discussione sulle età del mondo richiamava alla sua memoria gli scritti del Segretario fiorentino). Secondo H. «gli errori di quel politico […] derivavano, in gran parte, dal fatto che egli è vissuto in un’età troppo prematura del mondo, per essere un buon giudice di verità politiche». La tesi della giovane età del mondo veniva impiegata per scusare gli errori di quello che, per tutto il resto, era stato «un grande genio» (Of civil liberty, trad. it. in Opere filosofiche, cit., 3° vol., pp. 94-95). Mentre per due secoli l’incompetenza politica di M. era stata attribuita alla sua empietà e immoralità, essa ha per l’empirista H. caratteristiche ‘oggettive’, legate alla scarsità del materiale su cui riflettere. Si trattava di una messa in discussione della ‘leggenda nera’ di M., ma allo stesso tempo anche di un’aporia nei rapporti tra M. e Hume. Se davvero nei Dialogues il portavoce delle idee di H. fosse (come pensa la maggior parte degli interpreti) lo scettico Filone, ci si troverebbe di fronte a un rovesciamento delle posizioni rispetto al saggio Of civil liberty, dove l’accento cade soprattutto sulla giovane età del mondo. La forma dialogica dell’opera rende difficile attribuire un’unica prospettiva al ragionamento humeano, tanto più che esso, come si è visto, non affermava l’eternità del mondo, ma, in coerenza con la sua fonte, si limitava a confutare gli argomenti addotti contro di essa.
I passi di The natural history of religion relativi al confronto tra religione romana e cristiana, «per quanto riguarda coraggio o umiliazione», riprendono esplicitamente Istorie fiorentine I v e Discorsi II ii:
gli eroi pagani corrispondono esattamente ai santi papisti e ai dervisci maomettani. Il posto di Ercole, di Teseo, di Ettore, di Romolo, ora è preso da Domenico, Francesco, Antonio e Benedetto. Un tempo, per conquistare gli onori celesti, si distruggevano i mostri, si soggiogavano i tiranni, si difendeva la patria; poi venne la moda di fustigarsi e indossare cilici, avvilirsi ed umiliarsi, sottomettersi ed obbedire come schiavi […]. Ciò ha fatto osservare al Machiavelli che le dottrine della religione cristiana (cattolica, perché non ne conosceva altre), che raccomandano solo il coraggio passivo e la sofferenza, soggiogano lo spirito degli uomini e lo configgono nella schiavitù e nella soggezione. Osservazione certamente giusta, se non ci fossero nel consorzio umano altre forze che modellano [controul] lo spirito ed il carattere di una religione (trad. it. in Opere filosofiche, cit., 4° vol., pp. 86-87).
Accanto alle osservazioni politiche (Whelan 2004) e storiche (Saltel 2008), H. era pronto a raccogliere e a sviluppare le osservazioni che M. aveva disseminato, con maggiore parsimonia ma altrettanta incisività, sul terreno religioso. La presenza di citazioni tratte dai Discorsi al centro dei Dialogues e della Natural history – due opere che sostenevano l’impossibile fondazione di una religione naturale da un punto di vista, rispettivamente, razionale e storico – è un dato importante: le riflessioni machiavelliane sulla religione contano, per H., tanto quanto quelle sullo Stato. Esse non alimentarono solo la polemica sull’uso dei culti come strumenti di controllo politico, ma stimolarono due opere che avrebbero influenzato a lungo gli studi storico-religiosi, grazie alla prima convergenza fra riflessione filosofica e storica sulla religione (Momigliano 1988) e alla creazione di un modello a due piani (two-tiered model), diviso tra una religione pura e le sue degenerazioni idolatriche, ancora tacitamente presente negli studi storico-religiosi (Brown 1982).
Bibliografia: P. Brown, Learning and imagination, in Society and the holy in late antiquity, London 1982 (trad. it. Torino 1988, pp. 9 e segg.); G. Sasso, De aeternitate mundi, in Machiavelli e gli antichi e altri saggi, 1° vol., Milano-Napoli 1987, pp. 167-399; A. Momigliano, Storiografia della religione, in Saggi di storia della religione romana. Studi e lezioni 1983-1986, a cura di R. Di Donato, Brescia 1988, p. 10; A. Belgrado, La ‘vecchia ipotesi epicurea’ nei Dialoghi sulla religione naturale di Hume, «Studi settecenteschi», 1988-1989, 11-12, pp. 35-100; F.G. Whelan, Hume and Machiavelli. Political realism and liberal thought, Lanham 2004; J.W. Danford, Getting our barings: Machiavelli and Hume, in Machiavelli’s liberal republican legacy, ed. P.A. Rahe, Cambridge 2006, pp. 94-120; P. Saltel, Machiavel himself. Hume et le secrétaire de Florence, «Revue philosophique de la France et de l’étranger», 2008, 132, pp. 31-42; Anglo-American faces of Machiavelli, a cura di A. Arienzo, G. Borrelli, Monza 2009, pp. 348 e segg.; A. Sabl, New models and orders: Hume’s Cromwell as modern prince, in The arts of rule. Essays in honour of Harvey Mansfield, ed. S.R. Krause, M.A. McGrail, New York-Toronto 2009, pp. 254-65; L. Biasiori, Letture di Niccolò. Storia e fortuna di Machiavelli, tesi di perfezionamento discussa presso la Classe di Lettere della Scuola Normale Superiore di Pisa, a.a. 2010-2011 (tesi disponibile sul sito della biblioteca della Scuola Normale: http://biblio.sns.it/).