RICARDO, David
Economista e uomo politico inglese, nato a Londra il 19 aprile 1772, ivi morto l'11 agosto 1823, discendente da una famiglia di ebrei iberici, immigrati dapprima in Iialia e quindi trasferitisi in Olanda e, infine, a Londra. Giovanissimo, dopo un biennio di pratica commerciale ad Amsterdam, s'impiegò presso il padre, stimato agente di cambio (stockbroker), dal quale si separò in seguito al sorgere di dissensi provocati dalla sua conversione al cristianesimo. Costituita con pochi mezzi un'azienda indipendente, accumulò, in breve periodo di tempo, un patrimonio cospicuo, frutto di una grande abilità speculativa, non disgiunta da una probità esemplare, universalmente riconosciuta. Assicurata una condizione agiata alla famiglia, si dedicò agli studî prediletti: matematica, chimica, geologia e mineralogia.
Nel 1799, in seguito a una casuale lettura dell'opera di A. Smith, fu attratto dal fascino della scienza economica, di cui divenne ben presto sommo maestro.
Le gravi questioni del momento attrassero, anzitutto, la sua attenzione: i primi brevi studî sulle cause della svalutazione della sterlina (High price of bullion, Londra 1809; 4ª edizione con appendice 1811; Reply to Mr. Bosanquet's practical observations on the report of the Bullion Committee, ivi 1811) esercitarono, nonostante la loro modesta apparenza di scritti occasionali di carattere giornalistico, un'influenza decisiva sulla teoria e sulla prassi monetaria inglese.
Il R. fu tosto riconosciuto esperto monetario di prim'ordine e la larga fama acquisita in tal campo, in un momento particolarmente delicato della vita della nazione, fu rafforzata in seguito da altri suoi scritti in materia monetaria e bancaria (Proposals for an economical and secure currency, Londra 1816), nonostante l'opposizione, non sempre disinteressata, che suscitò in certi ambienti. Nelle ferventi discussioni dell'epoca, le sue argomentazioni, perfettamente aderenti alla realtà concreta, occupano un posto di primo piano; egli entrò presto in contatto con molte delle più belle figure dell'Inghilterra intellettuale e politica: risentì l'influsso delle grandi correnti della filosofia e della politica in uno dei periodi più epici della storia inglese.
Esperto polemista, pubblicò nel 1815 uno studio, squisitamente attuale, sulla teoria della rendita fondiaria (Essay on the influence of a low price of corn on the profits of stock, Londra 1815): qualunque possa essere il contributo apportato in tale campo da scrittori precedenti e contemporanei, è soltanto per opera del Ricardo che il fenomeno della rendita fu assunto a elemento integrale di un sistema scientifico, diretto a chiarire, con criterî organici, tutti i fenomeni di distribuzione della ricchezza. Il discepolo dello Smith supera il maestro e inaugura una nuova era nella storia della scienza economica: egli ha particolarmente presenti le condizioni del proprio paese, ma le sue osservazioni hanno, in una certa misura, una portata universale che trascende quella di singole realtà empiriche: valgono, non soltanto in un ambiente economico giuridico diverso dall'inglese, ma anche in assenza di un'economia di scambio (ad esempio, in un'ipotetica societâ comunista). Nel 1817, superata, per l'influenza degli amici specie di James Mill, la singolare riluttanza a divulgare al pubblico i risultati delle proprie profonde meditazioni, il R. pubblicò gl'immortali Principles of political economy and taxation (Londra 1817), destinati a rivoluzionare la scienza economica. L'opera, difficile e disordinata, non si presta agevolmente a un'equa valutazione da parte dei non esperti; al pubblico giunse però l'eco degli apprezzamenti entusiastici degli amici e dei discepoli, tra i quali ultimi eccelleva, per profonda devozione al maestro, J.R. McCulloch. Ne uscì una seconda edizione nel 1819 e, infine, una terza nel 1821. In entrambe le edizioni il R., il quale nello stesso tempo si occupava in scritti particolari di questioni concernenti il debito pubblico (Funding system, in Encyclopaedia Britannica, 1821) e i dazî agrarî (On protection to agriculture, Londra 1822) apportò notevoli modificazioni e aggiunte. Ogni sua osservazione, si può dire, segna una tappa importante nell'evoluzione e nel consolidamento di un sistema scientifico destinato, per il suo valore, a dominare, quasi incontrastato, per parecchi decennî e ad esercitare, direttamente o indirettamente, un'influenza possente su tutti i sistemi scientifici posteriori. Il R più ancora che geniale scopritore di verità scientifiche, è il creatore dei metodi moderni d'indagine.
La fervida vita del R. fu stroncata improvvisamente nel 1823; egli morì nel pieno della maturità e dell'attività scientifica e politica: nel 1819 era entrato infatti a far parte della Camera dei comuni, ove assunse un atteggiamento radicale di decisa avversione allo spirito conservatore delle sfere governative e difese, per spirito umanitario o per amore di scienza e di patria, varie cause a lui particolarmente care. Oltre a una memoria sulla banca di emissione (Plan for a National Bank, Londra 1824), uscirono postumi, parecchi anni dopo la morte, tre volumi di lettere, dirette a Malthus (Oxford 1887), a McCulloch (Baltimora 1895) e a H. Trower (ivi 1899). Tali lettere, spesso scritte per spirito di garbata e benevola amicizia, giovano peraltro a mostrare quanto irreali siano certi quadri di maniera che vorrebbero raffigurarci la pretesa grettezza intellettuale del grande scienziato. Rivelano, inoltre, come egli sia sempre stato pienamente conscio dei presupposti e dei limiti dei proprî ragionamenti.
Per il Ricardo, il principale problema dell'economia è il problema della distribuzione della ricchezza: si tratta di determinare il rapporto secondo il quale il prodotto si ripartisce tra le varie classi. È questo un punto di vista condiviso tuttora da molti economisti inglesi. L'origine prima dei fenomeni di distribuzione è economica, le proporzioni secondo le quali il prodotto si ripartisce tra le classi dipendendo essenzialmente da fattori economici, che la scienza tenta d'indagare: sono siffatte proporzioni, non gli ammontari assoluti, che interessano prevalentemente l'economista. A questo problema fondamentale, considerato soltanto incidentalmente dallo Smith e studiato invece ampiamente dal R.; sia nei presupposti sia nelle possibili ripercussioni, si connette il problema degli effetti delle imposte, specie quello classico della traslazione, di cui il R. ha posto le basi ed elaborato buona parte di quanto ci è noto. L'origine prima dei fenomeni tributarî, a differenza dell'origine prima dei fenomeni primarî di distribuzione, è extraeconomica, l'idea mercantilista, dello stato potenziatore dell'economia nazionale e conquistatore di mercati, è abbandonata: compito dello studioso è esclusivamente l'analisi delle ripercussioni economiche esercitate dai provvedimenti finanziarî, considerati unicamente come provvedimenti politici. Interessano, inoltre, il R. i problemi attinenti al progresso della società, specie quello, fondamentale per i classici, dell'accumulazione, in relazione a cui egli considera tutti i provvedimenti di politica economica e finanziaria. Sono poste in tal modo le basi di una particolare concezione dell'economia e di una particolare concezione della finanza; è creato, sulla scorta di poche premesse fondamentali, un sistema, che, alla pari del vecchio sistema fisiocratico, ma con criterio diverso e in varî punti più comprensivo, risulta di un aggregato di economia e di finanza.
Il R. assume la società divisa in tre classi: proprietarî terrieri, operai e imprenditori. La rimunerazione dei primi appare determinata prevalentemente dalla teoria della rendita; la rimunerazione dei secondi, vista in funzione di un determinato tenore di vita, appare costante per tutto un periodo di tempo di una certa ampiezza; la rimunerazione degli ultimi appare prevalentemente con caratteri residuali. Gl'interessi dei proprietarî terrieri e gl'interessi degl'imprenditori sono in contrasto: il contrasto è nella natura delle cose; è del tutto indipendente dal volere degli uomini. L'interesse della collettività tende a coincidere con l'interesse degl'imprenditori, argomento questo a favore del libero scambio (una delle più gravi questioni dell'epoca concerneva l'esistente protezione agricola, la cui abolizione, sebbene tenacemente avversata, era già in vista). Siffatta teoria della distribuzione è certo troppo semplice e ormai appare antiquata in più punti: considera le varie classi come nettamente distinte; prescinde da ogni analisi autonoma del fenomeno dell'interesse (considerato parte integrale del profitto); attribuisce al profitto un carattere residuale, che dà adito a dubbî ove sia posto in relazione allo stesso concetto meccanico di equilibrio simultaneo dei fenomeni di produzione e di distribuzione, che il R. ha, se non proprio inaugurato, potentemente sviluppato. Nonostante però tutte le obiezioni che possono essere mosse, la visione ricardiana costituisce tuttora un utile punto di partenza per varie indagini, come, di tanto in tanto, avvertono tuttora studiosi provenienti dai campi più diversi, i quali se ne giovano con l'ausilio di metodi matematici e storici.
Il valore - concetto fondamentale di tutta l'economia classica - 2, per il R., un semplice rapporto: il rapporto secondo il quale si scambiano tra di loro le varie merci; ove si prescinda dalla moneta (R., alla pari degli altri classici, ne prescinde allorché vuol dare una visione generale dei fenomeni economici), abbiamo un'infinità di rapporti, varianti in diversa direzione. A lungo andare, ove si prescinda dalle variazioni passeggere (dinamica) e ove si astragga da certi fenomeni particolari, le merci tendono a scambiarsi tra di loro, nell'ambito della nazione, secondo il lavoro compiuto per produrle ("valore normale" corrispondente a un'ipotetica posizione di equilibrio).
Una variazione generale dei salari non esercita alcuna influenza sul livello dei prezzi; ciò nell'ipotesi più semplice, che lo stesso R. complica per tener conto dei diversi impieghi di capitale nelle varie produzioni e della diversa durata dei processi produttivi: siffatta ipotesi implica, già di per sé, una particolare concezione delle dottrine del profitto, del costo di produzione e del prodotto netto. I fenomeni particolari, che rappresentano altrettante eccezioni alla teoria generale del valore, concernono monopolio, rendita, moneta e scambî internazionali, argomenti questi, ove si prescinda dal monopolio, trattati dal R. con grande profondità. La teoria della rendita, ricollegata all'"avarizia" della natura e, in particolare, alla tendenza ai costi crescenti nell'industria agricola (a cui il R. contrappone i costi unitarî costanti dell'industria manifatturiera), fornisce, non soltanto uno strumento prezioso per l'interpretazione di varî fenomeni concreti, ma anche un appiglio assai utile per lo sviluppo di sistemi scientifici del tutto opposti al ricardiano, quali quelli di Jevons e di Menger, che prendono le mosse dai concetti di bisogno, di bene economico, di margine, ecc.
Lo schema può apparire talora troppo semplice, specie nella parte dinamica, in cui il R. mira a chiarire i rapporti tra rendita, salarî e profitti; non pertanto si presta bene, se non altro come punto di partenza, ai fini dello studio della politica economica, la quale è basata sull'esatta conoscenza di certi momenti di contrasto tra le varie classi, presupposto di ogni tendenza alla composizione e conciliazione degl'interessi divergenti. Lo stesso concetto del valore-lavoro si presta, alla pari della contrapposizione tra forze umane e forze naturali e al di fuori d'ogni arbitrario schema socialista, a utili applicazioni teoriche.
Più che fornirci semplici punti di partenza, ci portano, invece, nel cuore della scienza le mirabili indagini sugli scambî internazionali e sulla moneta: si tratta di problemi che il R. aveva presenti allorché delineava, nelle loro linee generali, i fenomeni della distribuzione e del valore. La teoria del "costo comparativo" (v. commercio: Commercio internazionale), diretta a spiegare le condizioni necessarie e sufficienti per il sorgere di rapporti di scambio tra nazioni, tra le quali si suppone non avvengano normalmente movimenti di fattori di produzione, è stata generalizzata dagli studiosi moderni, i quali ravvisano in tale teoria una spiegazione completa della genesi e dei limiti di un qualsiasi rapporto di scambio. La teoria dei costi comparati è considerata da qualche autore moderno uno strumento atto a chiarire tutti i fenomeni della realtà concreta. A detta teoria si possono connettere, direttamente o indirettamente, tutte le dottrine monetarie ricardiane, specie il famoso teorema sulla ripartizione dei metalli preziosi e i suoi corollarî d'ordine interno e d'ordine internazionale, attinenti, in specie, ai cambî esteri e alle riserve bancarie. Altre ipotesi sono state talora sostituite alle ipotesi ricardiane, ma nessuno ha saputo infirmarne l'intima logica né mostrare che esse non si avvicinano al nucleo più essenziale dei fenomeni studiati.
Edizioni: Oltre alle edizioni delle singole opere già citate nel testo ricordiamo l'edizione completa a cura di J.R. McCulloch (Londra 1846; rist. 1881); trad. franc. a cura di A. Fonteyraud (Parigi 1847; altra ed.: ivi 1882). I Principles sono tradotti in italiano nella Biblioteca dell'economista, s. 1ª, XI (Torino 1856). Recentemente sono state pubblicate le note critiche ai Principles del Malthus il cui manoscritto era andato smarrito (Notes on Malthus, Baltimora 1928), e gli scritti monetarî minori (Minor papers on the currency question, Baltimora 1932). La Royal Economic Society. ha disposto la pubblicazione di una nuova edizione integrale di tutti gli scritti del R.
Bibl.: Opere critiche sul R.: S. N. Patten, Malthus and R., Baltimora 1889, rist. negli Essays in economic theory, New York 1924; id., The interpretation of R., in The Quarterly Journal of Economics, 1893, rist. negli Essays cit.; K. Diehl, Sozialwissenschaftliche Erläuterungen zu D. R. Grundgesetzen, Lipsia 1905, ultima ed., 1921; J. H. Hollander, D.R.: a centenary estimate, Baltimora 1910; A. Loria, D. R.,Roma 1926. V. anche E. Cannan, History of the theories of prod. and distrib., Londra 1893; 3ª ed. 1924; trad. franc., Parigi 1910.