CARNAGHI, Davide
Nacque a Milano il 5 settembre del 1865 da Carlo, che era custode e guardarobiere del teatro Milanese, e da Maria Fadda. In questo ambiente visse in stretto contatto con gli attori che si avvicendavano sulla scena, sicché fu facile, quando aveva 4 anni, incoraggiarlo ad apparire in una breve parte di una commedia di Cletto Arrighi, il quale, proprio allora, si era impegnato a creare un teatro dialettale milanese non volgare che riunisse i migliori filodrammatici in una compagnia stabile. Ragazzo, il G. distribuiva cuscini e manifesti tra gli spettatori e recitava occasionalmente. Compiuti gli studi di ragioneria, si impiegò come scritturale in uno stabilimento chimico.
Sposatosi con Angela Broggi, lasciò il lavoro per incompatibilità di carattere col direttore e, ridotto in precarie condizioni economiche, sentì insorgere il bisogno, non certo disgiunto da viva nostalgia, di ritornare al palcoscenico. Filodrammatico in rappresentazioni organizzate per beneficenza, si fece notare per le sue colorite imitazioni e per certi monologhi nei quali tratteggiava a forti tinte alcuni tipi di popolani. Da un incontro al caffè Biffi con Gaetano Sbodio nacque, nell'autunno 1890, l'idea d'una compagnia Sbodio-Carnaghi in concorrenza con quella di E. Ferravilla, da cui lo stesso Sbodio si era diviso perché non ne condivideva il macchiettismo ad effetto e perché intravvedeva nel promettente compagno d'arte la possibilità di concretare la sua concezione di un solido teatro lombardo, ispirato ai canoni del verismo. Dopo qualche mese di affiatamento in provincia (al teatro Guidi di Pavia, l'11maggio 1891, fu rappresentata Ona scena de la vita, la prima delle "scene popolari" in un atto di C. Bertolazzi), la compagnia esordì dinanzi al pubblico milanese, ansiosa del suo giudizio, il 14 maggio al teatro dei Filodrammatici. Ne facevano parte, tra gli altri, Fulgida Venturini come prima attrice e il giovanissimo Ferruccio Garavaglia come primo attor giovane.
Andarono in scena Foeura de post diC. Arrighi, On panettonin di C. Cima, La me voeur, tradotta dal bozzetto romanesco di G. Zanazzo, e Pina madamin di F. Fontana. Il C. disse un suo monologo drammatico, On pugn, che a Giovanni Pozza, critico teatrale del Corriere della sera, parve recitato, salvo qualche brano, da filodrammatico, mentre si rivelò eccellente nell'ultimo dei lavori eseguiti che piacquero oltre ogni previsione. Il 25 maggio 1891 andò in scena la prima di Trani e Barletta di A. Curti e il 29 successivo quella de I benis de spôs di C. Bertolazzi, lodevolmente eseguite. Le recite si protrassero fino al 1º giugno, quando la compagnia partì per Torino, incoraggiata dal successo e dai buoni incassi. Al repertorio, comunque, non mancarono i rilievi del Pozza, il quale affermò che questo era costituito da frammenti di commedie, bozzetti, monologhi che servivano, tutt'al più, a completare uno spettacolo, non a costituirlo, anche se in successione.
Nel settembre il C. recitò un certo numero di commedie che lasciarono indifferente il pubblico in quanto i testi erano di autori di scarso talento; l'unico successo si dovette a L'eredità del Fel di L. Illica, nella quale erano contenute talune anticipazioni dei postulati ibseniani relativi all'ereditarietà. Il 23 gennaio e il 19 febbraio 1892 gli spettatori del teatro Carcano applaudirono calorosamente La spia e La serva noeuva, due novità di G. Rovetta, autore che nei ritratti di figure tipiche del popolo milanese e nei quadri d'ambiente dette il meglio della sua produzione (tra l'una e l'altra, il 12febbraio, fu varata la più bella delle "scene popolari" di C. Bertolazzi, AlMont de pietaa, accolta con entusiasmo). Il 6 gennaio 1893, sempre al Carcano, il C. rivestì i panni di Ambroeus, rasentando talvolta la caricatura, nella novità di G. Rovetta Due fradej, a cui il pubblico tributò un buon successo, nonostante la mediocrità del testo. Il Bertolazzi, convinto che lo Sbodio e il C., il cui impegno professionale era ormai concordemente riconosciuto, potessero rappresentare sempre più degnamente i suoi lavori, affidò loro la sua prima opera di ampie proporzioni, Elnost Milan.La prima parte, Lapovera gent, andò in scena il 6 febbraio al Carcano e il C. vi impersonò Carloeu detto el Togasso in modo così esemplare che a lungo la figura e lo spirito di questo personaggio si considerarono inscindibili da quelli dell'attore. Dopo l'ottima accoglienza tributata alla prima di Vita d'inferno di A. Curti (1ºmarzo), il C. affrontò la rappresentazione, che gli procurò parecchie chiamate al proscenio, della trascrizione in dialetto milanese di un atto unico di C. Antona Traversi, Francobolli sprecati dal titolo Bollit trasaa (10 marzo).
Nel 1894 il Bertolazzi affidò alla compagnia prediletta altre due commedie di respiro, Strozzin! (teatro Carcano, 2 febbraio, parte del sur Gigi, applauditissima) e La ruina (teatro Pezzana, 22 giugno, parte di Arturo).
In quel torno di tempo il teatro dialettale lombardo si era arricchito di una nuova macchietta, il Carlin, ispirata a C. Colombo da uno spassoso vetturino di Abbiate Guazzone (Varese): il C. se ne impadronì subito portandola al successo e numerosi suoi spettacoli furono preceduti o seguiti da un farsa che aveva per protagonista quel personaggio alle prese con grottesche peripezie (nel gennaio e nel febbraio 1895, ad esempio, fu applaudito nella farsa OlCarlin al teatro Carcano).
La seconda parte de El nost Milan, intitolata I sciori, andò in scena il 31 genn. 1895 e, nonostante taluni attori, tra cui il C., si prodigassero ai limiti delle loro possibilità, non convinse il pubblico che l'accolse freddamente.
Ai primi di aprile il C., separatosi dallo Sbodio, proseguì da solo e nel maggio, al teatro Pezzana, rappresentò Olsposalizi d'ol Carlin, continuazione de Ol Carlin, e Hosbagliato l'uss di C. Colombo. Nello stesso 1895 la compagnia Carnaghi-Sbodio si ricostituì sotto il patrocinio di C. Aliprandi, ma si sciolse subito per poi ricomporsi all'insegna di un repertorio formato di riduzioni dal francese e, in particolare, da vaudevilles.Da questo momento separazioni e riunioni si alternarono con sempre maggiore frequenza (una larvata gelosia professionale caratterizzava i rapporti, anche umani, tra i due, e lo stesso Sbodio, che si assumeva qualsiasi iniziative, non si peritava di adombrare il compagno d'arte che probabilmente nutrì, nei suoi confronti, un sentimento di soggezione); nel luglio 1902 il C. si associò ancora una volta al celebre collega, ma in condizioni di netta inferiorità: la voce gli si era affievolita, una grossa ciste gli deturpava il viso, era diventato insofferente e a stento dissimulava gli effetti di una grave malattia non debitamente curata.
Nel carnevale 1903 lo Sbodio riprese La gibigianna di C. Bertolazzi, la cui interpretazione, al teatro Verdi, costituì l'ultima prestazione di rilievo del Carnaghi. Nell'aprile, poco prima di prodursi al teatro dei Filodrammatici, la compagnia si dovette sciogliere per l'aggravarsi delle sue condizioni di salute.
Il C. morì di cirrosi epatica a Milano il 6 maggio 1903, assistito dalla moglie e dalla figlia adolescente, che lasciò in precarie condizioni economiche, e la salma, secondo le sue ultime volontà, fu cremata.
Interprete dei più noti lavori del teatro milanese, ne scolpì i personaggi con grande bravura, abusando dei propri mezzi espressivi soltanto negli anni di maggiore popolarità. Aveva viso aperto e gioviale, mobilissimo, che, da solo, destava ilarità per il contrasto tra l'assurdità delle battute e la serietà della loro espressione. Allievo dello Sbodio, lo imitò nei primi anni di attività teatrale, poi si allontanò dalla sua maniera, fino a dare di taluni personaggi famosi, come quelli del Togasso e del Carlin, interpretazioni personalissime, che furono giustamente additate come punti di riferimento agli attori delle generazioni successive.
Oltre a La piscina, monologo dedicato ad Amelia Del Vecchio, prima attrice giovane della comp. Sbodio-Carnaghi, Milano 1892, la maggior raccolta dei suoi testi teatrali è costituita dal vol. Scene comiche (comprendono El zio Angiolin, La zia Giromina, La piazza Castel, Il Bagolone, Padiglione Assabese, Al giardin pubblich, Impressioni d'un festival, In sagrestia, Artisti da caffè chantant), Milano s.d. In sagrestia è contenuta anche in Teatro milanese, a cura di C. Vergani-F. Rosti, Bologna 1958.
Fonti e Bibl.: La scena illustrata, 15 ott.1890; Corr. della sera del 15-16 maggio, 25-26 maggio, 31 maggio-1º giugno 1891, 8-9 gennaio, 7-8 febbraio, 2-3 marzo, 11-12 marzo1893, 31 gennaio-1ºfebbraio, 1º-2 febbraio, 8-9 aprile, 17-18 maggio, 21-22 maggio 1895, 6 maggio 1903 (necrologio); E. Boutet, in Le cronache teatrali (Roma) del 25 febbr. 1901, pp. 213-214; Scena di prosa del 12 giugno, 31 luglio 1902, 19 febbraio, 7maggio1903 (necrologio); C. Bertolazzi, Preludio, Milano s. d., pp. 10, 22, 68;Id., Strozzin! - La ruina, Milano 1895, pp. 7, 57; Papiol, Dalla ribalta ai camerini, Milano 1899, pp. 9-10, 14-15, 20; S. Pagani, Ilteatro milanese, Milano 1944, pp. 164-169, 174-177; N. Leonelli, Attori tragici - Attori comici, I, Milano 1940, pp. 214-215; Encicl. ital., IX, p. 86; Encicl. dello spettacolo, III, col. 59.