LAJOLO, Davide
Scrittore, giornalista e uomo politico, nato a Vinchio d'Asti il 29 luglio 1912, morto a Milano il 21 giugno 1984. La giovanile adesione al fascismo lo portò a combattere come volontario nella guerra civile spagnola. A quell'esperienza è legato il suo esordio letterario (il diario-resoconto Bocche di donne e di fucili, 1939; il romanzo L'ultima rivoluzione, 1940; e la raccolta di poesie Nel cerchio dell'ultimo sole, 1940). È già in queste opere la cifra costante della scrittura di L.: un autobiografismo che attraverso la rievocazione di personali accadimenti mira a far luce sulle difficoltà politiche e morali di un'intera generazione. Così, anche l'esperienza della Resistenza (alla quale L. partecipò al comando della divisione Garibaldi del Monferrato, con il nome di Ulisse) divenne subito oggetto di un libro-testimonianza, Classe 1912 (1945; ristampato nel 1975 con il titolo A conquistare la rossa primavera), che documenta anche la maturazione politica di L. nell'adesione al Partito comunista italiano.
Nel dopoguerra lavorò all'Unità, in qualità di redattore-capo (1945), poi a Milano come direttore dell'edizione per l'Italia settentrionale (1946-58). Nel 1958, e poi nelle due successive legislature, venne eletto deputato nelle liste del PCI (a questa esperienza si riferisce il diario Ventiquattro anni. Storia spregiudicata di un uomo fortunato, 1981).
L'attività narrativa di L. proseguì nell'ambito del neorealismo con i romanzi Quaranta giorni, quaranta notti (1955) e Come e perché (1968), mentre con Il voltagabbana (1963) era rappresentato il dramma della ''scelta'' individuale che s'impose dopo l'8 settembre del 1943. A una più privata dimensione memoriale è rivolta l'ultima produzione di L., ispirata soprattutto dall'amore per il paesaggio natio delle Langhe: I Mè. Racconto senza fine tra Langhe e Monferrato (1977) e Il merlo di campagna e il merlo di città (1983) sono da considerare le prove più riuscite di L., assieme alla riflessione sulla malattia, affidata alle pagine di Vedere l'erba dalla parte delle radici (1977).
Vasta è anche la sua produzione saggistica, a cominciare dal libro più famoso (e contestato), Il ''vizio assurdo'' (1960), biografia dell'amico C. Pavese e insieme tentativo di confronto fra due opposti caratteri, quello di L. "sempre deciso e battagliero a vivere" e quello di Pavese "sempre disperato e deciso a morire", fino a Cultura e politica in Pavese e Fenoglio (1970), Poesia come pane (1973) e Fenoglio (1978). Della saggistica politica vanno ricordati, oltre alla raccolta dei Corsivi 1945-53 (1953), la biografia Di Vittorio. Il volto umano di un rivoluzionario (1972) e I rossi (1974), galleria di ritratti dei leaders del movimento comunista internazionale. Postuma è uscita la raccolta di poesie inedite, a cura della figlia Laurana, Dedicato a mio padre (1985).
Bibl.: C. Bo, in L'Europeo, 7 agosto 1960; P. Milano, in L'Espresso, 11 settembre 1960; A. Bocelli, in Il Mondo, 1° novembre 1960; N. Ginzburg, in Corriere della Sera, 7 aprile 1974; T. Wlassics, Apocrifi di Pavese, ora in Id., Pavese falso e vero, Torino 1975.