LAZZARETTI, Davide
Nato ad Arcidosso (Grosseto) il 6 novembre 1834, barrocciaio, sposo, e padre di tre figli, il 9 ottobre 1868 in seguito a visioni che diceva di avere avute fin da giovanetto si ritirò a vita eremitica in una grotta presso Montorio Romano. Dopo tre mesi, preceduto dalla fama di prodigi e nuove apparizioni, fece ritorno al luogo natio e là iniziò, con larghissimo successo, la sua propaganda. Fondò una Congregazione degli eremiti, penitenzieri e penitenti e una Società delle famiglie cristiane, che raccolse 80 famiglie del paese le quali misero per più anni in comune lavoro e beni. Per questo fu due volte processato (nel 1871 e nel 1873) sotto l'imputazione di truffa, ma sempre liberato per la difesa che di lui fecero Giovanni Salvi e Pasquale Stanislao Mancini. Gli ascritti alle società fondate dal L. - che avevano sedi a Montorio Scandriglia (Rieti) e sulla vetta di Monte Labbro (Amiata) - dovevano far professione di fede cattolica e preparare in preghiera e penitenza l'avvento dell'età dello Spirito Santo che avrebbe concluso il ciclo delle tre economie religiose dell'umanità, ciascuna contraddistinta dalla rivelazione di una delle tre persone della Trinità. Il movimento fu in un primo tempo tollerato dall'autorità ecclesiastica che accordò anche a due sacerdoti il permesso di officiare in una piccola chiesa costruita dai lazzarettisti sul Monte Labbro. Ma i due sacerdoti furono presto (luglio 1878) sospesi a divinis e tutti gli scritti di propaganda che il L. aveva pubblicato furono posti all'Indice. Dopo un momento d'incertezza, il L., che aveva ammiratori e seguaci anche in Francia dove egli si recò due volte (1873-1877), riprese sul Monte Labbro la sua propaganda sempre più accesa scagliandosi ora contro la Santa Sede, proclamandosi e facendosi riconoscere dai suoi fedeli come seconda incarnazione del Cristo. Il 18 agosto 1878, avendo predetto ai suoi che in quel giorno si sarebbe manifestato al mondo come Cristo e avrebbe sanzionato con l'offerta della sua vita la soprannaturalità della sua missione, scese dal Monte Labbro alla testa di una folta processione. Alle porte di Arcidosso un drappello di carabinieri, forse atterriti dal gran numero di lazzarettisti sordi ad ogni richiamo, fecero fuoco lasciando morto sul terreno, fra gli altri, il L. Fra i seguaci del L. è da segnalare Filippo Imperiuzzi.
Bibl.: F. Imperiuzzi, Storia di D. L. profeta di Arcidosso, Siena 1907; G. Barzellotti, Monte Amiata e il suo profeta (D. L.), Milano 1910; F. Sapori, D. L.: Visione e profezie (antologia degli scritti del L. con intr. e bibl.), Lanciano 1919.