CASTELLANI, Davino
Nato a Lucca verso la metà del sec. XIV, prese viva parte alle vicende della sua città, particolarmente durante il movimentato periodo che va dalla liberazione dal dominio di Pisa (1369) alle lotte fra i magnati, alla signoria di Paolo Guinigi (1400).
Coetaneo di Giovanni Sercambi (1348-1424), l'autore delle famose Croniche che raccontano la storia di Lucca dal 1164 al 1423, gli fu personalmente legato. Il fatto di appartenere alla cerchia di un uomo come il Sercambi, che ricoprì varie cariche pubbliche, favorendo in ultimo l'ascesa al potere di Paolo Guinigi, ci porta a congetturare che il C, appartenesse allo stesso ambiente sociale.
È certo che il C. godette di un notevole prestigio fra i suoi concittadini, tanto da essere considerato il portavoce e l'interprete ufficiale dei sentimenti popolari: il secondo libro delle Croniche (relativo agli eventi dal 1369 al 1400) lo ricorda più volte come autore di poesie che traevano lo spunto da importanti avvenimenti di carattere pubblico e che avevano in Lucca larga diffusione.
Fu proprio il C., insieme al Sercambi, a consegnare a Carlo IV di Boemia la petizione in forma di poesia "O in ecelzo santissimo Charlo" di cui era l'autore. L'imperatore, risalito da Roma insieme al vicario cesareo cardinal Guidone, con un diploma del 7 apr. 1369 aveva tolto ai Pisani ogni diritto su Lucca. In una fine miniatura (cfr. Croniche, a cura di S. Bongi, I, pp. 154 s.) si può vedere il C., inginocchiato accanto al Sercambi, in atto di porgere la poesia a Carlo IV seduto in trono tra il cardinale e l'imperatrice. La sera del 13 aprile, dopo la presa dei castello di Motrone - importante sbocco sul mare per Lucca - a cui il C. si era trovato presente, furono cantate a Pietrasanta alcune sue stanze ("Motrone dilectoso") "a ricordanza di tale acquisto" come si esprime il Sercambi.
Non molto altro è noto della vita del C., tranne la notizia di un suo pellegrinaggio a Santiago di Compostella. E in viaggio insieme a Rinaldo Michelini, Antonio Lippi degli Umani e Giovanni Talenti quando - La-Sainte-Baume, si fermò a visitare le reliquie di s. Maria Maddalena. Un vecchio religioso gli raccontò una leggenda che il C. mise per iscritto. Nella notizia che nel cod. Riccardiano 1302 della Riccardiana di Firenze precede tale scritto il poeta è detto "homo di lauldabile vita spirituale e vertuoso, e mirabilmente devoto di Santa Maria Maddalena".
Dai registri dell'Archivio di Stato di Lucca si ricava che il C. era ancora vivo nel 1410 (Imprestiti, vol. 18, c. 88).
Le rime del C. - riportate nelle Croniche insieme a versi di Dante, Fazio degli Uberti e Nicola Soldanieri - sono di carattere politico e satirico e costituiscono più che altro un documento della cultura municipale di Lucca nel secolo XIV.
Si possono riportare a tre distinti periodi. Al 1369appartengono la stanza di canzone "O in ecelzo santissimo Charlo" per la venuta di Carlo IV in Lucca, la ballata con la ripresa di quattro versi "È non volea ser Moccio" e la ballata per l'acquisto di Motrone.
Nel primo di questi componimenti Lucca sofferente e fiduciosa, in figura di nobile dama incoronata (secondo il celebre modello petrarchesco), implora misericordia e salvezza dall'imperiale maestà. Nella seconda poesia, di carattere satirico, viene messo alla gogna un tal ser Moccio di Ficecchio, "Uomo di sangue e di crucci", che parteggiava per i Pisani cercando di contrastare gli sforzi che i Lucchesi facevano per liberarsene. Nella terza infine meglio trapelano i sentimenti patriottici del C. che gioisce per la restituzione di Motrone, a lungo conteso ai Pisani, "porto virtudioso".
Al periodo successivo alla liberazione di Lucca - gli anni delle lotte fra i Forteguerra e i Guinigi, della preparazione del colpo di Stato, dell'uccisione di Lazzaro Guinigi - appartengono il sonetto caudato "Chi potre' porre al sole mizura o peso" e la ballata "Gloriosi Toscani". Il primo componimento - del 1392 - è, come replica alle minacce pisane, un documento degli odi municipali: il poeta aveva visto presso la porta S. Marco a Pisa un'aquila (simbolo della parte ghibellina) fatta dipingere da ser Iacopo d'Appiano, spirante fuoco e minacciosamente rivolta verso Firenze, con la scritta: "O' rimesse le penne". La ballata "Gloriosi Toscani", dei 1397, composta sempre per "le discordie di Toscana" è in otto stanze e costituisce la più elaborata di queste poesie. L'argomento riguarda le minacciose mire espansionistiche di Gian Galeazzo Visconti ai danni di Firenze e Lucca. Il tono è dato dai lamenti sulla corruzione della Toscana e le immagini sono quelle scritturali e gli esempi della storia romana. Immagini per lo più di repertorio. La lingua è piuttosto faticosa e piena di lucchesismi. Le due ultime poesie del C. a noi pervenute sono le ballate "Colla lingua, con l'animo e col core" e "Viva 'l nuovo Signore". L'attribuzione di queste due poesie al C. è quasi certa e la prima delle due, pur nella sua evidente ingenuità, è il miglior risultato del C. quanto a immediatezza e purezza di linguaggio.
Il C. è anche autore di due poemetti spirituali, uno in ottave sulla Resurrezione e uno in terzine sulla Sainte-Baume di S. Maria Maddalena: del pellegrinaggio abbiamo anche una relazione in prosa, sempre del C., nel già ricordato cod. Riccardiano 1302(cfr. A. Bartoli, Imss. ital. della Bibl. naz., III, pp. 279-89;S. Morpurgo, Imss. della Riccardiana, I, p. 371).
Secondo una notizia del Lucchesini il C. sarebbe inoltre autore di una storia di Lucca in versi. Le rime pervenuteci del C. si possono leggere nell'edizione delle Croniche del Sercambi curata dal Bongi (I, pp. 155 s., 169, 294, 384; III, pp. 28, 30). Le rime politiche erano già state pubblicate da A. Medin, Poesie politiche nella "Cronaca" del Sercambi, in Giorn. stor. d. lett. it., t. IV (1884), pp. 398-414.
Il poema sulla Resurrezione "Volendo della resurressone santa" e quello in ternari su s. Maria Maddalena sono inediti e si trovano nel Magliabechiano II, IV, 3 della Biblioteca nazionale di Firenze alle carte 1-32e 33-50. Queste stesse rime spirituali sono anche contenute nel Magliabechiano II, IV, 4, copia del precedente, dell'anno 1726. La redazione in prosa dei poemetto sulla Sainte-Baume di S. Maria Maddalena, "Visione di Frate Elia", si trova alle cc. 149-152 del Riccardiano 1302.
Fonti e Bibl.: G. Sercambi, Le croniche, a cura di S. Bongi, Lucca 1892, 1, p. 447; III, p. 410 (su questa edizione vedi le recens. in Studi stor., II [1893], pp. 536-542; Arch. stor. it., s. 5, XII [1893], pp. 424-435; Giorn. stor. d. lett. it., t. XXI [1893], p. 160;t. XXII [1893], p. 290; Nuova Antologia, 15 genn. 1894, pp. 383-385); A. N. Cianelli, Memorie e docum. del ducato di Lucca, II, Lucca 1814, pp. 17, 41; C. Lucchesini, Della storia letter. del ducato lucchese, IX Lucca 1825, pp. 130 s.; F. Zambrini-S. Morpurgo, Le opere volgari a stampa, II, Suppl., Bologna 1929, n. 759; G. Pirchan, Italien und Kaiser Karl IV., I, Prag 1930, pp. 389, 401 s.; V. Cian, La Satira, I, Milano 1945, pp. 278 s.; G. Mazzatinti, Inventari dei mss. delle Bibl. d'Italia, X, p. 83.