DE CANTA, Giovanni Angelo
Figlio di Battista, calderaio e fonditore di campane, risulta documentato per la prima volta il 25 giugno 1519, a Novara, quando gli viene liquidato un pagamento parziale per la decorazione ad affresco del tiburio nella vecchia chiesa di S. Gaudenzio (distrutta nel 1553); il lavoro sarà saldato il 10 agosto e, in ambedue i casi, il D. appare compagno di lavoro di Bernardo De Buchis, figlio di Francesco (Morandi, 1916, p. 79).
Sia i De Canta sia i De Buchis erano famiglie ben assestate nell'ambiente artistico locale, ed ambedue avevano stretti collegamenti con altre importanti famiglie di pittori novaresi, come i Cagnola (Giustina De Canta, sorella di Battista, aveva sposato Tommaso Cagnola, mentre Francesco De Buchis era marito di Concordia Cagnola, sorella di Tommaso) e i De Basis: in un documento del 2 ag. 1523 il pittore Francesco De Bosis da Novara (figlio del pittore Daniele De Bosis) dà ricevuta, anche a nome del D. e del pittore Pietro da Novara, di un cospicuo pagamento per la decorazione della casa del gran cancelliere Mercurino di Gattinara, in Gattinara stessa (il pagamento è attuato a Vercelli: Schede Vesme, p. 1555). Nulla rimane di questa decorazione, che incuriosisce anche per il prestigio del committente, ma è in ogni caso importante sorprendere il D. attivo m zona di gravitazione vercellese più che novarese. Il 3 giugno 1525 il D. firmava e datava un breve ciclo di affreschi, in gran parte conservato, nella cappella bramantesca di S. Rocco a Cameri.
Il ciclo si compone di due tondi con Dottori della Chiesa (altri due si intravedono sotto lo scialbo), quattro Angeli che reggono scudi con simboli della passione, un oculo dipinto in trompe-l'oeil (come finestra aperta sul cielo) e un Cristo in Pietà, la Vergine e s. Giovanni evangelista. La decorazione è completata da un bel fregio a foglie d'acanto di ispirazione archeologica. I Dottori della Chiesa mostrano caratteri ancora arcaizzanti (sono prossimi a Franceschino Cagnola, per quanto con qualche aggiornamento in direzione di Bernardo Zenale), ma il fregio archeologico e la Pietà sembrano ispirati dall'e novità del momento, che si riassumono nella figura di Gaudenzio Ferrari e dei suoi più diretti collaboratori (la Pietà deriva dall'analogo coronamento del polittico di Gaudenzio Ferrari nella collegiata di Varallo).
La stabile presenza in Novara del D. è confermata da due documenti di carattere amministrativo, del notaio Bernardino Rosati, in data 18 luglio 1525 e 26 febbr. 1526 (Morandi, 1916, pp. 20 s.). Per qualche anno perdiamo le tracce del pittore e lo ritroviamo il 10 sett. 1528, a Vercellì, come testimone ad un atto del notaio Giovanni Battista Ghislarengo (Schede Vesme, p. 1226); il soggiorno vercellese continuerà ininterrottamente fino al 14 agosto dell'anno successivo, come emerge da una serie di testimonianze in atti sempre di G. B. Ghislarengo (nello stesso periodo ricorre al medesimo notaio, ed è presente come testimone in atti da lui rogati, anche Gaudenzio Ferrari).
È assai probabile che il passaggio a Vercelli del D. sia dovuto alla possibilità di collaborare alle impegnative imprese gaudenziane in S. Cristoforo a Vercelli, e l'ipotesi viene confermata da una notizia parallela che riguarda il collega Bernardo De Buchis: nella sua bottega di Novara inizia a dipingere G. B. Della Cerva (Morandi, 1916) che passerà poi a lavorare con Gaudenzio Ferrari e in seguito con Bernardino Lanino. La probabile collaborazione col Ferrari si interruppe comunque nei primi mesi del 1532, perché dal maggio all'agosto di quell'anno il D. lavorò nel vescovado di Novara per il vescovo Giovanni Angelo Arcimboldi; i lavori proseguirono saltuariamente negli anni successivi e sappiamo che, nell'aprile 1533, il D. era impegnato per "un fregio sotto la volta lunga, antistante le camere episcopali" (Stoppa, 1980, pp. 152 s.), mentre nell'ottobre ebbe l'incarico di dipingere le armi del vescovo Antonio de Monte (appena defunto). Si trattava evidentemente di lavori minori (nulla ne rimane al presente) che non gli impedirono di ricomparire a Vercelli, il 18 ag. 1533, dove si dichiarava debitore per un prestito ottenuto (Schede Visme, p. 1226); l'inserimento del D. nel contesto vercellese sarebbe ulteriormente confermato se fossimo sicuri che la "Georgina uxor magistri Angeli pictoris", madrina ad un battesimo dell'8 luglio 1537. in S. Maria Maggiore a Vercelli, è nessun altri che la moglie del pittore. L'ipotesi, accettata dal Vesme (ibid.), sembra contraddetta dal fatto che, sempre nell'anno 1537, il D. ricompare a Novara per lavori in vescovado (nella "camera riservata" del vescovo stesso: Stoppa, 1980, p. 153). Anche di questo non resta nulla di riconoscibile e sfortunatamente un'opera firmata e datata 27 sett. 1539, sulla parete destra della chiesa di S. Maria di Bovagliano a Grignasco, è andata quasi completamente perduta.
Restano la parte inferiore delle gambe di un S. Rocco e il piccolo cane che lo accompagnava (l'intero affresco raffigurava i SS. Rocco e Sebastiano ed era stato commesso dal rettore della chiesa, Antonio di Valduggia). Nella chiesa di Bovagliano potrebbero però essere restituite al D. le due tavole con i SS. Pietro e Giovanni Battista (titolari degli altari laterali della chiesa stessa, prima delle ristrutturazioni barocche) ora inserite in una cornice di Seicento avanzato. Si tratta di due frammenti di una pala maggiore segata a pezzi (manca la Vergine col Bambino in trono, al centro) e potrebbero collocarsi cronologicamente a ridosso della data 1539 lasciata dal D. sull'affresco già citato.
Le tavole di Grignasco si pongono sulla stessa linea degli affreschi di Camerì (un aggiornamento gaudenziano su una base arcaizzante ancora non del tutto dimenticata), ma si avvicinano maggiormente alla fase iniziale di Bernardino Lanino e alle opere note di Giovanni Battista Della Cerva. Esse non trovano però esatti corrispettivi stilistici a Vercelli, mentre sì imparentano, fin quasi a coincidere, con il Battesimo di Cristo ad affresco conservatosi in una cappella laterale di S. Martino (S. Maria delle Grazie) a Novara. Dopo il 1539 i documenti tacciono nuovamente sul conto del D. salvo una testimonianza vercellese indiretta, che ancora una volta conferma il fitto reticolo di interessi familiari e professionali in cui si muove il pittore: il 3 luglio 1540 Francesca Cagnola, figlia del defunto pittore Francesco (cugino del D.) e moglie del vercellese Nicola Minoglio, nomina suo procuratore per una vendita a Novara il D. (Schede Vesme, p. 1226). La firma di "Angelo de Canta", accompagnata dalla singolare dizione "magistro finiente" è segnata nel 1543 (Schede Vesme, p. 1226) in S. Maria delle Grazie a Grignasco, forse a conclusione dei lavori nella chiesa ("finiente" potrebbe però voler dire altro, che attualmente non decifriamo). La chiesa era stata fondata dal nobile Pietro Durio, nel 1489, ma i lavori terminarono solamente sotto il figlio di questo, il sacerdote Giovanni Giacomo. Poiché la tomba di quest'ultimo, morto nel 1553, si inserisce armoniosamente nella decorazione affrescata dellIntemo, non è da escludere che la campagna decorativa, per opera dei D., sia proseguita per un decennio, occultando gradualmente la decorazione quattrocentesca, che si deve a Tommaso Cagnola.
Attualmente la chiesa si presenta ulteriormente modificata per un ampliamento sul lato sinistro, ma le visite pastorali (Zucchinetto, 1590, e Taverna, 1617 Novara, Arch. storico diocesano) ci permettono di leggerne l'arredo quale fu concepito dal De Canta. Percorrendo l'intemo dalla porta d'ingresso laterale, la successione degli affreschi è la seguente: Pietà con i ss. Antonio abate e Graziano; S. Martino e il povero, sovrastati da S. Eusebio e S. Lucia; Adorazione dei Magi; S. Sebastiano e S. Rocco, sovrastati da S. Francesco e S. Bernardino; qui termina, contro il campanile, la parete destra della chiesa (la meglio conservata), che consente di leggere il partito architettonico da cui sono incorniciati gli affreschi, con ampie ed eleganti arcate. Segue la parete di controfacciata sulla quale è attualmente ancora leggibile, con difficoltà, la scritta che ricorda la storia della chiesa, i nomi dei committenti e quello del pittore. La parete sinistra presenta ancora il Battesimo di Cristo, mentre i restanti affreschi cinquecenteschi sono andati perduti, salvo quello con la tomba di Giovanni Giacomo Durio, nel tratto di parete che si accosta all'arco trionfale. Sulle campate mancanti sappiamo che si appoggiavano gli altari di S. Stefano e dell'Ascensione, mentre l'altare maggiore era dedicato alla Natività. Tutti e tre erano corredati di pale antiche su tavola che verosimilmente appartenevano a una delle due campagne decorative dei Durio. Conipleta il ciclo del D. una grande Crocefissione nel lunettone al di sopra dell'abside. Per quanto impolverati e fatiscenti, gli affreschi del D. alle Grazie di Grignasco sono buona testimonianza di una convinta adesione alla poetica moderna di Gaudenzio Ferrari, non oltre il 1530, senza rinunciare a una più contrastata e arcaica gamma cromatica che riconosciamo analoga in Franceschino Cagnola e soprattutto in Sperindio Cagnola, altro documentato collaboratore di Gaudenzio Ferrari a Novara e cugino, in primo grado, del De Canta.
Da questo ciclo, molto importante, dovrebbe partire il possibile censimento di una scuola gaudenziana di impronta novarese, e non vercellese, successiva al momento rappresentato appunto da Sperindio Cagnola e che riconosce come protagonisti, accanto al D., i poco noti Giovanni Maria De Rumo da Oleggio e Antonio Zanetti da Bugnate. Una traccia di questa scuola è riconoscibile in Grignasco stessa, negli affreschi della cappella di S. Antonio a Ca' Trimpella (frazione Casa Negri), datati 1539. Nulla più si conserva per gli anni successivi, anche se sono documentati lavori importanti. Il 18 genn. 1545 (Dell'Omo Rossini) la Compagnia di S. Giuseppe, con sede nel duomo di Novara, lo incaricava della doratura dell'ancona fatta per l'altare della compagnia (che le fonti antiche dicono opera di Tiziano). I pagamenti proseguirono per gli anni successivi e il saldo arrivò solo il 19 marzo 1548; il 9 marzo 1549 il D. è però ancora pagato per la tela di copertura della pala (ibid.). Nulla rimane dell'intervento del D. dopo l'incendio del 1642 e la distruzione ottocentesca della cappella.
Già in data 26 apr. 1546 la Compagnia di S. Giuseppe aveva contattato il pittore Giovanni Battista Della Cerva per affrescare l'intera cappella, ma l'accordo andò presto a monte e la commissione passò a Bernardino Lanino, che ricevette il primo vero compenso per i lavori ad affresco solo il 15 ott. 1549, vale a dire dopo la conclusione dei pagamenti in favore del De Canta. Si potrebbe sospettare che la decorazione iniziata da questo e dal Della Cerva non fosse piaciuta ai committenti e che Lanino, subentrando, avesse eliminato quanto era già stato portato a termine.Restano a tutt'oggi gli affreschi laniniani staccati dalle pareti e qualche frammento della decorazione della volta, dove non sembra di poter riconoscere la mano del De Canta. È parimenti perduta la pala per la chiesa di S. Giuliano a Gozzano pagata a Novara il 1° marzo 1550. Nel gennaio 1554 un "maestro Angelo pictore" (quasi sicuramente il D.) riceveva pagamenti per vari lavori nella sede provvisoria della chiesa di S. Gaudenzio a Novara (cioè la vecchia chiesa di S. Vincenzo), che veniva poco dopo abbattuta per far posto alla nuova basilica dedicata al santo protettore della città (iniziata a costruire il 21 marzo 1577). Il 4 nov. 1553, il 29 sett. 1554 e l'8 ott. 1555 il D. fece registrare, presso il notaio novarese Giuseppe Bagliotti, di aver riscosso certi affitti di una casa, e finalmente il 26 e 27 dic. 1557 dettò il suo testamento, allo stesso notaio, lasciando erede la cognata Clara de Vegis (Morandi, 1916, p. 22). La morte dovette seguire poco dopo.
Era nipote del D. Ludovico De Canta, figlio del fratello Marco Antonio come risulta dal documento del 14 sett. 1566 (Schede Vesme) in calce al'quale compare il suo nome in quanto socio di Giovanni Rapa da Varallo e di Gerolamo Varolti novarese: i tre pittori vi danno ricevuta dell'acconto da parte della comunità di Borgomanero per un grande polittico destinato all'altar maggiore della chiesa di S. Bartolomeo in Borgomanero (ora nella "scuola" del SS. Sacramento della stessa chiesa). Il polittico che raffigura al centro la Madonna col Bambino e i ss. Giuseppe e Bartolomeo, era stato commesso il 2 sett. 1566 ai soli Rapa. e Varolti, ma fu saldato il 5 sett. 1567 unicamente a Ludovico.
Il monogramma del Varolti sembra riconoscibile sul coltello di s. Bartolomeo e questo consentirebbe di attribuire al Varolti la maggior parte del polittico (di forte impronta gaudenziana). Poiché nulla è rimasto altrove né del Rapa, né di Ludovico, è difficile stabilire quale nome dare al collaboratore del Varolti, salvo affidarsi a labili supposizioni (o sperare che vengano presto pubblicati i documenti che indicherebbero Ludovico attivo nel duomo di Novara per lavori minori).
Fonti e Bibl.: G. Colombo, Vita ed opere di G. Ferrari pittore, Torino 1881, pp. 185 ss.; Id., Docum. e notizie intorno gli artisti vercellesi, Vercelli 1883, pp. 86, 402; G. Bonola, Il trittico di Borgomanero, in Arch. stor. dell'arte, I (1888), 1, pp. 338, 340 (per Ludov.); G. B. Morandi, Intorno all'antiCo e al nuovo tempio di S. Gaudenzio, in Boll. stor. per la provincia di Novara, V (1911), pp. 106, 111 s.; Id., Schede per la storia della pittura in partic. e dell'arte novarese in generale, ibid., X (1916), pp. 18-22; A. M. Brizio, La pitt. in Piemonte dall'età romanica al Cinquecento, Torino 1942, pp. 259 s.; Schede Vesme, III,Torino 1968, pp. 1081 s. (s.v. Varolti, Gerolamo) e IV, ibid. 1982, p. 1226 (per Ludovico); A. L. Stoppa, Da Tommaso Cagnola al Bugnato, due secoli di pittura novarese..., in L'Omar, 1971, n. 14, p. 8; Id., Il pittore Canta "magister Angelus pictor", in Novarien., 1980, n. 10, pp. 149-155; G. Sitzia-P. Sitzia, La chiesa di S. Maria in Bovagliano, in Boll. stor. per la provincia di Novara, LXXII (1981), 1, p. 47 n. 18; G. Carpignano, Gli arredi sacri nella chiesa di Bovagliano in Grignasco (dal sec. XVI al XVIII), ibid, pp. 73 s.; Schede Visme. L'Arte in Piemonte, IV,Torino 1982, pp. 1226, 1555; C. A. Molli, San Bartolomeo parrocchiale di Borgomanero, a cura di P. Zanetta, Borgomanero 1986, pp. 126 e 129; M. Dell'Omo Rossini, Bernardino Lanino e il ciclo di affreschi del duomo di Novara: nuovi documenti per una ricostruzione della sua vicenda storica, in corso di stampa; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 522 (s. v. Canta, Angelo di Giov. Batt.; ibid. anche Ludovico).