DE CAPITANI D'ARZAGO, Alberto
Nacque a Paderùo Dugnano (Milano) il 13 ag. 1909 dal marchese Giuseppe e da Maria Dozzio. Fin da ragazzo mostrò una netta propensione per gli studi classici e più volte volle recarsi a Roma per visitare i Fori e fl Palatino, dove ebbe anche un fugace incontro con Giacomo Boni. Non ancora ventenne si iscrisse alla facoltà di lettere dell'università cattolica del Sacro Cuore di Milano. Qui, nel 1932, sotto la guida di A. Calderini, conseguì la laurea a pieni voti in archeologia, discutendo una tesi intitolata "Materiali per una Forma Urbis Mediolani",primo dei molti studi dedicati alla ricerca topografica della Milano romana. In onore ad una tradizione familiare e per compiacere il padre, si iscrisse anche alla facoltà di giurisprudenza dove si laureò nel 1935, presentando nuovamente un lavoro che riguardava la storia locale ("Il Monte Camerale di S. Teresa in Milano"). Mentre seguiva gli studi di giurisprudenza, il D. continuò ad occuparsi di archeologia e compì alcuni viaggi in Grecia e in Asia Minore; nel 1934 divenne socio della Società archeologica di Como, della quale più tardi fu consigliere, e fu accolto tra i soci corrispondentì della Pontificia Accademia di archeologia. Negli stessi anni prese parte attivamente a un progetto della sezione lombarda dell'Istituto di studi romani, per la stesura sotto la guida di A. Calderini, di una Forma Urbis Mediolani; il suo interessamento fu tanto vivo che venne chiamato dalla sezione a tenere, su questoproblema, il discorso inaugurale per l'anno 1936-1937. Durante i mesi successivi effettuò numerosi sopralluoghi in vari punti di Milano e ottenne una concessione di scavo per il circo romano; questa indagine trovò il suo completamento nell'edizione del volume Il circo romano (Milano 1939; recensione di P. Fraccaro in Athenaeum, n. s., XIX [1941], p. 121), che fu il primo della serie dedicata alla Forma Urbis Mediolani; per la stessa collana stese un lavoro su La zona di Porta Romana dal Seveso all'arco (Milano 1942), nel quale illustrò anche un tratto di una via monumentale apparso sotto l'attuale corso di Porta Romana. Nel 1940, in occasione del XVI centenario della nascita di s. Ambrogio, il D. fu incaricato di studiare le reliquie ambrosiane; frutto di questa ricerca fu il volume intitolato Antichi tessuti della basilica ambrosiana (Milano 1941). Dal 1941 al 1943 ottenne l'incarico di archeologia e storia dell'arte antica presso l'università statale di Milano.
Alla fine del 1942, in seguito ad uno sterro operato per la costruzione di un rifugio antiaereo in piazza Duomo, vennero messe in luce strutture pertinenti ad una chiesa paleocristiana; il D. fu chiamato a seguire lo scavo che., a causa della situazione di emergenza nella quale si lavorava, "procedette purtroppo" - a detta dello stesso D. - "con criteri non molto consoni all'interesse archeologico" (Cenni introduttivi alla relazione sullo scavo della basilica di S. Tecla e dei battistero di S. Giovanni nella piazza del Duomo di Milano, in Munera - Scritti in onore di A. Giussani, Milano 1944, p. 188); dal momento che la costruzione del rifugio costringeva a distruggere gran parte delle strutture antiche, il D. si preoccupò di "curare all'estremo la stesura dei rilievi" (ibid.). Vari impedimenti, tra cui non ultimo la guerra con la conseguente impossibilità di consultare i testi che si trovavano nelle biblioteche chiuse, vennero ad ostacolare una rapida edizione del volume dedicato a questa zona. La "Chiesa Maggiore" di Milano (S. Tecla), Milano 1952 (recensioni di P. Borella, in Ambrosius, XXXIX [1953], 1, p. 48; J. Laválltye, in Revue d'histoire ecclés., XLVIII [1953], pp. 824 s.; P. Testini, in Riv. di archeol. cristiana, XIX [1953], pp. 113-116; F. Halkin, in Analecta bollandiana, LXXII [1954], pp. 443 ss.; D. M., in Revue bénédictine, LXV [1955], pp. 297 s.), giunse al pubblico solo dopo la morte del D., grazie all'interessamento di sua moglie e alla cura di G. P. Bognetti ed E. Cattaneo, che rividero gli scritti incompleti del D. e diedero ad essi una forma pubblicabile; purtroppo proprio la parte dedicata alla relazione di scavo non era stata scritta e quindi i due curatori del volume decisero di ristampare la relazione preliminare.
Nel 1943 il D. conseguì la libera docenza in archeologia e, l'anno seguente, andò a ricoprire l'incarico della medesima materia all'università cattolica del Sacro Cuore di Milano. Dal 1945 gli venne affidato, sempre presso la medesima università, l'incarico di archeologia cristiana. Durante gli anni successivi, il D. fu coinvolto da G. P. Bognetti nello studio della chiesa di S. Maria di Castelseprio, per la parte riguardante gli affreschi. Frutto di questo studio fu il volume, scritto in collaborazione con G. P. Bognetti e G. Chierici, S. Maria di Castelseprio (Milano 1948; recensioni: F. Bologna, Gli affreschi di S. Maria foris portas a Castelseprio, in La Parola del passato, IV [1949], pp. 83-96; G. M., in Boll. stor. della Svizzera ital., XXIV [1949], p. 112; K. Weitzmann., Gli affreschi diS. Maria di Castelseprio, in Rass. stor. del Seprio, IX-X [1949-1950], pp. 12-27; G. Giacomelli, in Felix Ravenna, LII [1950], 2, pp. 58-76; 3, pp. 54-65; C. Lamy Lassalle, La première monographie de Castelseprio, in Gazette de Beaux-Arts, XXXVII [1950], pp. 115-20; M. Meyer Shapiro, in Magazine of Art, XLIII [1950], pp. 312 s.). La scoperta della chiesa di S. Maria di Castelseprio, fatta dal Bognetti, aveva destato subito interesse internazionale e quindi anche la pubblicazione relativa godette di larga fama; fu però anche un'opera molto discussa, almeno per quanto riguarda la parte scritta dal D.; i maggiori contrasti si ebbero, e si hanno tuttora, sulla datazione esatta e sulla provenienza dell'artista autore degli affreschi. Poche settimane dopo la pubblicazione del lavoro su S. Maria di Castelseprio, il D. si recò a Parigi per partecipare al VI congresso internazionale di studi bizantini, dove era stato chiamato a presentare due relazioni, in una, delle quali doveva illustrare il suo nuovo libro; riuscì però ad esporre solamente la prima (L'architettura cristiana, in Actes du 6e congrès internationale d'etudes byzantines, II,Paris 1948, pp. 67-84), poiché morì improvvisamente, a Parigi, nella notte trà il 29 e il 30 luglio 1948.
In tutta la formazione culturale e politica del D., e nelle sue attività, molta importanza ebbe la famiglia, di rigida tradizione cattolica. Le alte cariche ricoperte dal padre vennero in aiuto al D. e ai collaberatori, soprattutto sul finire degli anni Trenta e all'inizio anni Quaranta; queste circostanze forse ebbero parte nella scelta di studio operata dal D. che si orientò quasi sempre verso argomenti di storia milanese, o comunque lombarda. Dovette invece essere la sua formazione cattolica a spingerlo, almeno quando quester si rendeva possibile, verso l'archeologia cristiana. Pochi lavori del D. esulano da questo argomento o dall'archeologia locale, e si tratta per lq più di edizioni di lezioni tenute durante i suoi corsi all'università Cattolica.
Per una bibliografia completa delle opere del D. cfr. E. Cattaneo, in Aevum, XXII (1948), p. 385 (di seguito al necrologio) e La Chiesa Maggiore di Milano (S. Tecla), cit., entrambi con qualche errore ed omissione.
Bibl.: A. Calderini, La "Forma Urbis Mediolani" nell'anno bimillenario di Augusto, Milano 1937, pp. 8-14; necrologi, in Ambrosius, XXIV (1948), pp. 94-97; in Boll. d'arte, s. 4, XXXIII (1948), p. 259; in Fasti archeologici, III (1948), n. 289; in Rivista archeol. dell'antica provincia e diocesi di Como, CXXXII (1949), pp. 68-71; in Rass. stor. del Seprio, IX-X (1949-1950), p. 3. Si veda inoltre la "voce" in Enc. cattol., III, col. 681.