De Causis
Causis D. cita più volte come autorità, ma sempre anonimo, il libro de le Cagioni o libro Di Cagioni o De Causis.
Notizie del libro. - Il De C. è un piccolo trattato scritto in arabo verso la metà del sec. XII dal giudeo Avendauth (Ibn Daoud), secondo le ultime indagini di A. Pattin (Le " Liber de c. ". Édition établie à l'aide de 90 manuscrits avec introduction et notes, in " Tijdschrift voor filosofie " XXVIII [1966] 92-98). Fu composto con l'utilizzazione degli Elementi di teologia di Proclo, principale sostenitore dell'emanatismo neoplatonico. Pertanto insegna, tra l'altro, che le cause intermedie producono le inferiori " dal niente di sé e del soggetto ". Tradotto in latino da Gerardo da Cremona nella seconda metà del sec. XII, si diffuse principalmente con il titolo Liber de causis. Attribuito per un certo tempo ad Aristotele, continuò a godere di grande autorità presso gli scolastici anche quando venne scoperto apocrifo e anche presso quelli che, come s. Tommaso, erano più contrari al neoplatonismo. Era libro di testo nella facoltà delle Arti per l'insegnamento della metafisica (cfr. F. Van Steenberghen,
Siger de Brabant d'après ses oeuvres inédites, II, Siger dans l'histoire de l'aristotelisme, Lovanio 1942, 417). Fu commentato da Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, Egidio Romano e parecchi altri scolastici (cfr. Pattin, art. cit., pp. 122-130).
Citazioni esplicite. - In Cv III II 4, D. cita due volte il De C.: la prima volta può riferirsi a senso a più punti, di esso, soprattutto alla prop. 17 [18] (n. 148 dell'ediz. Pattin): " ens primum est... causa causarum, et... dat omnibus rebus ens ", e alla prop. 22 [23] (nn. 173-174) in cui è detto che la prima causa è Dio; la seconda volta cita alla lettera la prop. 19 [20] (n. 158) " Et diversificantur bonitates et dona ex concursu recipientis "; al § 7 è riportato Causis prop. 4 (n. 37) con l'omissione di due parole (" Prima rerum creatarum est esse et non est ante ipsum creatum aliud "). In VI 4-5 è citato quasi letteralmente Causis prop. 7 [8] (nn. 72 e 74) " Omnis intelligentia scit quod est supra se et quod est sub se... Ergo ipsa scit quod illud quod est supra se est causa ei et quod est sub ea est causatum ab ea; et cognoscit causam suam et causatum suum... per modum suae substantiae "; al § 11 è riferito a senso Causis prop. 4 (n. 48) " intelligentiae primae influunt super intelligentias secundas bonitates quas recipiunt a causa prima " (cfr. anche prop. 4 [5] n. 53). In Cv III VII 2-3 è citato alla lettera Causis prop. 19 [20] (n. 157) " Prima... bonitas influit bonitates super res omnes influxione una; verumtamen unaquaeque rerum recipit ex illa influxione secundum modum suae virtutis et sui esse ". In IV XXI 9 è riportato Causis: prop. 3 (n. 27) omettendo alcune parole: " Omnis anima nobilis tres habet operationes; [nam... est] operatio animalis et... intellectibilis... et divina "); Mn I XI 17 può riferirsi a senso a più punti della prop. 1 del De C., per es. ai nn. 12 e 16 (" causa prima longinqua est... vehementius causa rei quam causa propinqua... Et non figitur causatum causae secundae nisi per virtutem causae primae "). L'Ep XIII 57 riporta letteralmente Causis prop. 1 (n. 1) " Omnis causa primaria plus est influens super causatum suum quam causa universalis secunda "; al § 61 è citato alla lettera Causis prop. 9 [10] (n. 92) " Omnis intelligentia plena est formis ".
Citazioni implicite. - Anche se è difficile individuare le citazioni implicite del De C., sia in quanto molte idee di esso sono comuni ad altre opere, sia in quanto D., come risulta dalle citazioni esplicite, alle volte attinse al De C. senza copiarlo letteralmente e dando significato diverso ai passi citati, tuttavia cercheremo di indicare qualche luogo in cui D. con una certa verosimiglianza trasse ispirazione dal De Causis.
In Cv III II 4, dopo la prima citazione esplicita, può ritrovarsi una suggestione di Causis prop. 19 [20] (nn. 160-161), riguardo alla concezione che le creature ricevono diversitade... per le secondarie cagioni; Cv III II 8 è confrontabile con Causis prop. 8 [9] (nn. 84-87), ecc., in cui sono distinte l'intelligenza, l'anima e la natura. Tra i philosophi citati in Mn III XV 3, è ravvisabile Causis prop. 2 (n. 22) e prop. 8 [9] (n. 84). A Pg XXV 75 (l'anima sé in sé rigira) è riconducibile Causis prop. 14 [15] (n. 124); Pd II 112-120 sembra ispirato dalla teoria del De C. secondo cui " prima rerum creatarum est esse " (prop. 4 [n. 37]), prodotto dalla causa prima (prop. 1 [nn. 6-11]; prop. 3 [n. 32], ecc.), e secondo cui le intelligenze inferiori " universalem formam, quae est in intelligentiis universalibus... dividunt... et separant " (prop. 9 [10], nn. 92-98). Pd XIII 79-81 trova riscontro in Causis prop. 19 [20] (n. 160) " Agens... inter quod et inter factum suum non est continuator penitus, est... faciens res per finem decoris, post quod non est possibile ut sit decus aliud ".
Rifiuto dell'Emanatismo. - Secondo B. Nardi (Saggi di filosofia dantesca, Firenze 19672, 22-25, 97-105, 349; D. e la cultura medievale, Bari 19492, 320-324), D. avrebbe accolto in parte anche la dottrina della creazione mediata qual è affermata in alcuni passi del De C., invece secondo G. Busnelli (Il Convivio I 264, 318-320, 457-459, 464-466), D. in tali citazioni non si sarebbe allontanato da s. Tommaso. In realtà se D., riguardo alla creazione (v.), non è un fedele seguace dell'Aquinate, però non adduce mai un passo del De C. per attribuire a una creatura la produzione di un'altra " dal niente di sé e del soggetto ".
Egli cita il De C. per dimostrare che gli angeli, muovendo i cieli, influiscono sulla generazione dei sublunari (Cv III VI 4-5), ovvero che ogni causa intermedia rende partecipe il proprio effetto della bontà ricevuta dalla causa superiore (§ 11), ovvero che le creature partecipano della bontà divina, una in sé, in gradi differenti secondo la propria capacità (VII 2-3). In Cv III II 4 D. si limita ad attribuire alle cause seconde e alla materia la diversa perfezione degl'individui di una stessa specie. In Pd II 114 afferma solo che il Primo Mobile, con il suo movimento, mettendo i cieli sottostanti in condizione d'influire nella produzione delle forme del mondo sublunare, fa passare queste dalla potenzialità della materia all'esser. Inoltre D. concilia la perfezione degli effetti divini immediati (Pd XIII 79-81) con la loro molteplicità e con il loro inizio temporale, secondo il più, ortodosso creazionismo. Infine in Ep XIII 61 è citato il De C. solo per confermare la dottrina, comune agli scolastici, che gli angeli motori influiscono nelle opere della natura secondo gli esemplari che sono nella loro mente e che derivano dagli esemplari divini (cfr., tra gli altri, s. Tommaso Sum. theol. I 65 4c e ad 1-2).
Conoscenza diretta o indiretta del libro. - Secondo R. Murari (in " Giorn. stor. " XXXIV [1899] 107), D. avrebbe studiato direttamente il De C.; secondo G. Salvadori (Sulla vita giovanile di D., Roma 1906, 206) lo avrebbe studiato sul commento di Alberto Magno; secondo il Busnelli (op. cit. I 459 e 464-465, II 591) lo avrebbe studiato sul commento di s. Tommaso; secondo M. Barbi (Introduzione a Busnelli, op. cit., I, p. L) " è difficile pensare che Dante l'abbia conosciuto fuor dei commenti e delle correzioni che ne fecero e Alberto Magno e Tommaso d'Aquino ". Invece secondo Nardi (Saggi, cit., p. 84) " la maggior parte dei riferimenti danteschi riguardano... passi del De causis che sono fra quelli più comunemente sfruttati [nei trattati filosofici e teologici del sec. XIII e XIV]. Cosicché è ben difficile stabilire con qualche probabilità, se Dante conoscesse direttamente l'opera, ovvero derivasse le sue citazioni da altri autori da lui letti. Ancor meno probabile è ch'egli conoscesse il commento tomistico; non così forse quello albertino ".
Bibl. - Per le citazioni esplicite cfr. R. Murari, Il " De c. " e la sua fortuna nel medio evo. Contributo allo studio delle fonti dantesche, in " Giorn. stor. " XXXIV (1899) 98-117; C. Sauter, D. und der Liber de c., in " Historisch-politische Blätter für das katholische Deutschland " CXLVII (1911) 81-91 e 161-169; B. Nardi, Le citazioni dantesche del " Liber de c. ", in " Giorn. Crit. Filosofia ital. " V (1924) 193-215 (rist. in Saggi di filosofia dantesca, Firenze 19672, 81-109). Manca uno studio particolare sulle citazioni implicite. Si trovano indicazioni in alcuni commenti e saggi, specialmente in B. Nardi, Saggi, cit., 22-24, 86-91, 349; La filosofia di D., in Grande antologia filosofica, IV, Milano 1954, 1180 n. 1, 1184 n. 6; Dal " Convivio " alla " Commedia ", Roma 1960, 283-285; Busnelli-Vandelli, Convivio I 419, 465. Per il rifiuto della creazione mediata contenuta nei passi citati esplicitamente e implicitamente del De C., cfr. A. Mellone, Emanatismo neoplatonico di D. per le citazioni del Liber de causis?, in " Divus Thomas " (Piacenza) LIV (1951) 205-212; ID., Il concorso delle creature nella produzione delle cose secondo D., ibid. LVI (1953) 273-286.