DE FELICE, Francesco Placido Bartolomeo (in religione Fortunato Bartolomeo)
Nacque a Roma il 24 ag. 1723, maggiore dei sei figli di Gennaro e di Caterina Rossetti, napoletani, chiamati da poco tempo a Roma da un fratello di lui, che vi aveva avviato l'attività di ottonaro. Ricevuta la cresima nel 1733 nella parrocchia dei Ss. Celso e Giuliano, il D. fu avviato alla vita religiosa. Studiò presso i gesuiti del Collegio Romano e, a diciassette anni, venne inviato a Brescia, in un convento dei minori riformati, ove seguì le lezioni di matematica e di filosofia del newtoniano Fortunato da Brescia, uno dei più colti ecclesiastici della città al tempo dell'episcopato del cardinal A. M. Querini e autore della Philosophia mentis methodice tractata..., Brixiae 1742.
Ordinato sacerdote il 28 maggio 1746, a soli ventitré anni grazie a una dispensa papale, il D., ritornato a Roma fu assegnato al convento dei minori riformati di S. Francesco a Ripa. Approfondì la sua preparazione scientifica entrando in contatto con i maggiori esponenti del rinnovamento nel campo degli studi di fisica, come R. Boscovich, F. Jacquier. T. Le Seur e, in particolare, strinse amicizia con il fisico torinese G. B. Beccaria e con un altro studioso, Celestino Galiani, che avrebbe dato un importante contributo alla diffusione delle teorie di Newton in Italia. Il Galiani, tornato a Napoli e nominato cappellano maggiore e quindi responsabile del settore dell'istruzione, lo chiamò a ricoprire un incarico straordinario di geografia antica e moderna all'università. Dai documenti conservati all'Archivio di Stato di Napoli non risulta però che gli fosse assegnata anche la cattedra di fisica sperimentale e di matematica, come il D. lascia intendere nella sua autobiografia citata dal Maccabez. Qui il D., cui non mancavano né preparazione ne ambizione, strinse amicizia con A. Genovesi, G. Orlandi, B. Intieri, N. Fraggianni, A. - Rinuccini, Raimondo di Sangro e, in generale, si legò al gruppo dei sostenitori delle riforme e, in questo ambiente, rivolto allo studio della società, dell'agricoltura, del commercio, delle scienze, riuscì rapidamente. a farsi un nome.
La sua lezione inaugurale, De utili aërometricae cum caeterisfacultatibus naturalibus nexu, ebbe notevole successo e fu probabilmente pubblicata a Napoli nel 1753. Nello stesso anno usciva la sua traduzione dal francese in latino della nota opera di John Arbuthnot, Specimen edfectuum aeris in humano corpore quod primum ex anglico idiomate interpretatus est gallico Clar. Boyerus... (Neapoli 1753), che, ampliata con numerosissime note e aggiunte, conobbe grande diffusione e consenso negli ambienti scientifici non solo italiani.
Il suo spirito d'iniziativa e la volontà di affermarsi come divulgatore di cultura si manifestarono poi nella Scelta de' migliori opuscoli, tanto di quelli che vanno volanti, quanto di quelli che inseriti ritrovansi negli atti delle principali accademie d'Europa concernenti le scienze e le arti che la vita umana interessano, tradotti in italiana favella, commentati, illustrati, accresciuti, opera che faceva parte di un vasto progetto in venti volumi. Nel primo volume (Napoli 1755) furono pubblicati il Discorso accademico del sig. di Maupertuis sul progresso delle scienze, la Dissertazione del sig. Renato Des Cartes sul metodo di ben condurre la sua ragione e di cercare la verità nelle scienze eil Discorso istoricocritico del chiarissimo Vincenzo Viviani sulla vita e i ritrovati del sig. Galileo Galilei.
La scelta di questi testi fondamentali dei pensiero scientifico moderno, arricchiti di ampie note e indicazioni bibliografiche, era indirizzata sia agli studenti sia a un pubblico più vasto nell'intento di diffondere le nuove idee e sollecitare la formazione di una nuova mentalità filosofica e scientifica. Il secondo volume prevedeva la pubblicazione di una Dissertazione inedita sull'uso della ragione umana di A. Genovesi, una Dissertazione sul metodo di tentare gli esperimenti di P. van Musschenbroek, una Dissertazione sul metodo di studiare la fisica sperimentale di G. F. Poleni e due altre dissertazioni inedite, la prima di G. Orlandi Sull'uso delle matematiche nel progresso delle scienze naturali, la seconda di J. G. Heinecke Sulla generazione umana.
Ma il progetto venne in realtà subito interrotto, perché la vita del D. subì una svolta profonda. L'amore che pare nutrisse da tempo per Agnese Arquato, sposata al conte Giuseppe Panzutti, lo spinse a rapirla dal convento in cui ella era stata rinchiusa e a fuggire con lei abbandonando gli studi, la carriera accademica e la vita monastica. A Napoli l'avvenimento suscitò grande scandalo, tanto che il ministro Tanucci si adoperò per far rintracciare i due amanti, i quali, dopo aver peregrinato tra Lione, Ginevra, Losanna e Berna, furono costretti dalla mancanza di mezzi a ritornare in Italia. A Genova la contessa fu arrestata e rinchiusa nuovamente m convento. Il D., condannato dall'autorità ecclesiastica a una pena mite, fece un tentativo di reinserirsi nella vita conventuale, alla Verna nel Casentino, ma non riuscì più ad accettare le pratiche religiose e la severa disciplina claustrale. Decise perciò di fuggire e, dopo varie peripezie, raggiunse Padova, ove ottenne da G. B. Morgagni, suo estimatore, una lettera di raccomandazione per Albert von Haller. Emigrato in Svizzera con il falso nome di Matteo Ughi, nel 1757 il D. si stabilì a Bema senza alcun mezzo di sostentamento, tanto che per due volte la città dovette accordargli sussidi. Lo Haller lo introdusse nella cerchia delle sue conoscenze e fra i giovani patrizi della città, tra cui il D. seppe trovare amici e protettori. Lo scienziato berriese gli suggerì anche di scrivere un'opera scientifica e il D. ottenne dal Consiglio accademico della città il permesso di pronunciare in pubblico una dissertazione, che venne stampata con buona accoglienza: De Newtoniana attractione, unica cohaerentiae naturalia causa, adversus Clar. Hambergerum (Bernae 1757). in difesa dello sperimentalismo e in particolare delle teorie newtoniane. In questo stesso periodo il D. si convertì apertamente al protestantesimo, decisione che indubbiamente gli facilitò la brillante carriera di giornalista che si accingeva a intraprendere a Berna, anche se gli procurò la scomunica da parte della S. Sede.
Fra le amicizie, particolarmente preziosa fu, quella con V.-B. von Tscharner, che lo ospitò nella sua casa e che con un appoggio finanziario gli permise di attuare le sue iniziative. Il D. convinse Tschamer e altri giovani patrizi bernesi a fondare una "Société typographique" che permettesse loro di pubblicare le opere nate in quell'ambiente e soprattutto facilitasse gli scambi culturali fra Berna e il resto dell'Europa.
Da parte sua il D., conoscendo le difficoltà che si incontravano in Italia nel ricevere le pubblicazioni estere, pensò di stampare due periodici che permettessero ai lettori italiani una migliore conoscenza della produzione europea. Fondò così, nel 1758. l'Estratto della letteratura europea, in quattro tomi, annuali in lingua italiana, stampati per quattro anni a Berna e per altri quattro anni a Yverdon, dove frattanto il D. si era trasferito; dal 1766, su consiglio dei fratelli Verri, del Beccaria, dei Vasco e del Frisi, l'editore Galeazzi ne continuò la pubblicazione a Milano fino al 1769. L'Estratto ebbe un notevole successo e risultò nel complesso fra le più importanti rassegne di libri pubblicate in quel decennio in lingua italiana. Dal 1758 al 1762 vide la luce a Berna anche un altro giornale fondato dal D., l'Excerptwn totius Italicae necnon Helveticae literaturae, anch'esso in quattro tomi annuali, con l'obiettivo di far conoscere a un pubblico internazionale le novità librarie italiane e svizzere.
Nel 1759 il D. sposò Susanne-Catherine Wawre di Neuchâtel, dopo aver ricevuto dal Consiglio di questa città le lettres de naturalité. L'anno successivo ottenne la bourgeoisie di Thiele che, come Neuchâtel, era dominio prussiano. Raggiunta finalmente una certa indipendenza economica, nel 1762 il D. si trasferì a Yverdon, dove per ventisette anni svolse un'instancabile attività di mediatore e promotore culturale. Anzitutto, aiutato dalla moglie, aprì un pensionato per studenti, ai quali impartiva egli stesso lezioni di filosofia, matematica, fisica, storia, geografia, diritto naturale e religione, compilando e stampando anche vari manuali: Eléments abrégés de grammaire latine, à l'usage de la pension d'Yverdon (Yverdon 1765); Leçons de droit de la nature et de gens... (ibid. 1769) e Lepons de logique (ibid. 1770). Sensibile ai problemi dell'educazione, cui aveva dedicato un intero numero dell'Estratto, e critico nei confronti dei metodi tradizionali di educazione in uso nei collegi (in particolare contrario alla ratio studiorum ancora imperante in quelli retti dai gesuiti), il D. pubblicò nel 1761 sempre a Yverdon, il Discours sur la manière de former l'esprit et le coeur des enfants... à l'usage de la pension d'Yverdon, con cui mirò a dare alle istituzioni scolastiche della città quel nuovo indirizzo che il Pestalozzi avrebbe reso celebre nei primi decenni del XIX secolo.
Poco tempo dopo il suo arrivo a Yverdon, il D. vi aprì una stamperia che, grazie alla sua intraprendenza, divenne rapidamente celebre in tutta Europa. Nei libri che scrisse e in quelli che pubblicò, egli portò il fermento intellettuale in cui era stato formato nella Napoli di Carlo di Borbone e di Antonio Genovesi, sulla base di una cultura eciettica ma aggiornata ed entusiasta, non comune fra gli editori del '700. La produzione della sua stamperia rifletteva, su una linea di pensiero illuministico, i problemi emergenti in quegli anni: in particolare molto spazio fu dato alle discussioni sulla legislazione civile e penale.
Fra il 1766 e il 1768 pubblicò i Principes du droit de la nature et des gens di J.-J. Burlamaqui con numerose note di commento, cui fece seguito nel 1778 il Dictionnaire universel raisonné de justice naturelle et civile, ou Code de Phumanitd contenant la legislation universelle, naturelle, civile et politique ... ; nel 1766 uscì, con la falsa indicazione di Philadelphie, il Traité des délits et des peines di C. Beccaria, tradotto in francese da A. Morellet messo in contatto con l'autore dagli amici bernesi del De Felice. Il Beccaria ebbe vari scambi epistolari con il D., che gli annunciò la pubblicazione, avvenuta a Yverdon nel 1766, del Commentaire sur le "Livre de délits et de peines". Par un avocat de province, opera del Voltaire. "Tout ce qui sortira de votre plume", scriveva il D. al Beccaria, "sera reo;u ici avec empressement traduit et repandu par toute l'Europe pour le bien de I'Humanité". Nel 1767 pubblicò il Discours sur l'administration de la justice criminelle diA. J. M. Servan (questa edizione fu recensita da P. Verri nello stesso anno sull'Estratto milanese), opera diretta a riformare la procedura giudiziaria e la stessa mentalità dei diretti responsabili dell'amministrazione della giustizia; nel 1768 stampò la traduzione fatta da Gabriel Seigneux de Correvon del progetto di codice civile che Dalmazzo Francesco Vasco aveva affiancato all'opera del Beccaria: Des lois civiles relativement à la propriété des biens. Ouvrage traduit de l'italien... Atlmenté de quelques remarques par M. de Felice. Molte altre edizioni furono tempestivamente dedicate ai più significativi libri usciti in Italia o che riguardassero il nostro paese: nel 1766 l'opera Pensées sur le bonheur di P. Verri, tradotta da G. Mingard (che nel 1773 a Losanna avrebbe pubblicato un'altra versione dal Verri, Réflexions sur l'économie politique); nel 1768 Les vies des hommes et des femmes illustres d'Italie, depuis le rétablissement des sciences et des beaux-arts di G. R. Sanseverino, con considerevoli correzioni dello stesso De Felice. I problemi contemporanei, le discussioni circa la società, il governo, l'economia e la cultura dell'Italia furono ampiamente trattati e descritti nel Voyage d'un François en Italie fait dans les années 1765 et 1766... di J.-J. Le François de Lalande, di cui il D. diede due edizioni, nel 1769-70 e nel 1787-88 (la seconda corredata di molte note più duramente critiche sulla situazione italiana e vigorosamente incitanti alle riforme). Nel 1778 il D. scrisse a M. A. Caldani, successore a Padova di G. B. Morgagni, chiedendogli di collaborare all'edizione completa delle opere di questo. Ma il progetto fu interrotto, dopo la pubblicazione, nel 1779, dei primi tre volumi, contenenti il De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis, con una prefazione del medico svizzero S. A. Tissot. Nel 1784 usciva, infine, l'Histoire de la littérature d'Italie di Girolamo Tiraboschi, tradotta e compendiata da Antonio Landi.
Nel 1779 il D. aveva frattanto ripreso l'attività di giornalista con il mensile Tableau raisonné de l'histoire littéraire du XVIII, e siècle, uscito con qualche interruzione in trentasei volumi tra il 1779 e il 1783. Egli si propose ancora una volta di divulgare le più importanti scoperte e novità nelle scienze e nelle arti, riproducendo i più interessanti articoli già apparsi sul Journal Encyclopédique, sul Journal de Physique e sul Mercure de France e aggiungendo alla fine di ogni numero una parte originale sulle novità librarie d'Italia, Svizzera, Germania, Inghilterra e Olanda.
Scrittore non originale, dal punto di vista scientifico il pensiero del D. non raggiunse certo i livelli di quello dei philosophes che egli amava; grande divulgatore e propagandista delle nuove idee, non a caso, ai suoi giorni, la fama del D. fu soprattutto legata all'ambizioso progetto di un rifacimento dell'Encyclopédie di d'Alembert e Diderot, progetto attuato fra il 1770 e il 1780 con l'obiettivo non di produrre una semplice riedizione, come già era stato fatto a Lucca o a Livorno, ma una completa refonte; ne risultò, infatti, un'opera del tutto nuova, di cui l'edizione parigina non costituì che il punto di partenza.
L'Encyclopédie ou Dictionnaire universel raisonné des connoissances humaines mis en ordre par M. De Felice. dedicata ad A. von Haller, che vi collaborò insieme con altri scrittori e savants svizzeri di fama europea, comprese quarantadue volumi di testo pubblicati tra il 1770 e il 1775, sei volumi di supplemento completati nel 1776 e dieci volumi di planches usciti tra il 1776 e il 1780 e interamente ripresi da quelli dell'edizione parigina; il formato di tutti i volumi fu ridotto in 40 per facilitarne la divulgazione. Ad opera ultimata (che comprese alla fine oltre 37.000 pagine e 1.200 tavole), nel X volume delle planches il D. inserì un elenco completo dei collaboratori, ma, nonostante il considerevole numero di questi, era stato lui stesso a svolgere la maggior mole di lavoro componendo un gran numero di voci e rivedendo e riordinando quello effettuato da altri.
L'Encyclopédie di Yverdon fu adattata al pubblico protestante con una totale rielaborazione delle voci religiose, compilate dai pastori G. Mingard, E. Bertrand e J.-C. Chavannes. Sostanziali furono anche le modifiche apportate alla parte ideologica e politica, in quanto le enunciazioni dell'edizione parigina, che riflettevano le posizioni del partito dei philosophes, mal si adattavano al clima politico del Cantone di Berna soggetto a un rigido governo aristocratico. Molte voci scientifiche vennero aggiornate o corrette delle loro inesattezze, cosicché la superiorità in questo campo dell'Encyclopédie d'Yverdon venne riconosciuta dal Bonnet e dallo stesso Voltaire. Intere voci stese dal D. riprendevano quasi alla lettera brani di opere di Rouessau e Beccaria; quelle di argomento economico risentono chiaramente di influssi fisiocratici e liberoscambisti, riflettendo tuttavia le opinioni del D. stesso, che nel 1768-69 aveva pubblicato nella sua stamperia un'edizione in sei volumi della Physiocrathie, ou Constitution naturelle du gouvernement le plus avantageux au genre humain di F. Quesnay e nel 1781 le Recherches sur la nature et les causes de la richesse des nations di Adam Smith.
L'edizione di Yverdon della Encyclopédie suscitò in Francia gelosie e critiche, e non solo tra gli "enciclopedisti" Diderot, d'Alembert, Voltaire e Grimm. L'editore Charlesjoseph Panckoucke la attaccò con veemenza, perché essa veniva a fare concorrenza al suo tentativo di una nuova ristampa dell'edizione parigina, già ostacolata dalla censura. Il D., dopo aver cercato un accomodamento con l'editore francese, tirò avanti per la sua strada. Il Panckoucke tentò tutte le strade possibili per precludere all'edizione di Yverdon il mercato francese, mentre quello italiano si rivelava poco ricettivo a causa delle posizioni anticattoliche dell'opera; la maggior penetrazione di questa si ebbe perciò in Sviztera, Germania e sul mercato olandese, dove gli editori Gasse e Pinet acquistarono i due terzi della tiratura dell'edizione.
D'altronde il D. non aveva tra i suoi obiettivi la ricchezza; la sua intensa attività, votata alla diffusione della nuova cultura dei "lumi", gli permise certamente Per alcuni anni di raggiungere una certa agiatezza: nel 1766 aveva acquistato la casa in cui abitava, nel 1777 riuscì ad avere la proprietà dell'edificio in cui era situata la stamperia e in seguito acquistò un terreno con vigne a Bonvillars nei pressi di Yverdon. Ma quando morì, il 10 febbr. 1789 a Yverdon, lasciò la famiglia in condizioni finanziarie così precarie, che la moglie chiese il permesso alle autorità'di Bema di mettere in vendita la biblioteca del marito.
Il D. si era sposato tre volte: aveva avuto cinque figli tra il 1760 e il 1766 da SuzanneCatherine Wawre; morta questa nel 1769, nello stesso anno - ottenuta la bourgeoisie di Yverdon - aveva sposato Louise-Marie Ferrelet, figlia di un chirurgo di Neuchitel, che gli dette tre figli tra il 1771 e il 1773; morta anche la seconda moglie nel 1774, era presto passato a nuove nozze con J. Salomè Sinnet di Yverdon, una donna colta, da cui ebbe altri cinque figli tra il 1775 e il 1781.
Opere: Etrennes aux désoeuvrés ou Lettre d'un Quaker à ses frères et à un grand docreur. Prémiere lettre, s. l. 1757; Essai sur la manière la plus súre d'établir un système de police des grains, Yverdon 1772; Tableau philosophique de la religion chrétienne, considèrée dans son ensemble dans sa morale et dans ses consolations, ibid. 1779; Elémens de la police générale d'un Etat, ibid. 1781; Le développement de la raison. Oeuvres posthumes, ibid. 1789.
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