DE LUCA, Carlo Antonio
Terzogenito del conte Marcello e di Amodea Figlioli, nacque a Molfetta, in Terra di Bari, il 12 maggio 1613. Avviato al sacerdozio, solo dopo aver ricevuto gli ordini sacri intraprese gli studi giuridici, senza tuttavia conseguire il dottorato. Probabilmente era uno di quegli ecclesiastici che, per un abuso inveterato, svolgevano attività forense. Fece le sue prime esperienze di giureconsulto nella terra natia; dedicò le sue opere maggiori a s. Corrado, protettore di Molfetta, oppure a Veronica Spinola, signora della cittadina pugliese, per la quale scrisse anche una storia apologetica della famiglia (Tractatus de linea legali, Neapoli 1674).
Schivo e modesto di carattere, pare che rifiutasse un vescovato offertogli da Innocenzo XI. Accettò invece un canonicato di collazione regia nella basilica di S. Nicola a Bari. Una scelta, questa, del tutto coerente all'indirizzo regalistico della sua riflessione giuridica, per la quale una sua Praxis civilis et criminalis, pubblicata forse a Napoli nel 1685, fu messa all'Indice il 2luglio 1686 con decreto dell'omonima congregazione romana. Sotto questo profilo può ben dirsi che lo status ecclesiastico non condizionò la sostanziale làicità del suo orientamento giurisdizionalistico. Lo dimostra il De apostolico regiove assensu, etiam generali (ibid. 1698), dove affermava la necessità dell'assenso sugli atti promananti dall'autorità ecclesiastica.
La sua adesione ideologica alla res publica dei togati è peraltro confermata dal De praestantia laureae doctoralis iuristarum (ibid. 1689) nel quale, rifacendosi alla tradizione del De Ponte e di C. Tapia, sosteneva che il dottorato era "dignitas ... dignitarum seminarium, ad supremorum bonorum apicem consequendum apta". L'opera rappresentò la più completa ed esplicita teorizzazione di un indirizzo che consentì ai giuristi napoletani di contendere vittoriosamente all'antica aristocrazia di spada l'egemonia politica e costituzionale.
Dalla prefazione ad altre opere può desumersi che verso il 1682 il D. risiedesse stabilmente a Napoli. E tuttavia le cronache del tempo, generalmente assai attente a tutto quanto avveniva nel mondo dei giuristi, non registrano mai il suo nome. Se ne può dedurre che attendesse soltanto alla sua alluvionale produzione giuridica, talmente apprezzata dai forensi che appena "terminava un suo lavoro ... ben volentieri trovava chi glieli mandasse a stampa, ed avidi i professori del foro a farne acquisto" (Giustiniani, p. 186).
Questa oscura e indefessa operosità fu interrotta solo dalla morte, avvenuta a Napoli il 17 genn. 1700. Ma, per almeno tre anni, altre sue opere continuarono ad uscire dai torchi dei tipografi.
Seppure da una posizione appartata, il D. contribuì non poco a secondare talune cattive propensioni dei forensi, quali la cavillosità e la vuota erudizione, sempre sulla scia dei modelli più consolidati. Non a caso le sue opere più gradite ai contemporanei furono quelle relative all'aggiornamento di vecchi e prestigiosi testi. Un settore, questo, nel quale il D. non fu secondo a nessuno: sin dall'anno 1667 cOmmentò e ripubblicò V. De Franchis (Observationum in decisiones V. De Franchis, Neapoli 1667), D. A. De Marinis (Meliorationes ... iuris resolutionum D. A. De Marinis, ibid. 1696), F. Golino (De procuratoribus tam ad iudicia quam ad negotia cum adnotationibus C. A. De Luca, ibid. 1700), E. Capecelatro (Consultationum iuris selectiorum ... cum observationibus C. A. De Luca, ibid. 1702), G. B. Ventriglia (Praxis rerum notabilium ... cum additionibus C. A. De Luca, ibid. 1702). Attenzione del tutto particolare il D. riservò a S. Graziano al quale dedicò, nel 1679, tre tomi in folio di Animadversiones in disceptationes forenses S. Gratiani (ibid.). L'opera ebbe numerose ristampe ed in quella in sei tomi di Colonia (1702) furono inseriti gli Scholia ad decisiones Rotae Marchiae dello stesso Graziano.
Ad orientare questo tipo di produzione erano soprattutto interessi editoriali: la ristampa di una vecchia opera era proponibile soltanto se aggiornata da una firma di prestigio. Ma, a dire del D., nel suo caso agivano motivazioni più profonde: l'opera di un giurista era simile a un campo che, se coltivato assiduamente, rischiava d'isterilirsi. Come ogni buon contadino egli si collocava in questa dimensione ed interveniva "ad objectiones reijciendas et tollerida aequivoca, ad resellendas opiniones minus veras et ad miscenda utiliora et magis delectabilia" (dalla premessa alle Meliorationes ... iuris).
Tale autogiustificazione può anche apparire convincente. Resta però il fatto che il D., privo di una solida identità culturale e di una precisa collocazione politica, era in grado d'esprimersi al meglio soltanto se scriveva per o contro qualcuno. E così sul tema della cessione dei diritti e delle azioni, la polemica contro "Alphonsus de Olea", che accusava di addurre più "vocabula quani negotia", lo indusse a cimentarsi più volte e in maniera perentoria. Lo attestano uno Spicilegium de cessione iurium et actionum (Neapoli 1682, 1687), ed il successivo Spicilegium geminum de cessione iurium et actionum (ibid. 1695).
Quantitativamente considerevole il suo contributo in materia di successioni. Oltre al Tractatus de linea legali, èda ricordare Metamorphosis bonorum legalis ex binubatu seu practicae quaestiones ex L. foeminae Cod. de secundis nuptiis (ibid. 1699), nella quale il D. discuteva il problema, assai dibattuto tra i pratici, se al vedovo passato a nuove nozze fosse lecito trasferire al coniuge più di quanto aveva destinato ai figli di primo letto.
Fonti e Bibl.: I dati biografici più attendibili sono in G. De Luca, Storia di Molfetta, Giovinazzo 1884, p. 90 e, dello stesso, anche, Storia geneal. cronologica della famiglia De Luca, Giovinazzo 1883, p. 84.Cfr., inoltre, F. Lombardi, Notitie istor. della città e vescovi di Molfetta, Napoli 1703, p. 202;L. Giustiniani, Mem. istor. degli scrittori legali del Regno di Napoli, II, Napoli 1787, pp. 185-88; A.Salvemini, Saggio stor. della città di Molfetta, Napoli 1878, pp. 90 s. Sulla sua opera giuridica, cfr. P. Grossi, Ricerche sulle obbligazioni pecuniarie del diritto comune, Milano 1960, pp. 174, 229 n. 35; P. L. Rovito, Respublica dei togati. Giuristi e società nella Napoli del Seicento, I, Le garanzie giuridiche, Napoli 1981, pp. 167 n. 211, 251 n. 59.