DE MAGISTRIS, Luigi Filippo
Nacque a Roma il 17 apr. 1872 da Corrado ed Emilia Boretti. Fu, certo, uno dei più singolari protagonisti della geografia italiana nella prima metà del nostro secolo. Protagonista e non solo studioso, giacché la sua operosità si tradusse in una serie molto numerosa di scritti pubblicati in svariati periodici e giornali, raccolti anche in dispense o volumi, onde può essere anche definito divulgatore della cultura geografica; fu un autodidatta e non seguì un iter ufficialè, tanto che solo in età assai tarda poté raggiungere la cattedra universitaria. Uno degli aspetti salienti della produzione del D., la meticolosa tendenza alla sistematicità, è probabilmente da attribuire ad un bisogno interiore di ordinare una cultura vastissima, che andava costruendo da solo, in mezzo a molte difficoltà.
Del padre, amministratore di beni privati, condivise l'interesse per i problemi agricoli e l'attitudine ad una concreta osservazione dei fenomeni della terra. Fin da ragazzo appassionato lettore di libri e periodici di argomento geografico, fu ben presto in grado di collaborare ad alcuni di essi; i suoi primi scritti apparvero sulla Geografia per tutti, fondata da A. Ghislieri, col quale si legò di una lunga amicizia, mantenuta nonostante la radicale diversità di idee politiche. Studente dell'istituto tecnico, ebbe come docenti F. Porena e C. Bertacchi; quest'ultimo in particolare ebbe influenza sulla sua formazione scientifica.
Il D. non poté seguire corsi universitari se non come uditore: la malattia e la morte del padre, cui dovette succedere nelle mansioni, lo obbligarono ad abbandonare il progetto di divenire geografò. Deciso comunque a coltivare la scienza prediletta, aveva intanto iniziato un lavoro retribuito, per enti ed editori, cui anche in seguito egli avrebbe mostrato particolare attitudine.
Come uditore alla facoltà di lettere di Roma, il D. aveva seguito l'insegnamento di G. Dalla Vedova, il caposcuola allora della geografia italiana, di cui fu assistente volontario per un triennio e nei confronti del quale professò sempre grande deferenza, anche se doveva più tardi distaccarsi dalla sua visione della geografia, per una più approfondita ricerca dei nessi causali dei fenomeni economici. Già dal 1895 era stato ammesso nella Società geografica italiana, di cui rimase collaboratore fino alla morte; nello stesso anno partecipò a Roma al II congresso geografico italiano (come a molti successivi), incaricandosi della pubblicazione degli Atti.
Già nel 1900, quando le sue mansioni lo obbligarono a trasferirsi a jesi come amministratore dell'azienda del marchese G. Mereghi, il D. aveva pubblicato un centinaio di scritti, dei più vari argomenti attinenti alla geografia: geografia astronomica, fisica, umana, economica, storia delle esplorazioni, cartografia, toponomastica, bibliografia, fra cui qualche nota metodologica e corografie regionali e ancor più provinciali. Proprio nell'inverno 1900-1901 dava alle stampe la prima Bibliografia geografica della regione italiana, relativa al 1899, un'opera, questa, che è continuata ancora oggi.
Durante i dieci anni trascorsi nelle Marche svolse una intensa attività amministrativa privata e pubblica (fu anche assessore comunale), che comunque non gli impedì di continuare il suo lavoro di ricerca; pubblicò altri numerosi articoli sulla catena dell'Appennino centrale, alcuni dei quali frutto di ricerche dirette, su L'Appennino centrale, rivista da lui fondata e diretta (Iesi 1904- 11).
Nel 1910 tornò a Roma, a dirigervi la filiale dell'Istituto geografico De Agostini; poté così riprendere un impegno più diretto negli studi geografici, con specializzazione nel settore cartografico, alternando ai compiti amministrativi quelli organizzativi, redazionali ed editoriali. Poco dopo si trasferì a Novara, presso la sede centrale dell'Istituto, incaricato della revisione delle edizioni scolastiche, della redazione della rivista La Geografia e, dal 1914 al 1919, del Calendario Atlante, che egli radicalmente trasformò. Negli anni della prima guerra mondiale fu il D. ad allestire e curare le pubblicazioni geografiche e le carte di propaganda: in tale compito profuse tutto il suo entusiasmo politico, permeato di quelle idee nazionalistiche che dovevano in seguito portarlo ad aderire al fascismo.
A Bergamo, dove si era trasferito nel 1919, dirigendovi la sezione cartografica dell'Istituto italiano di arti grafiche, ricoprì cariche pubbliche ed ebbe la direzione del quotidiano La Voce di Bergamo (1928-29); ma da questo incarico fu rimosso quasi brutalmente, probabilmente per l'indipendenza del giudizio e l'intransigenza dei carattere. Anche dell'adesione alla massoneria (nel 1921; già un anno dopo raggiungeva il grado massimo del rito italiano) mai fece mistero, considerandola conseguenza "ineluttabile" delle sue idee risorgimentali, mosse dall'amore di patria e di Dio, del suo attaccamento allo spirito dell'indipendenza nazionale.
Frattanto gli si erano aperte le porte dell'università: dal 1921 aiuto di B. Frescura alla cattedra di geografia economica dell'università "Bocconi", alla morte di questo ne divenne il successore per incarico dal 1925 fino al 1945. Dai corsi emerse, da allora, un'altra caratteristica saliente dell'attività del D.: la scrupolosa preoccupazione didattica, l'efficacia espositiva, la precisione.
Nel 1929 fu nominato membro del Comitato nazionale per la geografia del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR); nel 1930 gli fu conferito anche l'incarico di insegnamento della geografia presso la facoltà di lettere dell'università statale di Milano. Di tale cattedra diverrà titolare di ruolo solo nel 1938, dopo aver ottenuto nel 1931 la libera docenza in geografia economica ed essere stato incluso nella terna dei vincitori - ma senza ottenere la nomina - del concorso bandito per la geografia a Messina nel 1932, ed aver vinto sempre nel 1938 un successivo concorso per l'università di Cagliari. Così la sua permanenza nel ruolo si ridusse a quattro anni soli, ma il ventennio dell'attività didattica fu fecondissimo e brillante di risultati.
Fra gli scritti di questo periodo, a parte le pregevoli considerazioni su La localizzazione delle industrie in Lombardia (nel volume La localizzazione delle industrie in Italia, Roma 1937, pp. 89-132) e gli studi sulla diffusione della malaria in Italia (argomento allora di attualità), sono da ricordare i volumi dedicati rispettivamente ai Sussidi bibliografici fondamentali per la conoscenza delle fonti geo-cartografiche moderne (Milano 1943; 2 ed., ibid. 1948) e all'Avviamento allo studio metodico della geografia economica e politica (ibid. 1949). Nell'uno era riassunta l'esperienza cartografica, spesso fatta in prima persona, di quasi mezzo secolo. Il secondo fu giudicato uno dei migliori e più sagaci manuali allora esistenti.
Queste ed altre opere rispecchiano la sua particolare posizione nel mondo della geografia italiana della prima metà del nostro secolo. Derivando i principi fondamentali dal Dalla Vedova, li applicò in una visione della disciplina ricca di profondi spunti applicativi: da ciò la particolare sensibilità per gli studi economici, l'ampiezza concessa alla loro trattazione. Alla base dell'edificio intellettuale del D. stavano congiuntamente la ricca documentazione bibliografica e l'attenta osservazione dei fenomeni, unita alla considerazione dei dati statistici e talora da essa sostituita. Ma l'opera scientifica non poteva - per lui - dirsi compiuta senza la sistemazione metodica, senza la chiarezza di esposizione dei risultati, valendosi magari dello strumento cartografico (a sua volta inteso pure come mezzo di indagine). Su tale posizione culturale poco o punto influirono i contatti con ambienti stranieri, le derivazioni da scuole d'Oltralpe. Né F. Ratzel, né P. Vidal de la Blache lasciarono tracce vistose nell'opera del D.; egli, pur aderendo al regime fascista ed essendone sostenitore convinto, non dette contributi di rilievo al movimento di "geopolitica", ispirato - come è noto - alle teorie tedesche dello "spazio vitale", in chiara funzione politica. E ciò si deve al fatto che la geografia del D. era una costruzione troppo personale, frutto di una vita di studi, di osservazioni, di lavoro e di sacrifici, per poter essere ridotta negli schemi di teorie al servizio dei regimi politici. E, di certo, la maggior parte della sua produzione scientifica è dispersa in una tale varietà di scritti minori (qualche volta potrebbero persino definirsi d'occasione), che riesce sovente difficile ricondurla ad una visione unitaria, pur nella completezza degli argomenti trattati.
Il D. morì a Milano il 20 nov. 1950.
Fra i suoi scritti principali, oltre a quelli sopra indicati, sono: Per gli Appennini, Roma 1894; Per una bibliografia geografica d'Italia, in Le Comunicazioni di un collega. Riv. ill. di geografia..., III (1896), pp. 123 ss.; IV (1897), pp. 4-7, 41 ss., 92-95; V (1898), pp. 13 ss., 38 ss., 61 ss., 111 ss.; VI (1899), pp. 51-54, 92-95; Abruzzi e Molise, in G. Marinelli. La Terra, Milano 1899, IV, pp. 1089-1152; Bibliografia geografica della Regione italiana, in Boll. d. Soc. geogr. it., s. 3, XII (1899), pp. 328-52, 373-404, 431- 76, 543-56, 606-44; Le torbide del Tevere e il valore medio annuo della denudazione del bacino tiberino a monte di Roma, in Riv. geogr. ital., X (1902), pp. 123-32, 180-92, 251-55, 335-50; Del rilevamento topografico, a grande scala, di piccole forme del terreno, in La Geografia, II (1914), pp. 6-16; La provincia di Bergamo. Caratteristiche economiche, Bergamo 1924; Biobibliografia (1872-1926), ibid. 1926; Lo stato attuale della conoscenza della distribuzione della malaria nell'Italia meridionale, in Atti dell'XI Congresso geografico italiano, Napoli ... 1930, Napoli 1930, III, pp. 40-51, Per una biblioteca geografica, Milano 1931; Sulla diminuzione della malaria in Sardegna e sulla preparazione delle "Carte della malaria", in Atti del XII Congresso geografico italiano. Sardegna ... 1934, Cagliari 1935, pp. 308-33.
Bibl.: Necrol. in Riv. geogr. ital., LVIII (1951), pp. 135-46; A. Mori, L. F. D., in Boll. d. Soc. geogr. ital., s. 8, IV (1951), pp. 122-27.